Era la vigilia del processo. Quel giorno saremmo partiti per la Corte e la mia più grande preoccupazione in quel momento era il fatto che il giorno prima non mi fossi congedato da Roza nel migliore dei modi. Ancora e ancora, continuavo a chiedermi se fosse il caso di provare o meno ad avvicinarmi a lei prima che l'aereo decollasse, ma avrebbe dovuto già essere tornata all'esperienza sul campo con Christian. Non potevo in alcun modo parlarle in privato, anche se avessi voluto.

Tuttavia, le sue parole continuavano a risuonare nelle mie orecchie, facendo mie le sue preoccupazioni. 'Victor sa di noi. Potrebbe raccontare qualcosa. Non si comporta esattamente come una persona normale... potrebbe spifferare tutto solo per il gusto di vendicarsi'.

E se…? E se succede qualcosa? E se Victor dicesse qualcosa e io non potessi più tornare? E se venissi licenziato, senza mai poterle dire addio? La catastrofe a spirale dei miei pensieri girava e girava come sulle montagne russe, fermandosi finalmente su un piccolo spiraglio di pace: se fosse successo qualcosa, e quello era ancora un 'se' abbastanza grande, allora Rose non sarebbe stata lì ad assistervi e a subirne le conseguenze. Avrei avuto il tempo di assolverla, si spera, da ogni comportamento sbagliato e di ridurre al minimo qualsiasi danno alla sua reputazione. Avrei detto loro che era tutta colpa mia, che avevo abusato della mia posizione, che ero io quello che aveva sbagliato. Avrei fatto di tutto per assicurarmi che alla fine lei stesse bene. Ma comunque... era un grande 'se'. Non sarebbe successo niente. Sarebbe andato tutto bene. Non sarebbe successo niente.

Il gruppo di noi che sarebbe partito ebbe un ultimo incontro informativo con Alberta per esaminare tutte le informazioni pertinenti con i guardiani che si sarebbero fatti carico dell'esperienza sul campo in nostra assenza. Sapevo, prima ancora di entrare nel suo ufficio, che l'avrei trovata stressata. Sebbene avesse sgobbato giorno e notte per assicurarsi che tutto fosse pronto, avrebbe lavorato sugli ultimi dettagli finali fino al momento in cui l'aereo si sarebbe alzato da terra.

Tuttavia, non ero del tutto preparato per quello che disse quando entrai nel suo ufficio.

"Belikov, non metterti comodo. Ho bisogno che trovi la principessa Vasilisa, Christian Ozera e Rosemarie Hathaway."

Ero confuso sull'uso formale dei loro nomi finché non vidi che non ero il primo guardiano ad arrivare alla riunione. Quindi, mi restò solo la confusione in merito alla richiesta stessa. "Sì, signora. Posso chiedere perché?"

"Ho bisogno che tu li prepari. Di' loro di fare le valigie e di essere pronti a salire sull'aereo in meno di un'ora."

Il mio cuore si fermò momentaneamente. "Mi scusi?"

"Verranno con noi. La Regina stessa ha chiamato non più di cinque minuti fa per inoltrare la richiesta. Ora, io non ho tempo e nemmeno tu. Quegli studenti ne hanno ancora meno..."

"E il novizio Castile?" interruppi.

"Di che parli?" Lo stress stava avendo la meglio su di lei e la sua professionalità stava iniziando a diminuire.

"Fa da guardiano alla Principessa. Devo dare istruzione che venga anche lui?"

Ci pensò appena un momento. "Sì, anche lui. Non possiamo proprio lasciarlo indietro se è in servizio."

E così, fui di nuovo fuori dalla porta. Alberta e gli altri sarebbero stati più che in grado di informare i guardiani che avrebbero preso il nostro posto quella settimana, e io avevo meno di cinquantasette minuti per individuare quattro studenti e prepararli per il viaggio. Per fortuna, sarebbero stati in coppia e, poiché si stava avvicinando l'ora di colazione, c'era qualche possibilità di trovarli tutti insieme.

Mi diressi verso la mensa, sapendo che era il posto più probabile in cui trovarli. Ero arrivato solo a metà strada quando vidi Lissa in mezzo ad alcuni altri studenti nel cortile. Come suo guardiano assegnato, ero ormai abituato a individuarla tra la folla ed fui disperatamente grato per tale abilità in quel momento.

Eddie mi vide prima di Lissa e potei notare la sua iniziale tensione mentre si preparava per un altro combattimento contro di me. Gli ci volle un momento per rendersi conto che indossavo una polo grigia casual invece del tradizionale total black richiesto per l'esperienza sul campo. La sua mano si spostò rapidamente dal paletto alla spalla di Vasilisa, dirigendo l'attenzione della Principessa su di me.

"Principessa."

