Il confronto e l'addio

Michael Wilson alzò la testa, confuso: "Scusi? Può ripetere?".

L'uomo era vestito da poliziotto e aveva in mano un taccuino: "Le ho chiesto se per caso ha ancora il registro degli ospiti".

Il direttore dello York Hill guardò i pochi oggetti che aveva salvato dall'incendio del suo albergo e si disse che avrebbe dato quelli e metà della sua vita pur di aver impedito che delle persone innocenti morissero.

"Sì, eccolo qui. Volete identificare i corpi?", chiese.

Il poliziotto davanti a lui lo fissò con uno sguardo gelido che gli mise i brividi: "Non ci sono corpi da identificare. Tutti coloro che occupavano il terzo piano sono... beh, non voglio entrare nei particolari con lei, signor Wilson, ma abbiamo bisogno che lei ci indichi i nomi di chi occupava quelle camere così che possiamo avvisare subito le famiglie".

Wilson deglutì a secco e annuì. Quanto dolore avrebbe portato quel dannato incendio!

"Si sa cosa abbia provocato il fuoco?", chiese senza più forze.

"I nostri uomini stanno lavorando ma i danni sono stati così ingenti che difficilmente risaliremo alle cause precise. Per ora, l'ipotesi più credibile è che tutto sia partito dal tizzone ardente di un caminetto finito su un tappeto".

Il direttore si voltò a guardare i resti fumanti nell'oscurità quasi totale di quella notte maledetta. Probabilmente l'assicurazione avrebbe pagato i danni ma non avrebbe avuto mai il coraggio di ristrutturare quel posto che era costato vite umane. Forse sarebbe semplicemente emigrato altrove, visto che era solo e senza figli. Magari in Inghilterra, per cercare di lasciarsi alle spalle quei terribili momenti.

"Signor Wilson?".

"Sì, mi scusi", alzò di nuovo lo sguardo sul poliziotto che ora gli stava tendendo una mano.

"Lei è stato molto coraggioso a cercare di salvare quelle persone. Ha fatto tutto quello che poteva".

Il poveretto era sull'orlo delle lacrime: quelle parole gli fecero bene e diedero un po' di sollievo al suo cuore tormentato. Si prese la testa fra le mani: "Io... ho cercato di fare di tutto perché ogni stanza fosse a norma, l'hotel è molto piccolo e controllavo sempre che...".

Mentre la frase si spezzava, come la sua voce, l'uomo gli mise una mano sulla spalla, confortante: "Non deve rimproverarsi, se l'incendio non è stato doloso si è trattato di certo di un incidente. Come le ho detto, tutti abbiamo notato lo sforzo che ha fatto".

Wilson tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e si asciugò il viso, prendendo in mano il registro. Lo porse al poliziotto e, finalmente, accettò di stringergli la mano.

Con quel gesto, stava cercando di iniziare a perdonare se stesso per un errore che non aveva mai commesso.

- §-

"Candy?", la voce di Terry la fece sussultare. Aveva quasi finito di fare la valigia e si sentiva abbastanza riposata, anche se quella notte aveva avuto diversi incubi.

"Volevo... prendere un treno entro l'ora di pranzo", si giustificò.

"Stavi di nuovo scappando?". Nella voce di Terence non c'era rabbia, ma una profonda rassegnazione. E tanta tristezza.

Candy respirò a fondo: "Terence, ieri non abbiamo avuto modo di parlare. E se sono venuta qui non era solo per accertarmi dei miei sentimenti, ma anche per darti delle spiegazioni".

Lui si limitò a fissarla, come se non avesse le energie per farle domande. Invece, glielo chiese senza preavviso: "Chi è?".

"Quando... quando ci siamo lasciati io ho cercato davvero di andare avanti con la mia vita. Certo, ti pensavo costantemente e il ricordo di te mi ha fatto male a lungo. Poi, quando ti ho visto a Rockstown...", tergiversò.

"Aspetta, allora eri veramente tu!". Il suo viso si ravvivò.

Lei annuì: "Sì, Terry, ero io. Non potevo lasciare che rovinassi la tua carriera con le tue stesse mani. Me ne sono andata solo quando mi sono resa conto che avevi intenzione di ricominciare".

"Tu... eri venuta per me, quindi", le chiese con un'enfasi che le fece male. Non poteva mentirgli, non arrivata a quel punto.

"No, stavo cercando Albert. Trovarti lì... beh, è stato un caso", ammise in un soffio.

Terence aggrottò le sopracciglia: "Albert?".

"Sì, era il periodo in cui aveva perso la memoria. A un certo punto è sparito e in seguito ho capito perché... Ma io non volevo che vagasse da solo, volevo ritrovarlo a ogni costo: è stato lui stesso a mettermi sulle tue tracce. Mi è stato così vicino quando sono stata male per te, non so come avrei fatto senza di lui". Solo ora che lo diceva Candy si stava rendendo conto di quanto grandi fossero i suoi sentimenti già allora.

