Confronto
"Io davvero non ti capisco! Non siamo stati già divisi a sufficienza?! Non abbiamo sofferto abbastanza?", si lamentava Albert seguendola passo passo, mentre lei faceva le valigie nella sua stanza, andando dall'armadio al letto. Stava scegliendo poche cose, prediligendo abiti comodi o adatti per quando sarebbe tornata a Chicago.
Candy sistemò un paio di scarpe col tacco più basso e si voltò a guardarlo: "Amore mio, si tratta di pochi giorni. Siamo stati lontani per mesi!", ribatté fermandosi un attimo di fronte a lui e posandogli le mani sul torace.
Lui s'impossessò subito della sua vita avvolgendovi intorno le braccia e stringendosela contro: "Non voglio più passare un singolo istante lontano da te, Candy", disse con serietà, gli occhi socchiusi in due fessure.
"Bert, questo non è da te e lo sai", ribatté con un tono di dolce rimprovero, inclinando un poco la testa.
Albert inspirò profondamente, sciogliendo l'abbraccio e passandosi una mano tra i capelli: "Molte cose non sono più da me da parecchio tempo. Non sono quello di una volta. Lasciarti andare mi costa tantissimo...".
Candy poteva capirlo molto bene, lei stessa era abbastanza riluttante a quell'idea. Ma sapeva che era suo dovere sistemare alcune cose prima di trasferirsi quasi del tutto a Chicago, o ovunque lui l'avesse voluta portare.
"Albert... guardami, per favore", richiamò la sua attenzione ponendogli le mani sulle braccia, costringendolo a voltarsi perché aveva cominciato a passeggiare per la stanza: "Voglio solo mantenere la promessa che ho fatto a Miss Pony, Suor Lane e i bambini, che mi hanno vista in quelle condizioni. Inoltre desidero controllare che le cose alla Clinica Felice siano in ordine e che il dottor Martin non abbia bisogno di nulla. E poi è meglio se tu e la zia Elroy parlate prima per conto vostro, non credo le faccia piacere rivedermi".
Lui serrò la mascella: "Non devi temere la sua reazione, Candy, io non permetterò...".
Candy ridacchiò, scuotendo la testa: "Non ho paura della zia Elroy, Albert! E non hai sentito la prima parte del mio discorso? Tesoro, fammi sistemare solo le cose e poi verrai a prendermi, va bene? Ti giuro che nel giro di una settimana saremo di nuovo insieme!".
"Una settimana", ripeté lui in tono tragico. Prima che lei potesse sottolineare la sua esagerazione, però, chiuse la distanza tra loro con un bacio così passionale ed esigente che le sfuggì un gemito di sorpresa. Lo ricambiò con ardore, senza sottrarsi alla dolce esplorazione della sua lingua e dei suoi denti che le mordicchiavano il labbro inferiore: "Sei sicura di non averci ripensato?", le domandò senza staccarsi troppo, riprendendo a baciarla e soffocando la sua domanda.
"Di che parli?", chiese quando le lasciò un po' di spazio per esprimersi.
Un altro bacio, schioccato a bocca chiusa: "Di quello che mi hai chiesto nella radura".
Candy arrossì, scostandosi un poco da lui: "A... Albert... io per te sarei disposta a tutto, lo sai. E ti amo e voglio diventare tua moglie, però come ti ho spiegato...ho bisogno di tempo per...".
"Tempo, tempo... è tutta la vita che ti aspetto, amore mio!", ansimò Albert cercandole ancora le labbra, afferrando con le sue di nuovo il labbro inferiore e tirandolo dolcemente prima di passare a quello superiore. Poi, come se avesse ripreso il controllo o perlomeno una parvenza, si appoggiò con la fronte sulla sua, le sfiorò il naso col proprio e le sorrise: "Scusami, Candy, non so che diavolo mi sia preso. Mi sei diventata più necessaria dell'aria che respiro, mi hai del tutto stregato".
