L'amore è un fuoco. Ma non saprai mai se scalderà il tuo cuore o brucerà la tua casa.
(Joan Crawford)

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Fiamme

Quando Candy si ritrovò davanti all'edificio in fiamme, in mezzo alla gente urlante che correva ovunque con secchi d'acqua improvvisati, cadde in ginocchio in preda a un violento tremore.

"Candy, stai bene?", le fu subito accanto Terence. A quanto pareva le parti si erano invertite: Candy era sconvolta e lui tentava di rincuorarla.

Si girò verso la sua faccia stravolta e disse: "Quello... è l'albergo dove sarei dovuta trovarmi io. Ho lasciato la mia camera a una signora con il suo bambino", rispose cominciando a piangere.

Stupore e orrore si disegnarono sul suo volto, mentre Terence prendeva coscienza di quello che significavano le sue parole. Candy era sfuggita alla morte per un soffio e, a soffocare o a bruciare al posto suo, ora c'erano due vite innocenti. Vite che si aggiungevano alle altre in pericolo in quel momento.

Candy vide alcune persone uscire tossendo, sorrette dai passanti e capì che non poteva stare con le mani in mano. Era un'infermiera e non si era mai tirata indietro di fronte a chi aveva bisogno di aiuto. Si divincolò dall'abbraccio di Terry e corse verso l'albergo per dare una mano.

"No, Candy! Dove vai?", le gridò dietro lui.

Da quel momento in poi la realtà le parve una sorta di incubo confuso: dopo la fatica del viaggio, i sentimenti contrastanti che le attanagliavano le viscere e il dolore immenso che aveva provocato involontariamente in Terence, l'adrenalina la galvanizzò e lei si mise a correre per controllare i feriti, dare supporto a chi si era preso solo uno spavento e per poco non entrò dentro ad aiutare.

"No, signorina, si fermi! Ci sono già i miei uomini e i pompieri stanno per arrivare!". Sporco di fuliggine, con i vestiti strappati e il fiato corto per aver aiutato a sua volta, con quella divisa doveva essere il direttore.

"Al terzo piano ci sono una donna con un bambino, li avete visti?", chiese concitata.

Sul volto dell'uomo lesse l'orrore: "Oh, signorina, pare che l'incendio sia partito proprio da una delle stanze di quel piano. Le scale sono completamente distrutte e io non credo che...".

Candy lottò per non perdere i sensi e cercò di controllare il respiro mentre il cuore le scoppiava nel petto: "Oh mio Dio", riuscì solo ad articolare, mentre le lacrime cominciavano a scendere.

Doveva esserci lei al loro posto. Un gesto di altruismo aveva condannato quella signora e suo figlio.

"Infermiera, infermiera! Lei è un'infermiera, vero?". Un uomo la stava chiamando e sorreggeva una donna vistosamente incinta. "Può dare un'occhiata a mia moglie, per favore, mentre attendiamo il medico? Ha respirato molto fumo!".

Candy si fece forza, si asciugò gli occhi con il braccio e fece sedere la donna su una delle sedie che erano state portate fuori. "Stia tranquilla. Non ho uno stetoscopio con me, ma non mi sembra che i suoni respiratori siano anomali. Cerchi di respirare con calma e si rilassi, il medico sarà qui a momenti. Di quanti mesi è?".

"Sono... sono entrata nell'ottavo mese. Pensa che il mio bambino starà bene? Siamo in viaggio per affari e mio marito non voleva che mi affaticassi, ma mi sentivo bene e così... Oddio, forse non avrei mai dovuto seguirlo!", la poveretta si portò le mani al volto e si mise a piangere.

Candy ritrovò la sua freddezza, mentre cercava di consolarla: "Stia tranquilla, sono certa che andrà tutto bene".

Fu in quell'istante che si rese conto che Terry era scomparso.

Con le gambe pesanti, si allontanò cauta dalla donna e prese a guardarsi intorno freneticamente. Non lo vedeva da nessuna parte. Ripensò a quella luce così vicina alla follia nei suoi occhi, alle sue lacrime e alla sua disperazione e lo sguardo andò automaticamente a quelle fiamme.

