Ritorni e scoperte

Archie ricevette l'abbraccio della zia Elroy e ne fu commosso. Quella donna, all'apparenza fredda e controllata, era capace di un gesto di affetto caldo e confortante. Rivedere finalmente l'ingresso di casa dopo essere stato in galera, anche se solo per poco, e persino la servitù e tutti i volti conosciuti lo aveva davvero rinfrancato.

Stretto nell'abbraccio della zia, Archie rifletté che uno simile lo aveva ricevuto solo da sua madre, un'ora prima, quando era passato a salutare i suoi genitori prima di recarsi a villa Ardlay.

"Come stai, zia? Mi hanno detto che hai avuto qualche problema di salute", le chiese senza lasciarla.

La voce della zia gli arrivò soffocata: "Sto molto meglio, ora che almeno tu sei tornato a casa".

Archie chiuse gli occhi, pensando ad Albert che avrebbe dovuto fare la sua riabilitazione in carcere. Sapeva che ci sarebbe stato un medico a visitarlo costantemente, per assicurarsi che recuperasse le forze dopo l'ospedale. Ma sarebbe stato sufficiente? E se fosse stato di nuovo aggredito?

"Bentornato signorino Cornwell", disse George interrompendo di colpo i suoi pensieri foschi. La zia Elroy sciolse l'abbraccio, asciugandosi con discrezione gli angoli degli occhi e Archie incontrò quelli scuri e gentili dell'uomo.

"Grazie, George. Per tutto". Gli tese la mano e la strinse con vigore.

"Io non ho fatto nulla, gli avvocati hanno avuto il merito di trovare la via giusta per scagionarla in via definitiva", spiegò lui.

Archie annuì: "Ora dobbiamo tirare fuori Albert... prima possibile". Cercò di non far trasparire i suoi timori, visto che la zia non sapeva nulla.

Dopo quella frase si rese conto che, proprio lei, assumeva un'espressione dura e si voltava verso George: "Era previsto che testimoniassi in tribunale giorni fa, ma per motivi a me ancora incomprensibili, il giudice ha rinviato l'udienza a data da destinarsi. Ci sono delle cose che devi sapere, Archibald".

Sbatté le palpebre, confuso: "Cosa dovrei sapere?", chiese senza capire.

"Forse dovremmo spostare questa conversazione nello studio", propose George e Archie si rese conto che erano ancora all'ingresso, con la servitù presente.

"D'accordo", rispose annuendo, "ma vorrei prima salire a vedere Candy, se per voi non è un problema". In realtà aveva ancora più bisogno di vedere Annie. Respirare il suo profumo. Sentire la sua voce. Leggere nei suoi occhi cosa provasse per lui.

La zia fece una smorfia e George invece un pallido sorriso: alcune cose non sarebbero mai mutate, rifletté Archie.

"Bene", disse sua zia con il suo solito tono controllato, "tieni presente che Candice è molto cambiata e... beh, il dottor Carter ti spiegherà tutto".

Mentre saliva al piano superiore, Archie poté sentire il battito del proprio cuore rimbombargli nel petto e nelle orecchie, affannandogli il respiro. Mille emozioni diverse si stavano susseguendo nel suo animo, sommergendolo come onde di marea: il desiderio ardente di rivedere Annie; il timore reverenziale di scoprire una Candy diversa; il senso di inadeguatezza per il compito che lo attendeva; il ricordo costante del volto di Albert, pallido ma determinato. E, non ultima, la curiosità sempre più morbosa di sapere cosa sua zia Elroy avesse da comunicargli di così importante.

Sollevò il braccio davanti alla porta, girando il polso e flettendo le dita per bussare con le nocche. Chiuse gli occhi, esitò, deglutì un paio di volte e lo fece.

Dopo la reclusione, il suo futuro sembrava dipendere tutto da quel semplice gesto.

- § -

Terence lasciò le mani dell'attrice bionda portandosi un braccio alla fronte in un gesto teatrale, poi si volse verso la seconda attrice alle sue spalle. Era mora come Karen ma non le somigliava per niente, così come quella che aveva poco prima davanti era molto diversa da Candy.

Entrambe gli parvero più alte, più formose, più... perfette. Eppure erano l'emblema della sua vita.