Candy rimase affascinata da quella confessione e fu con grande emozione che rispose, col cuore in mano e gli occhi incatenati ai suoi: "Io sono tua, te l'ho già detto. E anche se non siamo ancora sposati ti appartengo, amore mio, non dubitarne mai. Conterò i minuti e le ore perché neanche io voglio più stare lontana da te, credimi".
Gli accarezzò quel viso che adorava, riconoscendo nei suoi lineamenti ora il ragazzo vulnerabile che aveva bisogno di lei, ora l'uomo libero e deciso che aveva il controllo della propria vita: ogni suo aspetto non faceva che gonfiarle il cuore di un amore traboccante.
"Va bene", disse baciandole le dita della mano, stringendola tra le sue, "hai ragione, mi sto comportando come un bambino. Non posso né voglio toglierti i tuoi spazi perché sei uno spirito libero e nessuno meglio di me può capirlo. Ma d'ora in poi saremo liberi insieme, non ci sono più ostacoli alla nostra felicità".
"No, nessuno", confermò lei baciandolo un'ultima volta prima di terminare quello che stava facendo.
Mentre Albert annunciava che andava a controllare di aver chiuso tutte le finestre delle stanze al piano inferiore, Candy ebbe il forte presentimento che, quando fossero tornati di nuovo a Lakewood, sarebbero già stati marito e moglie.
- § -
George accolse William con un grosso sorriso, che si spense non appena vide che era solo.
"Ho lasciato Candy alla Casa di Pony, vuole sistemare delle cose", sospirò, chiudendo la portiera dell'auto e avanzando verso l'entrata, "e, a dire il vero, anche io devo rivedere delle questioni lasciate in sospeso".
George capì cosa volesse intendere: era come se la sua vita fosse rimasta relegata in un limbo da quando la signorina Candice aveva perso la memoria. Anzi, le vite di tutti loro.
A parte gli affari di famiglia più urgenti, non si erano più occupati di cercare nuovi investitori, anche se la grossa battuta d'arresto dovuta all'incarcerazione non lo avrebbe certo permesso. E poi c'era anche il particolare del processo contro i Lagan, del quale voleva discutere con lui.
Mentre si dirigevano verso lo studio, cominciando ad affrontare proprio quel discorso, comparve la signora Elroy e George si fece un po' da parte per lasciarli parlare.
"Sono felice di rivederti, zia. Come stai?", la salutò lui baciandole la mano.
"Come vuoi che stia, dopo aver assistito al tuo ennesimo comportamento sconsiderato?!", borbottò lei con un'espressione di rimprovero. "Vedo che perlomeno hai desistito dalla tua decisione di portare qui quella ragazza".
William non si scompose e le disse con un gran sorriso: "Candy starà qualche giorno alla Casa di Pony per sistemare delle faccende, poi andrò a prenderla personalmente. Lasciami discutere un attimo con George e ti raggiungo per un tè. Dobbiamo parlare".
"Puoi scommetterci che dobbiamo parlare, William!", ribatté lei voltandosi e andandosene senza aggiungere altro.
George prevedeva una tempesta in arrivo che avrebbe fatto impallidire persino quella tropicale di qualche giorno prima e, dal sospiro di William, capì che era del suo medesimo avviso.
Giunti in studio, il patriarca prese posizione dietro la scrivania, cominciando a scorrere i documenti senza in apparenza guardarli davvero: "Aggiornami", esordì.
George si preparò mentalmente. Sapeva che la gioia per il recupero della memoria della signorina Candy occupava ogni angolo dei suoi pensieri, ma capì che si stava sforzando di riprendere le redini delle varie situazioni perché nulla fosse più lasciato al caso.
"Gli avvocati della difesa stanno cercando di patteggiare", cominciò sapendo che era quello che voleva sapere, "e si parla di dieci anni, anche se abbiamo cercato di spingere sull'ergastolo. Purtroppo, uno dei testimoni chiave ha confessato che i Lagan non avevano idea di avere a che fare con la mafia e questo ha giocato a loro favore".
