Remember, I will still be here
As long as you hold me, in your memory
Remember, when your dreams have ended
Time can be transcended
Just remember me I am the one star that keeps burning, so brightly,
It is the last light, to fade into the rising sun
I'm with you
Whenever you tell, my story
For I am all I've done
Remember, I will still be here
As long as you hold me, in your memory
Remember me I am that warm voice in the cold wind, that whispers
And if you listen, you'll hear me call across the sky
As long as I still can reach out, and touch you
Then I will never die
Remember, I'll never leave you
If you will only
Remember me Remember me…
Remember, I will still be here
As long as you hold me In your memory
Remember, when your dreams have ended
Time can be transcended
I live forever
Remember me Remember me Remember… me…
Josh Groban - Remember Me
(Ricorda, sarò ancora qui
Finché mi tieni, nella tua memoria
Ricorda, quando i tuoi sogni sono finiti
Il tempo può essere trasceso
Ricordati solo di me sono l'unica stella che continua a bruciare, così brillante,
È l'ultima luce, a svanire nel Sol Levante
Sono con te
Ogni volta che parli, La mia storia
Perché io sono tutto quello che ho fatto
Ricorda, sarò ancora qui
Finché mi tieni, nella tua memoria
Ricordati di me sono quella voce calda nel vento freddo, che sussurra
E se ascolti, mi sentirai chiamare attraverso il cielo
Finché potrò ancora raggiungerti e toccarti.
Allora non morirò mai
Ricorda, non ti lascerò mai
Se solo lo vuoi
Ricordati di me ricordati di me…
Ricorda, sarò ancora qui
Finché mi tieni nella tua memoria
Ricorda, quando i tuoi sogni sono finiti
Il tempo può essere trasceso
Io vivo per sempre
Ricordati di me ricordati di me ricorda ... di me…)
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Attenzione, in questo capitolo è presente una scena rating T/M con contenuti abbastanza espliciti.
Tempesta
Albert fissava Candy passeggiare per il cortile godendosi il sole estivo da dietro un vetro. Ormai gli sembrava di vederla sempre come se stesse dietro a una vetrata, anche se erano a pochi passi di distanza dentro casa. Lo stesso calore della sua esistenza era qualcosa che avvertiva appena, come se tutto il meglio della vita gli fosse precluso.
D'altronde, era sempre stato così.
Certo, aveva avuto la sua libertà e aveva viaggiato, fuggendo o delegando le proprie responsabilità per anni, ma la più grande felicità, ora lo capiva, non era in Africa, nella soddisfazione altruista di aiutare il prossimo; non era nel brivido di decidere, dall'oggi al domani, dove andarsene senza freni; non era nel concludere un affare con successo e riprendersi con orgoglio il posto che gli spettava nella società e nel clan.
No, la felicità per lui era stata incontrare Candy e offrirle una spalla su cui piangere quando era morto Anthony; era stata nel rivederla a Londra e invitarla ad andarlo a trovare allo zoo. Ma, soprattutto, era stata nel vivere con lei per due anni e innamorarsene di nuovo, anche se spesso faticavano ad arrivare alla fine del mese.
Era stato felice quando, dopo averle donato la Casa di Pony, era stato costretto a viaggiare ma avevano mantenuto una fitta corrispondenza e si erano rivisti occasionalmente; ed era stato felice quando, alfine, aveva deciso di rivelarle i suoi sentimenti.
Aveva accarezzato la gioia elettrizzante di essere il suo fidanzato, in attesa di annunciarlo i via ufficiale a tutti, sviluppando con lei una nuova complicità che gli faceva solo pregustare quello che sarebbe arrivato dopo.
I baci, gli abbracci, le risate condivisi erano stati un sogno bellissimo dal quale era stato costretto a risvegliarsi bruscamente.
Albert mise una mano su quel vetro, sentendo il calore sul palmo mentre la vedeva senza poterla, né volerla raggiungere. Ricordò che una scena simile l'aveva vissuta tempo prima, il giorno in cui le aveva rivelato la sua identità di zio William: allora, lei stava tornando alla Casa di Pony con il sorriso sulle labbra e le illusioni erano ancore vive nel proprio cuore.
E ripensò a quanto fosse stato vicino a concludere quella vacanza solo per averle raccontato del periodo in cui aveva perso la memoria. Era stato solo grazie ad Adrian, che li aveva raggiunti in tutta fretta, che Candy si era convinta a rimanere.
