L'alba faceva danzare la luce multicolore che entrava dalle vetrate sulle cornici dorate e sui candelabri, ipnotizzandomi mentre si mescolava alle ombre tra il legno lucido e i velluti pesanti dei vari tendaggi e delle vesti dipinte dei santi e degli altari nella cappella. Non ero ancora sicuro di aver compreso tutti i lati spirituali della religione, ma dovevo rispettare la maestà e l'onore che ammantavano ogni aspetto della cerimonia. Tutto veniva eseguito con tale cura e devozione, che da impostore era difficile mescolarmi tra i veri credenti. Tuttavia, mi sentivo vicino a casa all'interno di quelle mura, o comunque il più vicino che mi fosse possibile essere. Era quasi come se potessi uscire e vedere le colline che mi erano tanto familiari da bambino, fuori dalla finestra della mia camera da letto.
La mia testa ricadde contro il banco di legno, curvando il mio corpo in una strana forma per adattarlo al piccolo spazio tra le file. Non ero affatto comodo, ma era meglio che tornare nel mio appartamento in quel momento. Potevo fingere di non essere poi così solo, con tutti gli occhi dei santi che vegliavano su di me.
"Guardiano Belikov?" Una voce gentile mi destò dal mio raccoglimento, e vidi padre Andrew che mi lanciava un'occhiata all'estremità della lunga panca di legno. "Stai bene, figlio mio?"
Gli offrii un sorriso, più per rassicurarlo che stessi bene che per altro. "Bene, padre. Sto solo cercando un po' di solitudine e chiarezza. È stata una lunga settimana."
Annuì, ma potevo vedere il dibattito dietro i suoi occhi. Dopo un momento, sembrò contento di lasciarmi semplicemente riposare in pace con nient'altro che una pacca di conforto sulla spalla. "Ho del lavoro da fare nel mio ufficio, ma per il resto ho finito per la notte. Sentiti libero di restare tutto il tempo di cui hai bisogno."
Lo ringraziai per la sua generosità, ma mentre stava per ritirarsi a porte chiuse, concedendomi la solitudine per la quale ero andato lì, mi offrì un ultimo consiglio. "E Dimitri, ricorda che la chiarezza potrebbe essere più vicina di quanto pensi. A volte il Signore ce la mette proprio davanti agli occhi, ma siamo semplicemente troppo testardi per accettarla. Buonanotte, Dimitri."
La mia mente non ebbe quasi il tempo di elaborare, tanto meno accettare e rispondere a ciò che aveva detto, prima che padre Andrew se ne andasse. Aveva trascorso alcune ore con me e Rose, ma in quell'occasione ci eravamo a malapena parlati, figuriamoci aver fatto qualsiasi altra cosa che potesse suggerire qualcosa di più nella nostra relazione mentore-studente. Non avrebbe certamente potuto capirlo. E anche se l'avesse capito, sicuramente non lo stava incoraggiando.
No, era stata semplicemente una coincidenza e ci stavo rimuginando troppo su.
Mi passai le dita tra i capelli, tirando via l'elastico che li teneva e strofinando via la tensione dal cuoio capelluto prima di appoggiare la testa tra le mani. Cosa dovevo fare? Non potevo andare avanti così. Noi non potevamo andare avanti così. Rose e io alla fine avremmo ceduto e questo ci avrebbe messo in pericolo, e avrebbe messo in pericolo Vasilisa.
Il mondo Moroi non ci avrebbe perdonato se una relazione tra me e Rose avesse messo a rischio l'ultimo Dragomir e, peggio ancora, se mai fosse successo qualcosa a Lissa, sapevo che Rose non mi avrebbe mai perdonato. Avrebbe incolpato me e avrebbe incolpato sé stessa.
Tuttavia, non potevamo stare lontani l'uno dall'altra, e una volta passato il diploma avremmo vissuto ancora di più a stretto contatto. L'allenamento quotidiano di poche ore era una cosa, ma presto avremmo vissuto sotto lo stesso tetto 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L'avrei vista più che ogni singolo giorno, l'avrei vista quasi ogni ora. In continuazione. Ci sarebbero state così tante opportunità di soccombere alla debolezza e... non ero sicuro di essere abbastanza forte.
Quindi, logicamente, la cosa giusta sembrava essere ciò che avrei dovuto fare lo scorso Natale. Andarmene.