Vide la mascella di William contrarsi, mentre si portava un pugno chiuso davanti alla bocca. La aprì come per dire qualcosa e la richiuse. Strinse le palpebre e, quando parve riprendere il controllo, chiese: "Cosa sarebbe accaduto se Raymond si fosse rivolto a degli avvocati forniti dallo Stato?".
George deglutì: aveva capito alla perfezione la sua domanda. Grazie al prestito che aveva fatto al signor Lagan, egli aveva potuto far riprendere il suo giro di affari e guadagnare abbastanza da trovare avvocati di sua scelta.
Per fortuna, poté rispondere con sincerità perché aveva previsto un'eventualità del genere e si era informato per bene: "Ho avuto modo di discuterne proprio con rappresentanti legali dello Stato, nonché con i nostri: non sarebbe cambiato nulla. La legge parla chiaro e lo stesso testimone che ha scagionato completamente lei e il signorino Cornwell ha confessato in vostro favore e dei Lagan in cambio della sospensione della pena capitale. Non c'era modo di fare altrimenti. La pena massima prevista per i due ragazzi è quella, magari da integrare con lavori socialmente utili in un momento successivo o se dovessero uscire prima per buona condotta".
Le spalle di William si rilassarono, come se si fosse tolto un grosso peso dalle spalle. Ciononostante, si aspettava anche la seconda domanda: "E per quanto riguarda l'incidente di Candy?".
George camminò lentamente fino alla finestra: "La signorina Eliza ha confessato cercando di risparmiarsi qualche anno di galera, ma non è servito a molto...".
"Aspetta un attimo! Non era catatonica e ricoverata in una struttura religiosa per malati di mente?", chiese raddrizzandosi sulla sedia.
Si volse per guardarlo: "Ha tentato di fuggire, qualche tempo fa, e forse ha finto fin dall'inizio. Non appena l'hanno scoperta, l'hanno rinchiusa nel carcere femminile dove è stata messa sotto torchio e le è stato anche chiesto dell'incidente provocato alla signorina Candy. Sotto la promessa di scontarle la pena, ha ammesso di aver spostato il chiodo e il giudice sta decidendo se accettare o meno il capo di accusa di tentato omicidio voluto dai nostri avvocati".
William rilasciò un lungo respiro e si prese la testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia e la schiena piegata. Sembrava riflettere, vittima di un tormento interiore che lo stava consumando: "Non...", cominciò, poi s'interruppe e giunse le mani davanti alle labbra serrate. "Dovrei lasciar perdere e andare avanti con la mia vita, visto che le cose sono sistemate. Ma non posso. Ho già fatto un atto di fede aiutando Raymond perché sentivo che era giusto, ma non sono pronto a perdonare sua figlia e neanche Neil. Non posso e lui lo sa bene".
"Non credo che lui voglia questo, in effetti", rispose George avvicinandosi e ponendogli una mano sulla spalla. "Non so come andrà a finire questa storia, signorino William, ma lasci che i nostri avvocati procedano come abbiamo stabilito. È giusto che quei ragazzi abbiano la punizione che meritano".
Lui alzò il volto per guardarlo: "Sì, hai ragione. Sono un essere umano anche io e, per quanto odi la violenza e il rancore, semplicemente non posso accettare che chi ha sbagliato resti impunito".
"Bene", gli sorrise lui, "quindi ora possiamo parlare di investimenti?".
"Prima vorrei chiederti una cosa: riusciresti a combinarmi un incontro con Neal al carcere? Voglio parlare con lui da uomo a uomo. Devo chiudere anche questo cerchio".
Negli occhi limpidi di William, George lesse la determinazione. Quella stessa determinazione che aveva suo padre quando si trattava di fare giustizia: "Va bene, me ne occuperò di persona", rispose annuendo.
Era certo che quel confronto fosse ancora più necessario della punizione stessa.
- § -
Annie prese un lungo respiro.
Puoi farcela, non è la prima volta. Candy te lo ha insegnato.
