Il secondo incontro
Quando gli annunciarono la visita di Annie, Archie era seduto alla sua scrivania e stava cercando di riprendere le fila dei suoi studi di economia su un libro. Per fortuna il lavoro con Albert lo aveva formato molto e ora gli sembrava di trovarsi su un terreno familiare, dove ogni cosa era naturalmente conseguenza dell'altra.
Mentre attendeva l'arrivo della sua ex fidanzata, però, non riuscì a rimanere seduto e cominciò a passeggiare chiedendosi cosa volesse dirgli di così importante: quando era stato lui ad andarla a trovare a casa era stato per chiedere il suo perdono.
Annie gli sembrò bellissima, con il suo semplice abito azzurro che le lasciava scoperte le caviglie e un nastro intonato tra i capelli sciolti.
"Ciao", disse in tono contrito e lui capì subito che era successo qualcosa.
"Annie", le si fece incontro, accigliandosi, sembrava sull'orlo delle lacrime.
Lei prese un respiro profondo, si morse il labbro in un modo che gli fece venir voglia di baciarla e mormorò: "La zia Elroy è venuta a trovarmi".
Archie s'irrigidì e le prese le mani: "Non restare in piedi, ti prego. Siediti e dimmi cosa è successo. Sembri sconvolta".
Lei obbedì e sedette composta su una sedia, la schiena dritta e la postura affatto rilassata.
"La vecchia Annie non sarebbe venuta qui a parlarti e avrebbe solo accettato le cose. Ma dopo tutto quello che è accaduto tra noi non mi tirerò indietro". Sembrava quasi parlare a se stessa, con le mani che tormentavano i lembi del vestito.
"Parla chiaro, per favore... è qualcosa di grave? Ti ha offesa?". Archie si sentì ribollire il sangue.
Lei prese un profondo sospiro, chiuse gli occhi e disse: "Mi ha detto che non devo più avvicinarmi a te e, se possibile, neanche alla sua casa".
La mascella gli cadde e gli occhi gli si spalancarono: "Che cosa?!".
"Sembrava fuori di sé, Archie", riprese in tono agitato. "Ha detto che ha già rischiato di perdere i suoi nipoti e che Candy ha irretito William. E non vuole che io lo faccia con te, specie dopo averti lasciato volontariamente! Dice... dice che la prima volta ha sbagliato ad accettare la nostra relazione e ha avuto ragione a dubitare della mia buona fede. E che io e Candy...".
Il cuore gli rombava nelle orecchie e il sangue gli affluì al cervello. Fu con voce vibrante di rabbia che chiese: "Tu e Candy cosa, Annie?". Gli tremavano persino le mani.
"Io e Candy saremo sempre delle orfane ingrate che non sapranno mai come è una signora dell'alta società", concluse chinando di nuovo il capo.
Archie scattò in piedi e batté un pugno sulla scrivania: "Una signora dell'alta società, eh? Come Eliza Lagan, per esempio?!". Stava quasi gridando, come se la zia Elroy si trovasse lì, davanti a lui, al posto di Annie.
"È la stessa cosa che le ho detto io!", esclamò alzandosi a sua volta.
Lo stupore attenuò un poco la rabbia: "Davvero gliel'hai detto?". Quando annuì, mosse persino un pugno in segno di vittoria. "Brava Annie, hai fatto proprio bene!".
"Sì, ma lei ha risposto che... quella è tutta un'altra storia!", continuò imitando la voce della zia.
Archie rise di gusto, nonostante l'ira. Si rese conto che gli bastava stare con lei per sentirsi vivo, felice. Non solo aveva scoperto di amarla davvero, ma Annie aveva lasciato cadere anche certe sue inibizioni dovute alla timidezza e questo lo attraeva ancora di più, se possibile.
"Come è finita?", chiese con tono più serio.
Annie alzò le spalle: "Se n'è andata dicendomi che stare con Candy mi ha fatto male, perché sono diventata come è lei adesso. Ha anche aggiunto che sarei dovuta passare sul suo cadavere se mi fossi azzardata ad avvicinarti di nuovo. Quando mi ha chiesto cosa volessi in cambio le ho chiuso la porta in faccia".