"Buongiorno, guardiano Belikov. Va tutto bene?"

"Sì. Va tutto bene. Porto un messaggio del Guardiano Petrov. La tua presenza è stata richiesta al processo. Tu e il novizio Castile dovreste fare immediatamente le valigie ed essere alla pista di atterraggio per le 8. Mi dispiace per il cambiamento dell'ultimo minuto ma..."

"No! No. Per favore, non scusarti. Grazie!" Potevo vedere l'eccitazione sul suo viso, mista a un po' di nervosismo. "Non so come hai fatto, ma grazie."

"Ti garantisco che non è stata opera mia. Comunque, sai dove sono Rose e Christian?"

"Vengono anche loro?" Riuscii a malapena ad annuire prima che lei continuasse. "Oh grazie al cielo. So che questa storia li stava stressando entrambi. Avevamo programmato di incontrarli in mensa tra pochi minuti, dovrebbero essere lì adesso."

Lissa fece strada verso gli altri, con me e Eddie che seguivamo. Quasi non mi accorsi che si era messo al mio fianco e stava mettendo in atto una tecnica nota come doppia guardia. Con il suo passo leggermente arretrato, lo vidi posizionarsi come secondo guardiano piuttosto che come guardiano principale della formazione. Una parte di me voleva incoraggiarlo a prendere la posizione di leader in quel momento poiché si trattava del suo test, ma la deferenza aveva senso poiché in effetti io ero il vero guardiano assegnato a Lissa. Ad ogni modo, presi nota mentalmente di dargli una menzione favorevole nella sua relazione finale.

Eravamo appena entrati nella mensa quando vidi la nostra coppia lasciare la stanza di nutrizione. La Principessa si avviò verso di loro nel momento in cui li vide, Eddie la seguiva da vicino. Sapevo che Lissa avrebbe portato il mio messaggio e che Eddie avrebbe comunicato tutti i dettagli mancanti. Senza ulteriori indugi, lasciai gli studenti per prepararmi io stesso alla partenza. Se quella mattina ne era un indizio, il viaggio sarebbe stato molto più interessante di quanto avessi pianificato inizialmente.


Una vista molto sgradita mi accolse sulla pista di decollo. Adrian se ne stava appoggiato con fare rilassato contro il suo bagaglio, con l'aria di essere il proprietario del luogo. Per quanto ne sapevo, avrebbe effettivamente potuto essere il proprietario dell'aereo. Alcuni altri guardiani gli stavano intorno, rimanendo a debita distanza e non badando un al suo atteggiamento distaccato. Naturalmente, nel momento in cui mi vide, sentì il bisogno di dire qualcosa.

"Belikov." Il suo sorrisetto sembrava determinato a infastidirmi e ci stava riuscendo abbastanza bene.

"Lord Ivashkov. È una sorpresa vedervi in piedi così presto." Non era un segreto che Adrian fosse tipicamente in uno stato di ebbro torpore fino all'ora di pranzo.

"Non potevo di certo perdere il mio volo, no?" Allungò le gambe, sedendosi e strizzando gli occhi alla luce sbiadita del sole, nonostante indossasse occhiali da sole all'ombra dell'ala dell'aereo. "Non vorrei deludere mia zia visto che è stata così gentile da ammettere qualche testimone in più al processo".

Ovviamente era stato lui. Ovviamente aveva fatto l'impossibile e dando a Rose quello che io non potevo. Non aveva promesso esattamente questo? Godeva nell'avere un potere fuori dalla mia portata, ma mi tormentava vederlo in azione. È stato lui a capire dov'era a Spokane. È stato lui a portare lei e gli altri al processo. Era lui quello che poteva offrirle la vita che meritava lontano dallo stile di vita dei guardiani.

Dall'espressione del suo viso, lo sapeva anche lui. Sapeva di avermi battuto e sapeva che mi faceva male. Tuttavia, non gli avrei dato il beneficio di vedermi sussultare. "Sono sicuro che sarà l'ultimo chiodo nella bara di Victor ed è il massimo che possiamo sperare".

Adrian si fece beffe del fatto che sminuissi il suo operato, dirigendosi verso i gradini dell'aereo e salendoli velocemente. Potevo solo immaginare che si stesse dirigendo dritto verso il bar di bordo e, sebbene le sue abitudini mi disgustassero, ero grato di averlo perso di vista. Non appena fu dentro, sentii la tensione delle mie spalle rilassarsi.

Cinque minuti prima dell'imbarco, tutti e quattro gli studenti apparvero sul campo tra la scuola e la pista di atterraggio. Tra il caricamento dei vari bagagli, potei vedere l'anticipazione sul viso di Rose anche con la notevole distanza che c'era ancora tra noi, e nel momento in cui fu abbastanza vicina, si liberò e si precipitò verso di me.

