Prove di coraggio

Frannie si slegò i capelli e lasciò che il vento leggero li accarezzasse. Si tolse anche gli occhiali e li ripose nella tasca della vestaglia.

Sperava di poter finalmente uscire da quella casa, ma la famiglia Ardlay aveva deciso diversamente ed eccola di nuovo lì, in quella stanza troppo grande per lei, con Candy alla porta accanto. Si era scusata con i medici per essere caduta in errore lasciandosi sfuggire un dettaglio che non avrebbe dovuto uscirle di bocca e poi aveva anche confessato loro di averla schiaffeggiata, quando la paziente si era messa a insistere sul desiderio di morire.

"È per questo che abbiamo assecondato la richiesta del signor Ardlay, quando le ha domandato espressamente di occuparsi della signorina Candice: lei è un'ottima infermiera e anche se cade in errore riesce a recuperare in modo brillante. Come medico condanno sempre la violenza, ma quando si verifica una crisi isterica non è raro che le persone più vicine al paziente reagiscano in maniera ferma, come ha fatto lei. Si vede che è stata sua collega e tiene a lei". Le ultime parole del dottor Murray l'avevano fatta sorridere.

Io tenere a Candy.

Sorrise di nuovo di se stessa, pensando che con Candy non era mai andata d'accordo quando era felice e spensierata e non ci sarebbe andata neanche ora che non aveva memoria.

Ma il suo cuore, in quel momento, era stretto in una morsa se ripensava al signor Ardlay e a quello che era accaduto: la signora Elroy si era raccomandata con lei e con tutta la servitù di tenere la bocca chiusa, ma Frannie era certa che la notizia dell'arresto di due membri di un clan così importante difficilmente sarebbe rimasta nell'ombra.

Da parte sua, poteva solo rivedere il suo sguardo duro e vagamente disperato, i suoi occhi di ghiaccio mentre usciva di casa ammanettato con una dignità che nessun uomo in stato d'arresto avrebbe mai mostrato.

William... Albert...

Non sapeva quando o come, ma si era innamorata di lui come un'adolescente sciocca e romantica. L'adone biondo e con gli occhi azzurri l'aveva stregata e non si capacitava di come Candy provasse quasi repulsione per lui, pur non ricordandolo.

Chissà che rapporto avevano veramente... Lui non la guarda come un tutore, né come un fratello.

"Un soldo per i tuoi pensieri". Frannie sussultò a quella voce e fu catapultata nella realtà in modo brusco.

Si voltò e incontro un altro paio di occhi, quelli blu notte del dottor Carter. Il vento scompigliò anche i suoi capelli castani e le parve d'improvviso giovane. Forse anche troppo, per curare un caso come quello di Candy: nonostante avesse più o meno l'età del signor Ardlay, aveva sempre pensato che sarebbe stato più adeguato incaricare un medico più anziano, con qualche anno di esperienza in più.

"Non sa che non è buona educazione entrare nella stanza di una signorina a quest'ora? Sono in vestaglia". Il tono era freddo e distaccato, ma Frannie si sentì quasi in imbarazzo.

"Tecnicamente siamo su un balcone e, purtroppo, venendo dalla stanza della signorina Candice non posso fare a meno di passare da qui. Però possiamo chiedere alla famiglia Ardlay se può ricavare una porta nell'altra camera che dia sul corridoio principale...".

Si volse a guardarlo e nella sua espressione seria notò distintamente un accenno di sorriso: "Sarebbe bastato non venire qui. Come sta la paziente?".

Il dottor Carter sospirò: "Ha il sonno molto agitato e sono riuscito a cogliere di nuovo il nome di quell'Anthony mentre si trovava in piena fase REM: stava quasi per aprire gli occhi per quanto era vivido il sogno".

"Ma domani non lo ricorderà e sotto ipnosi rischia di impazzire. Come si fa a mantenere un equilibrio tra il non forzarla a ricordare e l'indurla a venire a patti col suo passato?", chiese con una nota di frustrazione nella voce.

