Quarta parte: Memories
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare
E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te
(La cura - Franco Battiato)
Un nuovo inizio
Quella mattina c'era il sole, un sole così luminoso che accecava. Terence fu quasi tentato di guardarlo direttamente, poi si schermò con una mano e lasciò che i suoi raggi indugiassero sul viso filtrando tra le dita, riscaldandolo.
Il sole troppo forte può accecare, ma se ti lasci baciare dolcemente è una carezza gradevole.
Istintivamente pensò a Karen, che aveva la forza di un astro rovente ma lo scaldava a malapena. Non era assolutamente pronto a lasciar andare Candy, l'unico amore della sua vita, ma era appena uscito dall'ufficio del regista e stava cercando di dare una scossa al suo futuro.
Aveva promesso a Tarzan Tuttelentiggini che avrebbe lavorato a un film con sua madre per variare la sua carriera ed era più che determinato a farlo, anche se quel mondo non lo aveva mai attratto più di tanto. Amava il teatro proprio per il brivido del contatto diretto con il pubblico, l'immediatezza delle emozioni trasmesse e ricevute dalla platea, il margine di errore che doveva sempre essere ridotto al minimo. Il cinema gli sembrava tutto una mera finzione e, soprattutto, non aveva suoni.
Il regista gli stava parlando di nuovissime tecnologie che sarebbero state disponibili a breve e che avrebbero consentito non solo alla musica, ma anche ai dialoghi tra gli attori di essere ascoltati. Anche se ciò fosse accaduto si trattava sempre di una registrazione che si poteva ripetere anche decine di volte, prima di essere impressa su pellicola e che non aveva nulla della spontaneità e dell'adrenalina del teatro.
Sarà una nuova esperienza, una spinta alla mia carriera. Un modo per non pensare a te.
Entro un mese la tournée sarebbe terminata e Terence sarebbe dovuto tornare proprio a Pittsburg per cominciare le riprese, assieme a sua madre. Avrebbe avuto il copione e sarebbero stati finalmente vicini anche nel lavoro.
L'importante era mantenersi occupato e stare lontano dall'alcool, cosa che in quei tempi era altamente consigliabile. Fu tentato di scrivere un telegramma a Candy ma cercò di convincersi che non era il momento adatto: aveva iniziato a leggere i giornali solo per scoprire se il patriarca degli Ardlay avesse annunciato il proprio matrimonio con una ragazza che era stata la sua protetta, ma al momento non aveva visto neanche l'annuncio del fidanzamento.
William Albert Ardlay, che ti succede? Cosa aspetti a renderla felice?
Una parte di sé gli gridò che doveva andare a controllare e che magari c'era anche la possibilità di riprendersela: allora avrebbe mandato al diavolo tutto, anche la sua carriera, e l'avrebbe sposata lui.
Ma Candy non era un oggetto e, soprattutto, non era più innamorata di lui. Era stata piuttosto chiara sui suoi sentimenti, non poteva obbligarla ad amarlo.
Starei con te anche se non mi amassi.
No, non poteva abbassarsi a tanto, accontentarsi degli scarti come un cane. La donna che avesse avuto al fianco avrebbe dovuto amarlo totalmente, indiscriminatamente.
Come Karen...
Ammirava la sua forza e non riusciva a essere infastidito dal suo comportamento fermo, anzi, vi si affidava come un naufrago a un relitto. Ma non andava bene e lo aveva capito quella sera in cui stava per fare l'amore con lei chiamandola Candy. L'aveva ferita e da quel giorno il loro rapporto si era raffreddato, anche se lei non si era allontanata completamente.
Sarebbe mai stato in grado di aprire di nuovo il suo cuore, magari proprio a lei?
Ora, mentre sentiva il sole sul viso, Terence Graham decise che avrebbe fatto un passo alla volta, ma non sarebbe tornato mai indietro. Mai.
