Di fughe e discussioni

"Non è così che ti abbiamo educata, Annie!". Candy non aveva mai visto Miss Pony tanto arrabbiata. "E anche tu, Candy! Invece di rimproverarla e avvisare la sua famiglia le hai dato ospitalità nella tua stanza assieme al signor Cornwell!", concluse rimanendo senza fiato, quasi strozzandosi.

Abbassarono entrambe gli occhi, ma fu lei a prendere la parola: "Non potevo fare altro, era notte fonda! E poi Annie ha dormito con me nel mio letto, mentre ad Archie abbiamo dato una coperta ed è rimasto sul pavimento".

Omise che si erano abbracciati e avevano pianto a lungo, saltellando come ragazzini che si ritrovino dopo tanto tempo. In realtà, avevano parlato fino all'alba e non solo di lei e della sua amnesia, ma anche di loro: quello che aveva scoperto l'aveva sconvolta.

Miss Pony si stava pulendo gli occhiali e rivolse un'occhiata a suor Lane come chiedendo supporto. La donna non tardò a intervenire: "Annie, Candy, non dubitiamo della vostra buona fede, né di quella del signor Archibald, che sappiamo essere un gentiluomo. Ma non solo dormire tutti in quella stanza è sconveniente per principio morale, il fatto stesso che loro due siano scappati di sera per venire qui di nascosto è completamente sbagliato!".

"Ma loro si amano e i Brighton e la signora Elroy...!", tentò lei.

"Non ci sono scuse che tengano, Candy!", il suo tono era duro.

Si era appena riunita a loro e già le faceva disperare. Annie fece un passo avanti: "Non rimproveratela, la colpa è mia", disse sconvolgendola. Di solito, quando erano piccole, quella scena vedeva lei farsi avanti, non Annie. "Io e Archie ci assumiamo tutta la responsabilità di quello che abbiamo fatto, ma volevamo vedere Candy e anche chiederle un consiglio".

"Bene, potevate venire qui di giorno, alla luce del sole e avvisando le vostre famiglie", rispose Miss Pony asciugandosi la fronte con un fazzoletto e sedendosi su una sedia.

Candy guardò Annie e quest'ultima ammise: "Ha ragione, Miss Pony, ma eravamo disperati. Siamo maggiorenni, però stanno facendo di tutto per dividerci".

Sbirciò le due donne di sottecchi, mentre riprendevano il controllo. Suor Lane camminava per la stanza con le mani strette tra loro, la schiena dritta e la postura rigida, mentre Miss Pony stava ancora combattendo con le lenti dei suoi occhiali, per cui sembrava che nessun fazzoletto andasse bene.

Prese la mano di Annie, che si volse verso di lei e le sorrise leggermente: "Ho avvisato i Brighton e i Cornwell. Per fortuna il telefono funziona di nuovo. Tua madre è molto in collera con te, Annie". Era Suor Lane, che infine si era fermata per fissarle.

Annie distolse lo sguardo: "Mi dispiace, non volevo mettervi in difficoltà. Andrò via oggi stesso".

"No, Annie!", non riuscì a trattenersi Candy.

La voce perentoria di suor Lane che la richiamava la fece sussultare: "La signora Brighton ha acconsentito a farti rimanere per un altro giorno, così che tu possa stare con Candy, ma domani dovrai tornare a casa".

La speranza le si disegnò in volto: "Davvero?", chiese.

"Sì, manderanno una macchina a prenderti", concluse spegnendo il suo sorriso.

Candy capì che saperla lì con Archie non andava affatto a genio alla madre di Annie e comprese che doveva intervenire. Avrebbe scritto ad Albert, anzi no, lo avrebbe chiamato dallo studio del dottor Martin, per essere sicura di parlargli con calma. Così non solo poteva spiegargli la situazione e indurlo a intervenire almeno con la zia Elroy, ma anche sentire la sua voce.

Determinata a fare qualcosa, ma desiderosa di farsi perdonare, chiese scusa a Miss Pony e suor Lane e disse loro che sarebbe andata alla Clinica Felice di lì a poco.

Mentre faceva la strada di corsa, come una volta, la mancanza di Albert le punse il cuore come una stilettata. Ancora non riusciva a credere di essere stata in quei luoghi con lui e di averlo trattato così male. Si volse a guardare la Collina di Pony e un nodo le strinse la gola.

"Adesso che hai ricreato la scenetta del nostro primo incontro ti senti soddisfatto?".