L'uomo, di solito posato e professionale almeno quanto lei, si passò una mano tra i capelli, in un gesto che aveva visto fare molte volte anche a William Ardlay: "Lo so, non è facile. Ma, come abbiamo riferito anche alla sua famiglia, entrambe le condizioni sono pericolose: prima o poi dovrà ricordare e bisogna innanzitutto condurla verso l'accettazione di questo concetto. Deve affrontare le sue paure".

"La sua famiglia al momento è solo quella Annie Brighton. Non credo che la signora Elroy abbia molto in simpatia Candy", disse sicura che se ne fosse accorto anche lui.

"Questo è più che evidente. Sto anche valutando con molta serietà l'idea di farla viaggiare per tornare all'orfanotrofio dove è cresciuta... me ne ha parlato il signor Ardlay. Rivedere quei luoghi e altre persone care potrebbe aiutarla, ma sarà un passo che faremo successivamente", rispose lui appoggiandosi alla ringhiera e scrutando nella notte che stava volgendo in alba.

Frannie sospirò, mentre un tenue chiarore accendeva il cielo in lontananza ma la luna rimaneva, sfacciata e altrettanto brillante, a occhieggiare tra i rami di un albero. Si chiese se anche la sua vita sarebbe stata così, d'ora in poi: l'infermiera Hamilton sempre presente e professionale con la speranza di un'alba lucente alle sue spalle pronta a farla svanire.

Devo dimenticare quell'uomo: è un sogno impossibile come quello di far incontrare la luna con il sole. L'uno esclude la presenza dell'altra.

"Pensi che lui la ami?", le domandò all'improvviso il dottor Carter facendola sussultare. Si sentì come se le avesse letto dentro.

"Di chi parla?". In realtà aveva già capito.

"Il signor William. Guarda Candy come un uomo innamorato, sta soffrendo tantissimo".

"Dottor Carter...".

"Adrian, per favore".

"Come?", Frannie sbatté le palpebre, mettendolo a fuoco a malapena senza occhiali, ora che si era allontanato un poco da lei.

"Siamo colleghi di lavoro, anche se io sono un medico, ma siamo anche coetanei. Visto che stiamo lavorando a una causa comune potremmo lasciare da parte i formalismi, come hai fatto tu con Candice". Che fosse dannata se seppe perché le stava facendo l'occhiolino.

"Non lo trovo adeguato, dottor Carter", rispose rimettendosi gli occhiali.

"D'accordo, mi scusi, infermiera Hamilton", ribatté lui con un tono leggermente seccato. "Tornando al signor Ardlay, forse è un bene che abbia deciso di partire proprio adesso. Avremo modo di vedere se la paziente sente la sua mancanza".

Frannie vide i primi raggi di un timido sole affacciarsi all'orizzonte e annuì. Quella luce, così vicina eppure così lontana...

"Vorrei andare a riposare un po', dottor Carter. E forse dovrebbe farlo anche lei", dichiarò passandogli davanti per entrare.

"Ha ragione, infermiera Hamilton".

"Può continuare a darmi del tu, se preferisce. Non ho problemi. Buonanotte, anzi... buon riposo, dottor Carter", lo liquidò mentre lui si recava alla porta e lei chiudeva la porta-finestra.

Quando finalmente fu sola, tolse la vestaglia e si mise sotto le coperte, ascoltando nel silenzio se Candy si lamentasse o gridasse. Il sonno, infine, la colse.

- § -

L'assordante suono metallico di qualcosa che picchiava poco distante dalla sua porta lo scaraventò fuori dal sonno disturbato e delirante. Albert si tirò a sedere con il fiato corto, il cuore che stava per esplodergli nel petto e il sudore che gli scorreva lungo le tempie.

"Che razza di modo per svegliare la gente!", udì dire Archie e d'improvviso si ricordò dove si trovava.

Dannazione, per un attimo lo avevo dimenticato!

Se avesse potuto davvero dimenticare, come gli era già successo una volta! Dimenticarsi il dolore, dimenticarsi la galera, dimenticarsi di lei...

Veramente voglio dimenticarla?

"Avanti, alle docce, signori!", strillava la guardia sbattendo lo sfollagente sulle sbarre di tutto il corridoio: gli risposero grugniti e parolacce.

Albert fece una smorfia e si portò le mani alla testa. Aveva dormito poco e male.

