Anime imprigionate

Archie sedette su quello che avevano avuto il coraggio di chiamare letto e ringraziò mentalmente il Cielo che almeno, grazie alla loro posizione e a un cospicuo pagamento, potessero godere di celle singole e persino contigue in un'ala quasi del tutto deserta. Mentre veniva scortato lungo il corridoio assieme ad Albert, aveva visto solo un paio di poveri diavoli così anziani che dubitava persino respirassero ancora.

Il puzzo però era insopportabile e non credeva dipendesse solo dal water, che stava praticamente in bella mostra in un angolo accanto al "letto". Si respirava il fetore dell'umidità, della sporcizia e della disperazione.

Lui stesso era disperato: aveva perso Annie e l'ultimo barlume di speranza di riaverla se n'era andato al diavolo con quella follia che gli stava accadendo. Aveva scoccato un'occhiata ad Albert e aveva capito subito che non stava meglio di lui. La preoccupazione per Candy l'aveva letteralmente devastato. Del vecchio ragazzo vagabondo o del compìto zio William non rimaneva praticamente nulla.

Il peso che aveva recuperato quando lei era uscita dall'ospedale sembrava averlo di nuovo abbondantemente perso e profonde occhiaie gli segnavano gli occhi spenti. Se non fosse stato per i capelli ancora biondi, lo avrebbe scambiato per un vecchio con almeno gli anni di quelli che si trovavano nelle celle attigue. Magari a breve sarebbero ingrigiti anche quelli.

Nonostante soffrisse le pene dell'inferno, Archie capì che Albert era arrivato a un limite tale che stava rischiando la sua vita stessa. Stare con una Candy che non era più Candy gli aveva come tolto una parte di vita. Ora che neanche poteva vederla, temeva che si sarebbe semplicemente lasciato morire. Lui almeno aveva ancora una luce, fievole ma accesa, in fondo al tunnel.

"Annie", mormorò portandosi le mani al viso.

Sperava solo che gli avvocati della famiglia Ardlay venissero a capo di quella situazione e li tirassero al più presto fuori da quel letamaio. Il meglio che poteva accadere era prendersi i pidocchi o altri parassiti. Se non fossero morti di peste prima.

"Ehi, Albert, come va da quelle parti? Cinque stelle anche tu?", esordì cercando di tirare su lo spirito di entrambi. In realtà voleva solo urlare di farli uscire di lì finché non avesse finito il fiato.

"Direi che ci fermiamo a quattro", ribatté lui con voce atona. Anche la sua ironia se n'era andata a farsi benedire.

"Andrà tutto bene", disse poi dandosi dell'idiota solo per aver pensato di esprimere un concetto così banale. Il problema era che doveva crederci, o sarebbe impazzito.

"Certo", rispose laconico Albert. Udì il rumore delle molle del materasso e capì che doveva essersi seduto o sdraiato.

"Albert?", lo chiamò, improvvisamente allarmato.

"Mh?".

Avevo ragione, lo stiamo perdendo. Albert ha i nervi a pezzi. Non uscirà vivo di qui. Se usciremo.

"Non mollare, amico", aggiunse con voce tremante. Lui non gli rispose: doveva essersi addormentato.

- § -

"Questo è inconcepibile!", disse George ad alta voce, contravvenendo di nuovo alla sua regola ferrea di non perdere mai il controllo. Se avesse potuto, avrebbe sbattuto un pugno sulla scrivania.

"Signor Villers, la prego di rimanere tranquillo e di lasciar parlare i vostri avvocati, se non vuole peggiorare la situazione".

Era esterrefatto. La Scott Corporation era sempre stata la punta di diamante tra le imprese edili gestite dalla famiglia e non aveva mai dato problemi. La fornitura di whisky che ogni anno veniva loro inviata era stata prontamente bloccata in virtù delle nuove leggi. Erano persone oneste, che amavano i distillati scozzesi ma lavoravano sodo e gli Ardlay avevano sempre provveduto a mandare loro tutti i materiali migliori, quando servivano, direttamente dall'America. Ora era venuto fuori che mancava persino la lista dei materiali dalla bolla principale.

Come diavolo è potuto succedere? Quei maledetti documenti li ho fatti firmare a William come al solito e non c'era nulla di anomalo.

Non potendo sapere altro e volendo contattare immediatamente gli avvocati, George uscì dalla centrale di polizia con le poche informazioni che aveva. Guidò a velocità sostenuta, sfiorando per un pelo i limiti consentiti e, appena entrato in casa, venne immediatamente intercettato dalla signora Elroy.

