L'amore vuol sentirsi dire le cose che sa già.
L'amore dev'essere un'eterna confessione.
(Victor Hugo)
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Confessioni d'amore
Doveva essere un'allucinazione.
Candy era morta, non poteva essere lì, davanti a lui che correva e chiamava il suo nome.
Forse era morto anche lui e lei era venuta a prenderlo. Ma se era morto perché sentiva il cuore battere così forte nel petto come se volesse scoppiare fuori?
Lasciò cadere la sacca sull'erba, con le gambe che lo reggevano a malapena, pronto ad andare anche all'Inferno con lei.
Non ebbe tempo di pensare ad altro perché il corpo caldo e vivo di Candy era premuto contro il suo e le sue braccia lo stavano stringendo convulsamente: "Oh, Albert, mi dispiace tanto avervi fatto preoccupare, ma pensavo di prendere il primo treno e...".
Alzò il viso per guardarlo e s'interruppe. Albert vide le sue labbra tremare e gli occhi smeraldo riempirsi di lacrime. Capì immediatamente il motivo: Candy non lo aveva mai visto piangere e doveva essere sconvolta.
"Ca... Candy, scusami, io... io... sei viva! Dio sia ringraziato mille volte, sei viva!". Non poté dire oltre perché la voce gli mancò e l'abbracciò forte, seppellendo il viso bagnato tra i suoi capelli, singhiozzando come aveva fatto quando l'aveva creduta morta solo la sera prima. Ma ora le sue erano lacrime di gioia. Incontenibili come un fiume, accompagnate da parole e lamenti che dovettero sembrarle incoerenti.
"Albert... oh, caro, non fare così. Io non credevo che... mi dispiace, perdonami". Pianse accarezzandogli i capelli.
"Ci hanno comunicato che eri morta nell'incendio", riuscì ad articolare. Gli ci volle un po' per calmarsi quasi del tutto e, quando finalmente riuscì a staccare il viso dal collo di Candy, le asciugò le lacrime con mani tremanti. La sentì solida e viva e ancora una volta temette di sognare.
Lei imitò il suo gesto e si ritrovarono a ridere e a piangere nello stesso istante: "Ma guarda come ho ridotto il mio principe, hai tutti gli occhi gonfi", commentò lei alzandosi in punta di piedi per baciarli.
Quel gesto lo commosse, ma s'impose di ritrovare il controllo e le sussurrò con voce ancora malferma: "Devo dirtelo, Candy. Forse sono un pazzo, ma devo dirti subito quello che non sono riuscito a confessarti quella sera".
"Bert...".
"Ti amo, Candy, ti amo più della mia stessa vita e ora vorrei tanto baciarti. Ma so che tu sei andata da Terry perché avevi bisogno di capire e... io non so se...", incespicò con le parole, perso in un turbine di emozioni che lo confondeva deliziosamente. Poi si perse nei suoi occhi luminosi e nel suo sorriso che gli avevano appena riacceso un'ardente speranza.
Non ebbe tempo di dire altro perché Candy premette le labbra contro le sue, intrecciandogli le mani dietro alla nuca, stringendosi a lui come se non volesse più lasciarlo andare via.
Albert rimase per qualche istante a occhi spalancati, travolto da nuove sensazioni che non credeva avrebbe mai più provato e che gli fecero girare la testa: stupore immenso, gioia, abbandono, desiderio... Capì che, ora che Candy era misteriosamente tornata alla vita, non avrebbe mai più potuto lasciarla, neanche se fosse stata ancora innamorata di Terry.
Da come lo baciava, però, avrebbe scommesso tutto quello che aveva che non fosse così: quella era una muta ma efficace confessione d'amore che gli tolse il respiro.
Sentendosi come un adolescente inesperto, chiuse gli occhi e osò aprire timidamente la bocca per assaporare meglio le sue labbra. Fu di nuovo piacevolmente sorpreso quando lei lo lasciò fare, ricambiando un bacio che stava diventando umido e appassionato.
