Mi trascino fuori dai miei incubi ogni mattina e scopro che non c'è alcun sollievo nello svegliarsi.
(
Suzanne Collins)

La brezza del mattino ha segreti da dirti. Non tornare a dormire.
(
Rumi)

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Risveglio

La prima cosa che provò quando aprì gli occhi fu calore. Non un calore spiacevole, ma qualcosa che la confortava fin nel profondo del cuore.

Il suo cuore.

Lei.

Gli occhi si spalancarono e videro il bianco di un soffitto: c'era una piccola crepa in una angolo, proprio accanto al lampadario rotondo. Le pupille guizzarono di lato verso una flebo, un piano di appoggio con degli strumenti medici sopra e il respiro si fece affannoso, mentre realizzava che nella sua mente c'era una nebbia fitta, claustrofobica, che le toglieva l'aria dai polmoni e minacciava di soffocarla.

La sensazione gradevole svanì all'istante, sostituita dall'orrore.

Si trovava in un ospedale, ma chi era lei?

"Candy?".

Si voltò verso la fonte di quella voce e vide un uomo dagli occhi chiari che le stringeva la mano e che doveva essere addormentato fino a qualche istante prima. Candy capì che il calore proveniva proprio da quella stretta. Istintivamente ritirò la mano come se ora scottasse.

Non sapeva chi fosse lui, né quella Candy.

"Dio mio, Candy, grazie al Cielo!", esclamò lui abbracciandola con trasporto. Sentì il suo volto sul collo e la sensazione umida delle lacrime che stava versando.

Ma lei rimase ferma, gelata, priva di emozioni se non quella di terrore. Quell'abbraccio e quella commozione non le trasmisero assolutamente nulla.

Rimaneva il panico, acido e pungente, dalle viscere alla gola. La paura di annegare nel vuoto, il brivido infinito di una caduta continua senza paracadute. Stava precipitando.

L'uomo dovette accorgersi della sua immobilità e del suo respiro accelerato perché si staccò da lei e la guardò con un'espressione di stupore: "Candy?", chiamò di nuovo.

Lei aprì la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono. Terrorizzata e assetata, ecco come si sentiva.

Con un dito tremante indicò il bicchiere sul comodino e lui si affrettò a versarle dell'acqua, aiutandola a sollevarsi un po' per bere qualche sorso. Poi la guardò con un sorriso incerto: "Vuoi che chiami il medico, Candy?".

L'aveva chiamata di nuovo così: "È questo il mio nome?", riuscì finalmente a chiedere con una voce che non riconobbe.

Una voce ignota, la voce di una sconosciuta.

Il cuore continuava a martellarle nelle tempie ma la sensazione di claustrofobia si stava attenuando. Ora montava la rabbia, ancor più forte del terrore. La rabbia per non riuscire a schiarire la mente.

Sul volto dell'uomo il sorriso scomparve per lasciare il posto a un'espressione di panico: "Tu... non ricordi come ti chiami?".

Scosse la testa: "Cosa ci faccio qui? Chi sono? Chi sei TU?". A ogni domanda la sua voce si alzava di un tono e le lacrime cominciarono a scendere dagli occhi contro la sua volontà. Si sentiva di nuovo soffocare nel nulla. Il ciclo ricominciava da capo.

"Non... non piangere, andrà tutto bene. Chiamo il dottore", si affrettò a dirle asciugandole il viso con una mano gelida.

Lei non poté sopportarlo: "Non mi toccare!", gli gridò disperata. Non voleva la pietà di nessuno. Non voleva l'affetto di nessuno. Non conosceva NESSUNO.

L'uomo ritirò la mano di scatto, guardandola con qualcosa di simile all'orrore. Deglutì un paio di volte, sembrava davvero ferito. Non le importava. Lei soffriva infinitamente di più.

"Vorrei rimanere da sola", disse con un filo di voce, senza smettere di piangere.

"Va bene, ma calmati", rispose l'uomo con gli occhi lucidi e la mascella contratta. "Vado a chiamare il medico".

Uscì dalla stanza e lei fu finalmente sola.

Chiuse gli occhi rigirandosi nella mente vuota quel nome. Candy. Candy. Nero, buio pesto.