Forse fu l'esitazione del momento per quel pensiero così improvviso, ma il regista cominciò a urlare: "Stop, STOP! Graham, che diavolo stai combinando?!".

Terry imprecò internamente, odiando sempre di più quel set. Il fatto che non potesse esprimersi a voce era una tortura che sopportava sempre meno e non capiva come potesse sua madre recitare in quel modo così assurdo.

Incontrò il suo sguardo preoccupato dietro le macchine da presa e capì che quell'esperienza insieme a lei non gli era già più utile. Gli mancava troppo il teatro.

Con la mia partner più brava.

Gli mancava recitare le battute a memoria, imprimervi i suoi sentimenti, calarsi nei panni del suo personaggio.

Fare coppia con colei che era la mia metà.

"...un'espressione così seria! Stai dicendo addio a Dorothy per gettarti fra le braccia di Catherine, nei tuoi occhi devono bruciare il rimorso e la passione!". I suoni e le grida del regista tornarono e la bolla di ricordi scoppiò.

Gli lanciò un'occhiata e lui dovette leggere qualcosa di terribile nei suoi occhi, perché le sopracciglia si unirono in un cipiglio ancora più profondo.

Stava per lasciare tutto, seduta stante. Stava per prendere un treno e tornare da Candy, poi da Karen o forse solo a casa a schiarirsi le idee. Gli sembrava di impazzire.

"Terry". La voce di sua madre era bassa e vi colse una sfumatura di supplica.

Devo restare per lei, non posso fare il bambino.

Guardò il viso bello della donna che gli aveva dato la vita e che aveva ritrovato, la donna che con la sua vicinanza e il suo affetto aveva contribuito a farlo uscire dal tunnel nel quale era entrato il giorno in cui Candy lo aveva lasciato di nuovo.

"Bene", disse con tono deciso. Per un attimo si sentì come in quel teatro itinerante, con Candy che lo fissava da lontano piangendo per la sua performance terribile. Ora erano gli occhi di Eleanor a muovergli qualcosa dentro. Si volse verso l'attrice mora, di cui fosse dannato se ricordava il nome vero: "Bene, Karen, sono pronto a gettarmi fra le tue braccia", disse prima di mordersi la lingua a sangue.

Merda.

"Si chiama Catherine, ed è la donna della tua vita!", tuonò il regista alle sue spalle.

Si voltò per affrontarlo con un mezzo inchino: "Chiedo scusa, ma tanto ci saranno i sottotitoli. Che importanza ha che io sbagli nome?".

Terence riuscì a chiudere la mente ancora una volta per non udire gli epiteti coloriti che il regista gli stava lanciando, ma poté dire con una certa sicurezza che stesse cianciando di attori viziati e di budget troppo alto. In realtà era più in pensiero per l'espressione di sua madre.

Sul suo volto, ora, poteva leggere tutte le domande e le affermazioni che erano scaturite in lei dopo quel lapsus scellerato.

Stasera non mi darà tregua, quando torneremo a casa.

Per fortuna non vivevano assieme, così poteva ritirarsi nel suo appartamento con la scusa di essere stanco.

Forse.

- § -

Le dita della mano destra strofinarono la fronte in una specie di massaggio. I dolori lancinanti dei primi giorni avevano lasciato il posto a un dolore pulsante e sordo, più o meno sopportabile, che sembrava non svanire mai.

Candy alzò anche l'altra mano e prese a massaggiare entrambe le tempie, gli occhi sempre chiusi e il capo poggiato sul cuscino, le gambe per metà fuori dal letto.

Il dottor Carter si era raccomandato di prendere almeno dieci minuti di aria ogni giorno, alla finestra od ovunque desiderasse e l'aveva fatto.

Le aveva detto di diminuire i sonnellini e l'aveva fatto a spese di quel mal di testa continuo.

Poi le aveva chiesto quando sarebbe stata pronta a fare un'altra seduta di ipnosi regressiva o persino di andare a Lakewood, in mezzo alla natura. Dove tutto era cominciato.

"Io e l'infermiera Frannie verremmo con lei, Candice", le aveva assicurato come se fosse quello il suo problema maggiore.