"Scusa. Mi dispiace tanto."

"Ti dispiace per cosa?"

"Per tutte le cose orribili che ti ho detto ieri. L'hai fatto. L'hai fatto davvero! Li hai convinti a lasciarci venire con voi." Stava quasi saltellando sulle punte dei piedi e c'era una piccola parte di me che si preparava per l'abbraccio che sapevo era tentata di darmi.

In genere, sarei stato euforico, ma al momento mi sentii male. Mi stava ringraziando per qualcosa in cui non avevo assolutamente avuto parte. Credeva così tanto in me che pensava che quel cambiamento fosse dovuto a qualcosa che avevo detto o fatto io. Invece era stato Adrian.

"Non sono stato io, Rose. Non ho niente a che fare con questa storia" risposi freddamente. Forse avrei dovuto ammettere il coinvolgimento e l'influenza di Adrian, ma non riuscii a farlo. L'avrebbe capito molto presto, ne ero sicuro. Adrian non sembrava il tipo da lasciar passare inosservata una sua buona azione.

Lo sguardo di Rose carico di confusione e, oserei dire, di tradimento, rimase inciso nella mia mente quando Alberta ci chiamò a bordo. Finii di aiutare con le ultime valigie prima di entrare in cabina e prendere uno dei pochi posti liberi sul retro. Rose era seduta vicino al finestrino dividendo la fila con Eddie. Non mi degnò nemmeno di un'occhiata e passai oltre, anche se la vidi mentre chiacchierava di tanto in tanto con Adrian seduto davanti a lei. Vista la frequenza con cui lui si girava sul sedile, tanto valeva che si sedessero uno accanto all'altra.

Continuarono a parlare per tutto il decollo, anche se provavo una piccola dose di gioia egoistica nel fatto che Rose sembrasse perdere rapidamente interesse per qualunque conversazione Adrian stesse cercando di forzare. Qualcosa su come inondarla di regali e fronzoli. Per quanto parlava forte, ero sicuro che alcune delle sue generose offerte nei suoi confronti fossero a mio vantaggio. Avevo appena deciso di ignorarlo completamente e di tirare fuori il mio tascabile quando le urla di Rose attirarono di nuovo la mia attenzione.

"Adrian! Vuoi chiudere quella maledetta boccaccia per cinque secondi?"

Sussultai, chiedendomi perché il suo temperamento irascibile divampasse proprio in quel momento. Le era appena stata concessa questa opportunità e non volevo vedergliela strappare via, soprattutto quando sapevo che non sarei mai stato in grado di fargliela accordare di nuovo.

"Rose" Alberta si alzò dal suo posto davanti e potevo già sentire il rimprovero nel suo tono. "Che succede?"

"Ho il peggior fottuto mal di testa del mondo, e lui non la smette di parlare." Mi alzai immediatamente. Rose aveva parlato a denti stretti e in quel momento sentii un basso gemito di dolore. "Dio, perché non se ne va?"

Mentre mi avvicinavo, sentii il sussurro sommesso di Christian ad Alberta. "Oggi non ha mangiato. Prima aveva davvero fame."

Le mani di Rose si spostarono dal suo viso, scoprendole gli occhi con un piccolo sibilo. Erano dilatati e oscillarono freneticamente da una parte all'altra prima di fissarsi su di me solo per un momento. Con un altro leggero lamento, i suoi occhi si fissarono sfocati sull'aria intorno a me e iniziò a sbattere rapidamente le palpebre, trovando infine nuovamente la solitudine al riparo dei palmi delle sue mani.

Alberta lanciò un'occhiata verso di me in una domanda silenziosa e io scossi la testa in risposta. Nonostante lo strano comportamento di Rose nelle ultime settimane, non avevo mai visto niente di simile.

Si allungò dietro di me, attirando l'attenzione dell'assistente di volo che non avevo nemmeno visto avvicinarsi. "Può portarle qualcosa da mangiare?" Gli occhi di Alberta tornarono un attimo su Rose prima di aggiungere "E magari anche un antidolorifico?"

Misi la mano sulla spalla di Eddie, facendogli cenno di farsi da parte in modo da potermi sedere accanto a Rose e interrogarla un po' più in privato. "Dov'è? Dove ti fa male?"

Tra le ombre delle sue dita, potevo vederla guardare tutti i volti concentrati su di lei. Di solito a Rose non dispiaceva essere al centro dell'attenzione, ma dal modo in cui si ritrasse nel suo posto, quello non era uno di quei momenti. "È solo un mal di testa..." Fece una smorfia quando la luce dal finestrino le attraversò il viso e io mi allungai su di lei per abbassare la tendina "... sono sicura che se ne passerà."