"Oh, amore mio...", mormorò nel vento, lasciando scorrere le lacrime.

Quando finalmente arrivò a destinazione capì che, prima d'indossare la sua divisa da infermiera ancora una volta, avrebbe dovuto chiamarlo. Se avesse ascoltato il suo cuore, sarebbe corsa da lui in quel preciso istante, lasciando lì persino Annie ed Archie.

- § -

Elroy Ardlay si accomodò sulla sedia del balconcino passandosi una mano sugli occhi: aveva dormito poco e male.

Ciò che aveva vissuto a causa dei Lagan era nulla in confronto alla prospettiva di quello che sarebbe accaduto di lì a poco e che sarebbe durato per il resto dei suoi giorni. Purtroppo, quello che temeva si era avverato e la dura verità era che non poteva davvero farci nulla.

Non c'erano sotterfugi o inganni che tenessero, perché il coltello dalla parte del manico ce l'aveva William. Se avesse rifiutato Candy, lui avrebbe rinnegato il proprio nome, se l'avesse accettata, avrebbe dovuto sopportare la vergogna per tutta la vita.

Il profumo della natura le invase le narici in un caldo refolo estivo e la donna comprese che doveva fare una scelta. Se William avesse davvero voluto essere duro con lei avrebbe semplicemente deciso di mandarla via, e ne aveva il titolo: invece, pur di non discutere e concedere a tutti un minimo di armonia, aveva scelto le due opzioni meno drastiche, anche se non si trattava certo di passeggiate salutari.

In entrambi i casi, aveva mantenuto il rispetto per lei e di questo doveva dargliene atto.

Poteva, ora, essere così spietata da lasciare che andasse via di casa? Di convincerlo non ci sarebbe stato verso, nel suo sguardo c'era la stessa scintilla che aveva avuto Rosemary e la storia si stava dolorosamente ripetendo.

Gli Ardlay erano destinati a mescolare il loro sangue con persone di basso rango.

Con un verso di disappunto, si alzò bruscamente dalla sedia afferrando la ringhiera di ferro battuto, stringendo le mani e chiudendo gli occhi, sentendo il sudore colarle lungo le tempie.

Stava per prendere una decisione che non le sarebbe piaciuta, ma d'altronde era riuscita a uscire con onore da una situazione ben peggiore, dalla quale aveva temuto di non riprendersi più.

Quando aprì gli occhi fu consapevole che dalla sua risposta a William sarebbe dipeso il corso delle vite di tutti e si sentì rovesciare sulle spalle una responsabilità tale che si sentì, per la prima volta, quasi sopraffatta.

E, per la prima volta, davvero vecchia.

- § -

Neil Lagan sbatté le palpebre, credendo di avere le allucinazioni.

Quando gli avevano detto che c'era una visita per lui, credeva di doversi confrontare di nuovo con suo padre e l'idea non gli sorrideva affatto: non sopportava di vedere nei suoi occhi il rimprovero, ma meno che mai voleva sentire che sarebbe rimasto lì dentro per i prossimi dieci anni della sua vita, o giù di lì.

Nel momento in cui lo zio William entrò, vestito con il suo abito elegante e il viso appena un poco scarnito, capì che quella poteva essere la sua ultima occasione ed era intenzionato a sfruttarla. Nonostante tutto, il desiderio di essere libero era più forte dell'orgoglio e della consapevolezza dei suoi errori.

La guardia richiuse la pesante porta di ferro, annunciando che avevano quindici minuti. Udendolo, Neil alzò un sopracciglio con aria interrogativa.

"Ho chiesto che ci concedessero almeno cinque minuti più del normale", spiegò lui sedendosi sulla sedia sbilenca e invitandolo a fare altrettanto.

Circospetto, ma non volendolo contrariare, obbedì. Preferì non parlare, per studiare a fondo le sue intenzioni e lo guardò mentre fissava le pareti intorno a loro: "È strano trovarsi qui come visitatore. Devo dire che comunque questo posto non mi manca affatto".

Neil strinse i pugni, furioso. Si sentiva preso in giro e non andava bene: era nervoso, affamato e voleva solo respirare di nuovo aria pura, invece del puzzo dei suoi compagni di cella: "Perché sei venuto a trovarmi?", domandò cercando di mantenere un tono controllato.

Finalmente, William si degnò di guardarlo: "Ero curioso di capire cosa stesse passando per la testa a te e a tua sorella quando avete deciso di rovinarci la vita", disse piano, socchiudendo gli occhi.