Aveva chiesto al medico del tempo per pensarci e lo stava ancora facendo, in quel preciso momento. Ma odiava pensare. Odiava il desiderio di ricordare che, sempre più spesso, si affacciava nella sua mente. Odiava non potersi semplicemente addormentare e smettere di respirare. E odiava non avere il coraggio di togliersi da sola quella vita inutile che era costretta a vivere.

Stretta nella morsa dei dubbi e del dolore, si sentiva intrappolata.

La storia di Anthony l'aveva sconvolta a tal punto che ora rimpiangeva di aver chiesto ad Annie di raccontargliela. Eppure, nonostante tutto, dentro di lei rimaneva non un dubbio, ma IL DUBBIO.

Perché Anthony e William erano collegati in qualche maniera?

Ormai era certa di essere stata innamorata di Anthony e il calore che aveva avvertito come prima cosa al suo risveglio, assieme a quella sorta di attrazione-repulsione che sentiva per il suo tutore le indicavano che le stavano nascondendo la verità.

Si era spinta molto oltre, tentando persino di sedurlo, seppure in maniera maldestra. Però, ripensando a quell'episodio e al suo comportamento prima che lo arrestassero, si stava rendendo conto che quello che inizialmente era solo un sospetto non poteva che essere la realtà.

Erano o erano stati innamorati.

Quel concetto le esplose nel cervello come una certezza inconfutabile e dovette mettersi a sedere, la mano destra premuta sulla bocca.

Odiava vomitare ogni volta che si spingeva troppo oltre, ma il dolore alle tempie divenne tale che si diresse in bagno afferrando i due lati del wc e sporgendosi mentre lo stomaco sussultava impietoso.

Le sue mani mi sostengono, contro la mia volontà, e sento la sua pelle calda e confortante. Il tremore è impercettibile ma capisco da quello quanto il suo cuore batta forte.

"All'inferno!", gridò lasciando andare il conato e facendo uscire un misero filo di saliva. Misero, come lei.

"Candy!". La voce di Annie dietro di sé le rimandò un'immagine che le fece strabuzzare gli occhi. Forse stava impazzendo, perché le sembrò di vederla proiettata sulle piastrelle del bagno, per tutta la lunghezza del muro di fronte.

La bambina dai capelli neri corre verso di me, piangendo, e io l'accolgo fra le braccia. Mi dice che Miss Pony vuole vedermi e lei ha paura che mi sgridi.

Candy cadde in ginocchio e, finalmente, vomitò.

Mentre era impegnata a ricomporsi e a sciacquarsi il viso, sentì distrattamente la presenza di Annie, vicina ma discreta, forse pronta ad aiutarla.

"Erano giorni che non ti succedeva. Hai per caso ricordato qualcosa?".

Voleva chiederle chi fosse Miss Pony, ma si trattenne. Forse gliel'aveva già nominata, ma non ricordava bene. In realtà, ne aveva davvero abbastanza dei ricordi, per quel giorno.

"Ti ho detto di non chiamarmi con quel nome ridicolo", ribatté invece, bevendo un sorso d'acqua.

Con sommo disappunto, si accorse che nella sua stanza era entrata un'altra persona. Non era il dottor Carter e nemmeno Frannie.

Era un ragazzo con i capelli lunghi quanto i suoi in quel momento. Sulla faccia aveva un'espressione contrita, come se non volesse neanche trovarsi lì.

"E lui chi diavolo è, adesso?", domandò seccata.

"Mo... molto piacere Cand... Candice, io mi chiamo Archibald Cornwell e sono il fid... il... insomma, un amico", terminò balbettando come un idiota.

Candy lo guardò a bocca aperta: non le era sfuggita l'occhiataccia che gli aveva lanciato Annie mentre cercava di articolare quella frase sconclusionata.

Non seppe se mettersi a ridere o infuriarsi. Optò per una via di mezzo.

"Bene, benvenuto Archibald Cornwell", disse con un ironico tono pomposo, "io sono la malata di mente di questa casa e non so chi accidenti tu sia. Piaciuto lo spettacolo di poco fa?".

Mentre Annie rimaneva quasi impassibile, il volto del ragazzo subì una trasformazione tale che pensò che sarebbe davvero scoppiata a ridergli in faccia: prima si accigliò, poi le sopracciglia schizzarono in alto, quindi la bocca si aprì e ne uscì un suono strozzato. Quando la richiuse sentì lo schiocco dei denti.