Ricontrollò il nodo che aveva fatto alla ringhiera e valutò se fosse stretto abbastanza da sostenere il suo peso. Si augurò che anche i nodi intermedi con cui aveva unito le lenzuola lo fossero e, con un brivido lungo la schiena, si accinse a scavalcare il balcone.
Non guardare giù... non guardare giù...
Una folata di vento la fece vacillare e temette di cadere solo per lo spostamento d'aria. Ovviamente non accadde e Annie rimase per qualche istante con i piedi ben piantati sul bordo e le mani strette al parapetto, prima di cominciare a spostarle sulla sua corda improvvisata.
Si aggrappò e, con le gambe tremanti, spostò il proprio peso verso il basso, un piede per volta. Quando a sostenerla non rimasero che le mani, abbracciò le lenzuola intrecciandovi le gambe con un gridolino soffocato.
Se mi sentono è la fine...
Respirò pesantemente, ondeggiando a mezz'aria e non osando diminuire la stretta rassicurante. Ma non poteva rimanere lì appesa, doveva scendere. Così, schiuse un poco una mano per iniziare a scivolare, continuando a sostenersi con l'altra e con le gambe.
Strinse la prima mano in un punto più basso e si lasciò andare. Le lenzuola frusciarono tra le pieghe del vestito corto che aveva scelto per la sua impresa e lei portò più in basso anche l'altra mano: aveva guadagnato almeno *tre piedi e si sentì più fiduciosa.
Ripeté l'operazione un'altra volta ma le gambe la tradirono e si ritrovò appesa solo con le braccia, a un passo dal precipitare. Un piede ondeggiò nel vuoto e Annie perse una scarpa: era così sopraffatta dal terrore che non riuscì a emettere che un sibilo ansimante, il cuore che le scoppiava nel petto.
Il suo errore fu guardare in basso: fu colta dalle vertigini e si sentì in trappola.
Pensa a Candy, pensa a Candy!
Candy faceva le evoluzioni più folli sui rami alti di papà albero, aggrappandosi solo con le gambe e mettendosi a testa in giù proprio come una scimmietta. Lei era solo al primo piano e il terreno non era lontanissimo, anche se le parve per un attimo davvero troppo distante.
Riprendendo il controllo sulle sue emozioni, Annie si riposizionò sulla corda e, con gesti dettati dalla disperazione più che dall'attenzione, finalmente toccò terra.
Si accosciò con una mano sul petto, tentando di riportare la respirazione e il battito cardiaco a livelli normali e fissando il balcone dal quale era appena scesa. Poi recuperò la scarpa, la infilò velocemente e corse via.
Archie la stava aspettando all'angolo della strada come avevano stabilito per telefono.
Pensava che chiamarlo di nascosto fosse l'impresa più difficile, ma non aveva fatto i conti con la fuga.
"Annie! Pensavo che non saresti più venuta!", disse lui abbracciandola.
"Ho avuto qualche difficoltà a uscire, ma è tutto a posto", disse con un risolino nervoso.
"Non ti hanno scoperta, vero?", domandò guardandola negli occhi.
"No. Sono scappata dalla finestra".
L'espressione di Archie fu impagabile: la bocca si spalancò e gli occhi parvero schizzargli fuori dalle orbite: "Annie, sei impazzita?! Potevi ucciderti!".
Lei gli fece l'occhiolino: "Ho avuto una buona maestra", disse sorridendo.
"Ma non è la stessa cosa!", ribatté lui prendendola per le spalle. "Candy è abituata ad arrampicarsi ovunque e tu non sei come lei! Sei cresciuta in una casa dove la cosa più pericolosa che hai fatto è stata salire su un cavallo!".
Annie avvertì un'ondata di ribellione: "Cosa vuoi dire con questo, Archie? Che non posso competere con lei?". Mentre lo disse, si rese conto di quanto fosse infantile la sua gelosia in quel momento.