Era pallida, ma sembrava di nuovo padrona di se stessa: "Cosa sta succedendo, per l'amor di Dio?", chiese con voce bassa e gelida.

George voleva solo raggiungere l'ufficio e il telefono il prima possibile ma si costrinse a rispondere con educazione alla matriarca: "Pare che i signori William e Archibald siano accusati di aver commerciato whisky scozzese con Londra. Una delle nostre ditte edili ne ha ricevute due casse".

La donna aprì la bocca e si portò una mano alle labbra, come se avesse accusato il colpo o se sapesse qualcosa. George la guardò con circospezione, sperando che gli parlasse. Poteva chiederle lumi e risultare quantomeno sconveniente, quando non era certo neanche lui di aver visto quello che credeva?

Eppure, nel lampo che attraversò gli occhi rugosi della donna, riconobbe la comprensione.

Me lo sarò immaginato, non sono molto lucido.

"Questo non è possibile", dichiarò lei voltandogli le spalle e togliendogli ogni possibilità di scrutarne meglio l'espressione.

"È proprio quello che penso anche io, per questo sto andando in ufficio a chiamare i nostri avvocati e a verificare i documenti".

Devo anche avvisare la signorina Brighton, l'ho promesso ad Archibald.

"Vai e ti prego, fai tutto quello che è necessario. I miei nipoti non devono stare un minuto di più in prigione. Oh, se si venisse a sapere!", la poveretta cominciò a singhiozzare e George fece cenno a una cameriera, che aveva timidamente fatto capolino, di occuparsi della signora.

Quando finalmente fu solo, si precipitò in ufficio, pregando tutti i santi del Paradiso e i membri della famiglia che non erano più tra loro di aiutarlo in quel compito ingrato.

- § -

Candy si pettinava i capelli con un gesto meccanico. Voleva punire l'uomo biondo e l'aveva fatto, anche se quello sfacciato aveva avuto l'ardire di schiaffeggiarla: lei, una donna! Ma, soprattutto, voleva sapere se davvero poteva fidarsi delle sue buone intenzioni.

Lo aveva baciato solo per quel motivo, no? Certo non ne aveva altri. Non il desiderio di sentire che sapore avessero le sue labbra.

Speziato.

Non la conferma che il sogno che l'aveva fatta stare tanto male fosse solo frutto della sua fantasia.

Un ragazzo biondo di spalle, su un cavallo. Si gira a guardarmi e ha il volto di quello che dovrebbe essere il mio patrigno. Cado e sento lo stomaco rivoltarsi.

Quello che l'aveva sconvolta era stata la sensazione di pace che l'aveva invasa nel fissare i suoi occhi azzurri nel sogno. Non era così che si sentiva in sua presenza.

"Ho sempre pensato che i codoni che portavi fossero di pessimo gusto. Devo dire che questa pettinatura ti sta molto meglio", disse Frannie entrando nella stanza.

Ormai quel lato del suo passato era venuto al pettine come i nodi che cercava di sciogliere in quel momento: era stata una collega di quella ragazza così arcigna. Non voleva sapere altro, le bastava quello per sentirsi disgustata. E spaventata.

Cos'è che mi spaventa?

"Non mi interessa il tuo parere, infermiera Frannie". Gettò via la spazzola con malagrazia, appoggiandosi alla sedia. "Perché non mi dai un po' di quella medicina che mi fa dormire? Voglio rimettermi a letto".

La udì sospirare e camminare nella stanza con passi misurati. Le si accostò e vide la sua immagine riflessa nella specchiera: i loro sguardi s'incontrarono e Candy le restituì un'occhiata gelida che rivaleggiava con la sua.

"Voglio parlare chiaro con te, Candice. Ti sarai accorta che ho omesso fin dal primo giorno di trattarti come una signorina o una paziente speciale, per esempio dandoti del lei. Non sono solita a queste confidenze, ma mi è stato chiesto espressamente dal tuo neurologo e anche dallo psichiatra che ora ti ha presa in cura".

Candy si alzò, nervosa e arrabbiata: "Evadi sempre le richieste in questo modo con gli altri pazienti?", chiese stizzita, sedendosi sul letto e massaggiandosi le tempie.

Lei ignorò le sue parole e continuò il suo odioso monologo: "E sai perché me lo hanno chiesto? Perché era un esperimento".

