Minacce
Terence si accorse che bussavano alla porta solo quando questa cominciò a vibrare come se tentassero di buttarla giù.
Giuro che la uccido.
"Terry! Giù dal letto, pigrone, o la butto giù!".
La stai già buttando giù. E non chiamarmi Terry! LEI mi chiamava Terry.
"Terence Graham, conto fino a tre!".
Vattene al diavolo!
"Uno!".
Aveva sognato di sposarla e di fare l'amore con lei. In modo lento, dolce. Si era svegliato col volto madido di lacrime e sudore quando Albert gliel'aveva strappata dalle braccia e l'aveva portata via, ancora nuda.
"Due!".
"Dannazione, arrivo!", gridò gettando via le coperte e imprecando a denti stretti per non farsi sentire. Dopotutto, nonostante non sembrasse affatto, Karen era sempre una signora.
Raggiunse la porta a piedi nudi, rabbrividendo per il pavimento freddo e quando aprì e la vide, fresca e riposata, quasi la invidiò. Pensava che se si fosse guardato lui, allo specchio, questo si sarebbe rotto per le condizioni in cui versava.
Karen batteva il piede a terra ritmicamente, con le mani sui fianchi e le labbra strette in una linea sottile. Il trucco sugli occhi era perfetto e le conferiva un cipiglio severo.
"Ti do dieci minuti per lavarti, vestirti, fare colazione e renderti presentabile!", comandò contando sulle dita.
"Dieci minuti?! Vuoi scherzare!", ribatté con gli occhi fuori dalle orbite.
"Un quarto d'ora".
"Venti minuti, o invece di radermi mi taglierò e mi rovinerò il viso", patteggiò accarezzandosi le guance già ispide, sapendo di aver toccato un punto focale.
Karen guardò in aria e allargò le braccia: "E va bene, non sia mai che debba spiegare a Robert perché sei venuto alle prove sanguinando!".
Lui sorrise soddisfatto e lei gli fece sapere che lo avrebbe aspettato nella hall dell'albergo e sarebbe salita entro venti minuti esatti se non lo avesse visto.
Terence si chiuse in bagno e affrontò il tanto temuto specchio. A parte un po' di occhiaie, la barba e i capelli spettinati non era il disastro irrimediabile che temeva.
Almeno esteriormente.
Dentro di sé tutto stava andando in pezzi e lui teneva insieme i frammenti come meglio poteva, attingendo da quella donna irruenta e maleducata che tanto gli ricordava Candy. No, non era corretto: Candy non lo aveva mai trattato così male. Però era anche vero che non aveva mai dovuto salvarlo da un baratro. Per l'esattezza ce lo aveva buttato dentro.
Sua madre Eleanor gli era stata vicino per quanto aveva potuto, gli telefonava e gli scriveva ogni volta che riusciva. Accanto a sé aveva solo il teatro e i suoi colleghi, e tra i suoi colleghi l'unica che aveva accettato di coinvolgere nel suo dramma personale era stata Karen.
Era stata la prima a trovarlo dopo la partenza di Candy e anche l'unica ad aver capito cosa gli fosse accaduto senza che neanche glielo spiegasse. Quella sua indole forte gli ricordava, seppur lontanamente, quella della sua adorata Tarzan Tuttelentiggini.
Terence si era reso conto perfettamente che Karen stava facendo con lui lo stesso che aveva tentato di fare Susanna, tanti anni prima: lo amava e cercava di coinvolgerlo con la scusa del lavoro. Ma, mentre con Susanna non voleva avere nulla a che fare, ora non aveva più nessuna donna da amare liberamente.
No, non era solo quello.
Mentre si strofinava con vigore la faccia con acqua appena tiepida, ricordò quando la povera Susanna lo corteggiava e lo andava a cercare a casa, ma lui si concedeva il lusso di mandarla via perché era forte, deciso, convinto del suo amore per un'altra.
Ora era tragicamente fragile e solo e, sebbene se ne vergognasse, aveva bisogno di spalle solide su cui poggiarsi.
Quelle di una donna che tentava di salvargli non solo la carriera, ma la vita.
Cominciò a radersi con gesti lenti e metodici, come se la sua mano potesse davvero danneggiarlo contro la sua stessa volontà e magari sfigurarlo.