Ripensò a Susanna, che aveva cercato la morte in una gelida serata d'inverno. E vide Terry bruciare nell'incendio dell'albergo che aveva prenotato per venire a dirgli addio.

Gridò il suo nome con tutte le sue forze, accasciandosi a terra.

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Albert lasciò cadere il bicchiere che teneva in mano, sussultando di sorpresa all'entrata della zia Elroy. Era talmente preso dai suoi pensieri che era trasalito solo per il rumore della porta.

"William", lo apostrofò quando l'eco dei vetri che si erano infranti sul pavimento si spense, "da quando in qua bevi whisky?".

Già, da quando in qua, si chiese l'uomo osservando il disastro che aveva appena combinato. Da quando Candy gli aveva detto che forse non amava più Terence, ma intanto era corsa a New York per sicurezza. Da quando la sua vita era in bilico tra la felicità e la più cupa solitudine. Da quando...

"William, ti senti bene?", insistette la donna avvicinandosi.

"Sì, zia, scusami. Ho avuto una giornata molto faticosa e il rumore improvviso mi ha spaventato. Questo distillato di mio padre stava facendo polvere giù in cantina da anni. Ti piacerebbe assaggiarlo?", chiese alla vecchia zia facendole l'occhiolino, tentando di ritrovare la calma.

"Ma William!", ripeté per la terza volta, urtandogli i nervi come non aveva mai fatto.

La realtà era che quella sera era teso come una corda di violino, inutile negarlo. Stava conoscendo un nuovo se stesso: l'Albert innamorato e timoroso di perdere la donna della sua vita e quello che, incapace di dormire, si versava un drink pur di trovare un minimo di riposo.

D'altronde, non potendo scappare in mezzo alla natura selvaggia e ai suoi amati animali, che opzione gli rimaneva?

Si chinò per raccogliere i vetri e asciugare il disastro appena combinato quando sua zia lo chiamò per nome, con lo stesso tono imperativo, per la quarta volta: "Ti prego, zia, ho vissuto in giro per il mondo da solo per anni, posso anche pulire io", rispose al richiamo tentando di essere conciliante.

Gli era bastato ascoltare l'ennesima nota indignata che sottolineava il proprio nome per capire che lo rimproverava di mettersi a pulire personalmente invece di chiamare la servitù.

"Qui non sei in giro per il mondo, ma in casa tua! E come capostipite degli Ardlay devi tenere un comportamento consono", lo ammonì.

In quel momento, scombussolato com'era, Albert provò il desiderio di contrattaccare la zia Elroy e forse lo avrebbe fatto anche in tempi normali: d'altronde, era tornato per assumersi le sue responsabilità, cos'altro pretendeva da lui?

"Sai che quando ho perso la memoria e vivevo con Candy l'aiutavo a cucinare, fare le pulizie e lavare i piatti?", disse in tono discorsivo, gettando i vetri e predisponendosi ad asciugare il pavimento. Aveva volutamente omesso di scendere nel dettaglio e dirle che in realtà la maggior parte di quei compiti li svolgeva da solo mentre lei era al lavoro.

La donna cominciò ad agitare il suo ventaglio e a camminare nervosamente per la stanza: "Hai rischiato di rimanere ucciso per questa tua fissazione di viaggiare, e poi... tu e quella... quell'orfana soli, in una casa. Che indecenza, il capostipite della mia famiglia che si abbassa a fare la sguattera!".

Se inizialmente Albert era rimasto estremamente urtato da come la zia Elroy aveva chiamato Candy, quel paragone tra lui e una sguattera lo fece scoppiare a ridere di cuore: "Oh, dovevi vedermi! Certi giorni indossavo anche il grembiule!", aggiunse senza smettere di ridere.

"William!", ansimò la donna per la quinta volta.

"E comunque preferirei essere semplicemente Albert, avere pochi spiccioli in tasca e togliermi dalle spalle tutto questo", sbottò passando dal riso alla frustrazione nel giro di pochi secondi. Probabilmente era stato l'effetto di quel richiamo che ormai non tollerava più.

Vide la zia Elroy impallidire e, stavolta, tacere. Incapace di sostenere il suo sguardo, colto da una punta di senso di colpa verso la vecchia zia, si diresse alla finestra per guardare fuori.