Alzò gli occhi per incontrare di nuovo quelle lenti dietro le quali celava lo sguardo perennemente serio: "Sono diventata una specie di cavia da laboratorio adesso? Ho già detto che voglio morire e non voglio ricordare nulla!", si ostinò.

"Questi tuoi... capricci", proseguì lei ricominciando a camminare e dandole ancor più sui nervi, "non nascondono del tutto la tua indole originale. A un osservatore esterno e anche al signor Ardlay puoi sembrare una donna completamente diversa, ma la verità è un'altra. Dimmi una cosa, perché non mi hai chiesto di trattarti con più rispetto e distacco?".

"Cosa vuoi che mi importi se mi si dà del tu o del lei?! Non sono questi i miei problemi, sappilo!".

"Invece ti dico che c'è un altro motivo: fa parte della vecchia Candy che tu odi tanto e che preferisci uccidere. Quella Candy non amava le formalità e preferiva le persone semplici".

"Mi chiamo Candice!", gridò sentendo il viso avvampare.

Frannie alzò le braccia, in segno di resa: "Certo, chiamati come vuoi. Se non fosse stato per il signor William e per tutti gli altri non sapresti neanche come farlo. Potresti mostrare perlomeno un po' di riconoscenza".

Candy rise, maliziosa: "Se ti piace tanto il caro William, perché non te lo sposi?".

Era un lieve rossore quello che colorava le guance della ragazza-iceberg davanti a lei? Forse aveva colto nel segno...

"Non dire sciocchezze, io sono qui per lavorare. Ho eseguito le indicazioni dei medici e l'unico errore che ho commesso è stato ricordarti che eri un'infermiera nella tua vita precedente. A breve non avrai più bisogno di me, comunque: fisicamente ti sei ristabilita abbastanza, anche se avresti bisogno di uscire e prendere aria".

Candy si alzò dal letto con uno scatto di nervi improvviso. Le si avvicinò fino a stare a un palmo dal suo naso: "Sarò molto felice quando te ne andrai! Così potrò rimanere sola e fare tutto ciò che voglio. Compreso suicidarmi".

"Bene, perdonami, questo è il mio secondo errore".

"Cos...?".

Un altro schiaffo. Molto più forte di quello che le aveva affibbiato William. Candy ricadde di peso sul letto, gridando frustrata e pronta a restituire il ceffone.

Frannie la placcò per i polsi ed ebbe un dejà-vu.

"Ascoltami bene, Candice Ardlay", disse l'infermiera trattenendola ma senza che il tono risentisse della fatica, "finché io sarò in questa casa tu non ripeterai mai più quella parola. E, soprattutto, imparerai il significato del termine 'gratitudine', che ad ora ti è sconosciuto".

"Non darmi ordini!", gridò dimenandosi e desiderando solo colpirla. "Tu hai la tua bella vita e il tuo gradito lavoro, non sei stata in coma per chissà quanto, perdendo il tuo passato!".

"Se così fosse, desidererei solo ricordarlo, quel passato! Non trascorrerei il mio tempo rifiutando ogni cura e lasciandomi morire!", ora aveva alzato la voce anche lei.

"IO NON VOGLIO RICORDARE LA MORTE!", gridò con quanto fiato aveva in gola. Poi fu buio.

- § -

Annie fu catapultata fuori dal sogno che stava facendo e che, appena aperti gli occhi, scomparve dalla sua mente come cancellato: ricordava solo che c'era Archie che stava dividendo con lei un dolce.

Aveva udito chiaramente lo squillo del telefono, in lontananza.

Saltò a sedere sul letto come una molla, cercando di udire rumori e voci nelle altre stanze della casa. Per un attimo, le parve di tornare bambina, quando si svegliava in piena notte e andava a dormire accanto a Candy perché aveva avuto un incubo.

Candy...

Il terrore l'artigliò all'improvviso e si ritrovò a stringere in modo convulso la coperta tra le dita. Senza indugi ulteriori, accese la lampada, scese dal letto e andò all'armadio per cercare una vestaglia: in quel momento, sua madre bussò alla porta e l'aprì quasi senza attendere la sua risposta.

La vestaglia le cadde a terra, mentre Annie si portava le mani alla bocca: "Mamma, che è successo?! È... Candy?", chiese tremando nella camicia da notte leggera e non per il freddo.

La donna le fu subito accanto e le posò le mani sulle spalle: "Chiamano dall'ospedale, vogliono parlare con te".