"Io... io", cercò di dire ma Annie lo bloccò con un gesto.

"Archie, per favore, limitati alle presentazioni o a qualche ricordo, se Candice vuole. Ne abbiamo già parlato, ricordi?".

Candy avrebbe dovuto irritarsi, perché si sentiva una specie di cavia da esperimento con cui non parlare direttamente se non nel modo giusto e, per la prima volta, odiò essere malata. Tuttavia quel nome le riportò subito il collegamento: "Tu sei Archie di Lakewood, quello che conosceva Anthony", disse.

Di nuovo, vide la mascella del ragazzo aprirsi a dismisura: "Ti ricordi di me?", esclamò con voce rotta dallo stupore.

"Non si ricorda di te, gliene ho parlato io. Insomma, anche tu dimentichi le cose adesso? Te l'ho detto cinque minuti fa!". Annie si girò verso di lui con le mani sui fianchi e a rimanere sbalordita, ora, fu Candy.

"Non mi hai detto che le hai parlato di me!", rispose lui piccato.

"Ma certo che sì! Ho fatto il tuo nome assieme a quello di Stair e Anthony", spiegò come se stesse avendo a che fare con un bambino piccolo particolarmente disattento.

Stavano davvero litigando davanti a lei?

"Beh, forse me l'hai detto mentre ero distratto", le rispose Archie accigliandosi di nuovo.

Annie, che ora le dava le spalle, allargò le braccia in un chiaro gesto esasperato: "E da cosa eri distratto, di grazia?", chiese alzando un po' la voce.

Candy si schiarì forte la gola, richiamando l'attenzione. Erano pur sempre nella sua stanza e il mal di testa, che poco prima di era attenuato grazie all'ennesimo capriccio del suo stomaco in fiamme, stava tornando a tutta forza.

I due si voltarono a guardarla e notò l'imbarazzo e il rossore sui loro volti. Li fissò alternativamente, poi domandò: "Ma, scusate, voi siete mica fidanzati?".

Archie guardò il soffitto e Annie abbassò il capo verso il pavimento, tormentandosi le mani.

"Sì, beh...", iniziò lui, ma si sovrappose il "no" di Annie.

Candy sospirò. Ora sì che era arrabbiata: "Insomma, non me ne importa niente se state insieme o se avete una crisi matrimoniale, io ora voglio riposare, quindi fatemi il piacere di andarvene", dichiarò superandoli in pochi passi e aprendo la porta per sottolineare le sue intenzioni.

"Ma... ma". Quel ragazzo non faceva che balbettare, santo Dio!

"Ho detto fuori!", alzò la voce, battendo un piede a terra.

Annie fu saggia. Prese sotto braccio l'amico, o il fidanzato, o quello che era e gli borbottò che era meglio così. Quando uscirono, Candy si lasciò cadere sul letto.

Ne aveva davvero abbastanza di tutte quelle persone. Se solo non avesse avuto il terrore degli spazi aperti, sarebbe scappata quella notte stessa.

- § -

Annie si appoggiò allo schienale della poltrona della sua camera con un sospiro profondo.

Era stata una giornata lunga e piena di emozioni, a cominciare dal ritorno di Archie. Anzi, a dirla tutta era stata quella l'emozione più grande.

Quando aveva bussato alla stanza di Frannie, anche se sapeva che era lui, non aveva avuto il coraggio di alzare gli occhi dalle sue dita intrecciate, che si tormentava nel tentativo di scaricare la tensione.

La sua voce, Dio quanto le era mancata la sua voce! Si stava presentando al dottor Carter e a Frannie, spiegando che era lì per aiutare Candy come era desiderio di suo zio.

Quando finalmente i loro occhi si erano incontrati, non si erano detti altro che un "Ciao". Il suo, basso e tremante, quello di Archie colmo di emozione.

Non potevano fare altro, non erano soli, ma Annie notò gli sguardi interrogativi del medico e dell'infermiera. Fu quest'ultima a chiederle di spiegare ad Archie come stessero le cose con Candy.