Ovviamente non pensava più al suicidio, ma rischiare di farsi licenziare e lasciarsi annebbiare dai fumi dell'alcool non era forse un suicidio?
Essere o non essere. Dormire. Sognare. Morire.
Candy poteva essere sua solo in sogno, lo sapeva. Averla incontrata ancora una volta per poi vederla andare di nuovo via lo aveva ucciso. E non sapeva se sarebbe riuscito a mantenere quella promessa che le aveva fatto, non ne era per nulla sicuro.
Per questo aveva chinato la testa, ingoiato il dannato orgoglio e accettato che Karen lo controllasse a vista. Il teatro era tutto ciò che gli era rimasto e quella donna era un salvagente a cui si stava aggrappando con le unghie e con i denti per non annegare.
Sapeva che non era giusto, né per lei né per se stesso e che prima o poi sarebbe andato avanti con le sue gambe. Ma ora no. Ora non era sicuro di farcela. Sapere che un altro essere umano, oltre sua madre, lo apprezzava e teneva alla sua vita era la sua unica salvezza per il momento.
Si fece una doccia per lavare via il sudore notturno, le lacrime e i pensieri. Mentre recuperava dall'armadio i vestiti gettati alla rovescia la sera prima e li infilava distrattamente, cercò di ricordarsi dove aveva messo il copione.
Aprì un cassetto del comodino accanto al letto e s'imbatté nell'ultima, fredda lettera di Candy.
In quel momento era di sicuro tra le braccia di Albert, magari non nuda
o magari sì...
come nel suo sogno, ma di certo felice.
La strappò, la fece in mille pezzi e la gettò nel water, cercando di reprimere il dolore.
Era già un buon inizio.
- § -
Candy si chiese per l'ennesima volta perché diamine avesse accettato di parlare con Eliza. Annie si era rinchiusa in camera sua a fare le valigie e Archie sembrava un leone in gabbia perché faceva avanti e indietro per tutta la villa senza convincersi a fermarla.
Avrebbe voluto parlare con l'uno o con l'altro, o con entrambi, magari gridando ad Archie di smetterla con quelle sciocchezze, ma non ne aveva avuto il coraggio. Se veramente il ragazzo provava qualcosa per lei, l'unica cosa che le veniva in mente di fare era rendersi meno visibile che poteva.
La zia Elroy era furiosa e, se avesse saputo il vero motivo della separazione, forse l'avrebbe cacciata seduta stante: per fortuna, Annie aveva evitato accuratamente di rivelarglielo.
A un certo punto della mattinata Candy era scesa nel salone principale e aveva trovato Eliza seduta su una poltrona damascata a leggere un libro, come se la stesse aspettando.
"Oh, Candy, ben trovata!", dissimulò con la sua solita falsa aria benevola e amichevole.
"Ciao Eliza, buongiorno", la salutò più educatamente possibile finendo di scendere le scale.
La superò senza più guardarla e si stava già dirigendo verso l'uscita, immaginando di trovare Albert in giardino, ma lei la prese per un braccio e le sibilò in un orecchio: "Vi ho visti mentre vi baciavate vicino alle stalle, l'altro giorno".
Un brivido gelido attraversò il corpo di Candy dalla testa ai piedi e, anche se era tentata d'ignorarla, i campanelli d'allarme suonarono impazziti nel suo cervello e la costrinsero a fermarsi. Chiuse gli occhi per un istante, prima di affrontarla con il tono più fermo e l'espressione più neutra che le riuscirono: "Di cosa diavolo stai parlando, Eliza?".
Lei ignorò la sua domanda e, di sicuro certa di avere tutta la sua attenzione, incrociò persino le braccia, portando quel suo odioso naso dritto in aria e tirando la testa indietro con fare altezzoso. "Pensa che colpo per la zia Elroy: prima Annie e Archie che si lasciano, poi il suo adorato nipote che ci prova con te. Potrebbe persino avere un attacco di cuore! Che ne pensi, infermiera Candy?", le chiese calcando su quel termine.
Eliza non poteva averli visti, stava sicuramente bluffando! E se invece fosse stato vero? La sua mente vorticava alla velocità della luce e sentiva che l'afflusso di sangue al viso la stava già tradendo.
