Il processo Dashkov si stava avvicinando. Sarei partito il successivo fine settimana con gli altri guardiani e per quanto odiassi affrontare di nuovo Victor, sarei stato contento quando tutto sarebbe finito. Era stata una tortura tenerlo nascosto a Rose ed ero più che pronto a lasciarmi tutto alle spalle.

Ero nel pieno del mio turno notturno di pattuglia intorno ai dormitori. Mancava un'altra ora o giù di lì prima che potessi tornare al mio appartamento, ma lo strano spettacolo che mi si parò davanti fece cessare improvvisamente ogni desiderio per le comodità del mio letto.

Rose era in piedi sul lato ovest del complesso del dormitorio dei Dhampir, indossando una vestaglia e pantofole e crogiolandosi al mite calore del sole. Era abbastanza evidente dai suoi capelli scompigliati che fosse uscita di corsa e mi chiesi se fosse stato l'ennesimo incubo. Sembravano essere sempre meno numerosi, ma era passata una settimana o giù di lì dall'ultimo. Era ancora inverno inoltrato e, sebbene la neve non fosse così spessa come lo era stata appena un mese prima, ce n'era ancora abbastanza da ricoprire il terreno. Senza una giacca o qualsiasi altra protezione dagli elementi, era improbabile che si trattasse di un'uscita pianificata dopo il coprifuoco.

"Sei sonnambula?"

Si voltò di scatto, ovviamente non aspettandosi di vedermi. Il cipiglio frustrato sul suo viso si trasformò immediatamente in qualcosa di simile allo shock e all'imbarazzo mentre cercava impotente di lisciarsi i capelli selvaggi. Ma più veloce dei venti che cambiano, Rose indossò la sua maschera più affidabile: il sarcasmo.

"Stavo testando la sicurezza dei dormitori... fa schifo."

Sorrisi e scossi la testa divertito, mi mancava il suo senso dell'umorismo anche se lo stava usando come scudo per qualunque cosa l'avesse spinta qui nel bel mezzo della notte vampiresca.

Vidi i suoi occhi muoversi lentamente su di me, prima che spostasse il suo peso e si strofinasse le braccia ricoperte dalla vestaglia. Doveva avere freddo. Anche in una giornata limpida come quella, con un vento costante che soffiava nel campus, probabilmente eravamo a -1°C fuori e lei non era abbastanza vestita per affrontare quelle temperature.

"Starai congelando. Vuoi il mio cappotto?" Sapevo che avrei dovuto mandarla dentro a scaldarsi, ma la mia parte egoista voleva passare un po' di tempo con lei fuori dalla palestra. Mi autogiustificai dicendo che forse quello sarebbe stato il giorno in cui lei mi avrebbe confidato cosa l'avesse svegliata nel cuore della notte. Avrei potuto non essere in grado di impedire che avesse gli incubi, ma forse avrei potuto confortarla.

"Sto bene" rispose testardamente, anche se la vidi rabbrividire. "Cosa ci fai in giro? Anche tu stai testando la sicurezza?"

"Io sono la sicurezza. Questo è il mio turno."

Si morse il labbro, cercando di nascondere un sorriso malizioso. "Beh, buon lavoro. Lieta di aver potuto mettere alla prova le tue fantastiche abilità."

Un silenzio cadde tra noi, trasformando il nostro giocoso scambio di battute in qualcosa di disagevole. Odiavo che ogni momento di quiete diventasse sempre più imbarazzante. Sembrava che ci fosse sempre qualcosa di non detto tra noi e con questo pensiero fisso nelle nostre menti, non riuscimmo a trovare nessun altro argomento alternativo di cui parlare.

"Adesso dovrei andare." Rose iniziò a camminare verso l'ingresso ma la mia mano si alzò afferrandole il braccio per fermarla mentre mi superava.

"Rose…" il tocco della sua pelle inviò un lampo di calore attraverso di me, riscaldandomi dall'interno. Era quasi uno shock contro il freddo del vento invernale, e mi tirai indietro rapidamente. Dalla rapida inspirazione e dal modo in cui il suo sguardo indugiava dove l'avevo toccata, potevo solo immaginare che Rose avesse sperimentato qualcosa di simile. Ignorai il desiderio di esplorare di più quella sensazione, e invece cercai di soddisfare il mio bisogno di assicurarmi che stesse bene. "Mi dici cosa ci fai davvero qui fuori?"