Albert non sapeva se erano stati quei pochi sorsi di whisky, l'agitazione interiore o la visita di sua zia a farlo diventare così ribelle quella sera. Dentro di sé, stava cominciando ad attuare un cambiamento di registro che avrebbe dovuto portare all'accettazione di Candy quando avesse chiesto la sua mano.

Semmai lei lo avesse accettato.

Ancora una volta, il suo cuore era corso molto più avanti della ragione, mostrandogli un futuro che non sapeva se sarebbe mai arrivato.

"Non dire queste cose, per favore. Se non per rispetto a me, almeno per rispetto al tuo povero padre. Che ti piaccia o no, questa è la tua famiglia e tu devi tenere le redini salde come ha fatto lui. Ero venuta a comunicarti che domani i membri del Consiglio vengono a farci visita per un tea party e ovviamente dovrai presenziare. Questo è tutto. Buonanotte, William".

"Buonanotte, zia Elroy", rispose col tono più tranquillo che gli uscì.

Quando udì la porta chiudersi dietro di sé, mormorò: "Buonanotte, mia dolce Candy".

Invano tentò di scacciare le immagini di lei e Terry soli, a New York e già sapeva che il giorno dopo non avrebbe resistito alla tentazione di chiedere a George di portargli informazioni su di lei nella maniera più discreta possibile.

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Abbrustolito dal fuoco e dal furore, ed incrostato di sangue raggrumato, gli occhi accesi come carbonchi, l'infernale Pirro il vecchio Priamo cerca.. Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la Verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore.

Le parole dell'Amleto che citavano il fuoco gli risuonarono in testa come fossero un'ovvietà inconfutabile, mentre procedeva a tentoni verso le scale.

D'altronde, sentiva bruciare il fuoco sulla propria pelle mentre, come una creatura dell'inferno, cercava di trovare il proprio Paradiso: lo cercava in Candy, dove non l'avrebbe mai trovato e sarebbe stato dannato in eterno. E lo cercava nella salvezza delle anime innocenti che, forse come omaggio estremo alla donna che amava, voleva consegnarle quale pegno di redenzione.

Redenzione da cosa? Dall'errore più miserabile che avesse fatto in vita sua? Quella notte, in cui aveva deciso di rimanere accanto a Susanna, aveva stretto un patto col Diavolo in persona e ora era condannato per sempre.

E per sempre avrebbe amato Candy, senza ombra di dubbio.

Se i pompieri che si erano arrampicati fino a un certo punto su quelle scale semi distrutte avevano desistito quasi subito, lui sarebbe andato avanti anche se il fumo gli penetrava in gola come una cosa densa e appiccicosa, che lo faceva tossire e gli faceva venire voglia di vomitare.

Ancora qualche passo e il calore fu talmente intenso che Terence poteva sentire la camicia che indossava cominciare a sciogliersi sulle braccia.

Ovviamente non era solo per Candy che lo stava facendo: non poteva accettare che un bambino e la sua giovane madre morissero. E non solo per un mero sentimento di umanità, ma anche perché in qualche modo era come rivivere la separazione da sua madre. Perlomeno, se fossero morti insieme, loro sarebbero stati uniti in eterno.

Si sentiva estremamente coinvolto in quella missione, insomma, per più di una ragione.

Non ultima, che se fosse morto cercando di salvare qualcun altro, non sarebbe stato un vero suicidio.

Mentre si apprestava letteralmente a gettarsi nel fuoco, una delle scale sprofondò sotto i suoi piedi e Terry cominciò a precipitare.

Morire, dormire… nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare.

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"Vi prego, tiratelo fuori da lì, vi supplico!", gridò Candy aggrappandosi a uno dei pompieri. Se Terence fosse morto per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato.

"Signorina, ci sono decine di persone da salvare. Ma le prometto che cercheremo il suo amico", disse l'uomo trafelato, cercando di tranquillizzarla.

Candy fece qualche passo indietro, osservando orripilata la struttura dell'albergo cominciare a deformarsi mentre le fiamme l'avvolgevano, nonostante i getti d'acqua rivolti in tutte le direzioni. Non capiva come uno spettacolo così disastroso potesse essere anche affascinante: le lingue di fuoco danzavano davanti ai suoi occhi in un moto ipnotico.