La mascella gli cadde di nuovo: "Allora non se n'è andata, l'hai... l'hai cacciata?".
Annie arrossì: "Tecnicamente era sulla soglia della porta...".
Archie scosse la testa, sul punto di scoppiare a ridere di nuovo: "Oh, Annie... sei incredibile. Ma secondo te come ha fatto ad accorgersi che noi... sì, insomma, abbiamo fatto pace?".
Lei fece un sorrisetto: "Pensi davvero che la gente sia cieca? Soprattutto una donna furba come lei?".
"Già...", mormorò.
Il silenzio che seguì fu scomodo e a un certo punto Annie chiese: "Quindi... che facciamo?".
Archie si passò una mano tra i capelli, frustrato: "In realtà non c'è molto che possiamo fare. D'altronde lei non vive qui con me e noi siamo maggiorenni".
"Ma se ti metti contro di lei potrebbe cercare di cacciarti dal clan come ha fatto coi Lagan!", protestò la ragazza.
Lui sedette tranquillamente alla scrivania: "Ora che Albert è a capo della famiglia è lui a prendere certe decisioni. Annie, la zia adesso conta molto meno di lui: potrebbe persino decidere di mandarla via di casa, lo sai?".
Annie cadde a sedere sul bordo del letto, una mano davanti alla bocca: "Ma non credo che sia capace di...".
"Certo che no", ribatté stringendosi nelle spalle, "ma se lei tira troppo la corda farà comunque valere la sua autorità".
Annie prese a mordicchiarsi un'unghia, guardando per terra e muovendo un piede in un gesto nervoso: "Allora lasciamo le cose così? Potremo ancora vederci?".
Archie sedette sul letto vicino a lei e la prese fra le braccia, in un gesto spontaneo: "Ci vedremo tutte le volte che vorremo e, anche se i miei genitori o i tuoi dovessero opporsi, noi saremo più forti. E se la zia Elroy si permetterà di insistere informeremo Albert. Va bene?". Si scostò un poco per guardarla e il suo volto arrossato e gli occhi brillanti gli indicarono che era d'accordo con lui.
Senza attendere risposta, la baciò. Lentamente, con dolcezza, insinuandosi nella sua bocca fresca dopo aver delineato i contorni delle labbra che lei aprì quasi subito.
Lasciò vagare le mani sulla sua schiena, mentre lei imitava i suoi gesti con i palmi aperti sul suo petto.
"Ti amo, Annie", mormorò quando si staccò per riprendere fiato e lei, per tutta risposta, avvicinò di nuovo le labbra alle sue.
Gemette in protesta quando si staccò, ma la felicità lo invase nel momento in cui disse: "Ti amo anche io, Archie. Nessuno ci separerà mai".
"Nessuno", ripeté baciandola di nuovo. Senza rendersene conto, l'abbracciò più stretta e la tirò giù con sé. Annie si puntellò con le mani sul suo torace, mentre il bacio continuava più intenso di prima.
Gli girava la testa, il corpo di Annie premuto contro il suo e le loro lingue che giocavano tra loro gliela fecero quasi perdere. Ubriaco di desiderio, si accorse a malapena che lei si era allontanata.
"Scusami, non avrei dovuto", stava dicendo sistemandosi i capelli e il vestito, il volto deliziosamente arrossato.
Archie sospirò, un po' frustrato, e si tirò a sedere: "Scusami tu. Forse è meglio se d'ora in poi ci vediamo nella sala principale. Le camere da letto sono pericolose", rise.
"Oh, Archie!", ribatté lei dandogli una leggera spinta e sorridendo. "E comunque la colpa è mia. Non avrei dovuto farti certi discorsi...".
Lui si alzò in piedi, affondando le mani nelle tasche: "Se non fossi stato così idiota a quest'ora forse saresti già mia moglie", disse guardando fuori dalla finestra.
Udì i suoi passi e un istante dopo le braccia di Annie erano allacciate alla sua vita: "Dimentichiamolo, Archie. In qualche modo è stato utile per farti capire... per farci capire meglio qualcosa di noi due".
Mentre si voltava per baciarle le mani con devozione, Archie pensò che l'avrebbe sposata anche il giorno successivo. Ma si era ripromesso di aspettare e di diventare l'uomo che meritava.