Di nuovo le parve di precipitare.

Perché, perché qualunque cosa le fosse accaduta, aveva dimenticato tutto? Che senso aveva risvegliarsi quando il suo passato era stato cancellato? Aveva dei genitori? Aveva degli amici? Chi era? Quanti anni aveva? Quell'uomo così disperato era suo marito? Il suo fidanzato? Suo fratello?

Si portò le mani al viso, artigliandosi la pelle, odiando la sensazione di vuoto e di gelo che l'attanagliava da quando aveva ripreso conoscenza.

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Quando Annie arrivò in sala d'attesa e vide Albert e Archie discutere animatamente capì che era successo qualcosa. Si afferrò i lembi del vestito e accelerò il passo.

"Potrebbe essere la stessa amnesia che ha colpito me! Parlerò col dottor Martin", stava dicendo Albert.

"Certo, ti capisco, ma qui ci sono eccellenti neurologi, aspettiamo prima di sentire il loro parere!", ribatté il suo ex fidanzato.

Annie si accasciò sulla panca con un lamento, attirando l'attenzione dei duo uomini. Candy si era risvegliata e non aveva memoria? Aveva capito bene?

Archie fu il primo a correrle accanto: "Annie! Candy è sveglia! La nostra Candy ha ripreso conoscenza!", esultò emozionato.

"Ma Albert ha parlato di amnesia...", mormorò cercando di contenere il turbinio di emozioni che l'avevano colta.

"È così", annuì lui incupendosi.

Scoprì che non si ricordava né come fosse finita lì, né tantomeno il suo nome. Il medico che l'aveva visitata si stava consultando con alcuni colleghi, al momento, per decidere sul da farsi: Candy sapeva a malapena in che anno e in che mese si trovassero e ogni ricordo, lontano o recente che fosse, era stato spazzato via del tutto.

"È terribile", mormorò portandosi una mano alla bocca e avvertendo di nuovo nel cuore le punte acuminate del senso di colpa. Aveva invidiato Candy perché Archie l'amava ancora e prima aveva rischiato di morire, ora questo...

Con sua sorpresa, lui le si accostò e le circondò le spalle con un braccio. Annie ebbe l'impulso di scacciarlo in malo modo, ma poi accettò quel calore di cui non riusciva proprio a fare a meno. Non doveva, non voleva provare quelle emozioni, ma perlomeno tentò di non farle trapelare. Rimase fredda, muovendosi solo per recuperare il fazzoletto che lui le porgeva.

Dopo qualche minuto arrivò uno stuolo di medici: non ebbe dubbi che la presenza di Albert avesse indotto a riunirsi i migliori professionisti dell'ospedale. Tra loro c'era anche il dottor Leonard, che Annie ricordava essere al Santa Joanna da quando Candy lavorava lì come infermiera.

Fu proprio lui a rivolgersi a loro, facendosi portavoce dei colleghi: "Siete tutti parenti della signorina?".

"Siamo la sua famiglia", si sentì dire Annie, attirandosi gli sguardi stupefatti degli uomini accanto a lei. Pensavano forse che sarebbe rimasta in silenzio a piangere come avrebbe fatto fino a poco tempo prima? Per qualche istante lo aveva pensato anche lei, ma il profondo cambiamento che stava avendo atto nel suo animo tormentato la fece sentire più sicura, più intraprendente: era una sensazione che le piaceva e le trasmetteva adrenalina. Era così che si sentiva Candy quando faceva cose avventate come saltare su un albero o scappare da scuola?

Il medico annuì e li invitò a entrare in una grande stanza, dove chiuse la porta alle sue spalle e sedette alla scrivania. Congedò i colleghi e invitò anche loro tre a sedersi: era certa che il proprio nervosismo fosse condiviso anche da Archie e Albert, che sembrava voler stritolare i braccioli della sedia in pelle con le mani.

"Dunque, signori, la signorina Candy, che ho avuto modo di conoscere per le sue brillanti doti di infermiera, ha subìto una commozione cerebrale di entità piuttosto considerevole. Non nascondo che il dottor Murray e i suoi collaboratori siano rimasti piacevolmente sorpresi dal suo risveglio, ma la memoria a lungo termine è stata gravemente intaccata". Spostò il suo sguardo su Albert e tra loro ci fu un eloquente scambio di occhiate.