- § -
Candy entrò con circospezione in quella che le avevano detto essere la sua stanza. Quando era stato il momento di salire su quella lussuosa auto guidata da un gentiluomo che era al servizio del suo tutore legale, aveva avuto l'impulso di scappare.
Non voleva un tutore legale, non voleva attenzioni e non voleva intorno quell'infermiera antipatica. Diffidava di tutti, vedeva in ognuno il pericolo di essere costretta a ricordare. E tentare di ricordare le faceva male: non solo fisicamente, la stremava mentalmente, così si era rassegnata al suo limbo infelice ma rassicurante.
Le avevano detto che era orfana e non aveva altra famiglia se non la Ardlay, che era una delle più potenti del Paese, ma troppe cose non le tornavano.
Innanzitutto perché il patriarca era così giovane e l'aveva presa sotto la sua ala protettrice? Le aveva detto che aveva una zia che era l'attuale matriarca e che avrebbe vissuto con loro, ma come mai quel nipote non si era sposato? Nonostante non ricordasse nulla di lui e la sua presenza le inducesse quasi un senso di fastidio, non era certo diventata cieca: era un uomo molto bello ma, invece di farsi una famiglia sua, si dilettava ad adottare giovani donne come lei. Era l'unica o ce n'erano altre? Aveva secondi fini?
La testa le faceva già male per tutte quelle domande che non avrebbe mai posto, quindi seguì il consiglio del medico di non sforzarsi e sperava che anche il signor William sarebbe stato altrettanto ligio nel non farle pressioni. Per fortuna, non erano più rimasti soli e lui non l'aveva mai forzata raccontandole più del necessario.
Arrivati davanti al portone della villa, le avevano dato il benvenuto alcuni servitori, ma nessuna traccia della vecchia zia di cui le avevano parlato. Bene, non voleva vedere nessuno e rintanarsi di nuovo dentro quattro mura, chiudere gli occhi e dormire il più possibile.
Nel sonno, almeno, non avrebbe sofferto.
La stanza era molto lussuosa e grande ed era collegata a una seconda camera per Frannie. Candy storse la bocca quando la vide.
"Non ti piace?", le domandò dalla soglia il signor William.
"È troppo grande, ne vorrei una più piccola, per favore", disse senza vergogna.
"Candy, non ci troviamo in un albergo. Dovresti essere grata al signor Ardlay per quello che ti sta offrendo", intervenne Frannie mandandola su tutte le furie.
"Non l'ho chiesto io di venire qui!", esplose voltandosi a fronteggiarla. Dietro di lei, l'uomo biondo si schiarì la voce.
"Se preferisci puoi scambiare la tua stanza con quella della signorina Hamilton, che è un po' più piccola. Avrai comunque tutte le comodità anche lì".
"No, la prego, signor Ardlay, non potrei mai dormire in una camera come questa...", si lamentò l'infermiera, ma Candy si era già diretta verso la porta. Aprendola, aveva scoperto che non era molto più modesta di quella principale, ma sembrava più raccolta e, soprattutto, aveva un finestra più piccola.
"Questa andrà bene", dichiarò infischiandosene delle proteste di Frannie.
Alla fine, dopo una breve conversazione tra loro due, l'uomo le si avvicinò: "Candy, di qualunque cosa tu abbia bisogno ti prego di farmelo sapere. Ogni tuo desiderio sarà un ordine per me".
Lei lo squadrò dall'alto in basso: "Con quali scopi mi hai adottata, zio William?", non poté impedirsi di domandare, nonostante i buoni propositi. "Vuoi una concubina o ti faccio semplicemente pena perché sono orfana?".
"Candy...", ansimò Frannie portandosi una mano davanti alla bocca, evidentemente turbata da tanta maleducazione.
Non gliene importava nulla. Voleva sapere se era al sicuro e se l'avrebbero lasciata in pace. Quando fosse guarita fisicamente, non era nei suoi piani restare in quella grande casa. Temeva gli spazi aperti, ma odiava in maniera viscerale il lusso e la ricchezza che trasudavano da quelle pareti. Almeno la sua personalità aveva un minimo di punti fermi, pur se non ricordava un accidenti.
