Nuove prospettive
Annie si appoggiò all'albero e, quando sentì i passi dietro di sé, capì che si trattava di Archie. Gli allungò una mano per indurlo a sedersi accanto a lei e lasciò che la baciasse: nonostante il suo spirito ribelle e la promessa di Candy di parlare con Albert, le lacrime cominciarono a scenderle sulle guance senza che lei potesse farci niente.
"Annie... che succede, tesoro?", chiese lui staccandosi e passandole le mani sul volto, asciugandolo teneramente. Lei gliele afferrò, singhiozzando.
"Perché è andato tutto così storto, Archie? Se solo io non ti avessi mai lasciato... a quest'ora... adesso io e te saremmo...".
"Non dire così", la sua voce era ferma. "Guardami, Annie: la colpa è mia". Le prese il viso fra le mani e inchiodò gli occhi ai suoi, serio come non l'aveva mai visto. "Se io non avessi avuto quei dubbi sciocchi, inducendoti a reagire, non sarebbe accaduto nulla. Ma è servito a rendermi conto di quanto mi stessi sbagliando. Sono certo che le cose si sistemeranno e che lo zio William riuscirà a convincere la zia Elroy a lasciarci in pace".
Annie tirò su col naso, carezzando il dorso della mano di Archie con il pollice: "E mia madre? Se si mette in testa una cosa...".
"Siamo maggiorenni e possiamo decidere delle nostre vite!", la interruppe lui. "Annie, finirò l'università e ti sposerò, anche se dovesse mettersi in mezzo il demonio in persona".
"Archie!", esclamò lei ridendo.
"Così voglio vederti. Devi sempre sorridere, amore mio. Ora baciami, per favore". E Annie lo baciò. Con trasporto, con passione, chiedendosi di nuovo come avrebbe fatto a stare un intero anno separata da lui.
- § -
La sensazione era quella di un dejà-vù, ma Albert non si era mani sentito così sereno in vita sua: sapeva che, comunque fosse andata, lui avrebbe avuto il controllo della propria vita e, soprattutto, avrebbe avuto Candy con sé.
La zia era in piedi davanti allo scrittoio e gli dava le spalle. Apparentemente aveva qualcosa in mano, ma fu solo quando la sentì singhiozzare che lo sguardo gli cadde sul bicchiere.
Sbattendo le palpebre alla vista del liquido ambrato, Albert fu certo di avere le allucinazioni: "Zia, ma... ma... stai bevendo whisky?".
"La colpa è tua!", sbottò lei voltandosi per fronteggiarlo. Nonostante le sue parole, non sembrava ubriaca... forse un po' alticcia.
"M... mia?", balbettò lui, troppo sorpreso per aggiungere altro.
"Sì, tua", sottolineò lei indicandolo con il bicchiere, "perché se non mi avessi messa di fronte a una decisione così assurda non sarei tanto agitata! Alla mia età e con i miei problemi!", si lamentò passeggiando per la stanza.
Da parte sua, Albert cercò con tutte le sue forze di restare serio. Vedere la zia Elroy tanto sconvolta da essere obbligata ad annegare le sue preoccupazioni nell'alcool gli solleticava l'ilarità come poche altre cose.
"Zietta...".
"Non chiamarmi zietta!", tuonò prendendo un sorso a fior di labbra e facendo una smorfia tanto disgustata che l'aria gli uscì dal naso in una specie di rumorosa risata.
"Stai ridendo di me, William?", il tono indignato fu ancora più divertente e lui si portò una mano davanti alla bocca.
"Ti chiedo scusa, zia, ma non ti avevo mai vista con un bicchiere in mano: è il distillato di papà, vero?", chiese cercando di contenersi per non farla infuriare di più.
"Sì, ne abbiamo qualche bottiglia anche qui. Devo però confessarti che dopo quello che è successo a te e ad Archibald comincio a odiare gli alcoolici". Sembrava più calma e si sedette su uno dei divani a ridosso della parete, annusando dal bicchiere come se cercasse di cogliere un aroma in particolare.
"Anche io ho passato questa fase, ma sappiamo benissimo di chi è la colpa di tutto", ribatté lui, omettendo che solo pochi giorni prima stava cercando, proprio nel whisky, l'oblio di cui aveva bisogno.