Non con Tasha, ovviamente. O chiunque altro, per quanto importasse. Cercare di sostituire Rose era qualcosa che ora sapevo essere impossibile. Ma proprio come Yuri se ne era andato per la persona a cui teneva, anch'io avrei dovuto andarmene. In quel modo Lissa sarebbe stata più al sicuro. Probabilmente anche Rose sarebbe stata più al sicuro, anche se già adesso provavo un po' di ansia al pensiero che non sarei stato lì a proteggerla, se necessario. Il fatto che sentissi persino quella paura era solo un'ulteriore prova del fatto che dovevo andarmene. Ero più preoccupato per la sicurezza di Rose che per quella di Lissa.
Il problema era che quando si trattava di Rose, non ero solo debole, ero anche egoista. Ero un uomo debole ed egoista. Non potevo darle quello che meritava, ma non potevo nemmeno rinunciare a lei.
Ero così preso dai miei pensieri che a malapena sentii i passi di qualcuno che mi si avvicinava. Non capitava spesso che qualcuno mi prendesse alla sprovvista, e questa era la seconda volta in una sera. Tuttavia, questa volta vidi proprio la persona che aveva tanto occupato la mia mente quel giorno.
"Rose, va tutto bene?" Mi misi subito in allerta. Era passato il coprifuoco, e anche se non era certo la prima volta che lo infrangeva, di solito non mi cercava fuori orario, a meno che non ci fosse un'emergenza.
"Sì... beh, più o meno. Nessuna crisi, se è questo che ti preoccupa." Fugò la mia preoccupazione, scivolando accanto a me e prendendo un profondo respiro del persistente incenso nell'aria. Sembrava avere su di lei lo stesso effetto calmante che aveva su di me. "Ho solo una domanda. O meglio, una teoria."
"Una teoria che non poteva aspettare fino a domani mattina?"
Almeno ebbe la decenza di sembrare un po' dispiaciuta per avermi messo nella posizione di doverle trovare una scusa, se fosse stata sorpresa fuori dal dormitorio dopo l'orario consentito. Stavo diventando bravo a farla sgattaiolare dentro il suo dormitorio quasi quanto lo era lei sgattaiolarne fuori.
"Ero con Christian stamattina..."
"Rose, oggi avevi il giorno libero." Lavorare mentre avrebbe dovuto riposare non le avrebbe fatto guadagnare punti, e avrebbe anche potuto vanificare gli effetti benefici della terapia.
"Che tu ci creda o no, Compagno, ero lì solo come amica. Nessun dovere da guardiano, giuro." Dopo la sua rassicurazione, fu pervasa da uno sguardo di appassionata eccitazione. "Ho parlato con Alice. Ha menzionato qualcosa sulle barriere protettive e su come tengono alla larga i morti. Non solo gli Strigoi, Dimitri. Qualsiasi cosa sia morta. Spettri inclusi."
"Non capisco."
"Nemmeno io capivo. Almeno non all'inizio. Se le barriere tengono lontani i fantasmi, allora com'era possibile che vedessi Mason? Non avrebbe dovuto essere in grado di superarle. Ma a Corte non l'ho visto. Anche la Corte ha delle barriere protettive, e sono anche più potenti che qui. Martinville non le aveva, e loro erano ovunque. Non appena siamo atterrati all'aeroporto, è stato allora che è diventato insopportabile. Qui invece le visioni vanno e vengono. Ecco perché penso che ci sia qualcosa che non va con le barriere all'Accademia. Questo spiegherebbe tutto! Sono le barriere! Una volta che le avremo riparate, starò bene."
Mi sorrise. E ridacchiò. A un certo punto del suo discorso, la sua mano aveva trovato la mia, stringendola con euforia. C'era così tanta speranza nei suoi occhi, ed era assolutamente straziante per me.
"Rose..."
Con una parola, vidi ogni grammo della sua gioia andare in frantumi.
"Io non...non credo che siano le barriere."
Non avevo nemmeno finito la mia frase prima che lei iniziasse a ritirarsi da me, non solo fisicamente, ma anche emotivamente. I suoi occhi si offuscarono, le sue spalle si abbassarono in avanti e, forse senza che lei se ne accorgesse, iniziò a scuotere la testa avanti e indietro come ad implorarmi silenziosamente di riconsiderare le mie parole.