Il signor William la stava osservando di nuovo con quegli occhi chiari e profondi con cui l'aveva fissata appena sveglia. Non lo sopportò, perché era come se le leggesse dentro e se si struggesse al contempo.
"Ti ho adottata quando eri molto più giovane", disse con voce appena vibrante di... cosa? Rabbia? Tristezza? Esitò qualche istante come scegliendo le parole adatte a non dirle più dello stretto necessario: "Avevi avuto problemi con la tua prima famiglia adottiva e ho deciso di proteggerti. Non ho mai avuto secondi fini di quel genere e non devi avere paura di me. Non ti farei mai del male, né ti mancherei di rispetto".
Nelle sue ultime parole Candy poté sentire con chiarezza il dolore e una fitta alla testa la fece cadere di peso sul letto. Non sopportava il suo dolore, le dava la nausea, avrebbe osato dire che la terrorizzava.
C'era qualcosa, in quel dolore, che la colpiva nel profondo e che arrivava troppo vicino ai ricordi. Ricordi che non era sicura di poter affrontare.
"Candy, stai bene?". Odiò la sua voce preoccupata.
"Mi hanno detto che mi chiamo Candice", disse tra i denti. "Mi chiami così, signor William", concluse tornando formale.
L'infermiera le fu subito accanto per prenderle i segni vitali e la lasciò fare, perché aveva intimato all'uomo biondo di lasciarle sole. Tutto, pur di non dover più subire la sua presenza.
Quando la porta si chiuse, la pressione alla testa diminuì come d'incanto.
- § -
George vide William uscire dalla stanza di Candy e appoggiarsi alla porta facendo profondi respiri. Si avvicinò con discrezione, pronto a sostenerlo: "Cosa è successo? È sconvolto".
Lui lo guardò con la faccia stravolta ma si ricompose immediatamente e la sua voce fu abbastanza ferma quando rispose: "Penso che sarà impossibile per me abituarmi a vederla così. È un'altra persona, ho il sospetto che mi odi".
Avrebbe voluto rispondergli che si sbagliava, che la signorina Candy non lo odiava e che si sarebbe presto ricordata di lui e di tutto l'amore che li univa. Ma non avrebbe mai mentito in maniera così spudorata a William, tanto più che non avrebbe creduto neanche a mezza parola: "Deve avere molta pazienza. Anche se è terribile dirlo, dovrà farci l'abitudine, temo".
Lui deglutì, visibilmente preda di emozioni violente che tentava di contenere: George si chiese se la sua sofferenza avrebbe mai avuto fine. Ricordava di averlo visto così solo quando erano morti suo padre, Rosemary e il signorino Anthony, ma la rigida educazione cui era stato sottoposto e la lontananza dalla famiglia non gli avevano mai fatto capire appieno quanta sensibilità ci fosse dietro alla sua facciata fredda e controllata.
Certo, lo sospettava, specie quando gli parlava dei viaggi che voleva fare e dei sogni di libertà che aveva. Lo aveva visto estremamente commosso mentre seguiva di nascosto i funerali del povero Anthony e poi di Stair, ma allora aveva ancora una specie di scorza dura che gli impediva di mostrare ad altri i propri sentimenti.
La signorina Candy aveva tirato fuori il meglio di lui, spaccando finalmente l'armatura che lo circondava ma rendendolo così anche più vulnerabile. Poteva vedere come William cercasse di ripristinarla ogni giorno, ma falliva sempre più spesso e la dimostrazione era la perdita di controllo di qualche giorno addietro, nello studio: neanche da bambino aveva mai pianto così a lungo e in modo così disperato, tanto che George non aveva saputo fare altro che rimanergli accanto con una mano sulla spalla mentre si calmava da solo.