"Non me lo ricordare", sibilò lei ripetendo il finto sorso di poco prima. Doveva avere le labbra che andavano a fuoco, poco abituata com'era.
"Quindi, zia", esordì cercando di arrivare al punto, "deduco che la decisione ti sia costata parecchio", disse girando intorno a un tavolino basso e mettendosi di fronte a lei.
"Siediti, William", gli intimò con tono aspro e lui avvicinò una poltrona imbottita per accomodarsi. "E sia, accetterò la vostra unione", disse in tono solenne, un rivolo di sudore lungo la tempia.
Albert sbatté le palpebre e aprì la bocca per lo stupore: aveva sentito bene? Non aveva forse immaginato che potesse davvero accadere? Ma una cosa era pensarlo, un'altra sentirlo dalla voce chiara seppur altera della zia Elroy, che dopo aver parlato aveva la bocca talmente serrata che non capì se fosse a causa dell'alcool o perché desiderava rimangiarsi la frase.
"Grazie, zia, ne sono davvero...", cominciò.
"Tuttavia", lo interruppe alzando un dito, "mi occuperò personalmente di redarguirla qualora ci faccia sfigurare davanti alla famiglia. Non tollero che la tua futura... moglie... lavori in un ospedale".
Albert deglutì: quello era un problema. Cercò di contrattare: "Può perlomeno occuparsi della Clinica Felice? Si tratta di quella che ho provveduto a ristrutturare assieme all'orfanotrofio. Grazie anche al medico che vi lavora ho recuperato la memoria".
La donna si portò una mano alla fronte come se avesse un forte mal di testa: "Va bene, ma santo Cielo...".
"E magari in futuro...", tentò.
"Non tirare troppo la corda, William", lo ammonì senza alzare la testa ma puntando su di lui uno sguardo che aveva qualcosa di terrificante. Albert sospettò che avesse fatto un sacrificio enorme solo accettandola al suo fianco e rinunciò. Era certo che Candy avrebbe compreso.
"Inoltre", proseguì lei alzandosi in piedi e abbandonando infine il bicchiere sulla mensola del caminetto, "la sua educazione sarà prioritaria e richiederà del tempo. Se intendete annunciare il fidanzamento entro l'anno potrei cominciare a provvedere con un'istitutrice, così che entro un anno e mezzo, massimo due...".
"No", gli uscì di bocca prima che potesse impedirselo. Nella sua testa lampeggiava solo la parola "anno" e non era compatibile con quello che aveva previsto.
"Come, scusa?", chiese la zia con genuina sorpresa, aggrottando le sopracciglia in un cipiglio che non lo spaventò neanche un po'.
Albert prese un grosso respiro e spiegò: "La mia intenzione è sposare Candy entro la fine dell'estate. Il fidanzamento verrà annunciato quando rientrerà a Chicago assieme a quello di Archie ed Annie. L'unica differenza è che loro probabilmente rimanderanno il matrimonio a dopo la laurea di Archie e...".
"Ma cosa ti salta in mente!?", alzò la voce lei battendo un pugno sul tavolo dove c'era un vaso cinese che per poco non cadde. "Non si organizza un matrimonio in due mesi e a così poca distanza da un fidanzamento! E cosa c'entrano Archibald con quella...!?".
Fu sufficiente che posasse su di lei lo sguardo perché la donna terminasse il suo monologo: "Zia", disse con tono calmo ma gelido, "lascia che ti esponga come io desidero che vengano fatte le cose: Candy tornerà fra pochi giorni e daremo una festa intima con gli amici più cari e i parenti più stretti. Archie ed Annie hanno sistemato le cose fra loro e nessuna strana... macchinazione può cambiare questa realtà. Ho anche pensato di chiedere un colloquio con i signori Brighton per intercedere in favore di Archie, se lo vorrà".
"Non è onorevole lasciarsi e riproporre un fidanzamento dopo così poco tempo! Inoltre, sua madre si è opposta alla loro unione dopo che Archibald è stato in carcere", spiegò riprendendo il bicchiere in mano. Era davvero sconvolta, ma lui si sentiva calmo come non gli capitava da mesi.