Ma, quel poco che era riuscito a guadagnarsi da lei il giorno in cui gli aveva confessato di non odiarlo, ora sembrava essere svanito. Certo, non parlava più di odio, né lo evitava volutamente, ma aveva indossato una maschera di fredda indifferenza e cortesia che, se possibile, gli faceva ancora più male.
L'odio può mutare in amore. L'indifferenza uccide i sentimenti. Questa era la sua convinzione, forse errata, ma troppo vicina alla realtà per ignorarla.
Aprì la porta finestra, facendo qualche passo nel giardino. Candy stava accarezzando le rose come tracciandone i diversi colori con le dita: non erano mai state così belle, così dolorosamente simili alle tinte accese e appassionate dell'amore.
Albert prese un respiro profondo, allargando le braccia per accogliere i raggi del sole su di sé. Faceva caldo, ma lui aveva issato una lastra di ghiaccio intorno al suo cuore o, almeno, ci stava provando come un disperato.
Ricordò la conversazione con lo psichiatra.
"Perché restare qui, Adrian? Lei ormai ha deciso che non vuole ricordarsi di me, dopo quello che ha saputo", domandò al medico rimanendo con la schiena appoggiata alla porta dello studio. Non volevano che Candy li sentisse, ora che sembrava più tranquilla.
"Perché lei decide fino a un certo punto, Albert. Certo, può rifiutare l'idea di recuperare la memoria al punto da bloccarsi davvero, ma la mente umana non è una scienza esatta. Sospetto, anzi, che la rabbia che prova ora le renda ancora più difficile andarsene via, perché la lega in maniera più indissolubile a te", rispose enigmatico.
Lui aggrottò le sopracciglia: "Ma se è furiosa, come fa a...".
"Vuol dire che ci tiene", replicò asciutto, alzando le spalle come fosse ovvio, "e quindi si arrabbia. I suoi sentimenti verso di te sono molto forti e l'ha capito quel famoso pomeriggio. Il fatto che provi delusione nello scoprire eventi del suo passato vuol dire che si tratta di qualcosa d'importante".
"Anche quando le ho raccontato di Terence ha pianto, dimostrando di tenerci", gli fece notare andandosi a sedere.
"Non posso sapere con certezza a chi di voi tenga di più, Albert, o a se si sia affezionata a Annie o ad altri. Ma una cosa la so: amore e rabbia sono facce della stessa moneta. Se una cosa la lascia indifferente vuol dire che non le interessa. Credo sia così un po' per tutti, no?".
Il giorno dopo, Carter se n'era andato e Candy aveva cominciato a provare o a simulare proprio l'indifferenza. E lui, per autodifesa, aveva iniziato a fare lo stesso. Forse era un idiota infantile o forse era stato molto furbo, fatto sta che era difficile capire chi dei due stesse davvero fingendo.
Spiegarle era stato inutile. Supplicarla sembrava indisporla. Baciarla era stato come fare un viaggio vertiginoso su una montagna russa con destinazione finale l'Inferno. Non gli restava che emularla e parlarle con calma quando lei lo tollerava.
Albert era stato allenato per tutta la vita a nascondere i propri sentimenti e ora, dopo tanto tempo, ci stava riuscendo di nuovo. Al momento, la sua facciata sembrava reggere bene, ma non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito senza incrinarsi prima ed esplodere in mille pezzi poi.
Alle volte si sentiva come una bomba ad orologeria.
Vedendola lì, così bella e serena nel suo abito estivo del colore stesso dei suoi occhi, capì che il tentativo di estirparsela a forza dal cuore sarebbe sempre fallito miseramente finché le fosse stato accanto.
Gli parve assurdo, ma una parte di sé non vedeva l'ora che tutto si compisse, così avrebbe potuto tentare di lasciarsela alle spalle, provare a dirle davvero addio. Aveva ancora degli assi nella manica e se li sarebbe giocati a breve sperando, ma senza troppe illusioni, che funzionassero.
Voleva solo che lei fosse pronta a dargli un po' di fiducia.
"Pare che sia prevista una tempesta tropicale nelle prossime ore, potremmo esserne sfiorati", disse George alle sue spalle.
Albert si voltò: "Per favore, puoi dire al cuoco e al resto della servitù che possono andare via? Ho intenzione di lasciare Lakewood entro due o tre settimane al massimo, qui ce la possiamo cavare da soli".
L'espressione di George rimase composta, ma Albert capì che era rimasto colpito dalla sua richiesta da come le sue sopracciglia si erano inarcate e le mani, che stringevano il giornale aperto, si erano abbassate: "Pensa di terminare la vacanza su consiglio del dottor Carter?", chiese con una nota di allarme nella voce.