"Credo di non essermi scusato abbastanza per la scenata dell'altra sera, George", disse di punto in bianco come se gli leggesse nel pensiero.
"Non lo dica neanche per scherzo, signorino William. Non c'è nulla di cui debba scusarsi. Ma deve cercare di farsi forza, perché temo che gliene servirà parecchia. Per quello che vale, avrà sempre il mio totale appoggio e la mia discrezione", disse con una punta di emozione nella voce.
William gli concesse il fantasma di un sorriso di gratitudine e si ritenne soddisfatto di averlo un po' tranquillizzato. Se avesse potuto donargli la felicità su un piatto d'argento, lo avrebbe fatto sacrificando una parte della propria vita.
- § -
Eliza scoppiò a ridere, portandosi il dorso della mano con eleganza davanti alla bocca: "Oh, mamma, avresti dovuto vederla, quella sciocca!".
Non le disse che aveva spostato un chiodo di proposito, perché quel vigliacco di suo fratello non aveva avuto gli attributi per farlo. E non le disse che, cadendo, Candy le aveva ricordato i racconti che le avevano fatto di come Anthony fosse stato disarcionato dal proprio cavallo, anni prima.
Non le disse che aveva avuto paura e si era disperata perché temeva di aver perso la sua posizione privilegiata, specie davanti alla zia Elroy. E, ovviamente, le nascose il fatto che avesse dubitato di lei e di Neal. Omise anche la discussione con lo zio William, perché c'era altra carne al fuoco e non voleva che nemmeno sua madre sospettasse una vendetta.
Certo, il piano era stato così geniale che difficilmente avrebbero sospettato di loro e comunque era meglio non fidarsi di nessuno. Nemmeno dei propri genitori.
"Quindi ora quell'orfana è senza memoria, non è vero?", ribatté sua madre con un sorriso soddisfatto, mentre si sistemava i capelli e si spruzzava qualche goccia di profumo sul collo. Si stavano preparando per una festa di gala in uno dei loro alberghi e ci sarebbe stata un mucchio di gente interessante.
"Sì, pensa che non si ricordava neanche come si chiamava, da quanto ci ha detto la zia Elroy. Lo zio William sarà sconvolto!". E scoppiò di nuovo a ridere.
La donna si voltò a guardarla per un attimo, con aria preoccupata: "Tesoro, sei sicura che nessuno sospetti di te?", le domandò.
Eliza sentì i capelli rizzarsi sulla nuca e capì che le doveva una mezza verità: "Oh, hanno fatto delle indagini e la polizia ci ha rivolto alcune domande, ma era evidente che nessuno di noi c'entrava niente con la sbadataggine di quella contadina! La mia unica colpa è stata quella di sfidarla a cavalcare all'amazzone e questo non può essere considerato un crimine, giusto?".
Lesse il dubbio negli occhi di sua madre. Chiaro, limpido come il cielo della Florida quel giorno. Ma non vacillò e sostenne quello sguardo. Alla fine, le sorrise leggermente: ho capito, non c'è bisogno che lo dici ad alta voce, Eliza. Complimenti, sei riuscita nel tuo intento. Ma non dirlo mai ad anima viva, mi raccomando, specie a tuo padre. Quello le dicevano gli occhi.
"Bene", esordì dopo qualche istante, voltandosi di nuovo davanti allo specchio. "Chiamo Catherine perché venga a sistemarmi questo lavoro orribile che ha fatto e aiuti anche te. Dovrei licenziarla, quell'incapace!".
Oh, mamma, a breve potremo avere un esercito di servitori. Uno per ogni ciocca dei tuoi capelli e apriremo alberghi in tutto il mondo! Ancora qualche giorno, aspettiamo che la merce arrivi e che il meccanismo si metta in moto. Anche se alla fine trovassero un cavillo per rilasciare lo zio e Archie, cosa di cui dubito, il loro nome sarà rovinato in maniera indelebile.