Quando la salutò, giurò a se stesso che si sarebbe impegnato con tutte le sue forze e, se fosse riuscito a laurearsi l'anno successivo, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata scegliere la data delle nozze.
Un anno, però, gli sembrava già maledettamente lontano.
- § -
Albert vide le lacrime negli occhi di Candy e si disse che, quando lo aveva visto disperato nella stanza della musica a Chicago, ne aveva versate molte di meno. Certo, la storia d'amore tra lei e Terry era stata straziante e lui non aveva omesso le parti più drammatiche.
Voleva che tutto fosse chiaro, che lei avesse tutti gli elementi del suo passato ben evidenti.
Sospettava che se la memoria fosse tornata non sarebbe stato di certo perché conosceva o meno determinate questioni del suo passato, ma da quello che aveva appreso grazie ad Adrian, la verità l'avrebbe indotta meglio a lasciarsi andare.
O a bloccarsi definitivamente.
Non c'era molto che potessero farci, né lui né Candy. In realtà, lei aveva più potere di chiunque altro su se stessa e ora che la vedeva asciugarsi gli occhi con il fazzoletto che le aveva porto, tirando su con il naso come una bambina, non poté fare a meno di dirle: "Vorrei tanto vederti felice", come aveva fatto tanto tempo prima, quando lei si era addormentata piangendo in mezzo ai giornali in cui si parlava di Terence.
Quella frase, però, in apparenza non le portò alcun ricordo.
"Credo che non lo sarò mai. Ma in questo caso non è colpa tua", terminò con voce nasale, fissando il caminetto spento. "La cosa assurda sai qual è?".
Lui fece cenno di no.
"È che di quello che mi hai raccontato non mi ricordo un accidenti di niente! A parte quel suo modo... di chiamarmi, il tuo racconto mi evoca solo emozioni di dolore e null'altro. Un po' come accade per Anthony. È come se il mio cuore riconoscesse il mio passato ma si rifiutasse di mostrarlo del tutto alla mia testa. Buffo, no?".
Buffo o meno, Candy non stava ridendo.
"Solo io ti faccio venire la nausea e l'emicrania?", domandò cercando di stemperare la tensione ma volendo approfondire quell'aspetto.
Candy si alzò in piedi: "All'inizio mi è successo anche con Terry. Oggi... oggi tutto è stato molto lieve. Avverto solo la disperazione".
Albert fece un grosso sospiro, chiedendosi se fosse una buona idea procedere. Poi si disse che l'aria aperta non poteva certo farle male. Batté le mani sulle gambe e si alzò anche lui: "Candy, andiamo a fare una passeggiata? C'è un bel sole".
Lei si voltò a guardarlo, gli occhi rossi ma asciutti: "Prima voglio sapere una cosa".
Era seria e sembrava tesa: "Certo, tutto quello che vuoi".
"Ero ancora innamorata di lui? Voglio dire, so che ci siamo lasciati e che poi quella Susanna è morta... ma come sono finita con te? Non per... insomma...". Incredibilmente, Candy gli parve quasi imbarazzata. Si trattava di un'evoluzione interessante che davvero non si aspettava.
"Ripiego? Questo intendi?", chiese col tono leggero di poco prima. "No, Candy. Hai chiarito le cose con lui e... sei tornata da me. Ma questa parte potremo affrontarla in un altro momento. Ora sei sconvolta".
Lei lo guardò per qualche istante, come se fosse indecisa sul da farsi. Albert capì che se solo lei avesse dato cenno di volerne sapere di più in quel preciso istante, lui glielo avrebbe raccontato, terminando una volta per tutte quell'agonia. Nella migliore delle ipotesi non avrebbe ricordato nulla, nella peggiore sarebbe fuggita non appena avesse saputo che aveva vissuto con lui, da sola, per due anni.
Non era pronto a illudersi con qualcosa di meglio.
"Va bene, andiamo. In effetti ho bisogno d'aria", acconsentì superandolo e aprendo la porta. Come se li avessero attesi, gli animali si fecero loro incontro e lui li accarezzò uno ad uno. Candy si limitò a fare un paio di carezze al daino, col quale sembrava aver stretto amicizia.