Archie le sedette di fronte, occhi incatenati negli occhi, e gli aveva fatto un piccolo riassunto di cosa lei sapesse e che comportamento doveva tenere in sua presenza.

Purtroppo era andato tutto storto.

Avevano trovato Candy in preda a uno dei suoi attacchi di nausea e anche a livello emotivo non era in uno dei suoi momenti migliori.

Incredibilmente, mettersi a discutere con lui davanti alla sua amica e sorella non aveva fatto altro che avvicinarli, tanto che persino lei, ignara di tutto, aveva chiesto se fossero fidanzati.

Annie si passò due dita sulle labbra, ricordando gli unici due baci che si erano scambiati. Il primo glielo aveva rubato lei, il secondo glielo aveva rubato Archie e si era meritato uno schiaffo.

Come sarebbe stato un bacio vero, di quelli cui leggeva nei libri o vedeva nei film, con i corpi intrecciati e le labbra intente al medesimo scopo?

Sospirò gettando la testa indietro, chiudendo gli occhi e schizzando in piedi come una molla un istante dopo: stavano bussando alla porta e lei immaginava benissimo chi fosse.

Credeva che quel confronto non sarebbe arrivato mai?

Illusa!

"A... a... Avanti!", balbettò maledicendo la propria voce tremante.

Archie entrò e lei notò subito che era dimagrito. Non tanto quanto aveva visto deperire Albert, ma di sicuro stare in carcere non gli aveva fatto bene. Come aveva potuto non notarlo quel pomeriggio? Forse era troppo nervosa e stava cercando di concentrarsi su Candy.

Ora, però, l'aspetto sofferto dell'uomo che ancora amava disperatamente la colpì con la forza di un maremoto.

"Oggi non ti ho neanche chiesto come sta Albert", le uscì di bocca mentre si voltava per smettere di guardarlo. No, non era per niente pronta a confrontarsi con lui.

La ferita era aperta e pulsava ancora, sanguinando.

Vide il suo riflesso nel vetro della finestra, sbiadito come lo era il ricordo del loro rapporto: "Non sta affatto bene, ma perlomeno sembra voler reagire. Mi auguro di cuore che non subisca altri incidenti, perché temo sia giunto al limite fisico. Al momento sta facendo riabilitazione in prigione, ma non è certo l'ambiente più adatto".

Nonostante cogliesse sul viso contratto di Archie la delusione per quella domanda elusiva, non poté fare a meno di preoccuparsi per Albert. Se avesse potuto contribuire a far guarire Candy per renderli entrambi felici, lo avrebbe fatto a ogni costo.

"Quando ci sarà la prossima udienza?", domandò distogliendo gli occhi anche dal riflesso di Archie, concentrandosi sul muro bianco.

"La prossima settimana, quando sarà in grado di presenziare. La zia Elroy non sa nulla di quello che gli è accaduto e, anche se lei sta molto meglio, preferiamo non dirglielo per il momento, onde evitarle altri dispiaceri". Archie rimaneva in piedi, sembrava teso e Annie capì che non era solo perché era lì con lei.

Incapace di rimandare oltre, si voltò: "Che succede? C'è qualcosa che non mi hai detto?". Lo conosceva troppo bene e capì subito che stava nascondendo altre notizie. Sperò solo che non fosse nulla di grave.

Archie la fissò con uno sguardo profondo che la fece sentire nuda e capì, capì che di qualsiasi cosa stesse per parlarle aveva bisogno di lei, del suo sostegno, del suo amore.

"George mi ha confessato di aver parlato con la zia. Lei sospetta che dietro a tutto questo ci siano Neil ed Eliza", disse a voce bassa, con una serietà che non gli aveva mai sentito.

Sconvolta, Annie si portò una mano alla bocca, ansimando per la sorpresa: "Come... come hanno fatto? Cosa...?". Non riusciva neanche a formulare le domande, tanto era lo stupore. Sapeva quanto fossero malvagi, ma non pensava avrebbero avuto l'ardire e soprattutto l'intelligenza di arrivare a tramare qualcosa di così estremo.

Archie stava scuotendo la testa: "Non so molto altro, ma George ha mandato un suo corrispondente in Florida, a fare delle indagini. Stiamo aspettando che torni con delle notizie per farlo presenziare all'udienza. Se non tornerà in tempo, la zia Elroy sarà la sola a testimoniare e allora il giudice potrebbe decidere qualsiasi cosa".