Lui chiuse gli occhi per un istante: "Adrian aveva parlato della fine dell'estate e, anche se manca ancora più di un mese, mi sembra che abbia poco senso continuare così. Non appena il tempo si rimetterà la porterò alla Casa di Pony e poi la lascerò andare".
L'uomo rimase in silenzio, fissandolo con intensità: "Ne è sicuro?", chiese dopo un po'. "Le ricordo che lei ha impiegato due anni per recuperare la memoria".
Albert diede infine voce ai suoi pensieri: "Quando ho cominciato questo percorso con Candy mi sono scioccamente illuso che raccontarle la verità fosse sufficiente a sbloccarle i ricordi, o almeno a convincerla che non fossero così negativi. Ma non avevo fatto i conti con la sua volontà, con le sue interpretazioni del passato e... con i suoi sentimenti. Mi è più che chiaro che lei non vuole ricordarsi di me e non posso certo costringerla. Ho fatto tutto quello che potevo tranne una cosa, ma ho aspettato... fino ad ora".
Si voltò ancora verso di lei, cercando di fissarsi nella mente e nell'anima l'immagine di Candy tra i fiori, perché era certo che gli sarebbe rimasta solo quella: "Credo di capire perché abbia atteso, signorino William", disse George a bassa voce.
Continuando a guardarla, Albert disse: "La amo immensamente, George, e ho rimandato perché la volevo vicino. Non ero ancora pronto a fare quest'ultima prova per vederla fallire e andare via da me. Ho fatto qualcosa di simile quando ho recuperato la memoria e non ho avuto il coraggio di allontanarmi subito".
Nonostante la freddezza che riusciva a mostrare a lei, Albert sentì un nodo stringersi alla gola e smise di parlare. Se fosse crollato ora, non avrebbe avuto il coraggio di andare avanti.
E doveva farlo.
"Un giorno, lei potrebbe tornare", mormorò George posandogli una mano sulla spalla, come confortandolo.
Albert deglutì forte per riuscire a rispondere, ma la voce gli uscì comunque incrinata: "Non so se potrò esserci, allora. Ora sono io che ho paura di innamorarmi di nuovo", concluse con un sorriso amaro.
"Ma lei l'ama ancora, giusto? E allora coraggio, la speranza è l'ultima a morire!". Albert si girò finalmente a guardarlo e lesse un lampo di fiducia vera nei suoi occhi. Aveva capito cosa volesse fare? Ci credeva davvero?
"Bene, vado a dare ordine al cuoco e agli altri di lasciare la villa quanto prima, così da permettere loro di fare rientro prima della tempesta. Vuole che vada anche io?", chiese chiudendo il giornale.
Albert ci pensò su. Dio solo sapeva se non aveva bisogno di una mano amica, ma se voleva fare le cose per bene doveva essere solo: "Sì, se non ti dispiace. Ti terrò aggiornato".
Lui s'inchinò un poco e rispose, guardandolo dritto negli occhi: "Ci conto".
I loro sguardi comunicarono come sempre e, come sempre, Albert seppe che lui sarebbe stato al suo fianco. Anche se avesse perso la donna che amava, non sarebbe certo rimasto solo al mondo.
Ma, allora, perché era esattamente così che si sentiva?
- § -
Terence fece scivolare la mano sinistra sulla spalla nuda della sua amante indugiando sul braccio morbidamente abbandonato in grembo e poi scendendo lungo il fianco destro con lentezza, fino a raggiungerne l'incavo.
Karen gli sorrise: "Mi fai il solletico", mormorò guardandolo con occhi luminosi.
Terence ricambiò il suo sorriso: "E così?", chiese avventurandosi dove nasceva la collina generosa della sua natica.
Lei, di rimando, emise un verso simile alle fusa di un gatto e lui continuò a torturarla, scendendo verso la coscia e tirandosi a sedere per arrivare alla gamba e alla caviglia.
"Così no...", disse lei alla fine, con un lungo sospiro soddisfatto.
Terence era seduto e si sosteneva con il braccio destro ma, in un gesto repentino, si posizionò con le gambe ai lati del corpo ancora sdraiato sul fianco di Karen. Lei fece per girarsi ma lui la bloccò: "No, resta così", la pregò.
Karen obbedì, chiudendo gli occhi, così si abbassò sfiorandole con una scia di baci la gamba, risalendo a ritroso dalla caviglia, rifacendo al contrario il percorso precedente senza fretta, fermandosi ancora sul fianco.
"Ti prego, smettila...", gemette lei con un tono che voleva intendere l'esatto contrario.