Eppure la reazione di Archie andò al di là di ogni più fervida immaginazione. Le prese il volto fra le mani facendola vibrare dalla testa ai piedi, inchiodò su di lei gli occhi colore del miele e disse con intensità: "Annie, io ti amo proprio perché sei diversa da lei. Con le tue fragilità, con la tua nuova forza interiore, con questo spirito ribelle che però non offusca la tua naturale eleganza. Tu sei unica così come sei, sei Annie, la mia Annie e morirei se ti accadesse qualcosa".
Prima che, commossa ed emozionata, potesse dire qualcosa, lui la baciò premendo prima le labbra sulle sue, poi cercando l'interno della sua bocca in modo così esigente che le girò la testa. Si arrese e ricambiò il bacio, gemendo di disappunto quando lui lo ruppe.
"Dai, andiamo, ho la macchina parcheggiata nella strada qui dietro. Sbrighiamoci prima che ci trovino". E, prendendola per mano, corse con lei nella notte fino alla loro prossima meta.
Le sembrava di vivere un sogno così bello che rimase a lungo senza parole.
- § -
Albert era sempre stato contrario alle regole imposte dalla sua famiglia e odiava in modo viscerale dover sottostare a delle rigide formalità. Ma aveva troppo rispetto per sua zia e, a modo suo, l'amava. Rappresentava l'unico parente in vita che gli era rimasto e in più di un'occasione l'aveva fatta preoccupare in modo serio.
Mentre si dirigeva nella sua stanza sentì dapprima la tensione attanagliargli le viscere, seguita da una calma glaciale.
Non era lì per chiederle il permesso, né per cercare di convincerla a tutti i costi, anche se la sua intenzione era quella di conciliare il più possibile le cose.
Entrò e la vide in piedi vicino alla finestra, mentre la cameriera versava il tè nelle tazze. Lo accolse con un cenno del capo e congedò la donna quando ebbe finito.
La porta si richiuse dietro di loro e, finalmente, furono soli. Nessuno dei due però si sedette, né proferì parola. Quel tè non lo avrebbero mai bevuto.
Il confronto era iniziato solo con degli sguardi e Albert, per un momento, si sentì come quando era un ragazzino e aveva di fronte la severa zia che lo rimproverava per un comportamento che reputava scorretto.
In quelle occasioni, la sua ribellione emergeva sotto forma di risate o di scuse ma, essendo solo un bambino, non poteva certo fare molto di più. Adesso era diverso.
Lui era il patriarca e sua zia meritava di certo il rispetto e l'amore, ma non la sua arrendevolezza.
Prese un grosso respiro e si gettò, dicendolo senza mezzi termini: "Io e Candy ci sposeremo".
Nonostante la carnagione scura, la zia impallidì in maniera visibile e Albert fece un passo verso di lei per sostenerla. La donna alzò una mano, impedendogli di toccarla, e sedette da sola sulla sua poltrona preferita.
Non voleva che si sentisse male per colpa sua, ma non poteva farci niente.
"William, dimmi che ho capito male o che è uno scherzo di cattivo gusto", mormorò con la mano su una tempia.
Lui deglutì, a disagio. Era pronto a rinunciare a tutto, persino al suo stesso nome, ma doveva a quella donna una possibilità. E anche a se stesso e a Candy.
"Zia, Candy è stata sotto la mia ala protettiva per molti anni, ma sai meglio di me che, nonostante la differenza di età, non potrei mai essere davvero suo padre", cominciò prendendo il discorso alla larga per studiare le sue reazioni.
"Non è l'età che mi preoccupa", tuonò infatti lei battendo un pugno sul bracciolo imbottito, d'improvviso rinvigorita. "Cosa dirà la gente quando annunceremo che il capofamiglia degli Ardlay sposerà l'orfana che aveva adottato?! Ci attireremo la vergogna per tutte le prossime generazioni e andremo in rovina perché non saremo più credibili nella società!", concluse senza fiato.