"Immagino che lei sia contraria per quel motivo inesistente così come tu sei contraria perché Annie non ha origini nobili. D'altronde, è praticamente sorella di Candy, ma dalla sua ha l'adozione di una famiglia di prestigio", disse senza scomporsi, accavallando le gambe e osservando il viso tormentato di sua zia.
"Non puoi chiedermi di accettare due cose così... così spiacevoli nello stesso tempo!", si lamentò portandosi una mano alla fronte.
"Sai cos'è spiacevole, zia?". Albert si alzò e una punta di rabbia cominciò a farsi strada nel suo petto. "Il fatto che tu abbia cercato di convincere Annie e sua madre che sarebbe stato conveniente per entrambe impedire questa unione! Pensi forse che i due ragazzi non si parlino? Non ti credevo capace di arrivare così in basso".
"Questa unione non porta alcun beneficio a nessuna delle due famiglie", insistette lei, voltando la testa di lato e riprendendo a sorseggiare il suo drink, o almeno a tentare di farlo.
"La felicità di due persone non ti sembra un beneficio sufficiente? Ti pare davvero poco?", chiese sconvolto. Sapeva che i matrimoni combinati di quei tempi erano normali, ma era un concetto che lui non aveva mai concepito.
"La felicità, l'amore", elencò accompagnando ogni parola al gesto di alzare il bicchiere come in un brindisi di beffa. "Non è questo il mondo delle famiglie importanti come la nostra! Tu e tua sorella avete gli stessi ideali sconclusionati".
Albert sospirò: "Zia, com'era la mamma?", chiese all'improvviso, lasciandola senza parole a fissarlo come se le avesse chiesto di scolare un'intera bottiglia di whisky invece che un bicchiere.
"Perché me lo chiedi, ora? Cosa c'entra?", domandò, gelata sul posto.
"Neanche lei aveva la tua approvazione? Hai litigato con tuo fratello nonostante lui fosse il capofamiglia?". Sapeva che stava tirando molto la corda, ma voleva arrivare alla radice del problema e farle capire, in maniera inequivocabile, quanto si sbagliasse.
La zia Elroy tornò con aria mesta sulla sua poltrona senza lasciare il bicchiere, ma si limitò a guardarlo. "Anche se fosse, non potevo certo intromettermi: era lui ad avere il potere decisionale, pur se più giovane di me", ammise.
"Ebbene, quando è nata Rosemary cosa hai provato, zia? E quando sono nato io?". Non gli costava poco ricordare che sua madre era morta dandolo alla luce, ma sperava di aprire definitivamente quella breccia nel cuore della donna, quella che aveva visto nel momento in cui lo aveva accarezzato con tanta tenerezza.
"Lo sai benissimo, William!", disse stizzita, prendendo un sorso troppo grande per lei e tossicchiando.
"No, non lo so. Voglio sentirlo da te!", s'impuntò avvicinandosi e sovrastandola.
La donna sbatté le palpebre, come se stesse lottando contro le lacrime, quindi confessò: "Vi ho amati immediatamente. Sei soddisfatto?".
"Sì", rispose con un sorriso. Non aggiunse altro ma guardò sua zia combattere contro le sue emozioni a suon di sorsi di whisky più o meno reali. A un certo punto, decise che era abbastanza e le tolse il bicchiere di mano con gentilezza. "Zia", riprese con un sorriso, addolcito dalla sua battaglia interiore, "non fissarti sui preconcetti e sulla posizione. Ogni tanto segui il tuo cuore. Se un giorno dovessi trovarti fra le braccia un figlio di Archie o... mio, non lo ameresti a prescindere da chi è sua madre?".
Mentre lo chiedeva, avvertì un brivido corrergli lungo la schiena: dopo i giorni di sofferenza e la notte oscura appena superati, la possibilità concreta di avere un figlio da Candy gli faceva vibrare l'anima con un'emozione così sconosciuta e potente che si sentì quasi sopraffatto.
Si concentrò su sua zia, beandosi di quella sensazione che poteva essere davvero dietro l'angolo e la vide annuire.
Era fatta, aveva la zia Elroy dalla sua parte.
Si alzò e cominciò a camminare verso il tavolo per posare il bicchiere, indeciso se bere quel whisky al posto suo o meno, visto l'orario ancora prematuro, quando lei parlò: "Il matrimonio...", disse con voce sconfitta.