"*Mi vuoi dunque lasciare così mal soddisfatto?", citò lui col respiro un po' accelerato, il desiderio che stava di nuovo impossessandosi delle sue viscere nonostante l'avesse avuta solo pochi minuti prima.
"E qual soddisfazione potresti avere tu, stanotte?", ansimò la sua Giulietta mentre lui finalmente si appoggiava puntellandosi sui gomiti e usava una mano per catturarle un seno morbido.
"Lo scambio del voto fedele del tuo amore insieme al mio", riprese rauco, ricordando quante volte quella frase l'aveva ripetuta vestito di tutto punto sul palcoscenico e ritrovandosi ora a bearsi di quel contatto pelle a pelle.
"Ti ho già dato il mio prima ancora che fossi tu a chiederlo: eppure mi piacerebbe che il momento di dartelo non fosse già passato. Oh, Terry...", s'inarcò contro di lui, girandosi completamente e disattendendo la sua richiesta di poco prima, abbassando la mano per cercarlo.
"Vorresti forse riprendertelo? E perché amore mio?", nonostante l'eccitazione del momento, Terence le allontanò la mano, ridendo per la piega che quella tragedia aveva preso nel loro letto. "Stiamo trasformando Romeo e Giulietta in una commedia erotica, amor mio".
"Solo per poter essere prodiga, e dartelo di nuovo. Eppure altro non desidero se non ciò che già possiedo", ribatté lei con tono urgente, allacciandogli le gambe sui fianchi per tirarlo più vicino a sé. "Proporremo a Robert di cambiare qualcosa, la prossima volta che andremo in scena", disse prendendogli il volto tra le mani per baciarlo.
Terence accettò la sua passione con un lamento di disappunto: "Hai rovinato il mio capolavoro, guastafeste", ringhiò entrando in lei senza più tergiversare.
Karen accolse la sua invasione con un gemito profondo che lo incendiò, lo consumò, lo portò alla follia.
Non era la prima volta che facevano l'amore per una giornata intera, ma era come se non ne avessero mai abbastanza. C'era molto tempo perduto da recuperare.
Tracciò con le mani le strade che conosceva a memoria con frenesia, tenerezza e follia, assaggiando il collo e la bocca e mordicchiando i capezzoli eretti per lui.
"Terence!". Quel grido e il capo rovesciato all'indietro gli indicarono che era il momento di darle di più e lui aumentò il ritmo lasciandosi sfuggire gemiti rochi di piacere, sentendola raggiungere il suo culmine nel momento in cui si abbassava per catturarle le labbra.
Mentre i suoni dell'estasi ancora vibravano nel loro bacio, lui raggiunse la propria in un grido breve, intenso, profondo. Spostò il capo sul lato del collo di lei per respirare, ansimando contro la pelle morbida.
"Ti ho già detto che ti amo, oggi?", boccheggiò nel suo orecchio.
"Me l'hai detto e me l'hai dimostrato", rispose Karen allo stesso modo.
Terence si accoccolò contro di lei, carezzandole i capelli, perdendosi nei suoi occhi, sentendosi finalmente vivo dopo tanta sofferenza.
"Karen, io...". L'insistente bussare alla porta li congelò sul posto.
"Aspettavi visite?", chiese Karen con una nota di panico.
"No", mormorò lui, "ma forse, se facciamo finta di...". Il suono aumentò.
"Dannazione!", imprecò lui afferrando un asciugamano e legandoselo alla vita come meglio poté. "Arrivo, arrivo!", gridò.
Karen si coprì con il lenzuolo e si tirò a sedere: "Terry! Mica vorrai andare ad aprire così!", esclamò senza riuscire a trattenere una risata.
"Pensi che chiunque sia mi dia il tempo di farmi una doccia e rivestirmi?", ribatté lui indicando l'ingresso col pollice e allargando le braccia.
Con passi rabbiosi, si diresse verso la maledetta porta e l'aprì. Sbiancò quando si trovò davanti sua madre che, nel vederlo praticamente nudo come l'aveva partorito, spalancò la bocca.
"Ma... mamma, è che... stavo per fare la doccia e...". Terence si sentì come un ragazzo colto in flagrante, il che gli parve assurdo e comico allo stesso tempo.
Eleanor alzò una mano, liquidandolo quando si scostò per farla entrare: "Non voglio interrompervi, Terry, sono solo venuta a salutarti di presenza visto che il telefono è staccato da ore".
Scoccò un'occhiata all'apparecchio e rifletté che, forse, era ora di rimettere la cornetta al suo posto e uscire da quel letto. E se fosse venuto in mente a qualcun altro di presentarsi alla sua porta?