"Conosco Alice. Non sono sicuro che sia affidabile." Percettiva poteva anche darsi, ma credibile era una forzatura. Mi era sempre sembrata gentile e socievole, ma una conversazione con lei poteva prendere una direzione folle in un batter d'occhio.
"Lo so" concordò, anche se a malincuore. "Avevo pensato la stessa cosa. Ma i dettagli quadrano, ha perfettamente senso."
Lei voleva che avesse perfettamente senso. "Non direi. Come hai detto tu stessa, perché le tue visioni qui sono così irregolari? Questo non combacia con la teoria delle difese magiche. Dovresti stare come sull'aereo."
"E se le difese fossero solo deboli?"
Scossi la testa, anche se non ero sicuro che l'avesse visto. Stava fissando piuttosto intensamente il terreno, come se potesse rispondere alle sue domande. "È impossibile. Le difese impiegano mesi per indebolirsi. E qui ogni due settimane ne vengono installate di nuove."
"Così spesso?" La delusione era chiara nella sua voce e sentii il mio petto contrarsi di nuovo. Sapevo che non era colpa mia se in quel momento stava soffrendo, ma mi sentivo comunque in qualche modo responsabile per averle portato via quel breve momento di speranza. "Forse le stanno infrangendo con dei paletti", suggerì dopo un po' di tempo. "Degli umani o qualcosa del genere… com'è già successo in passato."
"I guardiani perlustrano il parco più volte al giorno. Se ci fosse un paletto lungo i confini del campus, ce ne saremmo accorti."
Sospirò, rannicchiandosi su sé stessa, infilando le mani tra le ginocchia e diventando in qualche modo così piccola che sentivo che avrei potuto perderla se non l'avessi afferrata in fretta.
Quando le toccai la mano, però, fu quasi come se avesse dimenticato che ero lì. Sussultò al mio tocco, forse non aspettandosi che cercassi il contatto quando generalmente era sempre lei che lo faceva.
"Credevi che se Alice avesse avuto ragione, questo avrebbe spiegato tutto."
Alla fine alzò lo sguardo su di me, annuendo solo due volte. Potevo vedere la sua mascella serrarsi e ogni tanto batteva le palpebre, rifiutandosi di farmi vedere le emozioni che sapevo stava cercando di nascondermi.
Una parte di me voleva assicurarle che andava tutto bene, che non c'era niente di male ad essere arrabbiata con me e che aveva tutto il diritto di essere arrabbiata, triste e frustrata e un milione di altre emozioni che probabilmente non ero in grado di nominare, tanto meno provare.
"Non voglio essere pazza" sussurrò, quasi senza fiato.
"Non sei pazza." Le mie parole furono probabilmente più taglienti di quanto avrebbero dovuto essere. Non trasalì, ma mi ritrovai a rimpiangere immediatamente il mio tono. Odiavo che Rose si considerasse pazza. Odiavo che qualcuno la considerasse pazza. Odiavo davvero che pensasse, anche solo per mezzo momento, che io avrei mai potuto considerarla pazza.
"Ma non credi che io veda davvero vedendo i fantasmi."
Per questa cosa non avevo una risposta. Non potevo mentirle, neanche per risparmiare i suoi sentimenti. L'avere le allucinazioni e il credere che quelle allucinazioni fossero vere potevano essere causati da tante cose. Avevo fatto alcune ricerche nel mio tempo libero, cercando di trovare risposte su come aiutarla e sostenerla. Tutte le fonti erano d'accordo su una cosa: non assecondare le allucinazioni. Non essere polemico e aggressivo, ma essere onesto e guidare delicatamente la discussione attraverso percorsi più logici. Non portare mai le persone a vergognarsi di ciò che stava accadendo nella loro mente, ma neanche ignorarlo completamente o incoraggiarlo avrebbe aiutato le cose.
Nel complesso, mi sentivo totalmente non qualificato per essere ciò di cui aveva bisogno in quel momento, ma non l'avrei delusa.
"Non lo so" ammisi alla fine, non volendo iniziare una discussione ma riluttante a lasciar andare l'argomento. "Continuo a sforzarmi di tenere la mente aperta. Ed essere sotto pressione non è la stessa cosa che essere pazza."
"Lo so." Era chiaro che lo stesse dicendo solo per evitare di iniziare una discussione con me. Tuttavia, non indagai oltre, godendomi invece la sensazione della sua mano nella mia.
Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che mi ero concesso il semplice piacere di stringerla, e anche in quel momento quel piacere era contaminato dalla preoccupazione per il suo benessere. Dovevo chiedermi se ci sarebbe mai stato un giorno in cui avrei potuto toccarla senza che ciò fosse provocato da una situazione di vita o di morte che ci costringeva a stare insieme in un momento disperato.
Come se avesse ricevuto un segnale, la mia mente tornò ai pensieri che avevo avuto appena prima che Rose mi trovasse, e a ciò che avevo considerato prima che lei entrasse. Andarmene era ancora la cosa migliore per lei, la cosa migliore per noi.
"Ma... beh... c'è qualcos'altro..."
"Hmm?" Le strinsi la mano, incoraggiandola ad andare avanti, ma potevo percepire la sua esitazione. A differenza dell'eccitazione per le notizie che aveva condiviso prima, qualunque cosa si stesse preparando a dirmi ora sembrava renderla nervosa.
"Ho parlato con padre Andrew di Anna. In particolare, del suo legame con San Vladimir".
Rose e io avevamo parlato di tanto in tanto del legame tra il santo omonimo della scuola e la sua compagna di legame che era molto simile a quello di Rose e della Principessa. Erano l'unico vero riferimento che avevamo sul legame, quindi tutto ciò che riuscivamo trovare su di loro era prezioso, anche se spesso era vago e difficile da capire. Sapevo che aveva studiato alcuni libri antichi nella biblioteca della cappella e aveva persino discusso della coppia con il prete, anche se non credo che gli abbia spiegato perché fosse così interessata all'argomento.
"Potremmo esserci concentrati sulla persona sbagliata in questa storia. Siamo sempre stati così preoccupati per come Vladimir abbia gestito lo Spirito e per gli effetti che ha avuto su di lui, gli effetti che potrebbe potenzialmente avere su Lissa. A quanto pare non era solo lui. Qualunque cosa lo Spirito faceva al suo utilizzatore, quella follia e quell'oscurità... è penetrata anche in Anna."
Per tutto il tempo in cui Rose parlò, evitò i miei occhi. Il suo sguardo era concentrato sul tremolio della luce della candela, come se potesse in qualche modo scacciare le ombre di cui sembrava così timorosa. Non funzionò però, e quando finalmente tornò a guardarmi, i suoi occhi brillavano con la stessa solennità. Non avevo ancora compreso del tutto, ma stavo già mettendo insieme i pezzi e l'immagine che vedevo non mi piaceva. Spirito. Buio. Nulla di tutto ciò sarebbe finito bene, ne ero sicuro.
"Sta succedendo anche a me, credo. Non ne ero così sicura prima, ma penso che sia parte del motivo per cui sta accadendo tutto ciò. Gli sbalzi d'umore, l'agitazione, il... vedere le cose." Rose fece un respiro tremante prima di continuare. "Adrian ha menzionato qualcosa quando mi ha incontrato per la prima volta, sulla mia aura oscura. Ha detto che era 'cerchiata di nero' o qualcosa del genere. L'ha definita strana ma non ci abbiamo pensato molto perché credevamo che fosse solo un segno del fatto che sono stata baciata dalla tenebra. Ma recentemente, ha detto che sta diventando più scura, e ora è quasi completamente nera".
Il sangue mi scorreva ghiacciato e denso nelle vene, mentre ricordavo lo sguardo impaurito negli occhi di Adrian quando cercava di spiegarmi la stessa cosa. Il suo avvertimento terrorizzato sull'aereo mentre Rose piagnucolava incosciente al mio fianco: "penso che quel qualcosa potrebbe tentare di ucciderla".
"L'altro giorno, mentre facevo la guardia a Christian, Adrian ha visto qualcosa. Lissa si stava innervosendo e ho potuto percepire la sua instabilità. Io... non lo so... ho desiderato mentalmente che stesse bene e ha subito iniziato a calmarsi. Apparentemente, Adrian aveva visto qualcosa nella sua aura, un'ombra vaga, muoversi dalla sua aura nella mia. Lui pensa che qualunque cosa la stesse colpendo potrebbe fare del male anche a me."