"Vogliamo un matrimonio bello e indimenticabile, ma non secondo i canoni che immagini tu. Parlerò con Candy, credo che possa desiderare persino sposarsi alla Casa di Pony", disse con aria sognante.
La zia Elroy si mise una mano sul viso facendo un gemito come di dolore alla menzione dell'orfanotrofio, poi rizzò la testa: "Volete sposarvi in capo a due mesi e non sapete ancora dove volete farlo?!".
Albert la guardò con attenzione, aggrottando le sopracciglia e concentrandosi per un attimo sulla loro ultima conversazione. In effetti Candy aveva accettato di tutto cuore di sposarlo, ma...
"Se devo essere sincero, zia... ehm... non mi sono proposto ufficialmente, ma so già che lei è d'accordo", ammise con un po' d'imbarazzo.
"Non le hai ancora proposto il fidanzamento ufficiale?!", scattò in piedi lei, come se d'improvviso quella fosse la priorità.
"Calmati, zia", disse ridendo e avvicinandosi di nuovo, "ti assicuro che abbiamo avuto modo di parlare molto a Lakewood e lei...".
Lo sguardo assassino che gli stava rivolgendo spense le sue parole: "William, siete stati soli in quella villa per settimane! Sia prima che dopo che Candice recuperasse la memoria!".
Capì dove voleva andare a parare la donna e le mise le mani sulle spalle: "Zia, sono io, William Albert, con chi credi di parlare? Non ti fidi dell'educazione che ho avuto e che hai contribuito tu stessa a darmi?", domandò comprendendo, improvvisamente e dolorosamente, che rischiava di costargli anche piuttosto cara, da quel punto di vista.
Lei fece una smorfia: "Certo che mi fido di te, ma le voci...", cercò di riparare, però si vedeva che era sollevata.
"Nessuno sa nulla, quindi puoi stare tranquilla. La reputazione mia e di Candy sono salve", concluse alzandosi.
"William". La voce della zia Elroy lo raggiunse quando era quasi alla porta.
Si voltò guardandola da sopra una spalla: "Sì?".
"Sono contenta che tu sia tornato... quello di una volta", disse con il fantasma di un sorriso.
Albert chinò il capo e chiuse gli occhi, ricambiandolo: "Ti sbagli, non sono quello di una volta: sono profondamente cambiato. Ma posso dirti che, alla fine dei giochi, oggi sono felice. Davvero felice".
Lei non rispose e lui si richiuse quella porta alle spalle come fosse l'ultimo frammento del passato triste che aveva appena trascorso.
Ora aveva una sola priorità: trovare l'anello giusto e proporsi a Candy.
- § -
"Allora, Candy, quando ti farà la proposta ufficiale il tuo ragazzo?", disse il dottor Martin alle sue spalle, facendole perdere la presa sul contenitore di siringhe che aveva in mano. Per fortuna si era posizionata sopra a un ripiano, quindi nessuna cadde a terra.
"Beh, veramente... lui mi ha chiesto già di sposarlo, ma non abbiamo parlato dei tempi", ammise portandosi una mano chiusa al mento e voltandosi per guardarlo.
L'uomo scoppiò in una fragorosa risata: "Oh, ragazza mia, sei diventata più rossa di una primula! Eppure lo conosci da una vita, o sbaglio?".
"Sì, certo, ma prima eravamo solo amici", ribatté con gli occhi bassi. Era così bello parlare di Albert come fosse il suo fidanzato, eppure si sentiva in imbarazzo come una bimbetta al primo amore. Cosa che, in effetti, era il suo Principe della Collina.
Ripensò al giorno in cui lui, con il suo kilt, l'aveva raggiunta proprio ai piedi di papà albero dove si erano incontrati la prima volta per cercare di farle ricordare il suo passato. L'aveva trattato così male, anche in quell'occasione, che solo il pensiero le fece salire di nuovo le lacrime agli occhi.
Sentiva nel petto un'oppressione che non aveva mai sperimentato e capì che desiderava la presenza di Albert come non aveva mai desiderato neanche quella di Terence: davvero aveva pensato di riuscire a stargli lontana come aveva fatto in passato?
"Ehi, tesoro, ho forse detto qualcosa di male? Accidenti, dovrei imparare a tenere questa vecchia boccaccia chiusa!", si rimproverò il dottore portandosi una mano sulla nuca, chiaramente in difficoltà.