"Mi... mi dispiace", fu l'unica risposta che gli uscì dalle labbra. La verità era che si vergognava come un ladro di farsi vedere così da sua madre.
"Oh, non dispiacerti, ma cercate di... fare attenzione. I figli sono meravigliosi, ma sempre nell'ambito del matrimonio. Pianificate la vostra vita, per quanto potete, secondo le priorità, che siano esse lavorative o di coppia", disse con un sorriso.
"Mamma...", quello stupito ora era lui. Non credeva che sua madre sarebbe stata così comprensiva e... moderna, ma d'altronde non era lei quella ad aver avuto un figlio senza neanche essere sposata?
"Sono venuta a salutarti... beh, ovviamente salutami anche Karen a questo punto", ridacchiò. "Parto per una tournée domani mattina presto e non tornerò prima di tre mesi. So di lasciarti in buone mani".
"Eleanor, aspetti!". Terence si raggelò nell'udire la voce di Karen ma, quando si voltò, la vide vestita di tutto punto. Lei sì che era stata più furba di lui...
"Oh, tesoro, ben trovata, come stai?", disse sua madre senza varcare la soglia ma allungandole una mano. Terence si fece da parte, cercando di calcolare se avrebbe fatto in tempo anche lui a mettersi qualcosa di decente addosso, ma rinunciando quando capì che Eleanor non si sarebbe trattenuta a lungo.
Lei gliela strinse con fervore: "Non so ancora come ringraziarla per avermi invitata quel giorno, se non fosse stato per lei...".
La donna scosse la testa: "Oh, no, ti prego, non devi ringraziarmi. E, soprattutto, non farmi commuovere perché devo correre a una conferenza stampa e ho appena rifatto il trucco. Ci rivedremo al mio ritorno e Terence sarà vestito, d'accordo?", suggerì ridendo.
"Questo è poco ma sicuro", borbottò lui sentendosi avvampare e scompigliandosi i capelli, a disagio.
"Bene", fece sua madre battendo le mani, "vi lascio alle vostre... occupazioni, ci sentiamo per telefono!".
Eleanor chiuse la porta dietro di sé e Terence corse per raggiungerla: "Mamma, aspetta!". Inciampò in qualcosa e per poco non cadde. La risata convulsa di Karen gli indicò che era l'asciugamano.
"Non credo sia il caso di salutarla così, Terry", suggerì lei raggiungendolo e porgendogli ciò che gli era caduto.
"Accidenti, che vergogna! Non credo che andrò mai più ad aprire una porta in vita mia", commentò allungando un braccio per riprendersi l'asciugamano.
Karen ritirò la mano, impedendoglielo: "Così impari a darmi retta. Sarebbe bastato chiedere chi era e domandarle di aspettare che ti vestissi".
Terry si accigliò, protendendosi per riavere il maltolto: "Sì, hai ragione. Ora me lo ridai? Sono nudo come un verme".
"No", disse lei facendogli la linguaccia e correndo via: "Dovrai venire a prendertelo!", esclamò scappando come una ragazzina dispettosa.
"Ma brutta...!". Terence la inseguì e saltò all'ultimo istante per evitare una sedia che aveva rovesciato per rendergli più difficile il gioco.
Arrivati in camera da letto, lei gli sventolò davanti l'asciugamano come se fosse un torero e lui il toro: "Molto divertente, Karen Kleiss, dovrei incornarti, ora?".
"Bene, provaci!", lo stuzzicò lei continuando a sfuggirgli.
E, mentre fingeva di non riuscirci ma alla fine la placcava bloccandola sul letto, riempiendole il viso di baci e provvedendo a toglierle di nuovo il vestito, Terence capì che non avrebbe mai più potuto fare a meno di lei.
Forse era ora di chiederle di sposarlo.
- § -
Le finestre gemevano come se il vento volesse spezzarle e il pomeriggio era mutato in notte nel giro di poche ore. E non era ancora ora di cena.
Erano soli in casa e questo la sconvolgeva. Candy continuò a non capire come Albert avesse potuto fare una cosa simile, facendola sentire così... così...
Vulnerabile, persa, intrappolata...
Chiudendosi la porta della propria stanza alle spalle, decise di andarlo a cercare per affrontarlo e cominciò dallo studio. Mentre vi si dirigeva a passo deciso, Candy si disse che gli avrebbe chiesto di tornare a Chicago non appena fosse passata la tempesta, così che lei potesse decidere del proprio futuro.