Neil deglutì e non poté sostenere il suo sguardo: "Non potevo sopportarlo", mormorò in un sibilo.

"Cosa, cosa non potevi sopportare, Neil?", riprese lui con voce dura, ogni parvenza d'ironia sostituita da una rabbia mal contenuta.

"Non potevo sopportare che tu avessi tutto quello che non avevo io", spiegò alzandosi in piedi e stringendo i pugni. Avrebbe solo voluto colpirlo.

William si alzò e lo sovrastò con la sua altezza di svariati pollici. Per un attimo, si sentì di nuovo come quando si erano confrontati nella villa di Lakewood, dopo l'incidente di Candy: "A cosa diavolo ti riferisci?! Dannazione, Neil, avevate tutto! Una posizione, soldi, fama e una catena di alberghi aperta con il supporto del nostro clan! Cos'è che ti mancava così tanto?".

"Io...", stava per sputargli addosso tutto il suo odio ma tentò di dominarsi. "Tu sei sempre stato a vagabondare in giro per il mondo. Poi un bel giorno ti presenti e prendi in mano tutto il potere, decidendo delle nostre vite!".

Lo zio lo guardò esterrefatto e Neil si domandò che cosa avrebbe provato a spaccargli quella bella faccia in quel preciso momento: "Ero predestinato fin da piccolo e non devo certo giustificare la mia presenza o la mia assenza a uno come te", ribatté l'uomo di fronte a sé allargando le braccia. "Ho ereditato la mia posizione legittimamente da mio padre, non sono sbucato dal nulla come sostieni!".

"Noi eravamo i nipoti prediletti della zia Elroy e tu dovevi essere solo un vecchietto che a breve ci avrebbe lasciato campo libero per diventare la famiglia più importante", confessò in tono più basso. A quel punto non aveva senso mentire. Sperò solo che la sincerità avrebbe pagato.

"E avete mai pensato che oltre a voi c'erano anche i Cornwell?", domandò William con voce vibrante.

"Archie stava per sposare Annie Brighton contro la volontà di nostra zia e a quel punto tutti i favori sarebbero stati nostri. Avevamo tutte le carte in regola per diventare più potenti di voi". Sedette di nuovo, voltando il capo altrove, conscio di essersi ripetuto quella verità in testa un mucchio di volte e di essere già giunto alla conclusione di aver sbagliato tragicamente il tiro.

"Il potere", sbottò lo zio William e Neil udì i passi nervosi nella stanza. Tenne gli occhi chiusi, colmo d'ira e di rimorso al contempo. "Quel potere di cui parli non equivale a essere felici! Ma capisco che per delle persone che dentro sono vuote, e non hanno in mente altro valore che quello del denaro, questo tipo di felicità sia l'unica cui si possa aspirare".

Gli stava davvero facendo la morale? Come osava? "Se è per questo ti sei preso persino Candy. Era chiaro come il sole quanto vi foste avvicinati...".

All'improvviso, i passi si avvicinarono rumorosamente e lui si ritrovò da seduto a mezz'aria, una mano che gli stringeva la collottola di quell'assurda divisa da carcerato e il fiato mozzo. Gli occhi di William sembravano braci ardenti e il volto era contratto in una smorfia di rabbia tale che sembrava essere posseduto dal Diavolo in persona: "Quindi è stato per questo che avete tentato di ucciderla, maledetti idioti?!". Gocce di saliva gli schizzarono sul viso, i denti erano stretti e le labbra arricciate in una maschera di furia.

Non pensava che lo zio avrebbe osato fargli del male dentro a un carcere, tuttavia capì che nominare Candy avrebbe potuto costargli la vita. Di certo gli stava costando l'ultimo barlume di speranza: "Io... non volevo, ha fatto tutto Eliza! Ho solo finto di spostare quel dannato chiodo, il resto lo ha fatto tutto da sola!".

Con un verso di stizza, William lo lasciò andare quasi gettandolo a terra, dove cadde scomposto, tossendo per la mancanza d'aria: "Siete nel posto che vi meritate! Perlomeno qui non potrete fare del male né a Candy né al resto della mia famiglia", riprese squadrandolo come se fosse sterco di cavallo.

"Io ero innamorato di lei, è stata l'unica... cosa giusta della mia vita", disse vergognandosi per la sua debolezza.

