Di conversazioni e inviti
Elroy Ardlay stringeva così forte il ventaglio che pensò lo avrebbe spezzato in due. Sapeva di aver preso l'unica decisione possibile, come sapeva che le parole di William avevano colpito nel segno.
Se un giorno dovessi trovarti fra le braccia un figlio di Archie o... mio, non lo ameresti a prescindere da chi è sua madre?
Era stato già così, perché aveva amato teneramente il suo sfortunato Anthony nonostante fosse figlio di un marinaio, come prima aveva amato lo stesso William, anche se non approvava la moglie che aveva scelto il suo defunto fratello.
Con Candice, che sarebbe arrivata a breve in quel lato tranquillo del giardino sotto un pergolato chiuso decorato di rose e tulipani così come aveva richiesto, le cose sarebbero state diverse.
Di lei non si sapeva nulla: era stata una bambina abbandonata da piccola, forse indesiderata o persino rinnegata dallo stesso genitore che l'aveva lasciata in quella Casa di Pony. Chissà quali torbide storie nascondeva il suo passato. Poteva essere figlia di un carcerato, di un assassino o persino di una prostituta.
Rabbrividì al pensiero che il sangue nobile degli Ardlay si mescolasse con chissà quali altre origini nefande.
Ma non è solo questo, vero?
Quella era una parte importante del problema, ma c'era qualcos'altro: lei stava perdendo autorità. Naturalmente sapeva che quando si fosse instaurato in famiglia William, che era il patriarca, lei avrebbe avuto un potere decisionale sempre secondo al suo, ma in questo caso era stato pari a zero.
E non solo per la questione fondamentale della sua futura moglie, ma anche per quello che riguardava Archibald e quell'altra orfana.
Due in famiglia... che tragedia!
Ma, ancora una volta, il fatto di sentirsi vecchia e senza più autorità non era sufficiente per puntare i piedi: forse, fosse stata più giovane e intraprendente, avrebbe davvero lasciato che William rinunciasse al suo cognome. A quel punto le sarebbe bastato obbligare Archibald a contrarre un matrimonio con tutti i crismi e il gioco era fatto.
"La felicità di due persone non ti sembra un beneficio sufficiente? Ti pare davvero poco?".
La felicità e l'amore. Due cose incompatibili con il prestigio. Ma che, alla fine, l'avevano piegata in via definitiva. Sì, perché se la prospettiva di vedere il nipote più giovane infuriarsi e soffrire a causa della signorina Brighton non le sorrideva, sapere che William sarebbe rimasto per sempre l'ombra di se stesso era semplicemente intollerabile.
Nonostante tutto, non era cieca.
Si era ben resa conto che la sua intenzione di ignorare il comportamento riprovevole dei fratelli Lagan aveva contribuito a peggiorare le cose per lui dal punto di vista legale e umano, finché per fortuna tutto si era risolto. Ma aveva anche capito che la sua sofferenza era dovuta in minima parte alla permanenza in carcere.
Il vecchio William ne sarebbe uscito con qualche acciacco, ma avrebbe ripreso la sua vita senza problemi e magari persino senza quella ferita quasi mortale alla gamba. Quello che aveva avuto davanti negli ultimi mesi, però, era un uomo prostrato dalla perdita di qualcosa di tanto importante che lo aveva indebolito, aveva distrutto il suo autocontrollo e la sua integrità e forse addirittura distratto al punto da ricevere quella coltellata.
Non vedeva lacrime sul suo volto da quando era una ragazzo ed era morta sua sorella e, a parte durante la conversazione avuta nella sua stanza dopo che avevano nominato Anthony, molte volte le era capitato di incrociarlo per i corridoi della villa, magari dopo essere stato da Candice, con gli occhi rossi o gonfi.
Quel nipote che poteva piangere e gioire come un ragazzino, ora lo sapeva, era sempre esistito e Candice lo aveva fatto emergere come nessuno era riuscito prima d'ora, neanche la stessa libertà che aveva inseguito sino in Africa.
Essere se stessi fino in fondo, con le proprie fragilità e le proprie forze: possibile che fosse davvero quello il modo giusto di vivere? E che, in tutti quei decenni di esistenza, lei stessa si fosse negata cose simili?
La società di fine Ottocento le aveva mandato chiari segnali, era cresciuta in un certo modo e non aveva mai avuto il minimo dubbio che fosse quello corretto.
Ma ora, mentre udiva quel leggero ed educato bussare alla porta a vetri da parte di una ragazza che era l'antitesi stessa di ciò che doveva essere una signora dell'alta società, cominciavano a emergere sentimenti contrastanti ai quali non sapeva dare nome.