"Ehi, Albert, tutto bene?", gli domandò suo nipote quando finalmente furono fuori. Erano tutti in fila come scolari e seguivano la guardia che continuava a blaterare di non battere la fiacca.

"Non ho apprezzato molto il servizio sveglia e non ho ricevuto la colazione in camera", mormorò per non farsi sentire, accostandosi a lui.

Archie fece un sorriso genuino che per un attimo gli scaldò il cuore: "Sono contento di sentirti fare battute. Credevo di averti perso".

Lui fu commosso da quelle parole: "Lo so, Archie, sto passando momenti difficili da qualche tempo. La galera non è il mio peggior problema, al momento, anche se non vedo l'ora di uscire di qui prima di prendermi i pidocchi".

Il ragazzo scoppiò a ridere e la guardia lo redarguì: "Cosa c'è di tanto divertente, signorino?", ringhiò.

"Io... solo...".

"Forse è contento di poter finalmente vedere tanti uomini nudi!", gracchiò un vecchio con una risata catarrosa che sfociò presto in una tosse convulsa.

"Già", s'intromise un uomo a cui mancavano almeno tre denti, "questi due damerini con la faccia d'angelo non possono che essere dei deviati! Guardate che lineamenti delicati hanno nell'alta società!", e scoppiò a ridere anche lui.

Albert serrò la mascella, sentendo il sangue ribollirgli nelle vene, ma sapeva che non poteva farci nulla: nonostante il mondo delle carceri gli fosse oscuro, conosceva la strada. E lì non era tanto diverso.

"Cosa?! Ma come ti permetti, idiota! Ora ti faccio vedere io quanto siamo uomini!". Archie era partito per la tangente e lui lo bloccò per un braccio.

"Fermo, Archie, lascia stare", gli sibilò in un orecchio.

"Oh, no, che paura! Ti prego, non farlo, io ho altri gusti!", riprese l'uomo senza denti mentre il vecchio, tra un colpo di tosse e l'altro, annuiva vigorosamente gesticolando e cercando di dire qualcosa.

"Basta, basta, ordine! Andate a lavarvi e smettetela di giocare", riprese il controllo la guardia ricominciando a sbattere lo sfollagente sulle sbarre delle celle ormai vuote.

Archie rimase teso per qualche altro secondo, poi si rilassò: "Dobbiamo uscire di qui. Non mi piace l'idea di condividere degli spazi comuni con questi... uomini".

"Neanche a me diverte l'idea", spiegò lui paziente, "ma dobbiamo ringraziare almeno di avere una cella singola".

Camminarono lungo il corridoio lercio e arrivarono a una curva a gomito dopo la quale c'era un ambiente aperto che doveva essere il bagno. Le piastrelle non erano più bianche da tempo e sul pavimento c'erano liquami di cui Albert preferì non capire la provenienza. Era stato un vagabondo per tanto tempo e aveva sempre vissuto in mezzo alla natura. Ma non si era mai trovato in un ambiente così malsano: quando voleva lavarsi entrava in un torrente o in un laghetto e se faceva molto freddo affittava una stanza, piccola ma pulita. In Africa era stato in una tenda e aveva visto come la miseria potesse essere il primo veicolo d'infezioni, quando non c'era neanche l'acqua corrente per lavarsi le mani. Nel suo piccolo, aveva cercato di insegnare le semplici regole igieniche nei villaggi dove era rimasto, quindi non capiva come in un carcere americano ci potesse essere uno stato di tale abbandono.

Ma non era certo il momento di mettersi a pensare a crociate contro il sistema, ora doveva tenere duro fino a che non fosse uscito di lì e avesse potuto rivedere Candy.

"Togliti i vestiti, signor Ardlay". Albert sbatté le palpebre, credendo di aver capito male. La guardia teneva in mano un lungo tubo di gomma e gli stava chiedendo di spogliarsi lì, davanti a lui?

"Ha paura del tubo!", gracchiò il vecchio con la tosse ricominciando a ridere con versi soffocati.

"Secondo me invece non vede l'ora!", rispose l'altro suscitando altra ilarità.

Albert chiuse gli occhi, respirando a fondo.

Come ho fatto, in meno di ventiquattro ore, a passare da una situazione in cui la mia unica preoccupazione era Candy e ora è la mia stessa incolumità?