Albert chiuse un attimo gli occhi: la donna sembrava sull'orlo di un attacco di cuore e s'impose di restare calmo, attingendo a tutto il suo proverbiale autocontrollo. Le si avvicinò, accosciandosi fino a prenderle una mano: "Cara zia...".
"Non chiamarmi cara zia!", esclamò lei ritirando la mano.
Albert si rialzò, esasperato. Aveva provato a ragionare con lei, ma non era servito a nulla: "Va bene! Zia! Ascolta, non voglio che tu stia male a causa mia, ma devo dirtelo: non voglio più sentire quell'aggettivo quando ti riferisci a Candy. Né da te, né da nessun altro. Candy non è UN'ORFANA. Candy è una persona, una donna dai sentimenti nobili che ha avuto la sfortuna di essere abbandonata quando era piccolina. È cresciuta...".
"È cresciuta in un orfanotrofio, William!", lo interruppe la zia Elroy con voce esasperata, protendendosi verso di lui.
"È cresciuta con due donne che l'hanno circondata di amore ed educata e oggi è una donna gentile e altruista!", continuò sovrastando la sua voce e alzando un po' il tono. "E ti assicuro che il suo cuore è più puro di quello della tua cara Sarah Lagan o dei suoi figli, che al momento sono in carcere per aver tentato di rovinarci!".
Lei lo guardò per un istante con la bocca semiaperta e gli parve che avesse smesso di respirare: era così evidentemente sconvolta che per un attimo se ne dispiacque, ma non poté fare a meno di proseguire. D'altronde le stava solo dicendo la verità: "Tu sei stata testimone di molte ingiustizie subite da Candy da parte di quella che doveva essere la sua famiglia adottiva, eppure hai taciuto. Immagina una bambina che spera di avere due genitori amorevoli, come li ha avuti Annie Brighton, e che invece si ritrova a dover fare da zerbino a due ragazzini capricciosi e a una donna che, pur di difendere i propri figli, la relega nelle stalle coi cavalli!".
"William!".
"Immagina", proseguì alzando un dito per puntualizzare meglio i suoi pensieri e riuscendo solo a sentirsi più minaccioso, "immagina che questa ragazzina si adatti comunque alla vita che le viene offerta, pur di non creare problemi e, anzi, si prende colpe che non le appartengono senza fiatare. E immagina che, nonostante questo, il suo cuore rimanga puro e la sua abnegazione per il prossimo ne sia persino rinnovata. Immagina che finalmente le capiti di trovare degli amici e che poi venga spedita in Messico non appena le sembra di ricominciare a essere felice. Per fortuna a quel punto sono intervenuto io, grazie ai miei nipoti".
"Anthony è morto a causa sua!", gridò la zia con voce rotta. Albert si gelò e si rese conto che era un tentativo tanto estremo quanto disperato di convincerlo di qualcosa che non esisteva. E vide anche la sua espressione contrita, mentre si accorgeva di averla detta grossa.
Albert non la perdonò per questo: "Anthony è morto a causa mia!", ribatté e la voce gli si spezzò. Non pensava che avrebbe dovuto rivivere ancora quell'incubo. Credeva che, dopo tutto quello che era successo, si fosse alfine perdonato. Invece il senso di colpa, per quanto irrazionale, attanagliava ancora il suo cuore e forse lo avrebbe fatto sempre.
Rimase a fronteggiare sua zia, che ora lo fissava con gli occhi pieni di lacrime: "William", ripeté visibilmente addolcita.
Lui capì che aveva scorto i suoi occhi lucidi e si affrettò a ricomporsi, respirando a fondo e passandosi le mani sul viso.
"Non è stata colpa tua. Dio mi perdoni per quello che ho detto", continuò lei. "La caccia alla volpe è una tradizione della nostra famiglia da secoli e se proprio vogliamo trovare un colpevole, quella sono io". La zia piangeva e Albert le fu subito vicino. Alzò gli occhi su di lui e fece una cosa che lo commosse profondamente: iniziò ad accarezzargli i capelli. Non riceveva una carezza così da un familiare da quando era morta sua sorella Rosemary. Le labbra gli tremarono e una lacrima sfuggì al suo controllo.