Candy cercò di veicolare la sua agitazione in una dimostrazione di indifferenza: "Bene, allora perché invece di parlare con me non glielo sei già andata a dire? Scommetto che muori dalla voglia di raccontarle questa storia che ti sei inventata fin nei minimi dettagli!", sbottò guardandola con disprezzo.
Lei abbassò un poco la testa per guardarla negli occhi ma la sua risata cattiva non scomparve: "Andiamo, Candy, per chi mi hai presa? Pensi davvero che farei del male alla mia povera zietta senza cercare prima una soluzione alternativa?".
"Io penso solo che tu non veda l'ora di sbattermi fuori di qui. In tal caso, sappi che il sentimento è reciproco. Addio". Con gambe tremanti e chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta, Candy tentò di nuovo di raggiungere l'uscita.
"Il tuo adorato Albert, come lo chiami tu, non è in giardino, adesso", Candy si sentì come se l'avesse schiaffeggiata. "È nel suo studio con quell'inetto di mio fratello a parlare di affari. Il caro zio William non è solo ricco sfondato, ma ci sa fare con gli investimenti e forse Neal imparerà finalmente qualcosa".
Eliza aveva studiato tutto per benino, a quanto pareva, e Candy desiderò solo prenderla a schiaffi fino a farle diventare la faccia più gonfia della cornamusa di Albert. Ma non poteva rischiare che la sua lingua biforcuta li rovinasse prima ancora che avessero modo di parlare personalmente con la zia Elroy. "Insomma, che cosa vuoi da me, stavolta?", dovette arrendersi a chiederle suo malgrado.
Odiò quel sorriso che si allargava sulla sua faccia soddisfatta mentre faceva un paio di passi verso di lei. Candy immaginò che il pavimento le si aprisse sotto i piedi per inghiottirla, così che lei potesse andare da Albert in santa pace.
"Vorrei aiutarti a riflettere, Candy, per farti capire perché non sarai mai una Ardlay, anche se mio zio dovesse avere in mente, che so, di sposarti". La solita luce tagliente le lampeggiò negli occhi.
Candy cercò di ritrovare la calma, pur desiderando solo di allontanarsi dalla sua presenza velenosa. Ma una parte di lei continuava a gridarle che, bluff o no, non poteva permetterle di mettere in giro voci su lei e Albert. "Bene, allora è giunto il momento che anche tu impari a comportarti come una signora e non come una vipera!", esclamò piccata.
"Oh, sei molto gentile a preoccuparti per me, Candy, ma ti ricordo che quella che rischia di infangare il nome degli Ardlay sei tu, visto che non hai una goccia di sangue nobile nelle vene e non si sa nemmeno chi fossero i tuoi genitori. Se nell'ambiente si cominciasse a mormorare che il ricco e giovane prozio William intende portare al matriarcato una come te sarebbe la fine della nostra famiglia".
Non si era aspettata nulla di diverso da Eliza, eppure le sue parole le parvero pesare molto più che in passato. Era certa che Albert non avrebbe permesso a nessuno di trattarla come una poco di buono solo perché era orfana, ma la punta acuminata del dubbio penetrò nel suo cuore.
Era davvero degna di lui? O lo avrebbe costretto a lasciare tutto pur di stare insieme a lei? Immaginò Albert ripudiato dalla sua stessa famiglia e un sapore amaro le salì in bocca. Doveva esserci una soluzione migliore: avrebbe studiato ancora, sarebbe diventata una nobildonna come Annie e si sarebbe meritata la sua posizione ma, soprattutto, l'amore di Albert.
"Insomma, in quale trappola pensi di farmi cadere, Eliza?", domandò, stanca di ragionarci troppo.
"Oh, nessuna trappola, cara mia, solo un piccolo test di eleganza: andiamo a farci una cavalcata. Non c'è bisogno che ti cambi, dovrai cavalcare come una vera signora, all'amazzone. Se non ne sarai in grado, dovrai ammettere la tua sconfitta e rinunciare all'alta società".
Candy strinse i pugni. Quindi li aveva davvero osservati bene e si era resa pienamente conto della sua difficoltà con i cavalli! Non era affatto sicura di riuscire a cavalcare in quel modo da sola e, ancora una volta, immaginò di tappare la bocca a Eliza a suon di schiaffi per poi rispedirla in Florida con il primo treno: "È una sciocchezza, non serve una prova del genere per capire se si è o meno una signora. E a me non interessa l'alta società". Il suo era un tentativo estremo, lo sapeva, e c'era sempre il rischio che parlasse con la prozia. Ma non riuscì a tacere.