"La differenza con il caso del signor Ardlay, però, non è solo insita nella natura stessa dell'incidente che ha portato all'amnesia, ma anche nel comportamento anomalo che sta provocando nella paziente", disse infatti.

Annie trattenne il fiato e Archie fece per lei quella domanda: "Cosa intende con 'comportamento anomalo'?".

Il medico prese un respiro, poi chiese ad Albert se ricordasse il periodo in cui aveva perso la memoria. Lui annuì: "Ero afflitto da continui mal di testa quando cercavo di ricordare, ma Candy mi parlava del mio passato e io cercavo di sforzarmi". Fece un sorrisetto nostalgico. "Ricordo che mi rimproverava se mi affannavo troppo e mi diceva di non insistere".

Il dottor Leonard annuì: "E qual era l'atteggiamento del signor Ardlay, in quel periodo? Mi accennava poco fa che voi siete tra le persone che si sono prese cura di lui".

Fu il turno di Annie di parlare: "Beh, a dire il vero lui sembrava quello di sempre, anche se non aveva alcuna memoria del suo passato. Candy ci raccontò che era istintivamente attratto dalla natura, cosa che l'ha sempre caratterizzato. A quel tempo non sapevamo neanche noi la sua vera identità".

"È vero", ammise Archie, "però quando stava con noi a volte aveva un'aria malinconica, si vedeva che gli pesava la sua condizione".

Albert annuì, confermando le loro parole: "Tutto vero. E devo aggiungere che è stata proprio la vicinanza dei miei nipoti e dei miei amici a farmi andare avanti. Senza Candy e loro non penso che avrei avuto la stessa forza di affrontare le cose".

"Bene, il punto è proprio questo. La rabbia e il rifiuto che hanno caratterizzato il risveglio della signorina Candy possono essere considerati anche normali, quello che mi preoccupa è il fatto di non volersi fidare di voi. Da quello che abbiamo potuto osservare in lei... è come se si fosse rinchiusa in se stessa e la sensazione del mio eminente collega è che si rifiuti anche solo di provare a ricordare. Se si tenta di affrontare l'argomento diventa scontrosa, quasi aggressiva".

"Candy... aggressiva?", ansimò Annie: la sua sorellina così forte e spensierata, così allegra e altruista era diventata davvero così?

"Dottor Leonard, forse deve solo imparare a fidarsi di noi. È uscita dal coma solo da poche ore, le cose potrebbero cambiare, non pensa?", chiese Albert.

Il medico fece una smorfia: "Certo, questo è probabile, ma devo anche avvisarvi che vi sono casi in cui la modifica del carattere è permanente. E non è neanche questo l'aspetto più preoccupante. Anche se siamo solo alle prime battute, è già evidente che la paziente preferirebbe rientrare nello stato di coma piuttosto che ricordare. All'apparenza, cercare di rimembrare le provoca dolore: ci ha riferito di vertigini e mal di testa, ma anche di sensazioni molto sgradevoli".

Albert scattò in piedi, impallidendo, e Archie gli fu subito accanto, pallido anche lui. Annie sentì le lacrime bruciarle negli occhi. Fu ancora lei a parlare: "Questo significa che potrebbe andare di nuovo in coma?".

"Dipende tutto dalla paziente, signorina Brighton. Quello che noi tutti ci auguriamo è che con il passare delle ore e dei giorni diminuisca il malessere e le torni la voglia di ricordare, che impari ad avere fiducia in voi e in tutti i suoi cari. Ma, fino a quel momento, non va assolutamente forzata in alcun modo. In questi primi tempi, specialmente, non ricordatele nulla, a meno che non sia lei a chiederlo. E, anzi, sarebbe opportuno che fosse uno solo di voi a prendersene cura assieme a un'infermiera".

"Mi perdoni, dottore, ma non capisco!", esclamò Archie mentre Albert si sedeva di nuovo: sembrava privato di tutte le forze. "Candy è sempre stata piena di vita e non ha alcun motivo per non volersi ricordare di noi. Fino a prima del suo incidente non ci sono stati screzi tra noi, perché non possiamo semplicemente starle accanto?".