Quelle parole parvero avere uno strano effetto su di lui, perché la rabbia sembrò scemare e si sedette, piegandosi fino a fronteggiarlo: "Hai tentato il suicidio per amore o solo perché sei un vigliacco, Neil Lagan?", domandò scettico.

"Non mi sarei mai messo nei guai uccidendo una persona, tantomeno Candy. E volevo solo togliere di mezzo gli Ardlay in modo pulito. Non sapevamo che quel tipo che ha contattato Eliza fosse invischiato con la mafia". Si rialzò dal pavimento, deciso a non farsi guardare dall'alto in basso da lui, riprendendo posto sulla sedia.

"In modo pulito? Ti pare onorevole quello che hai cercato di fare insieme ad Eliza?", domandò William rialzandosi e gesticolando con un braccio per sottolineare l'assurdità della situazione.

"No", ammise. Decise che, se non avesse fatto quel salto ora, non lo avrebbe potuto fare mai più. "Zio William, ti prego, tirami fuori di qui, ritira le tue accuse! Ti ho confessato tutto e sono pronto redimermi! Dammi la possibilità di dimostrarti che sono degno di prendermi le mie responsabilità! Mio padre rischia di morire di crepacuore se...".

"Tuo padre morirebbe di crepacuore sapendovi lì fuori a danneggiare altre persone!", lo interruppe, poi strinse gli occhi, fissandolo con attenzione. "Davvero pensi che io ti aiuterei a uscire di qui? Sei serio, Neil Lagan? Non credevo che fossi stolto fino a questo punto".

"Ma come ti permetti?", disse tra i denti. "Mi pare di essermi comportato in modo corretto dicendoti...".

"Mi hai solo confermato quello che sapevo già, anche se devo confessare che non credevo sareste arrivati tanto in basso. Non sembrate neanche i figli di Raymond", dichiarò.

Fu in quel momento che Neil capì di essere perso e si concesse il lusso di lanciare l'ultima cattiveria: "Tu che parli tanto di felicità... neanche tu l'avrai mai, zio William. Candy non si ricorda nemmeno chi sei e cosa ci fai nella sua vita!", disse con un sorriso cattivo.

Incredibilmente, il viso di William si distese in un sorriso tanto sincero che non sembrava più la stessa persona di un minuto prima: "Qui ti sbagli, caro Neil. Candy ha recuperato la memoria e presto sarà una Ardlay a tutti gli effetti, perché diventerà mia moglie".

Qualcosa di più amaro della bile gli salì in gola e lui dovette ricacciarlo indietro a fatica, con un verso strozzato: "Stai mentendo!", gridò come una ragazzina, odiando il suono stridulo della sua voce.

"Oh, no, affatto", riprese lui tranquillo, ricominciando a misurare la stanza a grandi passi. "E ti dico anche un'altra cosa, Neil Lagan: forse un giorno sia tu che tua sorella uscirete di qui", gli si accosciò ancora davanti e nei suoi occhi vide di nuovo ardere il fuoco, "ma non potrete mai, mai più permettervi di avvicinarvi a Candy. Non solo perché a quel punto sarà già la matriarca, ma perché non ve lo consentirò io. Se solo oserete, un giorno lontano, porre su di lei anche solo il vostro pensiero, vi farò rimpiangere di non aver avuto l'ergastolo. Sono stato chiaro?".

A differenza di poco prima, il tono era basso e pericoloso e Neil capì che non conosceva affatto quell'uomo come credeva. Aveva visto il suo lato violento una sola volta, ma pensava fosse dovuto allo shock per quanto era accaduto: dalle descrizioni che aveva sentito in giro e da quel poco che lo conosceva, l'ex smemorato zio William era una persona pacata e amante della natura.

Invece, lui aveva appena conosciuto l'uomo capace di uccidere per la donna di cui era innamorato e, al confronto, quello che provava lui per Candy era poco più di un capriccio. Nonostante ciò, il fatto di saperli felici mentre lui era rinchiuso a marcire là dentro per anni lo logorava e gli faceva desiderare di nuovo la morte.

"Questa conversazione è stata molto illuminante. Ora so che non c'è modo che questa esperienza ti cambi. Non so come la pensa Eliza, ma sospetto che ti somigli molto, in questo. D'altronde, è stata capace di fingersi una malata di mente per tentare di fuggire", disse con tono disgustato.

"Almeno lei ha avuto il fegato di provare ad uscire di scena in modo migliore del mio", commentò quasi a se stesso.