Quando rimase a corto di fiato e capì che erano già andati troppo oltre, si staccò a malincuore da lei. Candy aveva il volto arrossato, le lacrime ormai asciutte e si era portata una mano al petto ansimando: "È stato... è stato...".
"Meraviglioso", concluse per lei, dandole un ultimo bacio sulla fronte e tirandola giù sull'erba. Non si fidava delle proprie gambe, non gli avevano mai tremato tanto in vita sua. "Ora riposiamoci un po' e raccontami tutto. Penso che dopo tutto questo avrò bisogno di una vacanza". La sua voce era arrochita ma finalmente stabile.
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Candy raccontò di come fosse arrivata a sera tarda e avesse lasciato la sua camera a quella donna sfortunata; gli parlò del suo profondo senso di colpa e del travagliato viaggio di ritorno con il deragliamento del treno. Non sapeva che da New York le autorità stessero avvertendo le famiglie, altrimenti sarebbe intervenuta per impedire quel tragico pasticcio.
"Quando Miss Pony mi ha vista pensava di aver assistito all'apparizione di un fantasma e si è fatta il segno della croce", raccontò con un mezzo sorriso. "Sono così spiacente di avervi fatto preoccupare! Non ti avevo mai visto così, Bert...", concluse accarezzandogli quel viso che le era così caro.
Lui divenne serio: "Oggi piangevo di gioia, Candy, ma ieri ero disperato. Devi sapere che all'erede degli Ardlay non è mai stato concesso di lasciarsi andare alle emozioni violente e, anche se ho viaggiato molto e ho sempre cercato di rimanere libero da imposizioni, questa corazza è rimasta parte di me. Mi ha consentito di soffrire meno quando accadevano episodi spiacevoli, ma ora capisco che era solo un'illusione".
Lo vide sdraiarsi sull'erba con le braccia dietro alla testa e mettersi a guardare le nuvole che si rincorrevano, con quegli occhi che sfidavano il colore stesso del cielo.
"Vuoi dire che quando sono morti Anthony e poi Stair tu...".
"Sono rimasto nascosto ma, pur essendo solo con George al mio fianco, non ho mai mostrato neanche a lui il mio dolore. Tenerlo dentro così a lungo, però, col tempo mi ha intossicato e quando mi è arrivato quel telegramma è stato come rompere una diga. Il dolore era incontenibile e ho dovuto fare i conti con sentimenti violenti di cui avevo sempre negato l'esistenza. Però devo dire che un pianto liberatorio, di dolore o di gioia che sia, aiuta ad affrontare meglio le cose e a vederle più lucidamente. Candy, ti ricordi quando ti scrissi che non avevo mai visto nessuno piangere come te, quando eri bambina e Annie era appena andata via? Fu il giorno in cui ti incontrai per la prima volta".
"Certo, so a memoria tutte le tue lettere", rispose lei, commossa.
Albert le sorrise: "Bene, per me era affascinante vedere quei sentimenti espressi con tanta libertà, forse è anche per questo che ho cercato di consolarti, a modo mio".
"Sei più carina quando ridi che quando piangi", citò lei. "Poi, però, mi hai detto che ero carina anche quando piangevo", aggiunse ricordando il pomeriggio in cui aveva scoperto che era il Principe della Collina.
"Ed è così, piccola. Penso che già allora nel mio cuore fossero chiari i miei sentimenti per te ma non volevo... non potevo travolgerti con troppe cose tutte insieme. E anche io dovevo fare ordine dentro di me, e capire se sarebbe stato un bene confessarti una cosa tanto grande".
"È per questo che hai aspettato tanto tempo?", gli chiese con il cuore che accelerava deliziosamente.
"Per quello e perché non sapevo cosa provassi tu per Terence. Sai, Candy, credevo di essere uno spirito libero solo per il fatto di essere andato via da casa e di aver rifuggito il mio nome per tanto tempo. Ma oggi capisco che non è così. Ad avermi davvero reso libero sei stata tu. Eri sempre tu, con i tuoi abbracci, le tue risate, le tue lacrime e le tue decisioni: tu mi hai mostrato cosa significasse davvero essere liberi da catene".