Annie non riusciva a impedire al proprio corpo di scuotersi in forti spasmi, ma cercò dentro di sé la forza che aveva trovato in altre occasioni nell'ultimo periodo.

"Accompagnami in biblioteca, prendo la telefonata da lì". Non era sicura di riuscire ad arrivare lì da sola e si lasciò aiutare da sua madre a indossare la vestaglia.

"Annie, capisco che tu sia affezionata a Candy, ma lei ha già la sua famiglia e non credo che tu...".

"Mamma", il tono era più duro di quello che avrebbe desiderato,"in passato ti ho dato retta, ma ora non voglio più rinunciare a stare accanto a quella che è stata come una sorella per me! Ho già rischiato di perderla una volta e se ha bisogno di me, io ci sarò".

Si chiuse la cinta della vestaglia con le mani gelide, mentre la donna si irrigidiva e faceva un passo indietro. Non le piaceva litigare con sua madre che l'aveva adottata, cresciuta e amata, ma non sopportava più quello che l'aveva indotta a fare in passato. Rinnegare le proprie origini, rinnegare Candy. E in nome di cosa? La storia con Archie era finita comunque. E, nel suo cuore, stava già ridimensionando i sentimenti negativi che aveva nutrito nei suoi confronti quando aveva saputo che era lei il motivo per cui il suo fidanzato era così confuso. D'altronde, non era sempre stato così? Di chi era la colpa se erano rimasti insieme per così tanto tempo nonostante Annie sapesse, o almeno sospettasse, che il suo cuore non fosse libero?

Sentiva la presenza della madre al suo fianco mentre, riprendendo una parvenza di controllo, entrava in biblioteca e prendeva la linea.

"Signorina Annie?", la voce era quella di George.

Strinse la cornetta così forte che sentì le dita scrocchiare e il sudore viscido coprirle il palmo: "Cosa è successo?".

"Sarei venuto da lei domattina per parlarle, ma la signorina Candy ha avuto un collasso e l'abbiamo portata in ospedale. I medici vogliono che qualcuno della famiglia stia vicino a lei quando tornerà a casa".

Nella mente di Annie si accalcarono domande confuse e si portò una mano al viso cercando di capire quale fare per prima: perché dovevi venire da me domattina? Come mai Candy ha avuto un collasso? Se torna a casa vuol dire che sta meglio? Ma, soprattutto, non c'è Albert a casa con lei?

"Arrivo subito", disse invece in modo sintetico, preparandosi a un'altra discussione con sua madre.

- § -

Il mal di testa era diventato intollerabile ed Elroy si chiese, ancora una volta, cosa diavolo stesse facendo lì, ma soprattutto cosa avesse fatto di male perché la disgrazia si abbattesse così sulla sua famiglia.

È cominciato tutto per colpa di Candice, come al solito!

Mise a tacere la voce interiore che cercava di gridare che no, era stato nel momento in cui aveva deciso di invitare Eliza e Neil a Lakewood che le cose erano precipitate: se quell'orfana non fosse esistita, d'altronde, non sarebbe successo niente...

...non avrebbero fatto niente contro di lei.

Ma c'era un'altra voce, ancora più in profondità nel suo essere, che non aveva ancora portato a livello conscio. Era come un solletico insolente e fastidioso in un punto imprecisato della schiena dove non riusciva ad arrivare. E dove non voleva neanche avvicinarsi.

"Dunque, mi pare che non siate gli stessi familiari che ho avuto modo d'incontrare quando la signorina è uscita dall'ospedale", stava dicendo il dottor Leonard guardando quel gruppo che ai suoi occhi doveva apparire come stranamente assortito.

Elroy scoccò un'occhiata in tralice a George, che ebbe cura di spiegare che era il braccio destro del signor William e che lui e il signorino Cornwell si trovavano in viaggio di lavoro. Colse lo sguardo di Annie Brighton e capì che non aveva creduto a una singola parola. Evidentemente il signor Villers non aveva ancora avuto modo di parlarle dell'arresto: in realtà, non avrebbe neanche dovuto saperlo visto che non era più la fidanzata di Archibald e meno gente fosse venuta a conoscenza di quell'inghippo, meglio sarebbe stato per tutti.

Perché era solo un problema momentaneo. I suoi nipoti erano innocenti e chiunque li avesse incastrati con l'inganno...

William cala una mano ferma sulla spalla di Eliza, chiedendole di chiamarla solo zio, poi afferra Neil e lo appoggia violentemente al muro

...l'avrebbe pagata.