Eliza si sentì onnipotente. Come aveva potuto dubitare di se stessa? La sua anima non era nera, risplendeva di una luce accecante di furbizia e ingegno, anche se aveva interpretato un'idea nata da Neil. Sperava solo che suo fratello non si facesse prendere troppo da stupidi sensi di colpa: quando aveva temuto per la vita di Candy era certa che l'avrebbe tradita.
Per fortuna non lo aveva fatto e si augurò che non lo facesse mai. Non le sarebbe piaciuto doversi occupare anche di lui.
- § -
Elroy Ardlay scese per la cena con un senso di fastidio, inquietudine e aspettativa. La poca servitù che avevano in casa sussurrava di una signorina Candy che aveva scambiato la propria stanza con quella dell'infermiera arrivata in casa per la riabilitazione. Qualcuno l'aveva udita mentre diceva che non voleva vivere lì. La sua fedele cameriera personale, infine, le aveva riferito di un William completamente sconvolto che a malapena riusciva a sopportare quella situazione del tutto nuova.
Ora, di certo, non stanno insieme a ridere e scherzare.
Quel periodo da incubo a Lakewood per fortuna era finito e Neil ed Eliza erano partiti senza che Raymond e sua madre li raggiungessero. Aveva tirato un sospiro di sollievo, sapendo che erano finite la prigionia, le visite della polizia e quella sensazione di amara inquietudine unita al dubbio che l'aveva colta.
Eliza si era rivelata premurosa come sempre e l'aveva persino accudita quando il suo mal di testa era divenuto insopportabile.
La mattina dopo che mi ha dato lei la medicina il mio mal di testa era peggiorato.
Un altro frammento di quella facciata si era sgretolato, ma Elroy aveva continuato a ignorarlo. Sua nipote non avrebbe osato darle una dose errata di medicinale, così come non si sarebbe sporcata le mani per modificare la ferratura di un cavallo.
Neil era molto nervoso, quando William li ha redarguiti. Tutto in lui sembrava accusare la sorella.
Candice non era morta, ma era un'altra persona e aveva bisogno di cure. E suo nipote, come tutore, aveva organizzato tutte le loro vite intorno a lei: però Elroy non l'avrebbe sopportato a lungo.
Non sapeva ancora come spiegare in pubblico la rottura del fidanzamento di Archibald con quella stupida della signorina Brighton, che aveva avuto l'ardire di andare direttamente a darle la notizia. Non avrebbe mai dimenticato come quella ragazzina, così timida e sprovveduta, le fosse apparsa decisa e consapevole della sua scelta.
"Mi sono resa conto che ci sono delle incompatibilità tra noi e io non potrei mai... essere la moglie ideale per Archie". Quella frase le suonò così sibillina che le aveva chiesto di che natura fossero tali incompatibilità, ma quando la ragazza era arrossita vistosamente aveva capito che c'erano ragioni legate ai sentimenti.
Non le aveva chiesto altro, se non la certezza di aver preso la decisione giusta. Le aveva dato dell'ingrata per aver rifiutato un partito come suo nipote e le aveva chiesto di allontanarsi quanto prima. Lei aveva risposto che lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà, ma poi era successo l'incidente e Annie aveva seguito Archie e gli altri a Chicago per stare accanto alla sorellastra.
Tutte e due dello stesso stampo, una più educata e l'altra selvatica, ma pur sempre due orfane che non saranno mai alla nostra altezza!
Mentre sedeva a tavola e scopriva di essere sola, pensò che nel giro di pochi giorni si era sbarazzata della possibilità che sia Candice che Annie facessero parte della famiglia Ardlay: non era male, anche se alcuni meccanismi dell'accaduto le risultavano ancora oscuri.
Non chiederti come, ma accetta le cose positive che il destino ti offre.
