Quinta parte: Give me your love
Io non so parlar d'amore
L'emozione non ha voce
E mi manca un po' il respiro
Se ci sei c'è troppa luce
La mia anima si spande
Come musica d'estate
Poi la voglia sai mi prende
E si accende con i baci tuoi
(...)
Tra le mie braccia dormirai serenamente
ed è importante questo sai per sentirci pienamente noi
un'altra vita mi darai che io non conosco
la mia compagna tu sarai fino a quando so che lo vorrai.
(Io non so parlar d'amore - Adriano Celentano)
La senti questa voce
chi canta è il mio cuore
amore amore amore
è quello che so dire
ma tu mi capirai
I prati sono in fiore
profumi anche tu
ho voglia di morire
non posso più cantare
non chiedo di più
La prima cosa bella
che ho avuto dalla vita
è il tuo sorriso giovane, sei tu.
Tra gli alberi una stella
la notte si è schiarita
il cuore innamorato sempre più
sempre più
(La prima cosa bella - Nicola di Bari)
Le musiche dell'anime di Candy Candy che ho ascoltato mentre scrivevo il capitolo, e che vi consiglio caldamente sono tutte di Takeo Watanabe: "Anthony mio" - "Cita en el jardin de las Rosas" - "El principe de la Colina" - "Naturaleza eslplendida" - "Juventud en Londres". In questo ordine.
Insieme
Albert non pensava che quella mattina sarebbe riuscito ad alzarsi dal letto, fare una doccia, vestirsi, mangiare e compiere altre azioni così banali e quotidiane.
Invece lo fece, costringendosi a recuperare il proprio equilibrio: d'altronde era lì per struggersi e piangere la perdita della donna amata o per ricomporre i pezzi, sparsi ovunque, di se stesso?
L'esplosione c'era stata, forte e quasi mortale, ma lui era ancora vivo e doveva occuparsi delle sue ferite.
Si sentiva ancora come se la sua anima viaggiasse fuori dal corpo e lui fosse un semplice spettatore, ma era riuscito persino a raggiungere il roseto per occuparsi personalmente di alcuni cespugli, tagliando rami secchi e annaffiando.
Nel pomeriggio, decise che era ora di un'escursione nel bosco, a contatto con la natura. La natura non l'avrebbe mai abbandonato e sarebbe stata qualcosa da cui trarre forza.
Arrivato in una radura, Albert sedette sull'erba fresca e profumata, sentendo sotto di sé la morbidezza compatta del terreno. Era una sensazione che gli era mancata e che gli evocava libertà, serenità.
Serenità.
Per un attimo si sentì il vecchio Albert, quello che vagabondava con la sacca su una spalla e la sua puzzola sull'altra, girando per il mondo con l'illusione di essere davvero libero.
Libero nel corpo, incatenato nello spirito. E nel cuore.
Le catene dell'educazione rigida, del destino legato al suo cognome e l'amore per lei che cresceva ogni giorno di più, suo malgrado, beffandosi della ragione.
Fuggivo ma ero sempre al punto di partenza.
Alzò il volto e lo offrì al tiepido sole, con gli occhi chiusi, beandosi della sua carezza confortante, sentendosene quasi commosso. Colto da un impulso improvviso, scattò in piedi, fissò l'albero alle sue spalle, scrutando ammirato il tronco nodoso, i rami frondosi...
Sorrise, immaginando Candy che si arrampicava lassù e lo attendeva, con il vestito strappato mentre anche lui strappava la propria camicia nel tentativo di raggiungerla.
Era accaduto anni o secoli prima? Era stato il giorno in cui aveva rivelato alla società la sua vera identità e poi era fuggito subito per respirare, dopo quell'impegno breve ma soffocante.
Ti avevo chiesto di aspettarmi e l'hai fatto. Poi abbiamo preso la barchetta di Stair e siamo caduti nel torrente, ti ho portata nella capanna nel bosco e...