Il mio sguardo rimase fisso su di lei senza battere ciglio, sapendo che stava cercando di minimizzare il dolore. Con un sospiro, portò le dita contratte al centro della fronte, in mezzo agli occhi. "È come se qualcosa stesse spingendo sul mio cranio. E ho una specie di dolore dietro gli occhi. Continuo a sentirmi come... beh è come se avessi qualcosa negli occhi. Mi pare di vedere un'ombra o qualcosa del genere. Poi sbatto le palpebre e scompare."

Mentre la mia tensione aumentò alla sua spiegazione, Alberta si rilassò con un sospiro. "Ah. Questo è un sintomo di emicrania: avere problemi di vista. Si chiama aura. A volte le persone la percepiscono prima che inizi il mal di testa."

"Un'aura?" chiese Rose con un abbassando improvvisamente le mani e lanciando uno sguardo scioccato verso Adrian.

"Non quel genere di aura." Lo sguardo di Adrian sembrava un po' vitreo, come se avesse già bevuto un drink di troppo. O come se stesse per ricominciare a divagare. "Stesso nome. Come Corte e corte. Le aure dell'emicrania sono immagini e luci che vedi quando stai per avere un attacco. Non hanno niente a che vedere con l'aura che vedo io intorno alle persone. Ma sai una cosa? L'aura che vedo… quella intorno a te… wow."

Rose ridacchiò senza umorismo. "Nera?"

"Più che nera. È anche ovvio, dopo tutti i drink che mi sono scolato." I suoi occhi si schiarirono improvvisamente mentre fissava il suo sguardo su di me in modo significativo. "Non ho mai visto niente del genere."

Mi morsi la lingua per la frustrazione, la mia mano che strofinava la spalla di Rose come se potesse avere qualche effetto sul suo mal di testa. Sonya aveva sofferto di emicranie e ricordo che si lamentava di suoni e luci ogni volta che venivano accese, ma non ricordo che la colpissero in quel modo. E Rose aveva una tolleranza al dolore significativamente più alta di mia sorella. Questo, unito al vago avvertimento di Adrian qualche giorno prima, mi rese inquieto… e non poco.

Ero completamente impotente. Proprio come per la possibilità di riuscire a portarla al processo. Per fortuna, l'assistente di volo tornò rapidamente con del cibo e dell'ibuprofene. Non era molto, ma sembrò alleviare il peggio della sofferenza di Rose fino a quando non fu finalmente in grado di addormentarsi contro la parete della cabina. Di tanto in tanto gemeva ancora e sussultava per quel dolore invisibile, ma non sembrava più così debilitante. Solo una volta che fu abbastanza calma, mi sentii sufficientemente a mio agio nel lasciare il suo fianco. Tornai alla piccola cambusa, sperando che un bicchiere d'acqua potesse bastare a calmare i miei nervi.

Qualcosa non andava, ma non sapevo cosa, e peggio ancora... non sapevo come rimediare. Onestamente, non ero sicuro di poterlo risolvere anche se avessi saputo come fare. Rose sembrava diventare sempre più imprevedibile. Non erano solo gli scatti d'ira o gli incubi, ora stava iniziando ad avere mal di testa e altri sintomi più fisici. E poi c'era l'oscurità che Adrian continuava a menzionare. Non ero sicuro di cosa volesse dire, ma di certo sembrava averlo preoccupato. Il tutto mi colmò anche di un senso di sinistro presentimento.

Basta superare il processo, ricordai a me stesso. Una battaglia alla volta. Supera il processo e poi troverai un modo per aiutare Rose.

Quando tornai nella cabina principale, qualcun altro aveva preso il mio posto vuoto. Il mio istinto immediato fu quello di strappare Vasilisa da Rose, soprattutto perché sembrava volesse svegliarla. Tuttavia, arrestai i miei movimenti quando vidi la Principessa prendere la mano di Roza tra le sue, chinando un momento la testa. Mentre Rose si rilassava, mi resi conto che Lissa la stava guarendo e sentii la gratitudine sovrastare la mia precedente irritazione. Lissa aveva aggiustato tutto, da una caviglia rotta alla morte, un mal di testa doveva essere praticamente nulla per lei. Avrei solo voluto averlo suggerito prima.

Ma quando Lissa aprì gli occhi, Rose si limitò a scuotere leggermente la testa. Non aveva funzionato. Perché non aveva funzionato? Ero troppo lontano per ascoltare qualsiasi spiegazione – anche se sembrava preoccupante per entrambe le ragazze – e non osai avvicinarmi dopo aver visto Adrian sbirciare di nuovo tra i sedili. Per fortuna, pochi minuti dopo entrambi la lasciarono riposare, cosa di cui sembrava avere un gran bisogno. Quanto a me, mi sedetti al mio posto e aprii il mio libro, senza assorbire una sola parola mentre la osservavo attraverso le pagine e la distanza che ci separava.