La guardava con qualcosa di simile all'adorazione e Candy provò per lui un amore infinito, che non credeva potesse aumentare così a dismisura di minuto in minuto, solo sentendolo parlare: ora era più che certa di amarlo sopra ogni cosa e provò l'urgenza di dimostrarglielo. Allungò un braccio e delineò i contorni del suo viso: la pelle abbronzata delle guance per i tanti viaggi in Africa, la linea decisa e virile della mascella, fino ad arrivare alle labbra maschili ma così estremamente dolci che avrebbe voluto baciarle di nuovo. Improvvisamente troppo timida per ripetere il gesto audace di poco prima, si limitò ad accostarglisi e a baciarlo su una guancia, mentre tentava di abbracciarlo goffamente.
Lui la lasciò fare per qualche istante, poi la prese per i polsi con un fare gentile ma deciso: "Candy, non pensi che prima di fare il passo successivo tu mi debba qualche spiegazione?". Notò il sorrisetto malizioso, lo sguardo divertito e si allontanò come se lui scottasse.
Che diavolo le era venuto in mente di diventare intraprendente così, all'improvviso? Non erano più ragazzini.
"Scu... scusami. Hai ragione, devo parlarti di me e Terence". Lo sentì distintamente mentre deglutiva e capì di aver sbagliato tutto, di essere partita dalla fine dando per scontato che lui capisse. Lesse nei suoi occhi il bisogno e si affrettò a parlargli con il cuore in mano.
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Quando Candy gli disse che era andata direttamente a casa di Terence, dopo aver lasciato la camera alla donna, il cuore che aveva appena ripreso un ritmo normale ricominciò ad accelerare.
Candy e Terence da soli in casa.
Terry era di sicuro profondamente innamorato di Candy e lei ancora in cerca di risposte.
Certo, anche loro due avevano vissuto insieme per molto tempo alla residenza della Magnolia, ma allora era diverso. Non erano stati altro che un'infermiera e il suo paziente, amici perlopiù.
"Lui... mi ha baciata. Mi dispiace, credo di dovertelo dire. Io l'ho ricambiato ma è stato un gesto d'affetto, e... anche l'ultimo esame che dovevo affrontare. Non ho sentito quello che avrei dovuto, l'ho respinto quasi subito".
Aveva la gola secca e, anche se apprezzava la sincerità di lei, gli sembrò di sprofondare. La sua mano artigliò il terreno erboso e si rese conto che stava cercando di sopprimere un altro sentimento a lui praticamente sconosciuto: la gelosia.
Per fortuna, il vecchio autocontrollo funzionava ancora a meraviglia. O quasi.
Cercò di concentrarsi su quelle parole: 'non ho sentito quello che avrei dovuto, l'ho respinto'.
"Gli ho spiegato che i miei sentimenti non erano gli stessi di prima e lui si è arrabbiato molto. Ma, proprio mentre discutevamo, è successo il finimondo. Successivamente, quando siamo tornati a casa sua, non mi ha chiesto più nulla perché ero sconvolta. La mattina dopo ci siamo chiariti e...". La vide interrompersi e spalancare gli occhi in un'espressione che gli sembrò molto vicina al panico.
Cosa gli aveva letto sul viso? Sapeva di avere tutti i muscoli contratti e gli sembrava che le fiamme dell'inferno lo avvolgessero dal collo in su. Albert avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che tra loro due non fosse accaduto nulla, ma aveva la necessità disperata di sentirlo dalle sue labbra.
Per fortuna fu proprio quello che fece.
"Ho dormito nel suo letto ma...".
Il cuore saltò un battito e gli sfuggì un gemito strozzato: era troppo, gli sarebbe scoppiata una vena di quel passo.
"... ma lui è rimasto sul divano e non ha cercato neanche di sfiorarmi! TelogiuroBertnonèsuccessonienteio...".