Mentre i ricordi lo sommergevano, Albert si arrampicava, ansimando per lo sforzo. Doveva davvero rimettersi in forma, non c'era dubbio. Afferrò un ramo e perse la presa, quindi ritentò con un grugnito di disappunto. Finalmente, facendo leva col piede in una cavità del tronco, si issò e si mise a cavalcioni.
Una volta trovato l'equilibrio, allargò le braccia e prese un respiro profondo, chiudendo ancora gli occhi. Le foglie sussurrarono nel vento gentile portandogli alle narici il loro odore fresco, così simile eppure diverso da quello dell'erba.
Sto ritrovando me stesso.
Aveva appena formulato quel pensiero quando la vide.
No, era un'allucinazione, ne era certo. Candy era diretta a New York o in procinto di partire, non poteva certo essere quella figura lontana che si avvicinava correndo, chiamandolo per nome.
Quello è il sogno che ho fatto a occhi aperti ieri sulla Collina di Pony, ora sono sveglio e vigile e lei...
Ciononostante, si affrettò a scendere dall'albero, come se il suo corpo già sapesse quello che la mente si rifiutava di ammettere, non precipitando giù quasi per miracolo, tanto gli tremavano gambe e mani, scivolose per il sudore.
"Dio mio...", sussurrò restando vicino al tronco in piedi, appoggiandovisi, i sensi all'erta e il battito cardiaco che accelerava a livelli allarmanti.
Prima che potesse decidere come reagire, lei gli era di fronte, con le spalle che si alzavano e si abbassavano per il fiato corto dovuto alla corsa.
Incapace di emettere suoni, Albert scosse la testa e sbatté le palpebre come per scacciare un fantasma.
O una visione. Devo aver bevuto più del dottor Martin nei suoi giorni peggiori.
Poi lei piantò gli occhi verdi nei propri e il suo cuore tremò: non c'era più la freddezza che li caratterizzava da quando aveva perso la memoria, gli parve di cogliere quasi una nota di dolorosa nostalgia. Di nuovo, gli ricordò la ragazza di una volta e... anche sua sorella Rosemary.
Come vorrei restare così per sempre! Sognando, immaginando che...
Albert la guardò, ansimando per la mancanza d'aria, come se anche lui avesse corso.
Il silenzio tra loro era assoluto e temette che se l'avesse rotto si sarebbe svegliato di nuovo in un mondo dove lei non gli era accanto. Forse avrebbe dovuto farlo, invece di concentrarsi sull'emozione palpabile che si stava delineando sul viso di Candy. E che stava per travolgere anche lui come un maremoto.
Non devo farmi illusioni...
"Oggi è una giornata bellissima, perfetta per un pic-nic", disse con voce rotta, facendolo sussultare.
Cercando di articolare una risposta, boccheggiò prima di riuscire a risponderle con tono simile: "Sì, hai ragione...".
Sto rispondendo a un sogno o a un'allucinazione. Non può essere reale. Non può...
"Sai", continuò lei in tono ancor più malfermo, cercando qualcosa nelle tasche del vestito, "ho portato qualcosa ma...". Tirò fuori un pacchetto avvolto in un tovagliolo e Albert si ritrovò a fissarla con il cuore in gola e le gambe tremanti.
"Cosa hai portato?", domandò con la voce arrochita e incerta, trattenendosi a stento dal circondarla con le sue braccia. Sapeva che, se l'avesse fatto, lei sarebbe semplicemente svanita.
Come in un sogno...
Candy sembrò cercare di trattenere le lacrime quando disse: "Non avevo abbastanza soldi e ho comprato un solo sandwich. Però possiamo dividerlo, se vuoi".
Il mondo si fermò e Albert smise di respirare.
Forse, dopotutto, non è un sogno...
L'onda della consapevolezza lo travolse, ma fu con tono calmo e controllato, appena un po' vibrante, che le rispose, ponendo le mani sulle sue: "Certo, è bello condividere le cose".