Candy si asciugò le lacrime con le dita e scosse la testa, regalandogli un sorriso: "No, non è colpa sua, stia tranquillo. È che non credevo che mi sarebbe mancato così tanto. Ero così convinta e intenzionata a tornare qui per sistemare le ultime cose, che pensavo sarebbe sopravvenuta l'abitudine. Invece non riesco a fare a meno di desiderare di essere fra le sue braccia...". Concluse la frase mordendosi le labbra: cosa aveva appena detto al dottor Martin?!
La seconda, grassa risata che udì aumentò il suo imbarazzo. Davvero geniale parlare del lato romantico del loro rapporto proprio a lui! "Beh, non c'è nulla di male, puoi tornare al tuo colorito roseo, cara infermiera! E puoi anche tornare da lui: la tua sostituta non è brava come te, detto fra noi, ma le indicazioni che le hai dato la miglioreranno di certo".
Candy sgranò gli occhi, nel petto un misto di speranza, aspettativa e senso di colpa: "Ma non posso! C'è da organizzare la campagna delle vaccinazioni per i nuovi nati, sistemare le cartelle degli abitanti dei paesi vicini con i dati aggiornati e...".
"Candy", disse lui serio, posandole le mani sulle spalle, "come pensi che abbia fatto a tirare avanti in questi mesi in cui non ci sei stata? Non è la prima volta che ti assenti per un periodo e, anche se dovessi decidere di non lavorare più qui perché ti sposerai, sappi che me la caverò egregiamente. L'unico problema è che mancherai sia a me che ai tuoi pazienti, specie ai più piccoli".
Lei fissò il volto rubicondo e sorridente di quell'uomo così generoso che, sulle prime, non aveva neanche considerato un vero medico. Certo, aveva il suo lato eccentrico, ma era una delle persone migliori che avesse incrociato sul suo cammino: "Grazie, dottor Martin, ci penserò. Comunque non andrò via prima che lo facciano anche Annie e Archie".
Mentre li nominava, Candy sperò che Albert avesse intercesso per loro con la zia Elroy. E che fosse arrivato a un accordo per quanto riguardava lei stessa: lo aveva visto determinato come non mai e non aveva più parlato di prendere tempo perché la prozia si abituasse all'idea.
Di colpo, Candy si rese conto che le cose fra loro erano accelerate in maniera vertiginosa dopo quanto avevano passato e questo non poté che farle piacere. D'altronde, persa nella gioia di essere di nuovo accanto a lui con tutto il suo amore, non si era sentita persino pronta per fare un passo tanto impegnativo quanto deliziosamente folle?
Ancora adesso, si chiedeva da dove avesse preso tanta audacia e come potesse avvertire, dentro di sé, sia la vergogna che una sensazione di profonda giustizia. Mai, nella sua giovane vita, aveva immaginato qualcosa che andasse al di là di un semplice bacio, che fossero quelli rubati di Terence o quelli colmi di passione di Albert.
C'era un mondo nascosto al quale non osava avvicinarsi ma che, come infermiera, sapeva fare parte della normale evoluzione di una coppia sposata. Come avrebbe affrontato quella tappa così delicata con Albert? L'avrebbe guidata impedendole di combinare un disastro? Come doveva comportarsi una donna, secondo le regole della buona creanza? Poteva sentirsi libera di esprimersi con lui, come aveva sempre fatto?
"E adesso a cosa stai pensando?". La voce divertita del dottor Martin la fece ripiombare nella realtà. Aveva di nuovo il viso in fiamme.
"Niente! A niente! Devo andare a controllare il paziente con il gesso, mi scusi", si defilò uscendo dalla stanza seguita dalle ennesime risate di cuore.
Che sciocca a pensarci ora, e proprio in quel momento! Sarebbero di certo passati mesi prima che avvenisse il matrimonio e lei poteva prepararsi mentalmente... come si sarebbe preparata? Con chi avrebbe parlato di una cosa del genere? Se solo Annie si fosse già sposata!
Bussò alla porta dell'uomo col braccio rotto e gli regalò uno dei suoi più calorosi saluti, quindi gli spiegò che doveva procedere con una fasciatura per tenerlo più comodamente al collo, prima di rimandarlo a casa. Lui accettò di buon grado.