"Io li...". Di nuovo, dovette fermare il braccio di Archie.

"Credo sia la prassi, Archie. Stai calmo". Ventiquattro ore prima pensava di essere molto più vulnerabile, invece ora si ritrovava a dover calmare i bollenti spiriti del nipote.

Albert eseguì l'ordine, lasciando gli abiti a terra come gli era stato detto. Dietro di lui, poté sentire Archie gemere: "No, non la mia camicia di seta!".

"Zitto, Archie", gli sibilò a denti stretti. Non voleva che quegli uomini avessero altri motivi per prenderlo in giro.

"Io, però, una botta gliela darei. Dopo tanti anni mi sembrano attraenti persino loro!", disse il tipo sdentato facendogli salire un brivido lungo la schiena nuda.

Dio, aiutaci tu.

"Ora vai in quell'angolo", ordinò la guardia indicando con il tubo.

Mentre s'incamminava, udì ancora le voci beffarde: "Attento alle spalle, bellezza!", "Non raccogliere la saponetta se ti cade a terra, meglio sporco che...".

"Adesso basta voi due!", gridò la guardia.

Mentre il getto d'acqua lo colpiva con una violenza inaudita e Albert lottava per non annegare, riuscì a scoccare un'occhiata ad Archie. Aveva colto la sua preoccupazione per lui, ma capì che era il nipote, ora, quello più vulnerabile: quella vita da carcerato avrebbe potuto spezzarlo.

- § -

Annie si pettinò davanti allo specchio cercando dentro di sé le forze necessarie ad affrontare quella giornata e le settimane a venire. Dopo averle parlato, George si era precipitato fuori dalla villa diretto dagli avvocati di famiglia per venire a capo di quel guaio colossale che si era creato, raccomandandole sia Candy che la signora Elroy.

Non aveva potuto fare a meno di scoppiare a piangere alla notizia sconvolgente di Archie in prigione, anche se era talmente sopraffatta dalla sorpresa da non essere neanche riuscita ad elaborarla bene.

Che diavolo era successo? Perché? Come? Qualcuno li aveva incastrati? Sospettò che George si facesse le stesse domande, perché era letteralmente scappato.

E lei?

All'improvviso, da ex fidanzata di Archie era diventata colei che doveva sopportare sulle proprie spalle tutto il peso della famiglia Ardlay. Non che le dispiacesse, ma la sensazione di impotenza e disperazione che provava per la sua migliore amica e per Archie le impedivano di essere lucida.

Si sentiva sola in mezzo al caos e non poteva neanche chiedere aiuto a Candy come faceva da piccolina.

Era cambiata da quando aveva deciso di rompere il fidanzamento, oh sì! Ma da lì a doversi occupare di tanti aspetti delicati e in precario equilibrio, ne passava di acqua sotto i ponti: era come se fosse stata messa alla prova per testare la sua resistenza e non sapeva quanto avrebbe retto.

Albert e Archie in prigione. La zia Elroy irritabile e sull'orlo di una crisi di nervi costante. Candy senza memoria da trattare con dolcezza e determinazione.

"Coraggio, Annie, ce la puoi fare!", disse all'immagine dello specchio, raddrizzando stoicamente le spalle e asciugandosi gli occhi, da dove lacrime traditrici erano sgorgate.

Archie... Davvero sei innamorato di me?

Percorse il lungo corridoio fino ad arrivare alla stanza dell'infermiera Frannie e bussò piano, con il cuore che sembrava volerle scoppiare fuori.

Aveva paura di cadere in errore, di dire la cosa sbagliata. Aveva paura di non rivedere più l'uomo che amava.

Non potrò mai più sposarmi con lui, comunque. Non dopo averlo lasciato.

La porta si aprì davanti a lei e l'infermiera con gli occhiali la stava guardando con un'espressione gelida sul volto: "Ho detto: avanti", esordì seccata.

Si era così persa in quel turbine di pensieri che non aveva udito la sua voce: "Mi perdoni, non l'ho sentita", si scusò arrossendo leggermente.

La donna le fece strada, poi la squadrò per un secondo: "Deve sapere due cose prima di entrare in quella stanza, signorina Brighton".