Fece un respiro profondo e lo rilasciò con un sospiro. "Ho fatto un brutto sogno. Avevo bisogno di un po' d'aria." Dal modo in cui si rifiutava di guardarmi, potevo dire che era la verità, anche se non tutta la verità. Sapevo però che probabilmente era il massimo che avrei ottenuto da lei.

"E così ti sei precipitata fuori. Il fatto di infrangere le regole non ti è nemmeno passato per la mente… e nemmeno indossare un cappotto."

"Già, più o meno è andata così."

"Rose, Rose. Non cambi mai" scossi la testa, divertito dalla sua impulsività. Il suo istinto era eccezionale in battaglia, ma la sua lungimiranza nella vita di tutti i giorni aveva bisogno di un po' di pratica. "Sempre ad agire senza riflettere."

"Non è vero" protestò. I suoi occhi diventarono improvvisamente vitrei, abbandonandosi in un ricordo e perdendo per un momento la cognizione del presente. "Sono cambiato molto."

Era vero. C'era una parte di Rose che non avrei mai riavuto indietro. La parte di lei che era morta insieme a uno dei suoi più vecchi amici solo poche settimane prima. L'innocenza infantile su quanto crudele potesse essere il mondo era svanita e una certa oscurità aveva preso il suo posto. Per la maggior parte, Rose stava andando bene, tutto considerato. Tuttavia, c'erano momenti in cui sembrava perdersi. Si spingeva oltre i suoi limiti e ogni tanto li superava. Era più facilmente frustrata. Aveva preso le distanze da tutti gli altri, incluso me. Non sapevo se fosse per testardaggine o per paura, ma in ogni caso c'era un muro tra noi e lei era l'unica che potesse abbatterlo.

Odiavo che avesse sofferto così tanto. "Hai ragione, sei cambiata."

Sorrise, ed ero sicuro che l'avesse fatto solo per il mio bene. "Beh, non preoccuparti. Il mio compleanno sta arrivando. Non appena avrò diciotto anni, sarò un'adulta, giusto? Sono sicura che quella mattina mi sveglierò e sarò matura, equilibrata e tutto il resto."

"Sì, ne sono convinto. Quanto manca, un mesetto?" Lo dissi con nonchalance, ma ormai da mesi avevo la data segnata sul calendario. Una parte di me si chiedeva vagamente se non lo aspettassi più di lei. Avevo già parlato con Alberta per ottenere il permesso di portarla fuori dal campus per festeggiare. Solo una bella cena, magari qualche piccola attività come il bowling. Qualsiasi cosa volesse. Volevo solo darle un giorno in cui potesse essere normale, in cui noi potessimo essere normali. Continuavo a ripetermi che non sarebbe stato un appuntamento, non proprio, ma non potevo fare a meno di pensare che sarebbe stata la cosa più vicina a un vero appuntamento che avremmo mai avuto.

Guardandola però, sapevo che sarebbe valsa la pena di fare i salti mortali per assicurarmi che avesse il suo momento speciale. I suoi occhi brillarono di eccitazione e proclamò con orgoglio "Trentuno giorni".

Trattenni una risata. "Li stai contando." Certo, non era che in realtà entrambi stessimo contando…

Lei scrollò le spalle.

"Immagino che tu abbia fatto anche una lista di regali." Il mio tono era leggero, ma ero sinceramente curioso. Volevo farle anche un regalo, ma non sapevo cosa sarebbe stato appropriato. "Dieci pagine? Interlinea singola? In ordine di priorità?"

Vidi che aveva un'altra risposta sarcastica sulla punta della lingua, ma si dissolse velocemente come il suo sorriso. Distolse lo sguardo e sussurrò: "No. Nessuna lista".

La guardai con curiosità, sapendo che doveva esserci qualcosa che desiderava. "Non posso credere che tu non voglia niente. Sarà un compleanno noiosissimo." Per quanto mi sforzassi di farmi guardare, si rifiutò di incrociare il mio sguardo.

"Non importa" insistette.

"Cosa…" mi fermai di colpo, capendo improvvisamente cosa volesse dire. L'unica cosa che voleva era l'unica cosa che non potevo offrirle. Era una cosa lontano dalla mia portata e che non avrei mai potuto avere per me stesso, ed era ancor meno raggiungibile perché potessi donarla a qualcun altro. La libertà. Libertà di vivere la propria vita, fare le proprie scelte e stare insieme come entrambi desideravamo disperatamente di poter fare.