La zia Elroy vi passò sopra le dita fredde: "Cosa ti ha fatto quella donna, William? Sei così cambiato!".
"Mi ha insegnato cosa significhi amare senza riserve e non tradire mai i propri sentimenti, zia", rispose con voce soffocata.
Era bastato nominare il dolce Anthony per cambiare in modo drastico i toni di quella conversazione e Albert non credeva si trattasse solo del dolore provocato dal suo ricordo. Lo considerò quasi un segno divino.
La zia scosse la testa, continuando a piangere: "Mi dispiace, William, le tue sono belle parole, ma io non posso cambiare opinione su quella... su Candy così, di punto in bianco".
Albert apprezzò il suo tentativo di chiamarla per nome e si rialzò, non prima di averle baciato una mano: "Non pretendo che tu cambi idea da un giorno all'altro, ma dalle una possibilità. So che Sarah era come una figlia ed Eliza e Neil come dei nipoti, ma loro ci hanno traditi. Candy invece ti ha sempre rispettata".
La donna alzò la testa di scatto, con gli occhi ora asciutti che mandavano lampi: "Non aveva altra scelta, visto che le ho dato un tetto sulla testa e non l'ho spedita in un centro psichiatrico quando era senza memoria".
Albert sedette di fronte a lei, guardandola negli occhi: "Quando ero io senza memoria, lei ha fatto lo stesso e molto di più per me, o te lo sei scordato?".
Si fronteggiarono per lunghi istanti, poi la zia Elroy distolse lo sguardo: "Bene, ora siamo pari. E smettila di elencarmi i pregi di Candice, tu potresti solo essere di parte", commentò.
"Lo erano anche Anthony e Stair? Lo è Archie? E non tirarmi fuori la storia che lei è una donna e noi uomini, perché non regge: Candy era poco più di una bambina quando è arrivata qui". Con questo, sperava di aver eliminato ogni obiezione.
Si alzò di nuovo in piedi, in attesa di un verdetto che per lui aveva un valore solo affettivo. Gli sarebbe dispiaciuto perdere la zia Elroy dopo aver intravisto in lei quel lato umano che pareva aver perduto.
"Dimmi una cosa, William. Perché lei, con tutte le donne del tuo rango che potresti avere? È per gratitudine? Sì, dev'essere così... lei si è occupata di te e hai confuso i tuoi sentimenti", gli disse stringendo un fazzoletto tra le mani.
Albert scosse la testa: "No, zia, non è così. Non credermi tanto ingenuo. Ho incontrato Candy quando era solo una bambina e ho avuto modo di vederla crescere e diventare una donna mentre girovagavo per il mondo. Ho visto la sua forza e i suoi valori e quello che ha fatto per me è stato solo l'ennesima prova di quanto il suo cuore sia puro. Qualsiasi altra donna, inoltre, mi sposerebbe per convenienza, mentre noi lo faremo per amore".
"In società non c'è posto per l'amore", ribatté lei secca, alzandosi in piedi e guardando fuori dalla finestra, vanificando il suo discorso a cuore aperto.
Albert si passò la mano tra i capelli, l'ennesimo gesto di frustrazione. Sperava di non dover arrivare a quello, ma nonostante l'emozione di poco prima erano di nuovo in una fase di stallo: "Va bene, zia. Mettiamola così: io sposerò Candy e questo è imprescindibile. Se per te ciò è motivo di vergogna sono pronto a rinunciare al patriarcato stasera stessa, faccio la valigia e vado con lei lontano da qui. Oppure accetti la cosa e possiamo rimanere tutti uniti. Sta a te decidere".
"Forse non ci hai pensato a sufficienza, William!", disse lei tra i denti, in quello che gli apparve come un ultimo, disperato tentativo di dissuaderlo.