"Potrebbe non essere così" intervenni con disperazione, sperando più per me stesso che per qualsiasi altra cosa. "Ne hai passate tante a Spokane. Potrebbe ancora essere solo stre-"
"Non dire stress, Dimitri. Davvero... non farlo." La sua rabbia improvvisa si dissipò velocemente in un rapido sguardo di scuse. "So di essere stressata. Lo siamo tutti, anche tu. Ma questo è più che semplice stress e penso che lo sappia anche tu."
Lo sapevo. Anche prima di quella sera, c'era una parte di me che lo sapeva, ma non volevo accettarlo.
"C'è dell'altro però. Anna, non è semplicemente impazzita. Alla fine..." Rose si interruppe, mordendosi il labbro per un momento e io mi preparai per qualunque cosa sarebbe venuta dopo. "Alla fine si è suicidata, Dimitri. Dopo la morte di Vladimir. Non è riuscita a sopravvivere nemmeno un anno prima che diventasse troppo instabile e si suicidasse."
Ci fu un lungo momento di silenzio sbalordito. Rose mi guardò, aspettando la mia reazione. La guardai, pregando di aver capito male.
Non fui così fortunato. La paura e l'incertezza nei suoi occhi mi lasciarono senza parole, mentre cercavo un modo per dirle che sarebbe andato tutto bene. Avevo bisogno che tutto andasse bene. Avevo bisogno che lei stesse bene.
"Ne hai parlato con qualcun altro? Con Lissa magari? Con la tua terapista?"
"No. Ho paura di quello che penserebbero." Vedendo che aveva chiaramente paura di quello che pensavo, cercai di non essere troppo duro con lei.
"Devi smetterla. Non hai paura di buttarti fra le braccia del pericolo, ma hai paura di confidarti."
"Io... non lo so. Immagino che tu abbia ragione."
"Allora perché l'hai detto a me?"
"Perché mi hai detto che dovrei fidarmi delle persone. Mi fido di te." Mi sorrise come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Forse lo era. Mi fidavo di lei esattamente allo stesso modo, e l'unica cosa che mi tratteneva dall'aprirmi completamente erano i problemi personali che non avevano nulla a che fare con lei.
"E non ti fidi di Lissa?"
Quel sorriso vacillò all'istante. "Mi fido di lei, ciecamente. Ma non voglio dirle cose che la farebbero preoccupare. È un modo come un altro per proteggerla, come combattere gli Strigoi."
Lo capivo, soprattutto perché avevo fatto la stessa cosa in passato quando si era trattato di Rose. Avevo mantenuto dei segreti pensando che in qualche modo ciò avrebbe risparmiato i suoi sentimenti o l'avrebbe tenuta al sicuro. Però non fu così. Alla fine quei segreti finivano solo per causare discussioni o peggiorare le cose. Avevo bisogno di imparare a fidarmi di Rose e a rivolgermi a lei quando necessario, proprio come lei aveva imparato a venire da me. Era più coraggiosa di chiunque altro conoscessi e più forte di chiunque altro potessi immaginare. E anche Lissa era più forte di quanto entrambi pensassimo. Lo dissi a Rose.
"E allora? Vuoi che mi confidi con lei e non con te?"
"No, voglio che ti confidi con entrambi. Penso che ti farebbe bene." Lasciai passare tra noi un'alito di pace prima di riprendere il temuto argomento. "Quello che è successo ad Anna ti preoccupa?"
"No" distolse lo sguardo, seguendo il bordo dell'unghia del suo pollice. "Mi terrorizza."
Penso che quell'ammissione abbia scioccato entrambi. Rose non era tipo da ammettere la sua paura, e nemmeno io, almeno non apertamente. Ma nell'ultima settimana, lo avevamo fatto entrambi senza esitazione. L'attacco d'ansia di Rose, o qualunque cosa fosse su quell'aereo, mi aveva terrorizzato. Tuttavia, questo impallidiva in confronto a quello che provavo ora. Immaginare un futuro in cui Rose perda il suo senso di sé così completamente da preferire la morte al vivere in qualunque inferno la sua mente le offrisse era troppo doloroso da comprendere, tanto meno da esprimere a parole.
La attirai a me, cercando di rassicurarla che ero lì per lei, anche se non avevo le parole giuste per farlo. Onestamente, anche io ero rassicurato dal fatto che lei fosse lì, perché sapevo che il mio incubo ricorrente sarebbe tornato a perseguitarmi quella notte e avrei avuto bisogno di un promemoria tangibile per dopo.