La testa gli crollò in avanti, mentre rilasciava il respiro che aveva trattenuto per quasi un minuto intero. Se lei non si fosse sbrigata a dirgli quello che voleva sentire con tutte quelle frasi appiccicate, forse sarebbe morto per ipossia. Gli tremò la voce: "Ok, Candy, va' avanti".
La vide deglutire come per raccogliere i pensieri e gesticolare animatamente: " La mattina dopo abbiamo parlato, mentre facevo la valigia. Mi ha stretto le mani sulle spalle e io...".
Albert la prese gentilmente per il mento, guardandola con intensità: "Candy, capisco che tu voglia essere dettagliata nel tuo racconto ma puoi evitare di raccontarmi tutte le volte in cui Terence ti ha toccata, anche se in modo innocente?".
Candy annuì, sorridendo leggermente: "Era così disperato, Bert, che ho temuto di non riuscire a lasciarlo. Poco dopo, mentre mi accompagnava alla stazione, mi ha confessato di aver tentato di lasciarsi morire nell'incendio della sera prima. È entrato per cercare di salire al terzo piano, dove alloggiavano la signora con suo figlio. Dove dovevo essere io".
Albert avvertì un brivido lungo la schiena mentre realizzava, ancora una volta, quanto Candy fosse stata vicina a morire davvero. E sapere che Terry aveva cercato di togliersi la vita fu altrettanto sconvolgente. Si ripromise che lo avrebbe tenuto d'occhio. Allungò una mano e le asciugò teneramente le lacrime che avevano ricominciato a solcarle le guance: "Lo so, è stato terribile sapere che una donna e un bambino innocente sono morti al posto tuo, ma la colpa non è tua, piccola. Si vede che doveva andare così, per quanto sia ingiusto. E dimmi, come stava Terence quando l'hai lasciato?".
"Sembrava rassegnato, mi ha assicurato che quel pensiero non lo aveva più sfiorato, che aver visto morire tante persone innocenti lo aveva toccato nel profondo e che voleva dedicarsi alla carriera, forse recitare con sua madre in un film come gli hanno proposto. Gli ho creduto, Bert, ma continuo a essere molto preoccupata per lui".
"Anche io", ammise guardando l'orizzonte. Il sole, ora alto nel cielo, gli parve di nuovo meraviglioso. "Stai tranquilla, ci assicureremo insieme che stia bene".
Nonostante tutto, ad Albert mancava ancora qualcosa. Si erano baciati, Candy aveva lasciato Terence. Tutto era piuttosto chiaro. Ma lo era altrettanto nel suo cuore? Fece un respiro profondo, mentre si voltava per accarezzarle i capelli e il viso: "Candy, sei sicura della tua scelta? Sei certa che un giorno il ricordo di Terry non tornerà, prepotente, a esigere il tuo pegno?".
Lei fissò i propri occhi nei suoi e rispose veemente: "Albert! Mi stavo struggendo da mesi perché non capivo come mai non facessi i salti di gioia sapendo che mi amava ancora come prima! Credevo fosse il senso di colpa per la morte di Susanna, invece mi stavo rendendo conto che il mio cuore apparteneva già a te. Non so quando sia successo, ma è come se finalmente avessi ritrovato qualcosa di molto caro che temevo di aver perso. E non era l'amore per Terence, che pure era stato forte. Era l'amore dolce e sereno che mi hai sempre dato e che ricambiavo senza saperlo. Erano le tue braccia calde e sicure in cui rifugiarmi. Erano questi tuoi occhi limpidi in cui voglio perdermi per il resto della mia vita...".
Albert sentì l'ormai familiare fitta al petto e il nodo che si stringeva in gola. Le prese una mano e la baciò intensamente: "Candy...", soffiò avvicinandosi alle sue labbra.
"Mi dispiace di non avertelo detto quella sera, ma non ero ancora pronta. Ora lo so. So che ti amo, Albert. Ti amo tanto", sussurrò lei con voce arrochita dall'emozione, facendogli scoppiare il cuore in petto.