Eliza inarcò le sopracciglia, come se fosse stupita: "Ah, no? Quindi tornerai a vivere alla Casa di Pony e rinuncerai ai tuoi sogni romantici con lo zio?".
"Smettila con queste stupidaggini, non ho nessun sogno romantico con Al... con lo zio William!". Quella serpe maledetta le aveva fatto perdere tutta la freddezza, maledizione! E comunque a quanto pareva era piuttosto erudita sul loro reale rapporto.
"Ah-ah", annuì, iniziando a girarle intorno come un disgustoso avvoltoio. "Quindi rischierai che io allerti la zia Elroy solo perché hai troppa paura per cavalcare?", insinuò con uno sguardo diabolico.
Candy chiuse gli occhi e cedette. Cosa poteva accaderle di male? Il giorno prima si era lanciata al galoppo allontanandosi di parecchi metri da Albert e, anche se la posizione all'amazzone non era delle più agevoli, aveva riacquistato una certa padronanza. Che diamine, se poteva arrampicarsi sugli alberi non avrebbe di certo vacillato per una cosa come quella!
Non ora.
"Se faccio questa cosa mi lascerai in pace e la finirai di sparlare di me o dello zio William?". Era l'unica cosa che le importasse. Se Eliza avesse messo bocca e veleno in quel frangente, avrebbe solo distrutto il terreno a qualsiasi futuro.
"Ma certo, Candy!". Non le credette, era certa che l'avrebbe tormentata e ricattata fino a che quella vacanza non fosse finita, pensando forse di farla desistere. Povera illusa! Lei non sarebbe crollata, mai.
Si apprestò a seguirla ma, prima di uscire in giardino, Eliza si voltò verso di lei, beffarda: "Oh, e non dimenticare il casco! La sicurezza prima di tutto!". Scoppiò nella sua odiosa risata e Candy provò il desiderio ardente di strozzarla. Era incredibile come quella ragazza risvegliasse in lei solo sentimenti violenti.
Pensava davvero che avesse bisogno di un casco per cavalcare la sua docile Cleopatra? Come minimo lo aveva riempito di colla o di chissà quale robaccia che l'avrebbe costretta a tagliarsi tutti i capelli! Ma gliel'avrebbe fatta vedere lei: sarebbe stata all'altezza della cavalcata e avrebbe difeso il suo amore con le unghie e con i denti.
- § -
Annie stava buttando i suoi vestiti in valigia alla rinfusa, rifiutando qualsiasi aiuto da parte dei domestici. Ma come diavolo facevano a piegare gli abiti in maniera così perfetta senza che si rovinassero l'uno sull'altro?
Non le importava più: al diavolo gli abiti, al diavolo i cappelli, i guanti e al diavolo tutte le belle cose di cui i suoi genitori l'avevano sempre circondata.
Per anni aveva adorato l'idea di stare in una famiglia ricca, concedendosi lussi che alla Casa di Pony sembravano un miraggio: i vestiti, il cibo, i viaggi, le amiche... pensava di essere felice, di avere tutto, specie dopo che Archie era diventato il suo fidanzato.
Ora capiva che Candy, che non aveva mai avuto tanta stabilità e si era quasi sempre arrangiata da sola, oggi era molto più felice di lei. Certo, aveva sofferto e aveva perso molte persone che amava, ma tra le due era quella a cui erano rimasti i ricordi e le prospettive migliori.
Ad Annie Brighton cosa rimaneva? Lo spettro di un fidanzamento senza vero amore e una manciata di oggetti costosi.
Si artigliò i capelli con le mani, inginocchiandosi a terra e singhiozzando.
Baciare Archie era stato bello e penoso al contempo: si era sentita, per la prima volta in vita sua, forte, libera... donna. Ma poi si era data della stupida. Archie non era mai stato davvero suo, avrebbe dovuto capirlo prima che la loro relazione andasse così avanti.