Ne aveva abbastanza di tutta quella storia e, anche se Carter l'aveva convinta a restare, il panico non l'aveva mai abbandonata.
Lo studio era deserto e Candy sospirò, frustrata. Una folata di vento fece spalancare la porta finestra facendo volare un giornale e alcuni fogli e lei si affrettò a richiuderla lottando per un po' contro la forza del vento.
Ci mancava solo la tempesta tropicale!
Sbuffando, Candy fece per uscire da quella stanza per cercarlo altrove, quando un piede s'impigliò nel giornale. Lo raccolse con stizza e lanciò un'occhiata alla pagina che, con incredibile fatalità, le stava restituendo la foto di Terence Graham, l'attore che aveva amato.
La fitta alla testa arrivò, forte e chiara, e lei gridò, lasciando cadere il quotidiano. Rimase così, con le mani sulle tempie, respirando con affanno nel tentativo di riprendersi e di dominare quel vago senso di nausea.
Quando si sentì meglio, lo raccolse di nuovo con le mani e le gambe che le tremavano e dovette sedersi per leggere.
Terence Graham e la sua fidanzata Karen Kleiss erano le due stelle della celebre compagnia Stradford.
"Terence è rimasto con Susanna finché non è morta. Ha mantenuto la sua promessa e anche la sua carriera è tornata ad essere brillante".
"E dopo, Albert, che è successo? Non mi ha più cercata?".
"So che ti ha scritto. E qualche tempo dopo sei andata da lui a New York per dirgli addio...".
"Non hai perso tempo, vero?", disse con rabbia, stringendo la carta tra le mani contratte, cercando di immaginare quel bel volto rivolgersi a lei chiamandola Tarzan Tuttelentiggini.
Quando Albert le aveva raccontato del periodo in cui avevano condiviso l'appartamento, aveva fatto cenno alla sua sofferenza per Terry e a come, per evitarle ulteriore dolore, avesse cercato di nascondere tutti i giornali che parlavano di lui in quel periodo.
Furiosa e con la pagina ancora stretta in mano, Candy continuò a cercarlo nelle altre stanze, tornando al primo piano per bussare alla sua e, infine, dirigendosi verso le cucine. Albert era lì, apparentemente intento a preparare qualcosa di molto elaborato.
Sulla tavola c'erano taglieri con verdure affettate, patate da pelare e qualcosa che doveva essere arrosto con delle erbette adagiate sul vassoio: sembrava pronto per essere infornato. Albert canticchiava ai fornelli girando il mestolo in una pentola e, a vederlo così, se non fosse stata tanto tesa sarebbe scoppiata a ridere. Aveva persino il grembiule, neanche fosse una massaia!
"Non ti togli quel vizio di nascondermi i giornali, vero?", esordì facendolo voltare in un sussulto.
"Candy, mi hai spaventato!", esclamò girandosi ad abbassare il fuoco prima di coprire la pentola con un coperchio e avanzando verso di lei.
Cercò di concentrarsi sulla propria rabbia e non su quel ridicolo grembiulino rosa con i volant: "Cos'è, pensavi che sarei rimasta sconvolta? Beh, avevi ragione. Lo sono", disse sventolando la pagina.
Albert la prese e la guardò, accigliandosi: "Dove l'hai trovata?".
"Nel tuo studio!", quasi gridò.
Lui la guardò con stupore che le parve quasi sincero: "Candy, non sapevo ci fosse questa notizia in quel giornale! Lo ha comprato George perché parlava della tempesta che sta arrivando e deve averlo lasciato lì".
"Vuoi dire che non ne sapevi nulla?", domandò dubbiosa, mentre lui si avvicinava al tavolo per cercare qualcosa.
"Certo che no, Candy. Ma dove diavolo ho messo quel coltello?".
Candy sospirò, guardò la foto per un attimo e riabbassò la mano: "È proprio un bel ragazzo e anche lei è bella. Sai se la conoscevo?", domandò. Qualcosa di doloroso le si stava aprendo al centro del petto.
La mascella di Albert si contrasse e, per un attimo, lo vide irrigidire le braccia mentre finalmente trovava ciò che cercava: "Non lo so, ma suppongo sia nella compagnia da parecchio, da come ne parlano".
Nella sua mente si affollarono mille pensieri e li espresse tutti ad alta voce, carezzando la foto con due dita: "Chissà quanto mi ha amata veramente, se ha sofferto dopo che l'ho lasciato e... quante donne ha avuto e avrà. Sarò stata una delle tante?".
"Ahi!", l'esclamazione di dolore di Albert le fece alzare la testa di scatto. Aveva lasciato cadere il coltello con cui pelava le patate e si teneva un dito sanguinante con l'altra mano.