Le lacrime cominciarono a brillare e a scorrere sul volto di Candy che, con un sorriso disse: "E io e te abbiamo promesso di condividere tutto".
"Le gioie e i dolori", dissero a una voce, quella di Albert ormai spezzata, il mento che tremava per lo sforzo di controllarsi.
Come se fossero passati solo pochi giorni e non mesi, Candy si gettò tra le sue braccia, proprio come faceva ogni volta che si incontravano o aveva bisogno di essere consolata. Albert accolse il calore del suo corpo rabbrividendo dalla testa ai piedi, qualcosa nel suo petto che esplodeva, qualcosa che gli stringeva un nodo in gola e, soprattutto, qualcos'altro di molto importante che tornava finalmente al suo posto.
"Albert... oh, Albert, mi dispiace! Mi ricordo tutto, tutto! Io... ti ho fatto soffrire così tanto!", piangeva lei aggrappandosi alla sua maglietta, disperata.
Ma Albert non poteva parlare, si limitò a stringerla a sé il più possibile, soffocato e accecato dalle lacrime che gli scorrevano lungo il viso e cadevano tra i capelli di lei, nei quali si immerse, respirò.
"Candy", riuscì alla fine ad articolare singhiozzando.
Aumentò la stretta sul suo corpo, aggrappandosi a lei, sentendola scossa dai suoi stessi singhiozzi.
Entrambi sembravano incapaci di fare altro che muovere le mani uno sull'altra per stringersi, come se volessero fondersi in un'unica entità.
- § -
Incollata ad Albert, Candy si rese appena conto che stavano cadendo in ginocchio senza mai lasciarsi un istante, come se le gambe avessero ceduto nel medesimo momento per la forza di quell'amore che esplodeva di nuovo, rifiorendo dopo un lungo inverno.
Mentre piangeva, sopraffatta dalle emozioni e dai ricordi, dal senso di colpa e dal sollievo, sentiva il cuore di Albert accelerare, batterle nell'orecchio. Lo strinse convulsamente a sé, chiedendogli perdono e ripetendogli che lo amava e si ritrovò quasi soffocata tra le sue braccia.
Albert, il suo Albert che l'abbracciava, che suonava la cornamusa, che la faceva volteggiare e poi la baciava.
Albert senza memoria.
Albert che la guardava con dolore mentre lei lo scacciava e lo respingeva, Albert che rideva, che piangeva e che divideva un panino a metà con lei.
Un incubo, sono finalmente sveglia dopo un incubo.
Desiderosa di vederlo in viso, Candy si scostò da lui e gli passò le mani sulle guance, asciugando e baciando quelle lacrime e Albert fece lo stesso. Bevvero il sale, cercarono le labbra l'una dell'altro e si persero nella riscoperta del loro calore reciproco.
Quanto, quanto ti ho fatto soffrire, amore mio?
La strinse di nuovo forte e lei avrebbe voluto protrarre all'infinito il calore che la stava invadendo stando così tra le sue braccia.
Piangeva con lei di gioia, di amore represso e di gratitudine, capì leggendogli dentro: perché erano due anime affini, due cuori infine uniti, due destini saldamente intrecciati nonostante tutto.
Voleva baciarlo ancora e alzò il viso verso di lui. Gli parve di rivedere l'Albert di qualche tempo prima, profondamente commosso di rivederla.
Sulla nostra collina, quella mattina luminosa...
"Sono più carina quando rido che quando piango, vero?", gli chiese.
"Ora sei carina anche quando piangi", ribatté lui e, tra le lacrime, scorse il suo viso sorridente nel pianto come un arcobaleno mentre la pioggia ancora cadeva.
E, con quell'ultimo scambio di battute, il cerchio era chiuso.
Senza indugi, avvicinò ancora di più il volto al suo e fu come se le labbra dell'uno calamitassero quelle dell'altra: si incollarono e si aprirono, perfettamente sincronizzate, e Candy pensò che avrebbe voluto essere un corpo unico col suo per potergli stare ancora più vicina di quanto già non fosse.