"Perché sareste uno stimolo eccessivo per la sua mente. Non conosco i dettagli del vostro rapporto con lei, ma se c'è qualcosa che sta rifuggendo non è soffocandola di attenzioni che l'aiuterete. Ha bisogno di un sostegno discreto, delicato, che le lasci i suoi tempi".

Gelo e silenzio, nel suo cuore così come nella stanza. Archie cadde a sedere pesantemente sulla sedia e i loro occhi s'incontrarono: non c'era bisogno di parole, almeno su quello erano d'accordo. Albert era l'unico che poteva aiutare Candy a uscire da quello stato, così come lei lo aveva aiutato tempo addietro. Il volto del patriarca, però, seppur meno scavato di qualche giorno prima, raccontava una sofferenza e una tensione che non la rassicurarono molto. Nonostante la preoccupazione per Candy, tutti avevano notato che Albert era cambiato.

Annie provò a immaginare come potesse sentirsi dopo aver creduto di averla finalmente ritrovata, per poi dover affrontare una prova enorme come quella. Non era del tutto certa che il solido e pacato uomo che tutti conoscevano non sarebbe crollato sotto a un peso del genere. Aveva affrontato di tutto, nella sua vita, proprio come Candy. Ma avrebbe sopportato di perderla di nuovo?

Per un attimo pensò di occuparsene personalmente, poi il dottor Leonard disse: "Chi di voi si sente in grado di mantenere un equilibrio emotivo di questo genere?".

"Lo farò io", disse subito Albert alzandosi in piedi.

Archie aprì la bocca, ma lei gli mise una mano sul braccio. Se fosse stato necessario loro due sarebbero stati i suoi pilastri e lo avrebbero sostenuto insieme, ma né lei né Archie potevano toccare il cuore di Candy come Albert.

"Molto bene". Il medico si alzò. "Ovviamente la terremo in osservazione ancora per qualche giorno, poi provvederò a nominare la mia infermiera migliore perché possa supportarla una volta a casa e somministrarle eventuali terapie per il tempo necessario alla sua ripresa fisica completa".

"Vorrei che fosse la signorina Hamilton, se permette", chiese Albert.

Udì Archie borbottare qualcosa a proposito di un gendarme e poi il dottore proseguì: "Va bene, nessun problema se la signorina è d'accordo. La ritengo un'ottima scelta, inoltre è una ex collega di Candy. Signor Ardlay, dove vivrete di preciso e con quante persone?".

Albert parve rifletterci per qualche secondo: "Ho una proprietà qui a Chicago e un'altra in campagna, dove è avvenuto l'incidente. Vivo con mia zia e il mio braccio destro. Qualche servitore e nessun altro".

Il medico sembrò soddisfatto della sua risposta e continuò: "La cosa migliore è che rimaniate in città per i primi tempi. La signorina Candy dovrà venire regolarmente in ospedale per dei controlli, dovremo fare perizie psichiatriche e valutare poco a poco la situazione. Non escludo che tra qualche settimana anche altre persone a lei vicine possano avvicinarla, ma per il momento preferirei che le sia dato spazio".

Guardò nella sua direzione e poi verso Archie. Assicurarono che non avrebbero fatto nulla per nuocerle e che si sarebbero limitati a telefonare ogni tanto per accertarsi delle sue condizioni.

Il dottor Leonard condusse Albert nella stanza di Candy, cominciando a spiegargli alcuni dettagli sulle cure che le avrebbero riservato da quel momento in poi. Annie rimase un po' indietro con il suo ex fidanzato.

"Pensi che Albert riuscirà a sostenere tutto questo? A me sembra sul punto di crollare, francamente", disse lui accigliato.

Lei chiuse gli occhi: "È la stessa cosa che ho pensato io".

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Si sentiva sperso in un limbo, in una nebbia, oppure in una melassa. Non sapeva bene come definirla, ma era una sensazione estremamente onirica che sembrava rallentarlo come per un torpore costante.

Lavorava, passava in ospedale e organizzava le cose perché la dimora di Chicago fosse pronta ad accogliere Candy al suo ritorno. Dormiva, mangiava, ma era come se tutta la sua vita la stesse vivendo un'altra persona e lui fosse solo un osservatore esterno.