"Non sai per quanto tempo ho atteso di sentirtelo dire. Anche io ti amo. Ti amo immensamente, piccola, dolce Candy", ebbe bisogno di ripeterle in risposta alla sua confessione.
Si abbracciarono e si baciarono, ancora e ancora, i cuori finalmente a briglia sciolta e i dubbi dissipati come foglie al vento.
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George aveva guidato come un pazzo e, finalmente, era tornato alla Casa di Pony. Nessun ospedale aveva avuto notizie di una paziente di nome Candice White Ardlay, ma era riuscito a parlare con un capostazione che gli aveva riferito di un'infermiera che si era presa cura dei feriti.
Era riuscito a contattare il macchinista e, quando aveva udito il nome alla cornetta si era accasciato su una sedia. Se era fortunato, alla Casa di Pony avrebbe trovato entrambi, magari si erano già incontrati.
MIss Pony e Suor Lane lo salutarono calorosamente e gli spiegarono che Candy aveva fatto la sua apparizione poco prima, sconvolgendole ma riempiendole di gioia.
"Ho detto a Candy di andare subito a controllare se il signor William fosse ancora alla Collina, perché è lì che ha dormito stanotte. Poveretto, era così triste!", disse Miss Pony tamponandosi le lacrime con un fazzoletto.
"Su, su, non faccia così, la nostra Candy è tornata, Nostro Signore ha fatto un miracolo e io devo chiedergli ancora perdono per aver dubitato di Lui!", concluse la suora in tono allarmato.
George, però, aveva lo sguardo fisso sulla collina: e se Candy stesse ancora cercando il signorino William? Se non l'avesse ancora trovato e lui stesse vagando nei boschi, da solo, in preda al dolore? Doveva accertarsene di persona.
Era sfinito, non aveva dormito che poche ore, dopo essere stato svegliato prima dell'alba da quel poliziotto che aveva cambiato tutte le carte in tavola. Ma doveva fare quell'ultimo sforzo. Si congedò dalle due donne e cominciò a dirigersi di buon passo verso il luogo in cui, per tanti anni, aveva trovato il suo protetto in compagnia di Candy.
Sperava fosse così anche stavolta.
Vide due sagome, sempre più indistinte a mano a mano che gli occhi gli si annebbiavano per la stanchezza e per le lacrime. Si stavano abbracciando e baciando. Sorrise e ringraziò Dio prima di accasciarsi a terra, svuotato di ogni residuo di energia.
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Tutti felici? Io sì! Bene! E ora, angolo dei commenti che, come sapete, sono il mio incentivo e... il mio stipendio! (cit. PCR de Andrew). Cominciamo:
Elbroche: Miss Pony ha un'età e vedere presunti fantasmi non le fa certo bene! Di sicuro il lato comico c'è...
Guest (Lorena): Era inevitabile che, alla fine, Albert crollasse. E non poteva che accadere mentre era solo, sulla Collina di Pony (sniff, che sofferenza anche per me!). Grazie mille per le tue parole!
Mia8111: grazie!
Clint Andrew: Un dolore a lungo trattenuto non può che mostrarsi in maniera violenta (povero Albert -_-)... e anche Miss Pony e Suor Lane, come dici giustamente tu, piangono una figlia. Ed ecco il ritorno di Candy, spero ti sia piaciuto!
Elizabeth: Dopo tanta sofferenza, finalmente il nostro Albert ha riavuto Candy! (E viceversa) Spero ti sia piaciuto il loro incontro, non sai quante volte l'ho riscritto! XD Grazie di cuore!
Federica: Grazie a te per seguirmi, spero continui ad apprezzarla!
Edith Andrade Ce: Anche io ero tristissima mentre scrivevo quel capitolo, credimi! Ma spero di aver fatto felice anche te con questo, alla fine la sagoma in lontananza, che tanto ha spaventato Miss Pony, era proprio Candy!