Mentre suonava il campanellino per chiamare la servitù, apparvero Albert e Candice quasi allo stesso momento e lei si ritrovò a trattenere il respiro. Lo sguardo che si erano lanciati era uguale e opposto: fermo ma sfuggente da un lato e colmo di qualcosa che sfiorava l'adorazione dall'altro.
Elroy si voltò, disgustata. Ecco un'altra cosa in comune tra quelle due trovatelle. Entrambe avevano, seppur per motivi diversi, deciso di non avere più nulla a che fare con i suoi meravigliosi nipoti.
Stupide ingrate. Ma peggio per voi e meglio per noi. Molto meglio.
"Dov'è la signorina Hamilton?", chiese per stemperare quella tensione che si tagliava col coltello. Candice l'aveva appena salutata con un cenno della testa sedendosi il più lontano possibile da entrambi.
Bene, molto bene.
"Ha preferito rimanere in camera sua a cenare. Ma non dovresti prima chiedere alla nostra Candy come si sente, visto che è tornata solo oggi dall'ospedale?". Spostò gli occhi su William e vide che erano di ghiaccio e fuoco al contempo.
Cosa si aspettava da lei? Che l'accogliesse a braccia aperte e che le facesse sentire un affetto che non aveva mai provato solo per aiutarla nella sua riabilitazione mentale?
"Da quello che posso vedere, fisicamente è solo un po' dimagrita. In realtà sei tu quello che mi preoccupa: se gli occhi non mi ingannano, hai perso molto più peso di lei", dichiarò mentre un servitore le versava il vino.
"Io sto benissimo, zia. Ero solo molto preoccupato. Candy...".
"Le ho chiesto di chiamarmi Candice!", sbottò lei d'improvviso, alzandosi in piedi e portandosi una mano alla testa come se le dolesse. "E non parlate come se io non ci fossi. Starei bene se solo non vi occupaste di me!".
"Ma come osi...", cominciò, poi incontrò gli occhi di lei e ne rimase sconvolta.
Ricordava Candice come una ragazza scapestrata, ma con lo sguardo sempre luminoso al punto da irritarla con la sua arrogante spensieratezza. Ora, in quello sguardo le parve di vedere sua nipote Eliza quando parlava di lei.
E pensava di aver visto il ghiaccio in quello di William: in Candice c'erano due iceberg.
"Can... Candice, ti prego di scusarmi, mi sono sbagliato. Siediti e mangia con noi, per favore".
Una cameriera servì loro la portata principale e chiese se qualcuno gradiva del pane. Elroy scosse la testa e vide suo nipote fare lo stesso.
"Dovresti mangiare di più, William. Sei l'ombra di te stesso da quando...", le bastò un'occhiata di lui per tacere. Si morse la lingua solo per amor suo e per non farlo arrabbiare di più, ma era bastato qualche minuto a tavola con quella ragazza per farle venire il desiderio di buttarla fuori da casa e rispedirla col primo treno alla sua Casa di Pony.
Mangiarono per un po' in silenzio, gli unici rumori che si udivano erano quelli delle posate sui piatti. Non le sfuggirono gli sguardi che suo nipote lanciava a Candice di sottecchi. Ormai era chiaro come il sole quanto tenesse a lei, Elroy dubitava che si trattasse di semplice amore fraterno o filiale.
Che Dio l'assistesse, il suo ragazzo era innamorato di quella Candice, come lo era stato il suo povero Anthony.
D'un tratto, lei si alzò, lasciando il piatto a metà: "Ho finito, mi ritiro nella mia stanza. Qui... è troppo grande". Sembrava avere il fiatone e William si allarmò immediatamente. Le si avvicinò ma sembrò trattenersi all'ultimo istante.
"Vuoi che ti accompagni o che chiami la tua infermiera?", le chiese con un finto tono distaccato.
Candice sembrava combattuta: si vedeva che aveva bisogno di aiuto, Dio solo sapeva per quale arcano motivo, ma non osava farsi avvicinare da William. Nonostante la perdita di memoria e le criticità caratteriali che le aveva riferito lui, stentava a credere che quella fosse la stessa ragazza di qualche settimana prima.