La donna vide dei punti neri danzarle davanti agli occhi e sbatté le palpebre per scacciarli come quel ricordo.

"Fisicamente la signorina Candice ha ripreso peso e una certa tonicità della muscolatura, ma ha bisogno di uscire e, soprattutto, di cominciare a venire a patti con il suo passato. La signorina Hamilton ci ha riferito degli episodi...", il medico si schiarì la gola, sembrava a disagio.

Elroy inarcò un sopracciglio: si riferiva forse alla sua strana richiesta di essere servita nella sua stanza perché non sopportava la presenza degli altri? O a quel taglio di capelli che, per quanto inadeguato, doveva dire fosse estremamente più gradevole rispetto a quelle code orribili che aveva sempre portato?

"Gli episodi di cui parla il mio collega sono riferibili a piccoli errori da parte di terze persone che, involontariamente, hanno riportato a livello inconscio nella signorina Candy ricordi del passato", era stato il dottor Murray a parlare, "ma forse il mio collega potrà spiegarvi meglio nel dettaglio".

Quella conversazione stava diventando surreale e noiosa: cosa stavano facendo lì, a parlare di Candice, in piena notte, invece che a casa ad occuparsi di far uscire di galera i suoi nipoti? E perché, in nome di Dio, come unica rappresentante della famiglia presente aveva dovuto presenziare al ricovero della protetta di William?

"Sono il dottor Carter, psichiatra di Candice: cercherò di essere breve, così che possiate riportare la paziente a casa, ma avere tutte le delucidazioni del caso. Signorina Brighton, lei sarà presente assieme al signor Villers?".

"Certo", rispose lei con decisione, facendole alzare gli occhi al soffitto. Come se non avesse già abbastanza persone sgradite a ronzarle attorno in casa sua.

"Bene, inizialmente ho chiesto all'infermiera Hamilton di dare a Candice del tu come se si conoscessero da sempre, cercando di cogliere eventuali segnali di sofferenza. Non avendone colti, questa sera, come da accordi presi con me, ha riferito alla sua ex collega qualche dettaglio sulla sua indole prima dell'incidente, rivelandole che era una persona alla quale non interessavano particolarmente le apparenze. Tuttavia, prima di questo evento che l'ha scossa al punto da provocarle un collasso, se ne sono verificati altri: la stessa signorina Hamilton è caduta in errore parlandole del suo passato da infermiera e, prima ancora, una cameriera le ha confessato dettagli sulla pettinatura che ha sempre amato portare. Ciò ha portato a crisi di nervi e accentuato il nervosismo della signorina, inclusi gli istinti suicidi che ha mostrato di avere più di una volta".

"Istinti suicidi!", la signora Elroy pensò che sarebbe svenuta: che razza di mostro aveva sotto al suo stesso tetto? Se avesse fatto qualche sciocchezza avrebbero accusato lei o la sua famiglia di esserne la colpevole?

Non voglio più la responsabilità di quella ragazza sulle spalle!

"Sì, signora, nonché timore degli spazi aperti. Insomma, in parole povere se forziamo troppo la mano per farle ritrovare la memoria rischiamo di farla regredire a uno stato di coma, ma se l'assecondiamo eccessivamente rischiamo che queste sindromi potenzialmente letali causino danni ancora peggiori. Per questo ho tentato con l'ipnosi per aiutarla, ma ci vuole una certa gradualità".

Mentre tutti sembravano pendere dalle labbra dell'uomo, Elroy si alzò e disse con decisione: "Mi rifiuto di riportare in casa mia un soggetto così a rischio. Non voglio alcuna responsabilità del genere, ricoveratela in una struttura adeguata dove possa essere controllata a vista e non se ne parli più!". Si voltò, decisa ad andarsene e mettere finalmente un punto a quella storia, per occuparsi solo dell'unico problema che avesse in quel momento.

"Se lo facessimo segneremmo comunque la sua fine, signora Ardlay", era un tono tagliente, quello che colse nella voce del medico?

"Cosa vuole dire?", domandò Annie, visibilmente spaventata.

"Che ha bisogno di recuperare la memoria avendo vicino le persone che la amano, o perlomeno accettare di avere un passato. Se non lo fa non ritroverà mai la voglia di vivere".