"Terry", mormorò come in preghiera.

E finalmente lo vide. Zoppicava e si teneva una spalla, ma era vivo. Senza pensare, gli si gettò fra le braccia piangendo: "Oh, Terence, che paura che mi hai fatto prendere! Perché sei sparito così? Pensavo che fossi morto!".

"Mi dispiace, Candy, ho cercato di arrivare al terzo piano, ma lassù è un inferno e le scale sono distrutte dal fuoco. Temo... temo che non ci sia nulla da fare", rispose lui con voce rotta.

Disperata per quell'epilogo, eppure grata al destino per non aver lasciato che Terry morisse, pianse tutte le sue lacrime abbracciata a lui, desiderando solo di non essere mai partita.

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Terence aprì la porta con movimenti lenti, lasciò entrare Candy e la richiuse meccanicamente. Si sentiva le membra e la mente intorpiditi dalle emozioni violente che aveva appena vissuto, le orecchie gli fischiavano per le urla.

La sua mente vorticava in un ronzio continuo: prima l'attesa, poi finalmente l'arrivo di Candy. Quindi, quelle sue parole così lapidarie e infine... quell'incendio assurdo nel quale aveva appena cercato la morte. Era stato come salire su delle montagne russe particolarmente ripide e passare dal toccare il Cielo a vedersi spalancare le porte dell'Inferno.

Si era aggrappato all'abbraccio di Candy pur sapendo che il suo erano soltanto il sollievo di averlo visto uscire vivo da quell'edificio e il dolore per quelle persone ad averla guidata. Aveva cercato di imprimersi nella mente e nel cuore ogni centimetro del suo corpo tremante, perché era certo che non l'avrebbe mai più sentito così vicino al proprio. Mai più.

Si guardarono per un istante sospeso che sembrò un'eternità.

"Io", dissero nello stesso momento.

Terence vide il volto pallido e segnato di Candy e si rese conto che era sfinita: "Vai a dormire in camera mia, io starò sul divano".

"No! Dormirò io sul divano, non voglio che tu rinunci alla tua stanza per me", protestò, senza sapere che lui avrebbe rinunciato a ben altro per lei.

"No, Candy. Va bene così, voglio che riposi stanotte. Sei stravolta", le intimò carezzandole leggermente una guancia e rabbrividendo al tocco.

Alla fine lei si arrese e Terence le augurò la buonanotte, mettendosi alla finestra per guardare fuori. Le grida erano cessate, regnava un silenzio di tomba in quella notte terribile. Per un momento ebbe un brivido quando pensò a quello che stava per fare: pensava di aver toccato il fondo a Rockstown ma evidentemente non era così. Là fuori c'erano persone che erano morte in un incendio e tra loro c'era almeno un bambino. E lui, un attore affermato con una carriera stabile, aveva cercato di porre fine alla propria volontariamente. Questa consapevolezza lo turbò: per quanto la sua vita fosse nulla senza Candy, non poteva accettare di cadere così in basso.

Ancora una volta, avrebbe dovuto rialzarsi. Ancora una volta, sarebbe dovuto andare avanti senza di lei. Ma prima aveva bisogno di sapere la verità.

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... e come dice la somma PCR de Andrew, "i vostri commenti sono il mio stipendio!".

Elbroche: Non ho resistito a usare la scena della scala alla rovescia, mi sembrava così perfetta per il momento! Ed ecco cosa è accaduto e il perché delle urla... non sono stata tanto cattiva, dai. Beh, forse giusto un pochino...

Mia8111: Muchas gracias!

Sandra Castro: Tante emozioni per tutti: negative (per Terry), di estrema ansia (per il nostro Albert) e di chiarimento, alfine, per Candy! Ecco il perché delle urla, mica poteva andare tutto liscio! Ops... Grazie per aver commentato!

Edith Andrade Ce: Lo so,anche se adoro Albert mi dispiace far soffrire Terry. Ma qualcuno doveva pur restare deluso... Il baccano fuori? Ora sai il disastro che è accaduto...

Lucita: Ciao! Ecco il motivo di tanta suspance, ma non è ancora finita... grazie per seguirmi, spero continuerai a lasciarmi le tue impressioni nei commenti!