"Andiamo al fiume. C'è una piccola barca che voglio farti vedere", disse con il cuore che cominciava ad accelerargli in petto.
Mentre camminavano, fianco a fianco e in silenzio, Albert si ritrovò a pregare Stair.
- § -
Carissima Karen, come stai? Lunedì ci sarà la prima del mio film e vorrei... "No, non va bene!". La lettera finì accartocciata e Terence la lanciò distrattamente alle sue spalle.
Sua madre si schiarì la voce ma lui la ignorò.
Ciao, Karen, come va? Mi chiedevo se ti piacerebbe... "Ahhh, non va bene neanche così!". Altro cartoccio lanciato a caso.
"A-EHM!", fece sua madre un po' più forte.
Lui le scoccò un'occhiata torva, incontrando il sopracciglio inarcato e vedendola con le mani sui fianchi, il piede che batteva a terra: "Non proporti mai come sceneggiatore, Terry, saresti un disastro", commentò.
Mia dolce Karen, ricordo ancora... "Al diavolo, ci rinuncio!", esclamò alzandosi e facendo a pezzi l'ultimo foglio, lasciandoli poi cadere sul pavimento pieno di carta.
"Di' un po', offrirai un supplemento alla povera Bessy per tutto questo caos o devo aiutarti a mettere a posto?", chiese Eleanor spostando alcuni cartocci col piede.
Terence si passò una mano tra i capelli: "Mamma, potrei rimanere un po' da solo, per favore?", chiese. Amava il nuovo rapporto che si era instaurato con sua madre, ma la cosa stava diventando a tratti soffocante.
"Certo, tesoro, come vuoi. Volevo solo portarti lo stufato che ha cucinato la mia cuoca... quella donna pensa che dopo aver lavorato a un film io abbia bisogno di ingrassare almeno venti libbre*!". La vide andare in cucina e posare il sacchetto che aveva preparato.
Per un attimo i loro sguardi s'incontrarono e lei socchiuse gli occhi, come riflettendo.
Oh, no, ti prego, non farlo...
Non voleva una predica e non voleva parlarle di Karen. Sedette alla scrivania e tirò fuori altri fogli. Ebbe appena il tempo di intingere la penna nell'inchiostro che lei pigolò, facendolo trasalire: "Oh, Terry, ho dimenticato che devo fare una telefonata urgente, posso approfittare del tuo apparecchio, per favore?".
Alle labbra gli salirono decine di imprecazioni, mentre si portava di nuovo la mano tra i capelli con un sospiro frustrato: "Certo", biascicò senza poter trattenere un sospiro irritato.
Lei si accomodò vicino al tavolino e compose un numero. Quando la sentì chiedere di Karen si girò di scatto con tutta la sedia e rischiò di cadere. Furioso, le fece un gesto concitato con due dita che saettavano da un lato all'altro del collo.
Eleanor alzò gli occhi al soffitto e, prima che potesse farle cenno di riagganciare, parlò: "Oh, ciao Karen, come stai? Sono Eleanor Baker!".
Con un gemito di scoramento, Terence si portò una mano sulla faccia, sbirciando tra due dita sua madre come se potesse impedirsi anche di sentirla. O di farla parlare.
"Sì, abbiamo finito le riprese da poco, è stato davvero incredibile!".
Sì, incredibile come un dopo sbronza chino sul gabinetto.
"La prima ci sarà lunedì prossimo e tu sarai mia ospite!", cinguettò facendo ampi gesti con le braccia, neanche potesse vederla.
Terence si ritrovò a deglutire. Cosa doveva sperare? Che dicesse di sì o di no? E lui che avrebbe detto se l'avesse vista?
"Certo, lo immagino... beh... naturalmente! Fantastico, tesoro, ci sarà la créme de la créme di Pittsburg. Oh, lo so, ma è una bella occasione anche per te. Il regista?".
Terry cercò di fare lo sguardo più supplichevole che gli riuscì e, per fortuna, Eleanor colse almeno quel messaggio: "Diciamo che puoi aspirare a molto meglio, tesoro... sì, so quello che ho detto. Certo, una trama incredibile... in ogni senso".