Senza riflettere, gli si avvicinò, afferrò uno straccio e lo avvolse intorno alla ferita, esercitando una leggera pressione: "Così fermeremo l'emorragia. Ora mettilo sotto l'acqua fredda", gli intimò spingendolo verso il lavandino della cucina.
Lui si limitò ad eseguire scoccandole occhiate curiose e perplesse: "Sei ancora un'ottima infermiera, a quanto vedo", disse mentre metteva il dito sotto al getto freddo con un lieve sussulto.
Candy sbatté le palpebre, scosse la testa confusa e disse solo: "Credo siano nozioni alla portata di tutti, non pensi?". In realtà non ne era sicura. Le vennero in mente disinfettanti e suture e si chiese se ne avessero in casa. Perché, comunque, si stava preoccupando tanto per un taglietto?
"Il sangue si è quasi fermato", dichiarò Albert chiudendo l'acqua e avvolgendo il dito in uno straccio pulito. La stava guardando con un'intensità tale che temette potesse leggerle dentro: un minuto prima stava ripensando a Terence, ora voleva solo cercare una benda e strappare quel giornale.
"Dove sono le bende?", domandò distogliendo lo sguardo.
Continuò a sentire il suo addosso che sembrava bruciarle la pelle, quando rispose: "Nel bagno del piano terra, sai dov'è?".
Lei annuì e uscì da quella cucina accompagnata dal gemito costante del vento e dal picchiettare delle prime gocce di pioggia sulle finestre dei corridoi. Se il rumore non fosse stato molto più forte e la tempesta più violenta, avrebbe detto di essere tornata nella sala della musica di Chicago, quando aveva capito...
Cosa, cosa ho capito? Che non odio Albert è che mi è tutt'altro che indifferente? Che sono terrorizzata dai miei ricordi perché temo di dover sostenere sentimenti più grandi di me che mi potrebbero deludere a morte?
Anche lui avrebbe potuto lasciarla o, peggio, avrebbero potuto impedire loro di stare insieme, visto che quella arcigna prozia non la poteva sopportare.
Cercò nell'armadietto dei medicinali facendo quasi cadere tutto, tanto le tremavano le mani. Alla fine afferrò una benda e del disinfettante e ritornò in cucina, dove Albert stava cercando di continuare il suo lavoro con le patate nonostante lo straccio voluminoso.
"Vieni qui", gli disse con il tono più freddo che le riuscì.
Lui obbedì e Candy continuò a ripetersi che era una semplice ferita, anche se discretamente profonda, quella su cui stava posando il cotone imbevuto di alcool; che era solo il dito indice di Albert e non la mano che l'aveva stretta mentre la baciava come se la sua vita dipendesse da lei, quello che stava fasciando con gesti che le sembravano così naturali e familiari.
Sei ancora un'ottima infermiera.
"Fatto", disse facendo l'errore di alzare gli occhi su di lui.
E, diamine, i loro sguardi rimasero incatenati troppo a lungo
Terence chi...?!
e Albert si stava impercettibilmente avvicinando troppo a lei
Sono una donna come le altre, uomini come loro possono averne a decine ai loro piedi. Soprattutto lui che è così...
e il rumore dell'acqua che bolliva era troppo forte, ma fu solo quando il coperchio cadde che l'incanto si spezzò.
"Accidenti!", esclamò lui precipitandosi a spegnere il fuoco.
Intenzionata a fare qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse pensare, Candy si mise a cercare un altro grembiule e, non trovandolo, gli chiese: "C'è solo quel ridicolo coso rosa che hai addosso tu o in questa cucina esistono altri grembiuli? Voglio aiutarti".
Albert la squadrò con espressione divertita: "Questo ridicolo coso rosa, come lo chiami tu, somiglia molto a quello che avevo a casa nostra quando vivevamo insieme. E per rispondere alla tua seconda domanda sì, ci dovrebbero essere altri grembiuli in quel cassetto, ma ti ricordo che sei sempre stata una pessima cuoca".
Candy s'infuriò davvero: "Quindi pensi che io non sia in grado di mettere questo arrosto in forno senza prendere fuoco?", chiese andando a prendere il vassoio.
Lui alzò un sopracciglio, con aria di sfida: "Devi solo aggiungere del sale, il forno è già acceso. Non dimenticare di coprirti le mani prima di metterlo a cuocere o potresti ustionarti".
"Lo so!", rimbeccò lei eseguendo quanto chiesto.