Il silenzio cadde tra loro, pesante. Annie vide nello sguardo tormentato del suo ex fidanzato il senso di colpa, semmai ci fosse colpevolezza nell'essere uscito di prigione prima di Albert, nonché il timore che il loro zio e amico potesse subire ancora quella situazione.

Doveva consolarlo, rassicurarlo, dire qualsiasi cosa... ma non le venne in mente nulla di sensato. Inoltre, si rese conto che il trauma di essere stato rinchiuso aleggiava ancora sul suo volto contratto.

Fece qualche passo e allungò le mani tremanti per prendere le sue: "Andrà tutto bene. Noi, con l'aiuto del dottor Carter e di Frannie, guariremo Candy. E quando Albert tornerà a casa... perché tornerà, si ritroveranno e saranno felici...". Come noi, stava per dire. Ma no, non lo erano più. Forse, non lo erano mai stati davvero.

Alzò gli occhi su quelli color miele di Archie e li vide lucidi, la bocca contratta in una smorfia come se stesse cercando di trattenere le lacrime: "È stato brutto, Annie. Essere rinchiusi, con altri uomini che nella migliore delle ipotesi vogliono solo farti del male, ti distrugge dentro, demolisce ogni tua certezza, ogni tua parvenza di orgoglio. Sei alla mercé di qualcuno che ti ritiene colpevole fino a prova contraria, in un sistema dove la tua dignità cessa di esistere. Credevo di essere un uomo, Annie, di essere forte. Ma alla fine è stato Albert a sopportarlo meglio di me, nonostante tutto, e io non sono quasi stato in grado di fare niente per lui. Niente!". Le lacrime gli scorrevano lungo le guance e lui cercava disperatamente di asciugarle con le mani, ma tutto quello che si era tenuto dentro sembrava un fiume in piena.

Piangendo con lui, Annie lo strinse in un abbraccio sincero, sentendo il suo ansito sorpreso, il suo corpo irrigidirsi e poi aggrapparsi a lei nascondendo il volto nel collo. Dopo pochi istanti si staccò, marciò verso il muro e vi abbatté un pugno così forte che temette si fosse rotto le nocche.

"Avevano ragione, sono solo un rampollo viziato e sensibile! Albert è molto più uomo di me. Lui ha vissuto in strada! Persino mio fratello ha avuto più coraggio ed è andato in guerra. Forse avrei dovuto andarci anche io, di certo sarei stato più forte...".

"Non dirlo mai più!", sbottò lei stringendo i pugni e smettendo di piangere. Archie la guardò, gli occhi ancora rossi ma asciutti, la rabbia che lasciava il posto alla perplessità.

Voltò la testa di lato, abbassando gli occhi: "Sono un vigliacco senza spina dorsale. Stare nel lusso non tempra gli uomini, Annie. È come se in quell'inferno io abbia visto uno ad uno tutti i miei limiti. Mi preoccupavo delle camicie di seta. Dei miei studi. Di fare bella figura in società. E invece non sono neanche stato capace di discernere due sentimenti così distinti dentro di me. Ti ho persa senza averti mai avuta davvero".

Annie fu sorpresa del cambiamento di Archie ma, d'altronde, non era stata lei la prima a cambiare? Lo stesso Albert sembrava un altro da quando si era avvicinato a Candy.

L'amore ci cambia. Tutti.

Ebbe l'impulso di accostarsi ancora a lui, di toccarlo, ma capì che la sua lotta interiore col proprio orgoglio era ancora troppo fresca. Sospettò che si odiasse solo per aver pianto di nuovo davanti a lei.

Partì da quello, per fargli capire cosa ne pensasse davvero: "Archie, un uomo sensibile non è un debole, significa solo che ha dei sentimenti. Ora, posso capire che alcuni siano più nobili di altri: la tua preoccupazione per Albert e per le sue condizioni non è come quella che potevi provare quando ti sentivi minacciato personalmente dagli altri uomini che erano con voi, ma il fatto che tu le distingua e ti metta in discussione vuol dire che hai imparato qualcosa. E, francamente, quale uomo non crollerebbe in galera? Non voglio giustificare nessuno e non so nulla di quello che ti è accaduto, ma sospetto che ognuno reagisca a modo suo. Magari anche quelli che vi hanno minacciati hanno avuto paura e poi si sono trasformati in delinquenti. Tu, nonostante tutto, ne sei uscito migliore e non è vivendo per strada o andando in guerra che maturerai. Puoi farlo anche rimanendo al sicuro, qui... con me".