Terence scosse la testa: gli veniva quasi da ridere.
"Va bene, a presto allora, fai buon viaggio!". Quando riattaccò, Terence aveva le mani sudate e il cuore che sembrava un tamburo africano.
"Mamma, io...".
"Oh, Terry, mi raccomando, scalda un po' quello stufato, credo che ormai sia freddo. Ma com'è tardi! Devo andare, buona giornata!". E, prima che potesse dire altro, gli soffiò un bacio dalle dita e se ne andò, lasciandolo a bocca spalancata e con un palmo di naso.
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"E questa che diavolo è?", chiese Candy alzando un sopracciglio, vedendo una specie di cigno di legno galleggiare sull'acqua.
Albert rise di cuore: "Questa è una delle invenzioni più belle di Stair. Hai parlato di lui con Patty, giusto?", chiese chinandosi per controllare la bizzarra imbarcazione, saggiandone il bilanciamento.
Si avvicinò alla riva fino a toccare la testa di quell'animale finto e le sfuggì un sorriso: "Era bravo. Anche quel carillon che ho io è quasi perfetto. Peccato sia morto così giovane... ". Per qualche istante rimasero entrambi in silenzio e lei poté vedere la composta malinconia sul viso di Albert.
Sentiva per quel giovane dei sentimenti di profondo affetto, quasi fraterni e di sicuro meno tormentati di quelli che caratterizzavano Anthony, Terry e... Albert stesso. Il dolore era uguale eppure diverso, restava la consapevolezza di aver perso qualcun altro di davvero prezioso.
Albert scavalcò l'argine, allargando le braccia per rimanere in piedi in quella barchetta che sembrava troppo piccola per la sua altezza e, poggiando una mano sul bordo e chinandosi un poco, le allungò il braccio per aiutarla.
I lineamenti sorridenti e distesi,
Poupee viene tutti i giorni a schiacciare un pisolino in barca.
gli occhi colmi di aspettativa come quelli di un ragazzino che stia per salire su una giostra.
Funziona tutto, tranne il getto d'acqua.
Mentre afferrava quella mano tesa avvertendo una specie di scossa elettrica, Candy gettò un'occhiata all'ugello posto sul capo del cigno e la cosa non sfuggì ad Albert.
"Funziona tutto, tranne il getto d'acqua", disse lentamente, fissandola con intensità. Aveva capito il suo ricordo alla perfezione, era diventata davvero trasparente.
In quello spazio così ridotto stare lontani non era possibile, così cercò di rilassarsi nonostante il cuore le battesse forte come un tamburo e le mani le sudassero tanto da doverle strofinare sul vestito. Albert si posizionò di fronte a lei e Candy dovette distogliere lo sguardo perché avvertì con chiarezza la nausea e l'incipit di un altro mal di testa.
Indietro, ricordi, state indietro! Non voglio ricordare così vicina a lui, mi sento... oh, mi sento così vulnerabile!
Si rannicchiò su se stessa, spaventata dall'intensità di quella memoria che voleva sommergerla ma che lei cercava di deviare come il corso di quel fiume così gentile che scorreva.
Non puoi fuggire per sempre. Lo so. Se lui è il tuo destino devi accettarlo. Ho paura!
"Candy, hai freddo?". Sussultò come se, invece di averla sfiorata, Albert l'avesse colpita con uno schiaffo come quella notte nella sua stanza.
"No", rispose brusca, aderendo così tanto alla coda del cigno da rischiare di ribaltarsi, non fosse stato per il contrappeso di lui.
Per un po' navigarono dolcemente tra la vegetazione e gli alberi rigogliosi, i prati in fiore e gli uccellini che cantavano: se non fosse stata nelle sue condizioni, avrebbe potuto pensare di essere appena caduta in una specie di fiaba. Ma, invece di immaginare folletti e fate, Candy sentiva la minaccia dei ricordi avvolgerla sbucando dalle fronde e dall'acqua come un essere vivo e oscuro, fatto d'ombra.
A un certo punto arrivarono a una biforcazione e Albert si affrettò a usare un corto remo per prendere la strada di destra. Candy udì un rumore molto forte in lontananza a drizzò la testa, in ascolto: "Che cos'è?", chiese sapendo già la risposta.