I singhiozzi si inframmezzarono ai gemiti per la gioia sublime di essere finalmente insieme e lei pensò che se l'avesse presa lì, su quel prato, in quel momento, gli si sarebbe concessa senza riserve. Dopo quella lontananza forzata, dopo quell'incubo in cui aveva vissuto standogli accanto senza poterlo toccare, vittima della sua stessa mente, nulla le sembrava più immorale di rimanere separata da Albert.
All'improvviso, sentì che lui la stava inclinando sull'erba, mentre spostava i suoi baci sul collo e vi affondava il viso. Candy era pronta a sottomettersi a quella passione traboccante quando lui smise, circondandole la vita con le braccia e ricominciando a singhiozzare più forte poco al di sotto del suo seno.
"Albert...", mormorò con un lieve sorriso, alzandosi a sedere e abbassandogli la testa sulle gambe. Lui si lasciò guidare, piangendo nel suo grembo come un bambino, mentre lei gli carezzava con tenerezza i capelli.
Quando era tornata da New York, aveva visto piangere Albert per la prima volta e non era ancora abituata a quel lato fragile di lui. Quel lato fragile che le aveva donato un momento di lucidità nella sala della musica di Chicago, consentendole perlomeno di scacciare via l'odio irrazionale.
Persino quando era uno smemorato non lo aveva mai visto crollare a tal punto. Adesso, però, sembrava non riuscire più a smettere.
"Pensavo di averti persa di nuovo per sempre", singhiozzò spezzandole il cuore.
"No, no, amore mio, sarò sempre con te, te lo giuro. Non ti lascerò mai più", cercò di rincuorarlo. Quante volte lei aveva pianto fra le sue braccia, cercando consolazione? Ora toccava a lei rassicurare quell'uomo di solito incrollabile.
Albert si staccò dalle sue gambe, passandosi un braccio sugli occhi e sul naso: la sua faccia era un disastro, rossa e bagnata come doveva esserlo la propria, d'altronde. Lui prese un fazzoletto dalla tasca e cominciò ad asciugarle il viso con una tenerezza e una devozione tali che Candy ricominciò a piangere.
"No, ti prego, Candy, ho solo questo e deve bastare per tutti e due", disse con una risata roca.
Rise anche lei, asciugandosi gli occhi con le mani e fissandolo per un attimo: "Credo che tu debba soffiarti il naso, William Albert Ardlay", dichiarò cercando di impostare la voce come quella della zia Elroy.
Ridendo ancora e con evidente imbarazzo, lui eseguì, per poi riporre il fazzoletto in tasca e procedendo ad accarezzarle le ultime lacrime con la punta delle dita: "Sono presentabile, ora?", le domandò ancora un po' tremante.
"Sei bellissimo, mio Principe", rispose lei lasciandosi cullare da un altro abbraccio.
"Penso che sia ora che riprendiamo il controllo o rischiamo di annegare. Scusami per aver pianto sul tuo bel vestito, Candy. Non sono riuscito a controllare l'emozione, mi pare ancora di sognare", mormorò baciandole il capo.
"Se non ricordo male ti dovevo una camicia. Ora siamo pari", rise lei alzando il viso e cercando di nuovo il contatto con la sua bocca.
Fu un bacio salato, passionale, senza freni e senza vergogna. Sensuale, affamato. Pieno di sospiri e di "ti amo" biascicati tra le labbra.
Saliva, lacrime, respiro bollente, tutto le invadeva i sensi e Candy offrì di nuovo il collo ad Albert che, con un gemito, lo prese. E la bocca, e le braccia, le mani, i corpi uniti.
"Candy...". Il tono era disperato ma invocava controllo.
Lei gli prese il viso tra le mani e mandò i sani principi a farsi friggere: "Sono tua, Albert. Ora che mi ricordo tutto voglio vivere davvero".