Gli occhi di Archie si spalancarono mentre lei si metteva una mano sulla bocca, conscia di quello che aveva appena detto.

Lui sembrò ritrovare la calma, come per magia, e le pose le mani sulle spalle trasmettendole un brivido. Pensò che l'avrebbe baciata, che le avrebbe parlato per scusarsi e chiederle di tornare con lui. Ma non lo fece.

Nel suo sorriso sereno, lesse che anche Archie non era ancora pronto.

Quella trasformazione interiore cui stava facendo fronte era ancora in atto e aveva bisogno innanzitutto di ritrovare se stesso e la tranquillità stabile in cui affondare le proprie radici. Gli lesse questo e molto altro negli occhi, mentre le baciava con delicatezza la fronte e la ringraziava.

Rimase ferma dov'era, chiudendo gli occhi per imprimersi nella mente il suo tocco gentile. Archie uscì, forse per affrontare i suoi fantasmi da solo. Ma era sicura che, almeno adesso, avrebbe avuto una certezza in più: quella del suo sostegno costante.

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Angolo dei commenti:

Sandra Castro: Non ti dico quanto mi sono divertita a far incontrare Neil ed Eliza con quel tipo, facendoli veramente morire di terrore! E lasciandoli con la consapevolezza che ormai fanno parte di quella... grande famiglia! Per Albert avevo pensato di tirarla un po' più per le lunghe, lo confesso, ma non ce l'ho fatta a lasciarlo in quelle condizioni troppo a lungo, mi dispiaceva troppo! Inoltre, Archie doveva vederlo sveglio e determinato prima di tornare a casa. Certo, non è ancora nel pieno delle sue forze e Candy sarà sempre il suo tallone d'Achille, ma non vuole più lasciarsi morire. Speriamo non faccia più brutti incontri! Candy sta maturando della sana curiosità sul suo passato e intanto si è sbloccata abbastanza per chiedere di Anthony: si ricorderà di Albert e del legame speciale che avevano? Intanto, la macchina della giustizia non si ferma e i Lagan hanno anche qualcun altro alle calcagna...

Ericka Larios: Finalmente Albert è tornato fra noi con uno spirito più forte, ma ha ancora molta strada da fare. Bisogna dimostrare la sua innocenza e incastrare i diabolici fratelli Lagan che, a proposito, hanno appena avuto un assaggio più consistente del disastro che hanno combinato... Archie è maturato molto a sua volta e deve prendere le redini della famiglia finché il patriarca è in carcere. Speriamo aiuti anche lui Candy a ritrovare se stessa, un poco alla volta...

Elizabeth: Sia Candy che Albert stanno facendo dei passi avanti, seppur in direzioni diverse e le loro strade non sono prive di rischi e di timori. L'investigatore assunto da George pare abbia proprio un piano che coinvolgerà la polizia di New York, speriamo che si possa attuare e scagionare finalmente Albert!

Mia8111: Grazie!

Edith Andrade Ce: E come disse Miss Pony, dietro l'angolo si nasconde... no, non era proprio così, ops! XD Insomma, Neil ed Eliza il pericolo però se lo sono andato davvero a cercare, ed è ora che abbiano paura! Meno male che il nostro Principe della Collina (Candy mi scruta con sguardo assassino) si è svegliato! Il fatto che ti tenga con l'ansia e l'agitazione per me significa molto, vuol dire che riesco a creare un po' di pathos, grazie!

Charlotte: Far tornare Albert alla vita, per me, è stato bello quasi quanto far morire di paura i Lagan XD La conversazione tra Albert e Archie era nella mia testa da tanto tempo, d'altronde il giovane Cornwell era quello meno coinvolto ed era anche giusto farlo uscire. Candy si sta avvicinando la verità, ma sarà davvero un bene? Grazie di cuore, alla prossima!