Aveva rivisto Candy sempre in presenza di medici, evitando accuratamente di rimanere da solo con lei, perché temeva di impazzire se fosse accaduto: le avrebbe detto quanto l'amava e avrebbe dovuto vedere i suoi occhi glaciali, oppure ascoltare le parole tristi e sprezzanti di una donna che si era arresa alla sua amnesia.

Guardami, io ero come te, voleva gridarle, ma tu mi hai fatto tornare umano, desideroso di vivere. Si ricordava perfettamente di come avesse voluto sparire semplicemente dalla faccia della Terra, all'inizio, e di come le cure di un'infermiera appena diplomata di nome Candy lo avessero fatto tornare alla vita. Si era innamorato per la seconda volta di lei, poi una terza, quando aveva riacquistato la memoria e gli era tornato in mente che quell'amore conviveva in lui da sempre.

Prima allo stato embrionale, sotto forma di affetto e istinto di protezione poi, da quando l'aveva vista vagare per Londra alla ricerca di una farmacia aperta per il suo amico ferito, di amore maturo. Da quando si erano dichiarati aveva avvertito l'urgenza di unire definitivamente la propria anima e il proprio destino ai suoi, farla diventare sua sposa, sua amante e la madre dei suoi figli.

Il desiderio di lei era diventato un dolore fisico e ora, forse, l'aveva persa per sempre anche se era lì, a pochi passi da lui.

Il bussare insistente alla porta lo fece precipitare nella realtà con un sussulto. In mano stringeva un bicchiere di whisky e gli occhi erano fissi sul muro del suo studio. La sera inoltrata non gli consentiva di vedere oltre la luce dei lampioni, fuori dalla finestra.

"Avanti", disse atono.

George entrò discretamente, come sempre: "Mi perdoni, signorino William, ma la polizia mi ha appena comunicato il suo rapporto finale sull'indagine".

Nell'intero corpo, Albert avvertì un formicolio simile a quello che si sente quando un arto addormentato si stia risvegliando dolorosamente.

"E...?", chiese, portandosi il bicchiere alle labbra, cercando di annegare nell'alcool il leggero tremore della mano.

L'uomo si schiarì la voce, come se non riuscisse a pronunciare l'amara verità: "Purtroppo non ci sono prove a carico dei fratelli Lagan, non possono nemmeno indagare il maniscalco perché l'ultima volta che ha visto il cavallo è stato parecchi giorni prima. L'unica conclusione cui sono giunti è che il chiodo si sia spostato... da solo. I signorini Eliza e Neil sono partiti questa mattina per la Florida, mentre la signora Elroy giungerà qui nella giornata di domani".

Albert respirò profondamente, alla ricerca di un controllo che aveva perso da tempo. La preoccupazione, la mancanza di sonno e di pasti decenti, infine il dolore della nuova perdita erano un nodo velenoso e putrescente all'altezza del petto. Non si era mai sentito così, neanche quando si era ritrovato in situazioni che potevano mettere potenzialmente in pericolo la propria vita, in Africa e nei suoi tanti viaggi.

Stava lentamente perdendo la propria integrità.

Era come se, da quando avesse messo a nudo i propri sentimenti per Candy, prima di fronte a se stesso e poi a lei, avesse trovato l'Albert che avrebbe potuto essere se fosse nato libero. Il nuovo Albert era capace di ridere, piangere, infuriarsi e fare cose che quello vecchio, ancora da qualche parte dentro di sé, non aveva mai neanche lontanamente immaginato. Quell'Albert gli sembrava sempre meno preponderante: si sentiva come il protagonista del romanzo di quello scrittore, scozzese come lui, di nome Stevenson, che descriveva le trasformazioni del dottor Jeckyll in Mr. Hyde e viceversa.

Ora, con le braccia tremanti di rabbia e il respiro corto, si stava rapidamente trasformando in Mr. Hyde: una parte di lui sapeva che George era ancora lì, muto e immobile sulla soglia del suo ufficio ad attendere un suo cenno, ma l'altra si stava alzando di scatto, col bicchiere pieno per metà e lo scagliava dentro al caminetto con un urlo animale scaturito dal profondo delle viscere.