Se fosse stato solo per l'età, o per i nostri ruoli all'Accademia, forse avremmo potuto trovare qualche soluzione. Ma il nostro impegno nei confronti di Lissa e le nostre chiamate come Guardiani ci avrebbero tenuto per sempre lontani. Facevamo una danza elaborata l'uno intorno all'altra. Eravamo continuamente attratti dal desiderio, da promesse sussurrate che non avrebbero mai potuto essere mantenute e da baci rubati. Tuttavia, la realtà ci avrebbe sempre diviso. Non era certo una relazione sana, ma sapevo che non avrei mai trovato un'altra persona che potesse farmi sentire come lei. Se non potevo stare con lei, non valeva la pena stare con nessun altro.

Questa era una mia scelta però. Sapevo che lei teneva a me. Potevo ancora vedere il desiderio nei suoi occhi ogni tanto durante le sessioni di allenamento. Tuttavia, non l'avrei mai vincolata allo stesso voto di solitudine al quale io mi ero praticamente rassegnato. Il mio cuore si sarebbe frantumato al pensiero di lei con qualcun altro, ma sentivo comunque che meritava ogni gioia che la vita aveva da offrire, e se non avessi potuto dargliela io, non avrei ostacolato una relazione con un uomo che avrebbe potuto farlo.

Eppure, quella era una conversazione per un altro giorno. In quel momento, la vedevo tremare ed era qualcosa di cui potevo occuparmi. "Puoi negarlo quanto vuoi, ma so che stai gelando. Andiamo dentro. Ti faccio passare dal retro."

"Penso che sia tu quello che sta gelando" mi stuzzicò, dandomi un colpetto al braccio con la spalla mentre camminavamo fianco a fianco. "Non dovresti essere immune al freddo o roba del genere, visto che vieni dalla Siberia?"

"Non credo che la Siberia sia esattamente come la immagini."

"La immagino come un deserto artico."

Mi fermai di colpo, restando un po' indietro. Sapevo che di tanto in tanto prendeva in giro scherzosamente la mia casa, ma una "deserto artico" era così lontana dalla realtà, da essere quasi comico. "Allora non è decisamente come la immagini."

Lei si voltò a guardarmi. "Ti manca?"

"Sempre" ammisi. Un giorno gliel'avrei mostrata così che potesse capire da sola. "A volte vorrei…"

"Belikov!"

Una voce acuta mi chiamò. La riconobbi immediatamente e imprecai sottovoce. Anche se Alberta era al corrente del fatto che la mia relazione con Roza non era del tutto platonica, sapevo che non avrebbe approvato che passassi del tempo con lei oltre il coprifuoco.

Rose aveva già girato l'angolo e, con un po' di fortuna, non era stata vista. La spinsi un po' più indietro, giusto per essere sicuro, e le dissi di non farsi vedere. Mi stavo appena voltando per affrontare il capitano della guardia scolastica mentre Rose si nascondeva dietro un agrifoglio.

Se il Guardiano Petrov aveva visto qualcosa che non andasse, non lo lasciò trapelare. Quando fu abbastanza vicina, la salutai. "Non sei di guardia."

"No, ma avevo bisogno di parlarti. Ci vorrà solo un minuto. Dobbiamo spostare alcuni turni mentre sarai al processo."

Trattenni un gemito, sapendo perfettamente che Rose stava ascoltando quella conversazione. Alberta ed io eravamo riusciti a tenerle segreto il processo e Alberta glielo avrebbe rivelato solo pochi giorni prima. Tuttavia, non potevo esattamente dirle di rimanere zitta sulla questione senza rivelare che Rose stava origliando. Cercai di sviare la conversazione, rimanendo il più vago possibile su tutto. "Lo immaginavo. Sarà uno stress per tutti… pessimo tempismo."

"Sì, beh, la Regina ha i suoi programmi." Era frustrata. Onestamente, lo eravamo tutti. Tuttavia, i Moroi gestivano lo spettacolo e noi Guardiani ci mettevamo semplicemente in riga. "Celeste prenderà i tuoi turni, e lei ed Emil si divideranno le tue ore di allenamento. Dicono che non gli importa del lavoro extra, ma mi chiedevo se potessi pareggiare i conti e fare qualcuno dei loro turni prima di andare."

"Senz'altro." Speravo che la conversazione si fosse conclusa, almeno per il momento. Non avevo problemi a fare qualche turno in più, soprattutto perché avevo annullato le ore di allenamenti extra di Rose per via dell'esperienza sul campo che sarebbe iniziata l'indomani. Sarebbe stata con il Moroi assegnatole quasi ogni momento della giornata, e presto avrei aggiunto qualche ora in più al mio programma per compiere finti attacchi contro lei e gli altri novizi per testare le abilità apprese in allenamento.