È come se la vera Candice fosse morta davvero e questo fosse un suo surrogato malvagio.
In quel momento tornò la cameriera con una brocca d'acqua e lei disse: "Ti chiedo scusa, potresti accompagnarmi nella mia stanza? Ho... bisogno di aiuto".
Sembrava che quella richiesta le fosse costata molto, ma stava sudando copiosamente e pareva in preda al panico. La cameriera la fissò per un attimo come a chiederle se poteva assecondare quella richiesta bizzarra e Elroy annuì. Tutto, pur di non averla più davanti.
È perché la odio o perché non sopporto di vederla così cambiata? Che sciocchezza, l'importante è che stia lontana da William. Di lei non mi interessa nulla. Può sparire dalla faccia delle Terra per quanto mi riguarda.
"William, siediti e cena con me", ordinò senza esitare, vedendolo pallido e ancora in piedi.
"Mi dispiace, zia, non ho più fame. E ho delle faccende da sistemare in ufficio", rispose posando il tovagliolo che stava ancora stringendo in una mano.
"A quest'ora?", protestò non mangiando la foglia.
"Mi dispiace. Buona cena, zia", si accomiatò senza aggiungere altro.
Elroy sbatté un pugno sul tavolo, facendo tintinnare l'argenteria. Per un attimo, si chiese perché Candice non fosse semplicemente morta invece di tornare a rovinare le loro vite.
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COMUNICAZIONE IMPORTANTE: Per tutto il mese di Giugno, per la gioia di coloro che avranno ancora il fegato... il coraggio... l'ardire... insomma, che vorranno ancora seguirmi, l'aggiornamento sarà doppio! Venerdì e Martedì salvo contrattempi dell'ultimo minuto. Enjoy! (?).
Angolo dei commenti:
Sandra Castro: Sono d'accordo con te, le cose stanno andando davvero male per Candy che non è più Candy... e anche Albert non è più Albert! Insomma, un vero disastro dove solo i Lagan sembrano avere la meglio. E non hanno ancora finito di fare danno, a quanto sembra...
Guest: Wow, quante domande! Sono felice, vuol dire che ho catturato il tuo interesse! Davvero hai immaginato che Candy potesse perdere la memoria? Siamo proprio sintonizzate allora XD Vediamo come posso rispondere alle tue domande senza fare spoiler... certo, con Candy senza memoria tutto ricomincia in maniera MOLTO diversa da prima e non possiamo sapere se si fiderà e di chi, né se il suo cuore tornerà ad Albert o meno. Le reazioni di Albert, al momento, indicano quanto sia prostrato da questa ennesima prova e di certo per lui non è facile affrontarla, anche se ha spalle larghe. In tutto questo che farà Terry? Starà a guardare o tenterà di rivalersi? Per parafrasare una nostra bella canzone italiana 'lo scopriremo solo leggendo...'.
Elizabeth: I Lagan al momento sono davvero quelli che hanno il coltello dalla parte del manico e ancora non hanno finito di maneggiarlo con fendenti mortali! Quanto Albert possa sopportare tanta tensione è difficile dirlo, anche l'uomo più forte sotto a tanta pressione può crollare e ne è dimostrazione la sua reazione estrema nello studio con George. Mi chiedi se potrebbe avere una sorta di squilibrio emozionale come quando ha perso la memoria lui? Chi può dirlo, all'epoca perlomeno aveva Candy al suo fianco, ora la sua lotta è quasi solitaria...
Elbroche: Che rabbia i Lagan, vero? A volte ho l'impulso di cacciarli io stessa a calci dalla mia storia, ma per ora non ne vogliono sapere XD
Guest 2: Ho voluto descrivere il lato umano di Albert, che di base è un uomo forte e incrollabile ma non è certo invincibile e ha le sue debolezze. Lo stanno mettendo davvero a dura prova...