William gli si mise di fronte, guardandolo forse per l'ultima volta: "La parte umana di me prova pena nei vostri confronti, Neal. Ma non riesco a lasciare spazio alla pietà: mi dispiace solo per Raymond, che ha avuto la sfortuna di mettere al mondo dei figli disgraziati come voi. Addio".

Lo vide bussare alla porta per farsi aprire e lanciargli un'ultima occhiata dalla spalla, come se volesse chiudere quel capitolo della sua vita.

Neil fu tentato di augurargli di essere infelice, di avere dei figli storpi o una moglie che lo tradisse. Ma era stufo di tutto quel veleno che soffocava lui per primo.

Rimase in silenzio, guardandolo andare via, odiandolo e nello stesso tempo chiedendosi se, un giorno, sarebbe riuscito a riscattarsi quel tanto che bastava da avere un minimo del suo valore.

- § -

Albert era appena tornato a casa con un turbinio di pensieri che si accalcavano uno dietro l'altro: da un lato era ancora sconvolto dopo la conversazione con Neal, anche se non si aspettava nulla di tanto diverso da quello che si erano detti, dall'altro era curioso di sapere cosa avesse deciso sua zia, che ancora non aveva avuto modo di vedere quel giorno.

Ma, soprattutto, desiderava ardentemente avere Candy fra le sue braccia e sapere che li dividevano ancora giorni e miglia lo faceva fremere d'impazienza.

Non credeva sarebbe mai stato così dipendente da una donna, ma con tutto quello che aveva passato il bisogno di lei era diventato impellente come respirare.

Quando la cameriera gli annunciò che era in attesa al telefono, si precipitò nello studio ordinando che nessuno lo disturbasse per la prossima mezzora. Come un adolescente impaziente, prese la chiamata senza neanche sedersi alla scrivania.

"Albert, sono io", la sua voce gli penetrò nel cervello e gli trafisse il cuore, neanche fossero lontani da anni.

"Candy, tutto a posto? Vuoi che venga a prenderti?". Il suo tono doveva essere ridicolo, perché lei scoppiò a ridere di cuore e quello fu comunque il più bel suono che si ritrovò a udire quel giorno.

Era davvero senza speranza, completamente in sua balìa e quella consapevolezza lo fece gioire e rabbrividire al contempo. Cominciava quasi a capire il diniego della vecchia Candy a lasciarsi andare a un sentimento tanto potente: la prospettiva di perdere una persona che si amava a tal punto equivaleva semplicemente a morire.

"Bert, no, tranquillo, è tutto a posto. In realtà sono dal dottor Martin ma volevo parlarti di Archie e Annie: sono qui e... hanno un piccolo problema", disse lei.

Albert si sedette sul bordo della scrivania, spostando dei fogli: "Archie e Annie sono lì insieme? Immagino volessero rivederti: ho mandato un telegramma per avvisare lui, qualche giorno fa".

"Sì, ma in realtà... ecco, oltre a volermi vedere... diciamo che la loro è stata una specie di... fuga romantica", aggiunse ridacchiando ancora.

"Che cosa?!", sbottò lui saltando in piedi e facendo cadere una penna e un timbro, imprecando sottovoce e chinandosi a raccoglierli con la cornetta ancora premuta sull'orecchio.

"Che è successo?", domandò lei che doveva aver sentito il rumore.

"Nulla, nulla... spiegami un po' questa cosa", chiese dandosi dello stupido: era così preso dai suoi problemi che aveva ignorato i comportamenti dei due ragazzi. Ora gli erano chiare molte cose: quando li vedeva parlottare senza litigare o le rare volte in cui Archie parlava di Annie... tutto riportava a un'unica conclusione.

"Sono tornati insieme, Albert. Ma la zia Elroy e la signora Brighton si oppongono alla loro relazione", confermò Candy in tono più serio.

Quando gli raccontò come stavano le cose, Albert si accigliò e provò empatia verso suo nipote. Perché le coppie che si amavano dovevano subire sempre le angherie altrui? E la zia Elroy... oh, l'avrebbe sentito!

"Di' loro di non preoccuparsi, sistemerò tutto io. Posso parlare con la zia e se volete tenterò di farlo anche con i Brighton", si offrì senza indugio, domandandosi subito dopo quanto fosse corretto.

"Grazie, tesoro, sapevo di poter contare su di te!", esultò lei come una bambina, riempiendogli il cuore. Avrebbe dato non sapeva cosa per abbracciarla in quel momento.