"Oh, mio Dio, allora è lui! Candy, tu ti sei innamorata di Albert!" La sua era un'affermazione. Aveva capito tutto, anche se glielo aveva confessato in maniera indiretta.

Candy lo guardò con le lacrime che cominciavano a formarsi negli occhi.

"Era tuo amico, ed era anche mio amico!", gridò fuori controllo, facendola ritrarre istintivamente. Dopo qualche istante si riavviò i capelli sulla fronte, chiuse gli occhi e le domandò con voce tremante: "Da quanto tempo... quando hai capito che...".

Candy scosse la testa: "Non lo so, direi che è stata una cosa graduale. Abbiamo vissuto insieme per molto e... ma, Terence, ora che importanza può avere? Ci siamo lasciati anni fa, era già finita".

"No, è qui che ti sbagli!", replicò lui con veemenza. "Io non ho smesso un minuto di amarti e non l'avrei fatto neanche se Susanna fosse vissuta altri cento anni!".

Deglutì e chiuse gli occhi, colpita dalle sue parole: "È la prima volta che lo dici".

"Cosa?"

"Che mi ami". Lei gli aveva detto 'ti ho amato', che era ben diverso. Eppure le fece un certo effetto sentire quelle parole che, alla fine, nessuno le aveva mai riservato in tutta la sua vita.

Terence scosse la testa: "Mi dispiace, forse se te lo avessi detto prima, più chiaramente...", la guardò, l'espressione era quella di un uomo ben poco convinto di ciò che stava affermando.

Candy sedette sul letto, portandosi le mani al viso e Terence si sistemò di fronte a lei. Le prese gentilmente i polsi e poggiò la fronte contro la sua, mentre i suoi occhi s'inumidivano. Rimasero un po' così, mentre Terry le accarezzava leggermente le mani. Non tentò di baciarla, né di abbracciarla, ma gli concesse quella vicinanza perché non le dava fastidio.

"Terence", riprese Candy cercando di controllare la sua voce, "io ti ho amato per molto tempo dopo che me ne sono andata, ma sapevo che per noi non c'era futuro. Poi è successo qualcosa e mi sono semplicemente resa conto, molto lentamente, che i miei sentimenti stavano cambiando. Ora ti voglio ancora molto bene, ma come a un carissimo amico, come a un fratello...".

"Una volta questi erano i sentimenti che nutrivi per Albert, o sbaglio?", riprese lui con voce dura, staccandosi da quel contatto.

Era la stessa cosa che aveva pensato lei.

"Terry, sarebbe potuto succedere anche se non mi fossi innamorata di nuovo!". Oddio, l'aveva detto anche lei! Aveva appena ammesso ad alta voce di amare Albert!

"Ma è successo! Cosa è accaduto mentre vivevate insieme, eh? Io non ero neanche geloso, mi fidavo di lui!".

"Terence!".

"È stato lui a ritornare da te?! O sei stata tu, alla fine a trovarlo?".

"Terence...".

"Voglio saperlo, Candy!", tuonò lui prendendola per le spalle.

"Lui è mio zio William!", confessò improvvisamente, prima di poterselo impedire, intimorita dalla sua furia.

"Cosa?", ribatté lui, ora con un filo di voce. "Che storia è questa?".

Candy annuì e gli raccontò brevemente la storia di Neal e l'incontro con il suo prozio grazie a George. Vide la mascella di Terence contrarsi mentre gli diceva del trucco che Neal aveva usato per attirarla in quel luogo isolato. Gli parlò del fidanzamento saltato e di quella rivelazione incredibile sull'identità di colui che credeva un vecchio signore.

"Non l'hai letto sui giornali? Ha fatto una presentazione ufficiale", non poté impedirsi di chiedergli.

"Non leggo i giornali", ribatté, asciutto. Poi riprese il discorso: "Se avessi saputo che Susanna non sarebbe sopravvissuta a lungo, non ti avrei mai lasciata andare via", mormorò.

"Non dire così, l'hai resa felice fino al suo ultimo giorno", gli disse Candy.

"Ma tu mi hai dimenticato! Ti sei innamorata di... del tuo migliore amico, del tuo prozio, del tuo padre adottivo, non so più neanche io come chiamarlo! So solo che vorrei prenderlo volentieri a pugni, adesso". Si alzò, camminando nervosamente per la stanza mentre parlava.

Candy sospirò: avrebbe voluto aggiungere "del mio principe della collina", ma non osò confessargli quel suo piccolo segreto. Gli avrebbe fatto solo più male. "Terence, nessuno dei due sapeva cosa provasse l'altro e comunque non è questo il punto. Il destino ha voluto che tu restassi con Susanna e io...".

"Tu l'hai voluto!", gridò Terence.

"Lo volevi quanto me ma non avevi il coraggio di fare la cosa giusta!", ribatté lei ricordando il suo sguardo eloquente sul tetto dell'ospedale, mentre prendeva in braccio una sconvolta Susanna che lei aveva appena salvato dal suicidio.

"Se avessi...".