"Grazie per la collaborazione. Penso che sarà d'aiuto." Alberta sospirò e potei vedere la sua maschera professionale rilassarsi in qualcosa di più personale. "Vorrei sapere quanto durerà questo processo. Non voglio stare via troppo a lungo. Ci si aspettava che fosse cosa fatta con Dashkov, ma ho sentito che la Regina ha cominciato a farsi scrupoli sullo sbattere in prigione un membro di una delle casate reali più prestigiose."

Sentii la mia schiena irrigidirsi quando il guardiano Petrov rivelò il nome di Victor. Merda. Era impossibile che Rose non avesse sentito quello che era stato appena detto. Cercai di mantenere la calma mentre provavo a forzare la fine di quella conversazione. "Sono sicuro che faranno la cosa giusta."

"Lo spero. E spero che ci vorranno solo un paio di giorni, come dicono. Senti, fa un freddo cane qui fuori. Ti dispiacerebbe entrare un secondo in ufficio per dare un'occhiata al programma?"

"Certo. Fammi controllare prima una cosa." Ero fortunato che Rose non fosse spuntata fuori da dietro l'agrifoglio nel momento in cui sentì il nome di Dashkov, ma sapevo che non sarebbe stata così paziente se avessi cercato di andarmene senza spiegarle le cose.

"Va bene. A dopo." Alberta si voltò di nuovo verso l'edificio dell'amministrazione e io rimasi immobile finché non fu più a portata di voce prima di svoltare l'angolo. Ero appena arrivato al nascondiglio di Rose prima che lei emergesse.

"Rose…"

"Dashkov? Cioè, Victor Dashkov?"

Era inutile negarlo. Ora che era uscito allo scoperto, mi sentivo peggio per averle mentito piuttosto che per il fatto che ci sarebbe stato un processo. "Sì. Victor Dashkov."

"E voi stavate parlando di... vuoi dire..." Saltò da un pensiero all'altro, collegando l'immagine pezzo per pezzo. Non appena il puzzle fu abbastanza chiaro, la sua voce divenne accusatoria. "Pensavo fosse stato rinchiuso per sempre! Stai dicendo che non è ancora stato processato?"

Sapevo di meritarmi un po' della sua rabbia per averglielo nascosto, ma al momento sembrava sfiorare la furia. Quasi mi aspettavo che mi colpisse. "È stato rinchiuso ma no, ancora nessun processo. I procedimenti legali a volte richiedono molto tempo."

"Ma adesso ci sarà un processo, giusto? E tu ci vai?" La sua domanda accusatoria fu formulata a denti stretti.

Annuii. "La prossima settimana. Hanno richiesto la presenza mia e di altri guardiani per testimoniare su quanto successo a te e Lissa quella notte." Il fatto che Victor avesse preso Vasilisa, la mia Moroi, e l'avesse torturata mi disgustava. Ed era stato anche peggio guardare Rose soffrire per gli effetti della tortura attraverso il legame ed essere completamente impotente al riguardo. Una parte di me – la parte di cui non avrei voluto ammettere l'esistenza – non si sarebbe preoccupata se Victor fosse morto durante il salvataggio. L'idea che avesse anche solo una minima possibilità di minacciare di nuovo Lissa o Rose era sufficiente a farmi salire il sangue al cervello.

"Ti sembrerà una domanda stupida, ma, um..." Dal modo in cui mi guardava, immaginavo quale sarebbe stata la sua domanda ed ero abbastanza certo che lei conoscesse già la risposta. "Lissa e io veniamo con te?"

"No."

"No?"

"No." Non sembrava essere più felice di sentire la mia risposta di quanto lo fossi io dandola. Ero ancora convinto che sia lei che Lissa avessero tutto il diritto di essere presenti al processo, e che la loro testimonianza avrebbe praticamente assicurato a Dashkov una condanna a vita.

"Scusa, non ti sembra ragionevole che noi fossimo presenti, visto che si parlerà di ciò che è successo a noi?"

Tenni a bada le mie emozioni, non volendo nient'altro che dirle quanto fossi d'accordo con lei, ma sapendo che non avrei dovuto incoraggiare il suo temperamento in quel momento. Le proposi la stessa scusa generale che mi aveva dato Alberta. "La Regina e alcuni dei guardiani hanno pensato che sarebbe stato meglio che non veniste. Le nostre testimonianze sono più che sufficienti, e inoltre, criminale o no, lui è - o era - uno dei reali più potenti al mondo. Coloro che sono a conoscenza di questo processo vogliono tenerlo nascosto".