"William...!", articolò George con un ansito, ma William non era William e non era neanche più Albert.

"Quindi la faranno franca ancora una volta, non è vero?! Hanno quasi ucciso Candy, ma siccome non ci sono prove nessuno pagherà per averle rovinato la vita e per averla trasformata in una persona irriconoscibile?". Ansimava violentemente, preda di una furia tale che pensava avrebbe avuto un infarto di lì a poco. Si sentiva come un cane rabbioso con la bava alla bocca, o un leone che stesse per attaccare una preda invisibile.

"Albert...". Ignorò la voce gentile che, se possibile, lo urtò ancora di più.

"Se ne torneranno in Florida, nei loro hotel maledetti, che io stesso ho contribuito a fargli aprire, come se nulla fosse! Continueranno a fare feste, sperperare denaro e tutto mentre Candy non è più la donna che sognavo di sposare e potrebbe rimanere infelice per sempre! Come me!", terminò la frase a denti stretti, senza più voce, afferrando tutto ciò che gli capitava tra le mani dal piano della scrivania e scaraventandolo alla cieca.

Sentiva i capelli incollati agli occhi e alle tempie, il sudore che scendeva a rivoli e sì, forse aveva davvero la schiuma alla bocca come un animale selvatico. Si era trasformato non in Mr. Hyde, ma in una specie di licantropo feroce.

Due forti braccia lo bloccarono, nonostante George fosse meno robusto e meno alto di lui e lo imprigionarono in una sorta di goffo abbraccio contenitivo. Forse gli serviva una camicia di forza.

"Per l'amor di Dio, William Albert Ardlay, torna in te!", lo incitò con voce vibrante, piantando gli occhi scuri nei suoi.

D'improvviso, la vista si snebbiò, poi gli si annebbiò di nuovo, quindi le ginocchia cedettero e cadde di peso sulla sedia, seppellì la faccia tra le mani e si lamentò pietosamente, vergognandosi di se stesso.

"Piangi, Albert, sfogati, ne hai bisogno. Tutto questo è più di quanto chiunque possa sopportare".

Chino sulla sua sedia in pelle, prostrato e svuotato di ogni forza, Albert scacciò via Mr. Hyde, il lupo mannaro e qualsiasi altra creatura si fosse impossessata del suo corpo con lacrime amare.

Fine terza parte

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Osservazioni dell'autrice: Questa non è una storia facile, lo avrete capito. Il titolo la dice... lunga! Spero comunque che continuerete a seguirmi e ad appassionarvi, venerdì prossimo inizia la Quarta Parte!

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Angolo dei commenti:

Guest: Credimi, io soffro più di te quando devo mettere i miei personaggi (soprattutto Albert, lo ammetto) in condizioni di sofferenza. Tra Eliza e Neil abbiamo capito chi sia quella che tiene le redini, almeno per ora. Frannie sarà anche tutta d'un pezzo, ma davanti a uno come Albert è difficile rimanere indifferenti... XD Grazie mille, alla prossima!

Elbroche: I fratelli Lagan sono davvero malvagi, non guardano in faccia nemmeno la zia! Speriamo non l'abbiano fatta fuori... oppure sì? Dipende dai punti di vista XD George si trova lui stesso in una situazione anomala e forse hai ragione, i Lagan andavano controllati, ma anche lui è un essere umano e gli può sfuggire qualcosa...

Kecs: Ciao! Sì, questo cammino è lungo... molto lungo. Avrai capito che le cose sono piuttosto complicate, ora...

Mia8111: Grazie di cuore!

Ericka Larios: Purtroppo al male non c'è mai fine... E Albert, come dici tu, vive attraverso Candy, ora che ha scoperto che possono essere felici insieme.

Elizabeth: L'erba cattiva non muore mai, come si suol dire, oppure muore troppo tardi, dico io. Purtroppo, per ora, la ruota gira dalla parte dei Lagan...

SandraCastro: Tutti fanno il tifo per Candy e tutti sacrificherebbero qualcosa per vederla sorridere di nuovo: chissà che avvenga il miracolo! I Lagan sono solo da censurare, purtroppo...