Candy si alzò e in due passi gli fu accanto. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma preferì mantenere le distanze: "Ora basta, Terry. Non è con i 'se avessi' che cambieremo le cose. Il passato è passato e non si può modificare. Smetti di tormentarti con quello che sarebbe potuto essere. Hai la tua carriera, hai ritrovato tua madre, hai un futuro luminoso davanti a te se solo...".

"Il mio futuro non è niente senza di te", proruppe Terence con voce rotta, distogliendo lo sguardo.

Rimasero in silenzio per qualche istante, Candy si asciugò le lacrime che stavano già formandosi nei suoi occhi, mentre vedeva Terry lottare per ricacciare indietro le sue: non voleva farlo soffrire, non voleva lasciarlo così, ma non poteva rimandare la sua partenza o sarebbe stato peggio.

"Terence, devo andare".

"Te ne vai di nuovo da me?", la sua era una domanda evidentemente retorica. Una lacrima gli scese sulla guancia e le sue labbra tremavano.

"Non farmi stare in pena per te, Terry, ti prego!". Si sentiva spezzata in due, voleva abbracciarlo e consolarlo, ma non osò.

"Non voglio la tua pietà, Candy. Volevo solo il tuo amore", rispose dandole le spalle.

"Io ti voglio bene!", quasi gli gridò, mentre singhiozzava.

"E io ti amo!", ribatté lui con lo stesso tono, girandosi nuovamente a guardarla.

Candy si sentiva morire. Quell'incontro era andato peggio di quel che credesse. Terence doveva essersi cullato a lungo nel suo sogno d'amore e lei lo aveva distrutto in meno di un giorno: poteva capire come si sentisse.

Terry sedette sul letto, portandosi le mani al viso. Respirava pesantemente mentre si passava le mani tra i capelli e si asciugava il viso con un braccio. Lei lo lasciò ricomporsi senza dire altro: d'altronde non sapeva cosa aggiungere. Quel "ti amo" era giunto tragicamente in ritardo.

"Posso accompagnarti alla stazione?", disse Terence improvvisamente, con voce più composta.

"Ma... Terry, sei sicuro...?", Candy non sapeva se fosse una buona idea.

Lui alzò su di lei i suoi occhi scuri e la fissò con sguardo fermo: "Ti prego, è l'ultima cosa che ti chiedo. Mi sono comportato come un ragazzino geloso, lascia che ci rimanga un ricordo... meno doloroso di questo addio".

Candy annuì, scorgendo il nudo bisogno in quegli occhi che tanto aveva amato. Il viaggio verso la stazione fu silenzioso e Terence pareva finalmente padrone di se stesso, ma a Candy non piacque il gelo che si era creato tra loro.

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... e come dice la somma PCR de Andrew, "i vostri commenti sono il mio stipendio!". Grazie a tutti!

Elbroche: Preferivi un incidente d'auto? Ahahahahah. In effetti, ora abbiamo due vittime innocenti, una Candy con i sensi di colpa a vita e un biondo che si sta struggendo a Chicago senza sapere cosa accade... una vera tragedia...

Guest (Lorena), capitoli 1-8: Come posso ringraziarti per aver recensito capitolo per capitolo? Sei stata gentilissima! Come avrai avuto modo di capire anche io sono assolutamente fan di Albert, l'unico vero Anohito, ma non potevo lasciare indietro Terry e, anche se mi spiace farlo soffrire, meritava una spiegazione. D'altra parte, il nostro biondo prediletto si sta mangiando le unghie e i gomiti, ma sono una sofferenza e una separazione necessarie, per ora. Alla fine, Candy spezza cuori ovunque! Speriamo recuperi presto con Albert...

Mia8111: Grazie mille!

Anita Paz: Nonostante tutte le difficoltà e la sofferenza hai ragione: la cosa importante, per ora, è che Candy si sia resa conto di chi ci sia davvero nel suo cuore!

Maria: In effetti è una vera e propria avventura, piena di colpi di scena... cosa che i personaggi (soprattutto Albert) non mi perdoneranno mai! Aahahahah!

Edith Andrade Ce: Terence è una persona dal cuore ardente e i suoi sentimenti, sia essi d'amore che di sofferenza sono sempre molto forti. Per questo la sua disperazione gli ha fatto venire in mente il suicidio... per fortuna non è successo niente! Albert e la zia offrono molti spunti tragicomici, spero continueranno a piacerti i loro confronti, grazie e alla prossima!

Clint Andrew: Grazie! Anche tu dai capitoli 1-8! Sono felice che la storia, nonostante stia facendo disperare non poco il nostro amato Albert, ti intrighi tanto. Dal corsetto al confronto, alla partenza di Candy, come dici tu tutto è stato fatto per cancellare le ultime ombre. In tutto questo, Annie e Archie, che sembravano tanto uniti, stanno attraversando un vero momento di crisi. Ma veniamo a Candy a New York: certo, lei è quella che si sacrifica per gli altri, ma ha il suo vero amore che l'attende e lei vuole la felicità di entrambi. La tragedia dell'hotel, però la sconvolge, come hai visto. Grazie mille e alla prossima!