Gli occhi che tanto amava erano annebbiati non più dalle lacrime, ma dalla passione e lui non si lasciò pregare. La sua bocca si aprì e gli schiuse la propria come un fiore.
Le girava la testa, si sentiva debole e fragile e quando sentì il peso del suo corpo gravare e muoversi contro il suo, scostò d'istinto le ginocchia una dall'altra per fargli spazio.
Quel semplice gesto fece aumentare l'intensità delle carezze di Albert, che respirava pesantemente mentre la sua mano si insinuava, incerta, sotto la gonna.
Candy si sentì cadere, risucchiare nell'oscurità mentre il suo mondo era ancora pieno di gemiti e ansiti e la sua pelle bruciava. Un attimo dopo aveva perso i sensi.
- § -
Albert ebbe una vertigine. Un momento prima stava quasi per fare l'amore con Candy su un prato, quello dopo veniva artigliato dalla paura e cercava di svegliarla.
Il desiderio ardente venne sostituito dal gelo del terrore.
Ma Candy era solo svenuta, forse per lo shock del ritorno della memoria e per la corsa fin lì: era accaduto anche a lui e, anzi, nel suo caso lei era riuscita persino a prendere un treno.
Avrebbe avuto modo di domandarle come fosse successo. Avevano tutto il tempo del mondo, adesso.
"Non credevo di farti addirittura svenire con le mie carezze, amore mio", mormorò dolcemente, ripromettendosi di ripeterglielo quando si fosse svegliata.
Con delicatezza, la prese tra le braccia e la portò nella capanna del bosco.
Se Candy non avesse perso i sensi l'avrei fatta mia senza esitazioni. Stavo per farlo. Non deve più accadere, non ora. Non così.
La depose sul letto e aprì le finestre per far entrare più aria. Candy si agitò e mormorò qualcosa che non comprese.
D'improvviso, Albert fu attanagliato da una certezza: si sarebbe risvegliata di nuovo senza memoria e quell'intermezzo sarebbe stato dimenticato. Invece, lei sbatté le palpebre e gli regalò un sorriso così grande che dovette sforzarsi di non mettersi a piangere di nuovo dalla gioia.
Invaso dal sollievo, le sedette accanto: "Ti senti bene?", domandò prendendole una mano e baciandogliela.
"Sì, scusa se ti faccio ancora preoccupare. Ho corso così tanto che ho dimenticato di mangiare qualcosa... a pensarci bene mi sono addormentata ieri pomeriggio, quindi...", la vide aggrottare le sopracciglia, come se stesse conteggiando da quante ore non metteva nulla nello stomaco.
Albert scoppiò a ridere e fu come scacciare gli ultimi fantasmi: era allegro ed era vicino a Candy e ora le avrebbe preparato un pranzetto coi fiocchi: "Non dire altro, vado in cucina e ti servo qui. Resta a letto, siamo intesi?".
Inaspettatamente, lei arrossì: "Albert, io... quello che ho detto prima...". Sembrava combattuta e lui, che si era già alzato, tornò sui suoi passi, fissandola con attenzione, cercando i suoi occhi che si erano abbassati.
"Ehi, guardami, amore mio. Eravamo entrambi a un passo dal cielo per la gioia di ritrovarci e stavamo per perdere la testa, prima che svenissi. Non dico che sia un male, né che sia sbagliato: sai quanto io odi le convenzioni, proprio come te. Siamo liberi, Candy, ma proprio per questo possiamo anche decidere di attendere il momento giusto. Forse sarò pazzo ma sono convinto che la cosa più bella sarebbe che accadesse quando saremo marito e moglie. E lo saremo presto, non commetterò lo stesso errore che feci quando tornasti da New York. Potrei sposarti oggi stesso alla chiesetta del paese vicino ma voglio regalarti il matrimonio che meriti". Poi, come colpito da un dubbio, titubò e s'interruppe, perso negli occhi brillanti e stupefatti di lei: "Candy tu... vuoi sposarmi, vero...?".