Speravo che quello bastasse a placarla, ma ebbe l'effetto opposto. Continuò a sfogare la sua frustrazione verso di me, il suo bersaglio più vicino, con uno sguardo rabbioso e sussurri aspri. "Che significa, pensi davvero che se ci portassi con te, andremmo a raccontarlo a tutti?" Ero grato che Rose stesse cercando di rimanere nascosta in quel momento, perché potevo vedere quanta voglia avesse di urlare. "Andiamo, compagno. Pensi davvero che lo faremmo? L'unica cosa che vogliamo è vedere Victor rinchiuso. Per sempre. Forse più a lungo. E se c'è anche una remota possibilità che venga rilasciato, devi lasciarci venire."

Feci un respiro profondo prima di rispondere, facendomi forza. "Non è una decisione che spetta a me."

"Ma avrai pure qualche influenza!" Supplicò. "Potresti parlare a nostro favore, soprattutto se..." La sua rabbia svanì per un momento, rivelando un panico inaspettato. "Soprattutto se c'è davvero una possibilità che possa uscire. Esiste? C'è davvero una possibilità che la Regina lo lasci andare?"

Sentii il mio istinto protettivo riprendere il sopravvento; quello che mi faceva desiderare di stringerla tra le mie braccia e prometterle che sarebbe andato tutto bene perché mi sarei assicurato che non le accadesse mai nulla di male. Non potevo prometterglielo, perché era quasi garantito che la sua vita sarebbe stata piena di dolore, paura, delusione ed esperienze ad un passo dalla morte.

"Non lo so. In genere non c'è modo di prevedere quello che lei o gli altri reali di alto rango decideranno di fare." Quella conversazione mi stava logorando, non perché parlare con Rose fosse difficile, ma perché mi era impossibile darle quello che voleva. Sapevo anche che il tempo stringeva e che dovevo andare prima che Alberta venisse a cercarmi. Mi infilai una mano in tasca e lanciai a Rose il mio mazzo di chiavi. "Senti, so che sei arrabbiata, ma non possiamo parlarne ora. Devo incontrare Alberta e tu devi rientrare. La chiave quadrata apre la porta sul retro. Sai quale."

"Già. Grazie," rispose lei, leggermente avvilita ma comunque comprensiva. Vorrei poter dire che quella era la prima volta che facevo entrare di nascosto Rose nel suo dormitorio dopo averla beccata fuori dopo il coprifuoco. Non ero un gran mentore, per più di una ragione. Mi assicuravo che apprendesse le più importanti lezioni di combattimento, ma la maggior parte delle volte chiudevo un occhio sul fatto che trasgredisse più di qualche regola.

Le sue spalle si abbassarono leggermente mentre si voltava verso l'ingresso nascosto. Aveva fatto solo pochi passi quando la chiamai.

"Rose?" La sua testa si voltò automaticamente verso di me. "Mi dispiace."

Lei annuì, offrendo un sorriso conciliante alle mie scuse. Sapevo che non mi incolpava personalmente per la situazione, ma era anche difficile ammettere che non ero così potente come lei pensava che fossi. La vidi giocherellare con le chiavi nel palmo della mano e sorrisi nel tentativo di alleggerire l'atmosfera. "E faresti meglio a riportare quelle chiavi domani."

Roteò gli occhi e riprese a camminare. Il mio scherzoso rimprovero era caduto nel vuoto. La osservai finché non girò l'angolo e poi mi diressi verso l'ufficio amministrativo.


I corridoi erano abbastanza silenziosi, con uno o due colleghi nella sala dei Guardiani in pausa dal loro turno. Li superai senza nemmeno salutare prima di bussare alla porta di Alberta.

"Entra." Alberta stava scrivendo furiosamente su alcuni documenti quando entrai, fermandomi a pochi passi dalla sua scrivania. Non mi sedetti, sperando davvero che non ci sarebbe voluto troppo tempo e che avrei potuto tornare al mio appartamento il prima possibile.

"Ancora non capisco dove trovi il tempo per dormire." Anche se non ero in vena di chiacchiere oziose, non potei fare a meno di commentare il fatto che Alberta aveva passato tutto il giorno dietro la sua scrivania a prepararsi per l'esperienza sul campo del giorno dopo, e non sembrava che avesse intenzione di fermarsi a breve.