Sentii il suo singhiozzare irrompere contro il mio petto, e non cercai di calmarla perché meritava di versare le sue lacrime e vivere pienamente le sue emozioni. La tenni stretta a me mentre mi offriva le sue paure, una per una.
"Non voglio essere così. Voglio essere come tutti gli altri. Voglio avere una mente… normale. Normale per i miei standard, almeno. Non voglio perdere il controllo. Non voglio diventare come Anna e uccidermi. Mi piace vivere. Morirei per salvare i miei amici, ma spero che non succeda mai. Spero che tutti viviamo una vita lunga e felice. Come dice Lissa… una grande famiglia felice. Ci sono tante cose che voglio fare, ma ho paura… paura di diventare come lei... paura di non poterlo fermare..."
"Non succederà" promisi mentre infilavo il viso tra i suoi capelli, lasciando che il profumo mi confortasse e nascondendo le crepe nella mia armatura mentre cercavo di rimanere forte per il suo bene. "Sei scatenata e impulsiva, ma sei anche una delle persone più forti che conosca. E anche se fossi come Anna… cosa che non credo… voi due non condividerete la stessa sorte".
Mi tirai leggermente indietro, sistemandole i capelli dietro l'orecchio e asciugandole una lacrima fuggitiva dalla guancia. Cercò automaticamente di girarsi dall'altra parte, come se il solo ammettere che potesse piangere fosse un segno di debolezza, ma non l'avrei permesso e le voltai la guancia perché mi guardasse negli occhi.
"E poi ci sarebbe un'alternativa. Se la magia di Lissa ti mette in pericolo, almeno ora sai perché. Può smettere di usarla, e tutto tornerà a posto."
"Ma come potrei mai chiederle di farlo?" rispose, come se avessi suggerito a Rose di chiedere a Lissa di commettere tradimento per lei. "Ho sentito cosa prova quando la usa. Non so se posso privarla di quella gioia."
Sapevo che Rose avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare Lissa, ma non mi ero reso conto che avrebbe letteralmente fatto qualsiasi cosa per lei, anche solo per renderla felice. La mia dedizione – anche a Ivan – non era mai stata così grande. "Anche a costo della tua stessa vita?"
"Vladimir ha fatto grandi cose, e lei potrebbe fare altrettanto". La sua attenzione si rivolse di nuovo alle nostre mani. "E poi loro vengono prima, giusto?"
Guardai la sua mano, molto più piccola stretta nella mia. Ma in qualche modo sembrava adattarvisi perfettamente. Non mi sarei mai aspettato di incontrare una persona come lei nella mia vita, e se mi fosse stata data la scelta un anno fa, onestamente non so se avrei chiesto che venisse gettata sul mio cammino. Ha complicato la mia vita in modi che non avrei mai potuto immaginare l'anno scorso. Ora, non credo che potrei immaginare la mia vita senza di lei. E non ero certo di voler provare.
Quindi, sebbene fosse nel migliore interesse di Lissa che me ne andassi, e sebbene potesse rendere le cose più difficili per me e Rose, non c'era modo che potessi chiedere di essere riassegnato. Non adesso. Era egoista mettere i miei desideri al di sopra dei bisogni della mia Moroi, ma avevo intenzione di essere egoista. Stavo per mettere me stesso al primo posto. E per me, questo significava che Rose veniva prima.
"Non sempre. A volte, Rose, bisogna sapere quando è il caso di mettere sé stessi prima."
Mi fissò, la bocca aperta per l'incredulità, prima di scuotere la testa. "Non con Lissa."
Con mia grande sorpresa, vidi improvvisamente un lampo di rabbia nei suoi occhi. La sua mano si staccò da me e feci per prenderla, cercando disperatamente di non perderla di nuovo. "Lei è tua amica. Capirà" supplicai, tirando il chotki al suo polso per dimostrare il mio punto di vista.
Non funzionò, anzi la irritò solo di più. "C'è molto di più e se non altro, questo lo dimostra! Sono legata a lei per proteggere i Dragomir, a qualsiasi costo."
"Lo so, ma..." cosa potevo dire? Lei ha bisogno di te? Io ho bisogno di te? Che il suo valore come persona era più di un semplice scudo mortale a protezione di qualcuno che questa società incasinata aveva ritenuto più importante, non importava quante volte questo concetto ci fosse stato forzato nella mente da bambini?