Albert si rese conto che lei stava boccheggiando. Apriva e chiudeva la bocca, emetteva dei suoni e le lacrime avevano ricominciato a scenderle sul viso. Sulle prime non capì se fosse per la troppa felicità o perché era andato così veloce che l'aveva sconvolta.
Poi gli si gettò al collo con un impeto tale che cadde di schiena dall'altro lato del letto, Candy sopra di lui che singhiozzava sul suo collo.
Esalò il respiro che stava trattenendo e le carezzò la schiena con delicatezza, in attesa che parlasse, consolandola e cullandola contro di sé, cercando di non concentrarsi sulla loro posizione poco innocente.
Sono tua, Albert. Ora che mi ricordo tutto voglio vivere davvero.
Represse un brivido e lei finalmente si staccò un poco per dire: "Certo che voglio sposarti, Albert! Lo voglio, lo voglio con tutte le mie forze, lo voglio con tutto il mio amore!".
"Oh, Candy", le rispose tirandosi a sedere per abbracciarla meglio. Non si sarebbe mai stancato di stringerla a sé, di sentire il calore e la dolce sensazione del suo corpo contro il proprio. Tuttavia, il seme del dubbio continuava a germogliare contro ogni logica. "Volevi andare di nuovo da Terence, ieri", gli sfuggì prima che potesse impedirselo.
Lei smise di piangere all'istante e sciolse l'abbraccio per guardarlo in faccia. Sembrava perplessa, quindi assunse un'espressione divertita e ridacchiò, cosa che lo fece sentire un po' stupido.
È appena tornata da me e sono già geloso. Meno male che stavo per riprendere il controllo di me stesso...
Non c'era nulla da fare, Candy sarebbe stata sempre la sua più grande debolezza e lui aveva bisogno come l'aria di sapere, prima ancora di cucinarle quel pranzo che voleva gustare assieme a lei, prima ancora di baciarla di nuovo per accertarsi che fosse reale. E fu con nudo bisogno che la guardò, cosa che lei dovette percepire, perché smise di ridere e parlò con serietà.
"Albert, ho scelto te molto, molto tempo fa. Non dubitare mai di questo. Ciò che ti ho confessato sulla Collina di Pony, quel giorno al mio rientro da New York, è ancora valido. Anzi, oggi i miei sentimenti sono ancora più forti, più intensi... era questa intensità che temeva l'altra me, perché aveva paura di perderti come era già accaduto con Anthony e... con Terry. Ora so che è una stupidaggine. Come era una stupidaggine fuggire per vederlo mentre ero ancora smemorata ben sapendo che, anche in quelle condizioni, provavo qualcosa per te".
"Mi amavi... mi amavi davvero anche mentre non ti ricordavi nulla? Era vero, quindi?", domandò con un filo di voce.
Candy annuì: "Non è stato facile combattere contro il mio cuore. Non ricordavo le cose importanti che erano accadute tra noi e ho distorto in modo orribile la realtà. Non potevo lasciarmi andare e mi odiavo per questo. Sono arrivata persino a incolparti per qualcosa... qualcosa che...", si portò una mano al viso, ricominciando a piangere.
Gliela prese delicatamente, asciugandole gli occhi: "Shhhh... basta, Candy, è passato. Ci siamo chiariti qualche tempo fa, in quella stessa radura, ricordi? Ora non ha più importanza, non eri in te".
"Ma ti ho fatto soffrire così tanto! Sei persino stato in prigione a causa dei Lagan e io non ti ho offerto il minimo supporto, anche se ti vedevo dimagrito e incapace di alimentarti, e... Dio, Albert, dobbiamo parlare di così tante cose!", gemette scuotendo la testa e portandosi le mani alle tempie nel gesto che faceva quando aveva l'emicrania.