"Sai che farei qualsiasi cosa per te... e, diamine, voglio molto bene anche ad Archie ed Annie, lo sai", ribatté guardando fuori.

Candy parve esitare per qualche istante, quindi chiese: "Hai poi parlato...uhm... con la zia Elroy di noi?".

Albert sospirò: "Sì, ma non devi preoccuparti di questo. Le ho dato due possibilità e sto aspettando che prenda una decisione. In ogni caso la mia è presa e non tornerò indietro. Quando verrò a prenderti sarà per farti restare, qui o ovunque decideremo di andare, non dubitare di questo", disse in tono fermo.

"Oh, Bert...", Candy sembrava turbata.

"Candy... tu mi ami, vero?", le domandò con voce profonda e, quando lei confermò senza indugi, aggiunse: "Allora fidati di me. Non lascerò che il destino e le persone ti portino di nuovo via".

Il silenzio che seguì fu colmo di significato. Si salutarono proprio come avrebbero fatto due fidanzatini dopo il loro primo appuntamento e non come due persone che si conoscevano praticamente da tutta la vita.

Albert si lasciò cadere sulla sedia, stirando le membra ed emettendo un verso soddisfatto: era così felice che neanche la rabbia provata poco prima poteva cancellare la sua gioia.

Quando bussarono alla porta invitò il visitatore a entrare con voce forte, alzandosi in piedi: era George.

"Signorino William, la signora Elroy chiede di vederla in biblioteca", annunciò.

"Molto bene, arrivo subito", rispose affrettandosi verso la porta.

L'uomo lo squadrò: "Da come saltella sembra che sia stato alla Casa di Pony, invece che in carcere dal signorino Neal".

Albert ridacchiò, poi gli mise le mani sulle spalle e disse in tono cospiratorio, come se fosse un segreto: "Il mio cuore è alla Casa di Pony, in effetti!". Gli fece l'occhiolino e uscì dalla stanza.

Il confronto con la zia era vicino, ma non gli importava nulla: qualunque cosa gli avesse detto, Candy era sua e lo sarebbe stata comunque. Cascasse il mondo.

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Angolo dei commenti:

Cla1969: Candy è sempre stata uno spirito libero e ha bisogno di tranquillizzare anche le altre persone della Casa di Pony, perché sospetta che da questo momento in poi avrà davvero poco tempo per stare con loro e con il dottor Martin! XD Inoltre non ha tutti i torti: Albert deve parlare con la zia Elroy e, come vedi, il loro confronto non è affatto facile. Ma lui le dice le cose come stanno e ora sta alla zia ragionare, finalmente. Ahahahaah, la fuga romantica di Annie e Archie sembra davvero un matrimonio segreto, vero? Che avranno in mente questi altri piccioncini per stare insieme? George è già, in qualche modo, protagonista della storia: non so se ti sei accorta che gli sto dedicando tanto spazio ;-)

Ericka Larios: Annie è maturata molto dall'inizio della storia e arriva persino a intrecciare le lenzuola per fuggire! Sono contenta di averla fatta un po' evolvere, non poteva rimanere una ragazza timida e remissiva a lungo... La società dell'epoca, purtroppo, è ben rappresentata dalla zia Elroy, che tenta di mettere i bastoni tra le ruote sia ad Albert che ad Archie: ma ci riuscirà? Grazie, alla prossima!

Maribel: Puedes traducir automáticamente con google chrome!

Dany Cornwell: Albert sta sperimentando il suo lato innamorato e insicuro, non è adorabile? XD Di contro, Annie è diventata finalmente più intraprendente e la zia ora avrà a che fare con due coppie che vogliono andare contro la società! Chi vincerà questa lotta?

Elizabeth: Non solo Albert e Candy hanno dovuto lottare, ma ora anche Annie e Archie! Ma sono molto agguerriti, quindi chissà che non riescano ad averla vinta... un caro saluto, alla prossima!

Guest: La zia Elroy è dura da convincere, ma qui abbiamo due coppie disposte a combattere fino all'ultimo!

Sandra Castro: Sono felice che il modo in cui sta finalmente evolvendo il rapporto tra Candy e Albert ti appassioni, grazie! Albert combatterà davvero con tutte le armi a sua disposizione, ora! E anche Archie e Annie meritano un po' di pace. Grazie ancora per seguirmi e amare questa storia!