"Vuoi la verità, Annie? Ebbene sì, è vero! Non ho mai dimenticato completamente Candy, ma oramai non ha più importanza: per lei sono come un fratello e ho rinunciato da tempo. Tu invece sei qui, mi ami e io ti amo. Quindi cosa c'è di male?". Così le aveva detto, senza alcuna vergogna.
La ragazza non poteva credere alle sue orecchie e lo aveva fissato, oltraggiata: "E tu pensi davvero che io potrei sposarti sapendo che ami anche un'altra donna oltre me?! Ma per chi mi hai presa, Archibald Cornwell?!". Si era sorpresa lei stessa dalla sua furia, ma quella era la nuova Annie.
La vecchia Annie l'aveva uccisa volontariamente nel momento in cui si era resa conto che sarebbe stata infelice. Basta essere fragile. Basta essere timida. Basta dipendere dagli altri. Basta tutto.
Prese uno dei suoi abiti più costosi e lo scagliò al muro con rabbia.
Sarebbe tornata a casa con i suoi genitori, avrebbe riflettuto sulla sua vita e sulle sue passioni. Le piaceva suonare il pianoforte, forse sarebbe andata a studiare al conservatorio. Oppure no, magari si sarebbe dedicata a opere di bene, qualunque cosa dicessero gli altri. O magari avrebbe fatto entrambe le cose.
Sarebbe stata egoista e avrebbe pensato solo a se stessa.
Voleva essere come Candy, finalmente padrona della sua vita e non schiava di lussi e sentimenti che non le sarebbero mai appartenuti.
L'unica cosa difficile sarebbe stata strapparsi Archie dal cuore perché, ora come ora, lo amava disperatamente e rappresentava l'unico sentimento autentico che provasse. Ma non così, non come la seconda donna, la sostituta di un'altra che non era disponibile.
Semmai un giorno si fosse sposata, lo avrebbe fatto con un uomo che la fissasse con lo sguardo adorante che aveva visto Albert rivolgere a Candy. Probabilmente, stando lontana da lei, avrebbe smesso di rappresentare solo la sua sorellina acquisita e di vivere all'ombra di quello che, per tutti gli uomini, sembrava essere un sole accecante.
Lei era Annie Brighton, anzi la nuova Annie Brighton ed era appena rinata.
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Angolo dei commenti:
Sandra Castro: Ogni volta che ci sono nei paraggi i fratelli Lagan si avvicinano i guai, vero? Specie se la zia Elroy è, come al solito, dalla loro parte. Neal sta titubando, ma sarà abbastanza forte da sottrarsi alle richieste della perfida sorella? Archie e Annie stanno attraversando un momento duro ma necessario: chissà come finirà tutta questa storia! Grazie di cuore, al prossimo capitolo!
Mia8111: Grazie!
Elizabeth: Carissima! Certo, è una possibilità concreta quella che giustamente tu ritieni plausibile: d'altronde, quale modo migliore per la zia Elroy di vedere "dal vivo" le macchinazioni perfide dei suoi due nipoti per capire che sta sbagliando? A quel punto, Candy e Albert avranno davvero campo libero. Ma sarà così facile...?
Manuela: Certo, se Eliza fosse cambiata e maturata sarebbe anche potuto succedere... ma a quanto pare il sole della Florida l'ha peggiorata! XD
Barbara Baffigo: Eliza non è che sta impazzendo, a mio modesto parere è sempre stata pazza! XD A parte gli scherzi, il suo piano non è certo dei più innocenti e potrebbe anche darsi che alla fine Neal si riveli più forte di lei e impedisca persino alla zia di supportarla in una follia. Ma la domanda è: questi attributi, Neal, ce li ha? Andrebbe davvero da Candy e Albert per avvisarli? Chissà... La coppia Annie e Archie, in effetti, è sempre sembrata piuttosto "statica" anche a me, quasi passiva: un po' di movimento ci voleva!
Elbroche: Ayyyy sìììì! XDD Purtroppo Eliza colpisce ancora e dobbiamo solo sperare in una redenzione di Neal...
Edith Andrade Ce: In realtà la zia Elroy ha espresso i suoi dubbi, ma Eliza è stata abile a circuirla e a farle credere che è solo uno scherzo innocente, come al solito. vediamo come finirà...
Guest: Eliza non cambierà mai, temo, ma Neal sembra davvero aver messo la testa a posto. Non che ne abbiamo la certezza...