"Ne parleremo a tempo debito, ma il passato è passato". Albert rifletté che non sapeva nemmeno se Candy fosse a conoscenza che aveva rischiato la vita, in quel carcere. La cicatrice sulla gamba non era molto diversa da quella che gli era rimasta sul petto a causa del leone e comprese che non poteva nascondergliela a lungo: un giorno sarebbero stati marito e moglie e lei l'avrebbe semplicemente scoperta.
"Prima però voglio dirti una cosa, mio principe", continuò, stupendolo con un tono determinato e dolce. "Per quanto riguarda Terry... oggi sono sicura che, anche se fossi rimasta con lui, prima o poi il mio cuore mi avrebbe riportata da te. Lo avrei fatto soffrire perché la verità è che sono nata per te e l'amore per lui non sarebbe potuto durare a lungo. Siamo troppo diversi, ci conosciamo troppo poco, mentre tu... tu sei stato l'unica costante nella mia vita. Da sempre".
Albert, che già si sentiva scoppiare il cuore, a quella confessione si sentì quasi mancare. Rimase letteralmente senza parole e dovette apparirle molto buffo, perché lei sorrise e gli stampò un bacio sulle labbra prima di aggiungere: "Ora posso avere quel pranzo succulento di cui mi parlavi prima?".
"Certo, amore mio", disse alfine, abbracciandola con trasporto. "Grazie per queste parole. Mi rinfrancano di tutta la sofferenza e le notti insonni e i dubbi e... devi smetterla di farmi commuovere o diventerò un principe pappamolla!", scherzò tirando su col naso e allontanandosi per guardarla con gli occhi umidi.
Lei rise di cuore, rovesciando la testa all'indietro: "Oh, Albert, adoro questo tuo lato sensibile! Ma voglio che tu sia sempre felice".
In un'ultima carezza, mentre si alzava dal letto, mormorò: "Lo sono, amore mio. E sono sicuro che lo saremo per sempre, io e te".
Sentendosi leggero come il vento, caldo come il sole e saldo come le radici di una quercia millenaria, Albert canticchiò mentre cucinava il pranzo più dolce della sua vita.
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Su, su, strizzate quei fazzoletti e svuotate quei secchi... sniff...
Angolo dei commenti:
Sandra Castro: Ohhh, ma che fatica! Però dai, alla fine, anche se Albert arriva al punto più alto della sua sofferenza, Candy si redime e soffre a sua volta dopo essersi resa conto del male che gli ha fatto. Ed eccolo, il loro incontro! Ti piace? Brava, hai indovinato la parte delle allucinazioni, ahahahahaah! Mentre lo scrivevo avevo la pelle d'oca... Hai ragione: viva l'amore finalmente!
Cla1969: Aahahahah, ti giuro che il tuo commento così spassionato mi ha strappato una risata: in senso buono, eh? Traspare davvero tutta la tua frustrazione e hai proprio ragione! Come vedi, Candy è arrivata sana e salva e lei e Albert si sono riuniti... in questo momento la zia Elroy è lontana davvero anni luce, ma che succederà? Un abbraccio, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!
Charlotte: Il tuo grido di gioia è arrivato fin qui in Italia XD Allora? Si sono mangiati abbastanza di baci in questo capitolo, che ne pensi? XDD
Dany Cornwell: Mamma mia quanto hai ragione! Ma proprio tanta XD Se la meritano un po' di dolcezza questi due poveretti! Spero che questo capitolo ti abbia portato solo lacrime di gioia ;-)
Ericka Larios: Sì, così ti voglio! Combattiva e positiva! Albert vuole fare il bene di Candy allontanandosi, d'altronde le ha provate tutte, ma ecco che appena rinuncia... succede il miracolo! E che miracolo, ragazzi, per poco non mi oltrepassano il limite questi due birbanti! XD
Elizabeth: Ha ragione, la tua bambina interiore, io stessa sto facendo il tifo per Candy! XD Hai visto che finalmente si sono riuniti? ;-)