Annie le prestò tutta la sua attenzione.

"Non c'è spazio per i sentimentalismi o le lacrime. Candy è un'altra persona e può diventare violenta, almeno con se stessa".

Dio del Cielo!

"Essere comprensiva e dolce può essere utile se lei si rivela collaborativa, ma se dovesse cominciare a parlare di suicidio o a opporre resistenza, ha il permesso del dottor Carter di essere dura con lei".

Annie deglutì a secco. I medici erano stati chiari, ma quell'infermiera le aveva messo addosso un terrore tale che voleva solo scappare a gambe levate.

No, quella è la vecchia Annie. Devo farmi forza, devo farlo per lei.

"Va bene, ho capito", rispose col tono più risoluto che poté.

Si avvicinò a passo deciso alla porta e bussò ancora: "Chi è?!", fece una voce sconosciuta.

Annie sbatté le palpebre e involontariamente si voltò a fissare Frannie, che le fece un cenno d'incoraggiamento con il capo: "Sono io Cand... Candice, Annie. Sono... una tua amica".

Come aveva fatto Frannie, Candy aprì personalmente la porta e per un attimo lei rimase senza fiato.

Che diavolo hai fatto ai capelli?! E cos'è quello sguardo gelido? Neanche la tua infermiera ha occhi così privi di vita.

"Cosa vuoi da me?", le sibilò quella Candy che non era Candy.

Annie lottò contro le lacrime e contro la voglia folle di abbracciarla e gridarle di tornare in sé e cercò di caricarsi di rabbia: "Non è così che si riceve una persona che dice di essere tua amica, Candice Ardlay. Ora posso entrare?".

Con la coda dell'occhio, vide l'infermiera fare un breve gesto compiaciuto e si gettò nell'ignoto. Sperava di reggere a tutto ciò che l'aspettava.

- § -

Archie si guardò il pigiama a righe nere con una smorfia di disgusto e ribrezzo: non era neanche tanto pulito, a dirla tutta. La doccia era gelida e quel diavolo di tubo con cui li avevano annaffiati non era stato certo un'acqua termale.

Inorridito dagli uomini che aveva accanto, si era passato il pezzo di sapone sommariamente sul corpo e si era affrettato a rivestirsi prima di prendere un malanno, di essere aggredito o... peggio.

"Attento alle spalle, bellezza!"

Anche Albert si stava rivestendo e notò con orrore le sue costole sporgere dal petto: poteva contarle una ad una.

Chi crollerà per primo?

Lui non era abituato a quella vita neanche lontanamente, al contrario di Albert che aveva vagabondato parecchio prima di concedersi gli agi che per lui erano del tutto naturali. E, anche ora, preferiva starsene sdraiato sull'erba che sprofondato su un divano o in una vasca da bagno moderna.

Ma Albert aveva subìto duri colpi in poco tempo, passando dalle stelle alle stalle con una velocità da capogiro: quando finalmente Candy era tornata e i due si erano dichiarati, lei aveva avuto quel terribile incidente che aveva cancellato completamente la sua personalità.

Archie aveva sofferto per il distacco da Annie ed era felice di averle parlato poco prima che scoppiasse la bomba. Ma non sapeva cosa l'avrebbe atteso al suo ritorno.

Se torneremo mai a casa...

"Sai, quando vivevamo alla Casa della Magnolia io e Candy avevamo dei pigiami a righe uguali. Non come questi, però: erano molto più carini". La voce di Albert era quasi un sussurro. Non sapeva se fosse perché non voleva che lo sentissero o perché fosse solo molto stanco: il cibo che passavano da quelle parti forse era cucinato appositamente per uomini che non avrebbero consumato calorie eccessive. Sperava solo che fosse più commestibile di quanto l'aspetto e l'odore suggerissero.

"Io non ho fatto neanche in tempo a vederlo, il pigiama di mia moglie. Perché non diventerà mia moglie e neanche so se vuole esserlo", disse senza alcun filo logico: era lì da un giorno e già cominciava a vaneggiare.

"Le hai parlato?", gli domandò Albert da dietro il muro.