Mentre Albert ricominciava a canticchiare ai fornelli e lei si occupava dell'arrosto, si chiese se, in quella casa, avessero mai vissuto un'armonia simile e quanto sarebbe durata se lui non se ne fosse andato una volta recuperata la memoria.
Scacciò il pensiero con decisione, perché la testa aveva ripreso a farle male. E sembrava volerle scoppiare.
* citazioni da Romeo e Giulietta di Shakeaspeare
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Angolo dei commenti:
Sandra Castro: Carissima, i tuoi commenti farebbero la gioia di qualsiasi autrice, sono vere e proprie recensioni XD Allora, partiamo dal bacio dell'altro capitolo: hai ragione, un bel passo avanti ma con due indietro, perlomeno. I suoi timori le fanno ritorcere tutto contro il povero Albert, che davvero non sa più come comportarsi con Candy! Ho riflettuto molto sul fatto di raccontare il momento in cui Albert riferisce a Candy della loro convivenza alla Casa della Magnolia, ma mi sembrava di ripetere cose già note, così sono saltata al momento successivo, a un litigio che avrebbe pure risvolti comici, visto anche come coinvolgono George, ma che sancisce l'ennesima sconfitta per Albert. Il suo silenzio e quel biglietto sono la scusa, per Candy, di rivoltarsi di nuovo contro di lui... Chi può aiutare davvero Candy? E chi aiuterà il povero Albert che non ce la fa più?
Perlomeno, in tutto questo, almeno Eliza è fuori gioco una volta per tutte, mentre Terry... ho adorato scrivere questo capitolo! La scena del treno mi ha colpita come un lampo e ho voluto descriverla così com'era, sono felice che ti sia piaciuta!
Infine, Raymond ha tirato fuori questo lato inaspettato del suo carattere, ma c'è da dire che sua moglie non lo ha aiutato a restare lucido! Grazie di cuore, alla prossima!
Dady: Ciao! Beh, capisco che tu ti senta delusa, ma di certo se la storia ti annoiasse non saresti arrivata fin qui, giusto? ;-) E sei liberissima di abbandonarla per altre fanfiction dove Albert e Candy sono felici e contenti, ne hai facoltà così come leggere la mia e lasciarmi un commento. Come ho già avuto modo di spiegare, apprezzo qualsiasi critica costruttiva, ma in questo caso si entra nel merito della trama che è costruita così per un motivo: Candy ha perso la memoria, ha avuto un danno così esteso che la sua personalità è cambiata profondamente, complici anche alcuni ricordi spiacevoli. Se all'improvviso si gettasse fra le braccia di Albert (e se hai letto bene tra le righe lei capisce di amarlo ma NON VUOLE lasciarsi andare) sarebbe quantomeno strano. Allora sì che sarebbe deludente! Candy sta facendo un percorso e Albert, ricevendo i colpi più duri ma non mollando, dimostra quanto tiene a lei. Questo è lo spirito della mia storia, a te decidere se avrai il tempo e la pazienza per seguirla fino alla fine. Un saluto!
Ericka Larios: Non hai tutti i torti nel dire che se Albert lasciasse Candy ora sarebbe quasi meglio per lui. Il poveretto ne sta passando davvero tante in nome di questo amore e la sua sofferenza appare davvero superiore a quella di Candy. Ma lei non lo ha abbandonato quando era senza memoria, anche se di certo lui era molto, MOLTO più affettuoso. Il finale ci sarà, prima o poi. Non posso dirti quale sarà e fra quanto, ma la fine di questo lungo cammino la vedrai...
Cla1969: Mi è piaciuto tanto scrivere quella scena così scenografica per Terence, d'altronde sono o no due attori? Per Albert direi di organizzare una spedizione di fans e andarlo a consolare tutte insieme XD Scherzi a parte, davvero non sa più che pesci prendere...
MIa8111: Ti ringrazio molto!
Elizabeth: E per una coppia che finalmente si unisce, i nostri adorati biondi continuano a soffrire. Il cammino non è solo lungo ma molto, molto doloroso...
Charlotte: Ciao! Sono contenta che ti piaccia come ho caratterizzato il rapporto tra Terry ed Eleanor: nel manga e nell'anime lo vediamo poco, ma leggendo tante fanfiction mi sono fatta un'idea di come vedrei meglio questa donna alle prese con un figlio che spesso si comporta da adolescente XD Sì, Candy nonostante tutto capisce che prova qualcosa per Albert e questo la fa, paradossalmente, arretrare ancora di più davanti a lui, attaccandosi a fatti non reali. Grazie di cuore per seguirmi sempre!