"L'ho amata in silenzio per anni!", esclamò esasperato. "Ho lasciato che facesse la sua vita lontana da me finché non ho più potuto tacere e quando ho finalmente scoperto che mi ricambiava ho rischiato di perderla di nuovo, per ben due volte! Ho sofferto le pene dell'Inferno sapendo di averla vicina ma senza alcun ricordo di tutto quello che avevamo passato insieme, o pensi forse che il mio stato di prostrazione sia dipeso solo dalla permanenza in carcere e dalle preoccupazioni?!".
La vide chiudere gli occhi, poggiando una mano al muro. Sembrava molto combattuta e Albert sperò che si aprisse almeno una piccola breccia nel suo cuore.
"Non voglio convincerti, zia. Ho già l'alternativa e te l'ho ben spiegata. Voglio solo che tu capisca che non sono mai stato tanto convinto di desiderare qualcosa in vita mia", concluse.
Il silenzio cadde di nuovo e Albert non volle romperlo. Nonostante sapesse di essere nel giusto, comprese la lotta interiore di sua zia, quella rigidità che la caratterizzava non sarebbe semplicemente svanita per le sue belle parole.
"Lasciami sola, William. Ho bisogno di riflettere", disse a voce così bassa che la udì appena.
Aveva bisogno di tempo per accettare che il suo unico nipote diretto sposasse una donna che lei non approvava o, peggio, che se ne andasse con lei rinunciando al suo cognome.
"Tuo padre non approverebbe. Come non avrebbe approvato il matrimonio di tua sorella con quel marinaio". Le sue parole ebbero il potere di fargli montare di nuovo la rabbia, ma lei lo interruppe prima che potesse ribattere: "Vai a dormire, William. Ne riparleremo".
Con un leggero inchino, Albert mormorò: "Buonanotte, zia" e uscì per dirigersi nella sua stanza.
E, nonostante la situazione dei Lagan, nonostante la discussione con zia Elroy e nonostante il disappunto, non poté fare a meno di sentirsi felice.
Candy era sua e presto avrebbero condiviso le loro vite. Per sempre.
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* circa un metro
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Angolo dei commenti:
Ericka Larios: Hai colto perfettamente quello che ho cercato di fare con i personaggi e ne sono felice: sia Candy e Albert che Archie e Annie sono gli stessi di cui ci racconta Nagita, ma ho tentato di cambiarli facendoli passare per eventi che li hanno modificati in maniera graduale e, spero, quantomeno plausibile. Sono di sicuro più combattivi e la zia Elroy può fare tutte le macchinazioni che vuole, ma avrà vita dura. E se ne rende conto anche lei. Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo, grazie!
Mia8111: grazie mille!
Cla1969: Piaciuto il risveglio dei due piccioncini? Finalmente un po' di pace e tenerezza... mi spiace per la cena, ahahahaha attenzione! XD Certo, se tutto filasse liscio sarebbe troppo bello, quindi ecco la zia Elroy e la signora Brighton pronti a mettere i bastoni fra le ruote: ci riusciranno?
Elizabeth: Purtroppo a quell'epoca questa era la normalità e queste due donne sono pronte a fare guerra in nome della società e persino sacrificando i sentimenti, ahimè!
Charlotte: Aahahahaha e lo so bene che vi piacerebbe che saltassi tutte le tappe e gli facessi anticipare la luna di miele! Ma, anche se molto "moderni", Candy e Albert vogliono fare le cose per bene e quindi hanno deciso di aspettare, al momento. Difficile ma non impossibile ;-) La zia Elroy non si arrende, ma ha pane per i suoi denti. Grazie, alla prossima!
Dany Cornwell: Credo tu sia l'unica che parla di "comportarsi male", qui un po' tutte tifano per la notte di nozze in anticipo LOL! No, no, tranquilla, sono stati bravi e hanno solo parlato, anche se l'attenzione è alta perché non è che siano di marmo XD Qui oltre a Candy e Albert anche Annie e Archie hanno le loro difficoltà: la battaglia sta iniziando!