"Sì, ma non so se mi rivorrà mai. Ho commesso un terribile errore, Albert. Il timore di aver perso Candy per sempre ha fatto venire a galla una verità distorta. Ho sempre mentito a me stesso e me ne sono reso conto solo quando Annie mi ha lasciato. Buffo, eh?".

Albert fece un grugnito come di disappunto: "Piuttosto direi stupido. Innanzitutto non saresti dovuto rimanere con lei se non eri sicuro di amarla totalmente".

Archie si sentì attaccato: "Ma io ero intenzionato a sposarla!".

"Archie, amare una donna significa non dormire la notte perché si pensa solo a lei e, quando ci si addormenta, sognarla ancora e ancora. Significa che lei è il tuo primo pensiero quando ti svegli al mattino. Significa volere il meglio per lei, anche a costo di gettarla tra le braccia di un altro uomo!". Il discorso accorato di Albert si concluse con un sospiro.

"Ed è quello che è successo a te con Candy, vero?", domandò conoscendo già la risposta.

In passato non ho mai sognato Annie, né l'ho pensata così spesso. Ora, invece...

"Se avessi saputo come sarebbe finita sarei stato meno riflessivo e le avrei confessato i miei sentimenti molto tempo fa...", disse piano.

"Quando ti sei accorto di amarla?", volle sapere. Parlare con lui di qualcosa che non fosse il carcere lo aiutava a calmarsi e a comprendere meglio suo zio.

Il silenzio prolungato gli fece temere che Albert si fosse addormentato o non volesse rispondere. Poi, con voce carica di emozione disse: "Credo di amarla da sempre, da quando l'ho incontrata su quella collina. Man mano che la vedevo diventare donna il mio sentimento maturava e oggi darei metà della mia vita per averla al mio fianco per sempre".

Archie sorrise: "Credo che tu abbia descritto più o meno quello che provo io per Annie, anche se per me la rivelazione è arrivata solo ora. Ma adesso devi parlarmi della collina. E della Casa della Magnolia dove vi siamo venuti a trovare quando eri senza memoria con Patty e gli altri. E dei pigiami", concluse con una risatina.

Anche Albert rise piano e cominciò a raccontare. Finché George non fosse tornato con le prime notizie, avevano tutto il tempo del mondo.

- § -

- § -

- § -

Angolo dei commenti:

Sandra Castro: Ciao! Sì, mi ricordo che qualche capitolo fa avevi espresso il timore che Candy potesse finire in una clinica psichiatrica: per fortuna, su consiglio dei medici, la zia Elroy ha trovato una soluzione alternativa... Riguardo gli istinti suicidi di Candy ho ripensato al periodo in cui Albert era smemorato e pensava che se fosse morto non sarebbe importato a nessuno, e forse desiderava anche che accadesse. Per Candy i sentimenti sono molto simili. Archie e Albert non se la cavano meglio e, per quanto George si dia da fare con gli avvocati, la legge farà il suo corso, qualunque esso sia.

Ericka Larios: Ho sempre visto il personaggio di Albert come integro e incrollabile, per me non è stato facile renderlo così vulnerabile. Ma penso che chiunque, nonostante la resilienza, possa piegarsi ai colpi della vita... in questo momento la sua è praticamente nelle mani di Candy!

Charlotte: Purtroppo sia Albert che Archie (soprattutto lui) sono in una situazione molto sgradevole, anche se hanno celle singole. Il tutto mentre i Lagan si godono il sole della Florida... che rabbia! Candy deve uscire dal suo stato negativo, in un modo o nell'altro e uno schiaffo al momento giusto può essere d'aiuto. Direi che, nonostante tutto, sì, è abbastanza lucida da aver notato che a Frannie non è indifferente Albert! Più che generosa, la zia Elroy ha pensato a cosa sarebbe successo se suo nipote William, una volta uscito dal carcere, avesse scoperto che Candy era stata ricoverata in una struttura psichiatrica: in questo caso ha cercato di seguire i consigli medici più per amor suo che per altro. Terry invece si sta riprendendo, forse... vedremo cosa accadrà ora. Grazie di cuore, alla prossima!

Elizabeth: La zia Elroy è così abituata a considerare i Lagan i suoi nipoti preferiti, dando tutta la colpa a Candy, che non le sarà facile cambiare idea, specie alla sua età! Incrociamo le dita...