"Una cascata", rispose lui con tono calmo. Ma, nella tensione dei tendini del collo, lei vide che era nervoso.
Vuole farmi cadere da una cascata per provocarmi uno shock?
No, era una cosa troppo stupida e pericolosa, senza contare che avrebbero rischiato di annegare in due. E, dopo qualche minuto, Candy si accorse che il forte rumore d'acqua si era in effetti allontanato un poco.
Respirò l'aria pulita e tiepida della primavera a pieni polmoni e si riempì le narici del profumo dei fiori. Pensò che nessuno era tanto dolce e struggente come quello della rosa Dolce Candy.
Oh, Anthony, mi ricordo a malapena di te, ma fa così male... Forse, se mi conoscessi ora, non creeresti delle rose con quel nome.
Il pensiero le sembrò bizzarro ma le sgorgò naturale dal cuore. Coloro che erano morti, per assurdo, non la facevano sentire altrettanto in pericolo. Forse perché ormai quella sofferenza era ineluttabile e non ne avrebbe provata altra peggiore.
Con Terence e Albert, invece...
"Siamo arrivati", disse quest'ultimo accostando la barca all'argine e tendendole di nuovo la mano per scendere.
Stupita, Candy si era appena resa conto, in mezzo ai suoi pensieri, che erano giunti a una radura poco sotto alla cascata di cui aveva udito il rumore poc'anzi e che ora si trovava proprio lì vicino. Rimase a guardarla, incantata, poi si decise a scendere, accettando l'aiuto di Albert perché le tremavano le gambe.
"Dove siamo?", domandò pentendosi subito dopo di averlo chiesto, ma sapendo che lo avrebbe scoperto comunque.
"Nel luogo del nostro secondo incontro".
* circa dieci chili
Comunicazione di servizio: per chi lo volesse, ho creato un gruppo privato su Facebook per questa fanfiction. Potete scrivermi in privato per il link ^_^
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Angolo dei commenti:
Cla1969: Ciao! La scena della capanna l'ho ripresa dal manga e dall'anime, voleva essere un vero e proprio ricordo che Albert ricrea per Candy ;-) Il fatto che lei riesca a stare accanto a lui senza trattarlo male come prima è, in effetti, un gran passo avanti! Cosa combinerà invece Eliza?
Dady: Lo so che vi sto facendo soffrire, non è stata una passeggiata salutare neanche per me, credimi! Grazie di cuore per seguirmi, un abbraccio!
Dany Cornwell: Eliza aspettava la sua occasione e le si è appena presentata, chissà che cosa combinerà... Raymond è un uomo dell'epoca, con i suoi pregi e i suoi difetti, purtroppo non è come Albert che, se vogliamo, è meravigliosamente atipico: e infatti parla a Candy di Terry quasi senza battere ciglio, poveretto. Questa benedetta luce in fondo al tunnel sembra lontana... anni luce! XD
Ericka Larios: Non c'è dubbio che quello che ha fatto Raymond sia deprecabile: bisogna purtroppo considerare che all'epoca molti uomini si comportavano così e lui è stato praticamente rovinato dalla sua stessa famiglia... La paura dell'amore che sta sperimentando Candy può in effetti far chiudere il cuore persino ad Albert che è stanco di soffrire e vuole comportarsi da uomo. Ma come comandare sui propri sentimenti? Grazie mille, alla prossima!
Mia8111: Grazie mille, sono contenta che ti piaccia la mia storia!
Charlotte: Purtroppo per Sarah si raccoglie sempre ciò che si semina, nel bene e nel male. E lei ha seminato malissimo! Candy e Albert si avvicinano a piccoli passi, almeno possono sostenere una conversazione quasi con calma (quasi XD). Grazie a te per seguirmi!
Elizabeth: Purtroppo quelli non erano anni facili per le donne, se poi ti comportavi come Sarah Lagan la punizione era davvero tragica... Eliza sembra proprio che stia pianificando la fuga perfetta: ci riuscirà? E se sì, che combinerà? Il cammino di Albert e Candy non è stato breve e ancora c'è della strada da percorrere: speriamo non sia molta, ma tutto dipende da lei!