Sinceramente alla fine sapevo che non sarebbe importato, perché niente di quello che avevo detto quella sera avrebbe fatto la differenza. C'erano di mezzo quasi diciotto anni di addestramento che le avevano insegnato a dedicare la sua vita, la sua interezza, a Lissa. Non solo questo, c'era anche il legame, che era ancora più forte dell'addestramento.
All'improvviso, Rose si alzò, segnando la fine della nostra conversazione. Potevo solo sperare che non fosse la fine di tutti i progressi che avevamo fatto in modo che avesse abbastanza fiducia da aprirsi con me. "Devo rientrare. È passato il coprifuoco."
"E hai bisogno di me per non finire nei guai" terminai per lei.
"Beh, sì, ci speravo." Mi fece un piccolo sorriso e io gliene offrii uno ironico in cambio. Immagino che anche lei avesse ancora bisogno di me.
"Dai andiamo."
Padre Andrew ci augurò la buonanotte quando ce ne andammo e lo ringraziai per la sua ospitalità. Il tragitto per i dormitori Dhampir non era lungo, ma con il sole del primo mattino, fu piacevole e tranquillo. Nonostante quanto stanco fossi, e quanto stanca sapevo che doveva essere Rose, c'era una parte di me che desiderava poter stare insieme un po' più a lungo. Non stavamo parlando in quel momento, ma anche il silenzio tra di noi era confortevole, come sempre. Non ci sentivamo mai obbligati a riempirlo di chiacchiere oziose. Eravamo semplicemente contenti di essere in presenza l'uno dell'altra. Tuttavia, fui tentato di prendere ancora una volta la sua mano, sentendo la mancanza della sensazione a cui mi ero abituato nella cappella.
Una volta arrivati alla reception, la direttrice lanciò a malapena un'occhiata a me e Rose prima di salutarla con la mano. Avevo usato la scusa di un "allenamento in tarda serata" talmente spesso che fintantoché la riaccompagnavo, nessuno faceva domande.
Prima che si voltasse per salire le scale verso la sua stanza, però, vidi Yuri fuori, che si dirigeva verso gli stessi appartamenti verso cui mi sarei diretto io a momenti. Sfiorai la schiena di Rose, tirandole la giacca come un segnale silenzioso di rimanere ferma per un momento prima di voltarmi per aprire la porta dell'atrio e chiamarlo.
"Lavori per la sicurezza, vero? Quand'è stata l'ultima volta che hanno creato nuove difese?"
Le sopracciglia di Yuri si aggrottarono a quella domanda, il che era considerevolmente strano visto che potevo facilmente accedere da solo a quelle informazioni dal mio telefono con pochi clic. Tuttavia, sapevo che Rose avrebbe tratto beneficio dal sentire qualcun altro dirle quello che aveva bisogno di sentire. "Un paio di giorni fa. Perché?"
"Niente, solo curiosità." Le rivolsi uno sguardo eloquente, solo per assicurarmi che capisse. Annuì, rivolgendo un sorriso teso a Yuri che sembrava più confuso che mai al nostro scambio, prima di voltare l'angolo e scomparire.
Una volta che se ne fu andata, Yuri e io facemmo il giro dell'edificio fino agli appartamenti dei Guardiani.
"Di che si trattava?"
"Rose aveva alcune domande sulla sicurezza del campus, tutto qui" risposi, sperando che non insistesse sulla questione.
"E la tua parola non era abbastanza?"
"La mia parola andava bene, ma la tua conferma l'ha resa più forte."
Annuì, senza aggiungere altro. Entrambi optammo per le scale, nonostante l'ora, e solo quando arrivammo al mio piano e lui stava per fare una rampa in più fino alla sua stanza, parlò di nuovo.
"Sembrava triste, Dimitri. E anche un po' spaventata."
Sentii la mia mascella allentarsi, incerto su come rispondere, ma prima che potessi dire qualcosa, continuò.
"Non mi preoccuperei così tanto se non avessi notato che lo sei anche tu. Hai paura per lei, sei triste per lei. Giuro che voi due siete duri come la pietra finché..." si interruppe, lasciando il resto incompiuto tranne per un'alzata di spalle e un sorriso sbilenco. "Spero che le cose per voi due funzionino, qualunque cosa decidiate."