Seguì un silenzio pesante e la matriarca cominciò a pensare che, a breve, sarebbe stata lei a essere ricoverata per un attacco di cuore. Non poteva sostenere tanto. Era troppo. Sedette, portandosi una mano alla testa e George le fu subito accanto: "Signora Elroy?", il tono era preoccupato.

La donna alzò una mano, agitandola leggermente per segnalare che stava bene ma aveva bisogno di un momento. Alzò gli occhi e vide che tutti stavano guardando lei, come in attesa di una risposta.

Dopotutto, forse ancora un po' di autorità mi è rimasta!

Raddrizzò le spalle e si schiarì la voce: "Se Candice deve tornare a casa voglio che, oltre alla sua infermiera, sia presente anche il dottor Carter".

I medici si guardarono tra loro: "Signora Ardlay, con tutto il rispetto: la signorina Frannie Hamilton è una delle nostre migliori infermiere e non possiamo più tenerla a tempo indeterminato fuori dall'ospedale", disse il dottor Leonard. "Lo stesso discorso vale per il mio collega, il dottor Carter. Non ci possiamo permettere...".

"Immagino che si ricordi che la famiglia Ardlay vi elargisce generosi fondi da anni, dottor Leonard". Fece una breve pausa, perché le parole arrivassero all'uomo in tutto il loro significato. "E immagino quindi che possiate permettervi validi sostituti che possano sopperire a questa mancanza. Se devo tenere in casa una donna con i gravi problemi di Candice, voglio essere sicura che sia seguita come se fosse in una struttura dedicata. Con i miei nipoti lontani devo occuparmi di tutte le faccende principali, assieme al signor Villers, quindi non potrò prestarle molta attenzione".

Il dottore chiuse gli occhi e sospirò, poi si scambiò delle occhiate con i suoi colleghi, che annuirono.

"Sta bene, signora Ardlay. Faremo gli ultimi controlli a Candice e potrete andare a casa".

Elroy pensò che i giorni peggiori dovevano ancora venire.

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Angolo dei commenti:

Ericka Larios: Alla fine i Lagan non solo sono riusciti a danneggiare Albert ma persino Archie! Sembra davvero che siano in posizione di vantaggio... E, come dici tu, in tutto questo c'è Candy che ha nella mente strani meccanismi che ancora non comprendiamo bene, ma si spera saranno approfonditi grazie ai medici: le ipotesi sono tante e possono includere anche quelle citate da te! Terry è confuso, sta uscendo da una situazione difficile e Karen è stata la sua unica salvezza, fino ad ora, non lo giudicherei troppo... d'altronde è stata lei in qualche modo a convincerlo. Grazie di cuore, un abbraccio!

Charlotte: Carissima, volevo dare un po' di tregua almeno a Terence, per fargli capire che esiste altro oltre Candy nella sua vita e Karen è stata davvero la sola che gli sia stata accanto nei momenti più difficili. Mi spiace averti fatto piangere! Anche ha me ha fatto male far arrestare Albert (e non scordiamoci il povero Archie!), ma le macchinazioni dei Lagan era a questo che miravano... e per ora ci sono riusciti! Più che sulle montagne russe, al momento siamo in una specie di tunnel dell'orrore! XD Grazie di cuore a te per le tue parole e per seguirmi lungo questo lungo, lungo cammino!

Sandra Castro: Ebbene sì, i Lagan sono riusciti a mettere fuori gioco, in un colpo solo, sia Albert che Archie e il nostro povero biondo parte anche svantaggiato per il problema di Candy! A questo punto l'unica speranza è davvero George, che dovrà avere a che fare con leggi e avvocati per venire a capo di questo grosso inghippo, e al più presto! In tutto ciò, l'unico che sembra vedere la luce è Terry, che finalmente pare arrendersi a un sentimento nuovo, seppure ancora molto confuso, che germoglia nel suo cuore. Grazie a voi per il vostro sostegno, un grosso abbraccio!

Elizabeth: Mi piaceva l'idea di accostare a Terry qualcuna che potesse tenergli testa, anche se per ora i due sono diventati solo amanti: evolverà il rapporto tra loro o Terence rimarrà ancorato sempre al ricordo di Candy? E, nel frattempo, purtroppo il meccanismo diabolico dei Lagan ha portato allo scenario peggiore: l'arresto di Albert e persino di Archie! La zia ancora non è convinta che dietro a tutto possano esserci i suoi adorati nipoti, chissà se parlerà dei suoi sospetti o se si convincerà che è tutta una coincidenza! Un abbraccio, alla prossima!