Mentre provvedeva con gesti che aveva già compiuto altre decine di volte, però, la mente tornò su Albert e Candy ripensò alle sensazioni inedite che provava ogni volta che lui la stringeva e la baciava.
E alla notte che avevano passato a parlare e dormendo vicini...
"Sei mia? Sei mia, Candy. Sei qui, fra le mie braccia...".
Albert si era risvegliato da un incubo: le era apparso così fragile, così profondamente innamorato di lei! Lei lo aveva baciato e accarezzato e si era stretta a lui...
"Candy... vuoi diventare mia moglie adesso?"
Stava per superare quel limite? Era così facile che ciò avvenisse?
"Da oggi vige una nuova regola: evitiamo di dormire nello stesso letto".
Potesse bruciare fra le fiamme dell'Inferno, Candy desiderava con tutto il suo cuore e il suo corpo condividere lo stesso letto con Albert per tutto il resto della sua vita.
"Ehm... infermiera, è sicura che la fasciatura debba essere così stretta?", la voce titubante del paziente la fece di nuovo tornare al presente.
Con orrore, si rese conto di aver allacciato la fascia lasciando così poco spazio al braccio ingessato, che il poveretto ce l'aveva appeso praticamente sotto al mento. Diamine, aveva persino fatto un fiocco al nodo dietro alla nuca!
"Oh, mi scusi!", esclamò piena di vergogna portandosi una mano alla bocca e affrettandosi a sistemare quel disastro.
Il paziente sbottò a ridere, rovesciando la testa all'indietro: "Non si preoccupi, lei è così carina e simpatica che può farmi tutti i fiocchetti che vuole!", commentò imbarazzandola ancora di più.
Certo, anche in passato aveva combinato piccoli, grandi guai attirandosi i rimproveri della dottoressa Mary Jane, ma ora era diverso. Era troppo distratta da Albert e forse sarebbe stata una buona idea seguire il consiglio del dottor Martin e tornare indietro con Annie e Archie, il giorno successivo.
Magari gli avrebbe fatto una sorpresa.
- § -
- § -
- § -
Angolo dei commenti:
Cla1969: Aahahahah, spero che tu ora non sia più in ansia! Visto che la zia, alla fine, si è arresa? Annie e Archie hanno fatto la classica "fuitina", come diremmo oggi, anche se sono rimasti ligi alle regole del tempo. Già, Terence che fine ha fatto? Pssst! Ti svelo un segreto: lo ritroveremo nel prossimo capitolo, ma non dirlo a nessuno! XD
Ericka Larios: A quei tempi i matrimoni combinati c'erano ancora, ma sappiamo bene che Archie e Annie, così come Albert e Candy, sono una coppia "atipica" e si amano troppo per rinunciare! Albert, quale patriarca, ha una grande responsabilità, certo, ma anche un potere decisionale superiore a quello della zia Elroy, per cui ha davvero il destino nelle sue mani. Il suo, quello di Candy e, in parte, anche quello di Archie e Annie!
Dany Cornwell: Neil è un insicuro perché non si è mai dovuto guadagnare nulla nella vita e pensa che tutto gli sia dovuto. Una parte di me ha tentato di redimerlo, in questa storia, ma l'ha combinata davvero troppo grossa. Miss Pony è una donna dell'epoca, è normale che sgridi Annie e Candy, purtroppo XD Vediamo se Albert riesce a sistemare le cose!
Elizabeth: Hai proprio ragione, è una battaglia a tutti gli effetti! Al mio tre... (citazione)
Charlotte: Miss Pony sente una grossa responsabilità sulle spalle perché i ragazzi non sono adolescenti, è vero, ma sono scappati proprio alla Casa di Pony! Si sente quindi responsabile per loro e fa una ramanzina a Annie che è come una figlia per lei. Hai ragione, Archie non si esimerà dal parlare con la famiglia di Annie, ma lo zio William ha un grande potere decisionale e la sua opinione è molto forte, specie nei confronti della zia Elroy. Neal può anche farci pena con le sue insicurezze e quel carattere che potrebbe anche migliorare... ma per ora deve pagare per ciò che ha combinato. E alla fine, avevate tutte ragione: la zia si è arresa! Evviva!