"Oh, mi sono addestrata a ridurre il bisogno di sonno molto tempo fa, Belikov. Adesso sono immune alla sua morsa." Il suo tono doveva essere leggero, ma potei sentire la tensione dello stress dietro la sua battuta.

"Beh, occupiamoci del programma e se tutto va bene avrai un po' di tempo per riposarti tanto per cambiare."

Mi lanciò alcuni moduli. Erano un programma per la settimana successiva, con me che avevo turni extra lunedì, martedì e mercoledì visto che saremmo partiti il giovedì e saremmo stati via almeno tutto il fine settimana.

"Questo è quello che sto proponendo. So che per te sarà una settimana estremamente frenetica, ma sembra che questa sia l'opzione più equilibrata per tutti, specialmente se questo processo andrà avanti fino alla prossima settimana. Ho studiato un programma anche per quell'eventualità, ma spero sinceramente che non ce ne sarà bisogno".

La guardai un'ultima volta, rendendomi conto che avrei potuto aver bisogno di prendere in prestito la capacità del Guardiano Petrov di rinunciare al sonno per i successivi giorni. Avrei avuto un turno extra di otto ore al giorno oltre alle mie solite otto. Il martedì di norma avevo un turno di dieci ore, quindi avrei registrato 18 ore solo in quel giorno. Tutti i novizi della St. Basil venivano addestrati a resistere fino a 36 ore senza dormire, ma era ugualmente un'esperienza difficile e frustrante. Anche con l'opportunità di dormire per brevi periodi tra i miei turni, sapevo che i successivi due giorni sarebbero stati tutt'altro che piacevoli.

Tuttavia, avrei fatto ciò che doveva essere fatto. Alberta era una persona corretta e non avrebbe scritto un programma come quello a meno che non lo ritenesse veramente necessario. Sapevo anche che non ero l'unico a lavorare con orari simili. Alberta stava già assumendo la maggior parte del lavoro per poter andare al processo, e c'erano una manciata di altri guardiani che avrebbero lavorato altrettanto duramente quella settimana.

"Per me va bene" ammisi, anche se ero già stanco e tentato di rifiutare del tutto l'idea.

"Grazie. So che il tuo attuale turno finisce tra circa 20 minuti, ma sentiti libero di staccare prima ed andare a riposarti. Ne avrai bisogno."

"In realtà, so che ne abbiamo già discusso, ma devo chiedertelo di nuovo..."

Alberta alzò lo sguardo, sapendo già cosa stessi per dire.

"...esiste una possibilità che gli studenti…"

"Mi dispiace, Dimitri. Ho inoltrato la richiesta, due volte in realtà, ma la Regina è risoluta a mantenere il processo il più ristretto possibile. Non credo che ci sia altro che possiamo fare."

Abbandonai la posizione sull'attenti e mi strofinai la piega sulla fronte. Sapevo quale risposta avrei ricevuto, ma fu comunque deludente sentirla.

"D'altro canto forse c'è un lato positivo in tutto questo. Non dovranno rivivere di nuovo quell'esperienza. So che non è stato facile per nessuno di loro, soprattutto per Vasilisa. E con tutto quello che è successo recentemente... beh, Christian e Rose non hanno bisogno di ulteriore stress."

Annuii, d'accordo con lei in una certa misura. Sapevo che Rose avrebbe fatto qualsiasi cosa per assicurarsi che Victor restasse dietro le sbarre, anche se fosse stato difficile per lei. Dopo aver visto Christian con Lissa, ero abbastanza sicuro che lui avrebbe fatto lo stesso. Tuttavia, sapevo anche che entrambi avrebbero preferito risparmiare a Lissa qualsiasi sofferenza legata a quella vicenda, proprio come io avrei preferito risparmiare a Rose qualsiasi sofferenza in generale. Certo, era comprensibilmente turbata dal fatto di non essere in grado di poter prestare la sua voce alla causa, ma ero certo che tutto sarebbe andato per il verso giusto e Victor avrebbe ottenuto la condanna che meritava. Se alla fine fosse andato tutto bene, non sarebbe stato abbastanza?

"Forse hai ragione," ammisi, sebbene con tono vacuo. "Dovresti cercare di riposarti anche tu, se ci riesci. Domani sarà un giorno impegnativo."

Alberta emise un suono vago mentre scansionava alcuni nuovi documenti, salutandomi con la mano mentre mi vide uscire con la coda dell'occhio. Ero abbastanza sicuro che non avesse intenzione di dormire nel prossimo futuro.