"Avanti", disse, e qualche istante dopo comparve il viso punteggiato di lentiggini di quella Candice, i capelli tagliati corti che ormai toccavano morbidamente le spalle e gli occhi...
...così simili a quelli della mia Rosemary, seppur di colore diverso...
... seri ma limpidi, senza alcuna traccia della ragazza scontrosa e priva di memoria.
Ora capisco cosa abbia notato in lei come prima cosa William.
"È un piacere rivederla, zia Elroy, mi permetta di ringraziarla di tutto cuore per quello che ha fatto per me mentre ero priva di memoria". La voce incrinata, l'inchino profondo.
Eliza non ha mai avuto un tono così sincero e affettuoso con me.
Elroy sbatté le palpebre, colpita. L'aveva mai ringraziata allo stesso modo per quanto aveva fatto per William per ben due anni? E lei, che l'aveva tenuta in casa per pochi mesi, affidata completamente alle cure di un medico e di un'infermiera... A malapena s'incontravano per caso nei corridoi!
"Ti prego, Candice, non c'è bisogno. Siediti, per favore". Il tono era stato più brusco di quanto desiderasse ma per un attimo si sentì al limite dell'imbarazzo.
La ragazza ubbidì, posizionandosi su una sedia di vimini di fronte a lei, le mani in grembo che si torcevano leggermente.
Prese un respiro profondo, cercando le parole, quindi esordì: "Innanzitutto lascia che io ti ringrazi formalmente e come si conviene per ciò che tu hai fatto per William quando era nelle tue medesime condizioni. Dai suoi racconti ho avuto modo di comprendere quanto le tue intenzioni fossero sincere nei suoi confronti e non dettate da secondi fini".
Lo sguardo di Candy si addolcì, divenne colmo di un amore così intenso che quasi l'abbagliò e lei ammise: "Conosco Alb... William da quando ero una bambina e lui c'è sempre stato per me. Ho fatto solo quello che mi ha dettato il cuore. Gli ho sempre voluto bene".
Quelle parole furono musica per le sue orecchie, tuttavia domandò: "E sei comunque certa che non sia questo tuo senso di gratitudine ad averti confusa? Non è che lo hai, per caso, scambiato con l'amore?". Esprimere quel concetto così profondo per lei era strano, visto che l'amore nei matrimoni combinati non era previsto, ma si adeguò a quella che era la realtà dei fatti.
Il sorriso sul viso di Candy si allargò e l'espressione fiera e sicura non avrebbe lasciato adito a dubbi anche se fosse rimasta in silenzio: "No. Sono certa di essere innamorata di lui, zia Elroy. Lo amo con tutta la mia anima e voglio davvero condividere la mia vita con lui". Aveva persino chiuso gli occhi, che fino a poco prima erano fissi nei suoi e si era portata le mani al cuore.
L'ultimo dubbio, semmai ci fosse stato, era fugato.
"Allora avrai la mia benedizione", disse in tono compito.
La reazione di Candice le indicò dolorosamente che era davvero tornata quella di una volta: saltò su dalla sedia e la abbracciò con un trasporto tale che temette di cadere.
"Grazie, zietta, grazie! Sono così felice!".
Quell'abbraccio, quelle lacrime, quell'affetto disinteressato. Neanche Rosemary o lo stesso William erano mai arrivati a manifestazioni simili.
Questa è l'orfana senza una goccia di sangue blu.
Alzò le braccia tremanti come se volesse abbracciarla o darle dei colpetti sulla schiena, ma le ritrasse per tempo: "Candice, per favore, controllati!", disse in tono severo.
"Scu... scusi, zia Elroy", si ritrasse lei tornando velocemente al suo posto.
"Dovremo lavorare a lungo sul tuo comportamento, anche dopo che sarai sposata. Se fosse stato per me, questo matrimonio si sarebbe tenuto almeno fra un paio d'anni, per darti il tempo d'imparare tutto ciò che è necessario per presentarti in società come consorte del patriarca della famiglia Ardlay, ma William non ha voluto sentire ragioni!", concluse, stizzita. Poi la guardò, un'idea che si faceva strada nella sua testa: "Di' un po', non è che tu lo convinceresti ad attendere?", chiese.
L'espressione di Candice divenne quella di una persona che voglia rifiutarsi categoricamente ma non sappia come dirlo. "Zia, io... io...", iniziò con la supplica negli occhi e le mani che tormentavano la gonna.
"Oh, va bene, ho capito! Sei ansiosa quanto lui", la liquidò con un gesto della mano e il sollievo che vide in lei fu evidente come il sole quel giorno. "Non tollererò che tu sia motivo di vergogna, Candice. Ho già avuto i miei batticuori a causa dei Lagan e delle preoccupazioni".
"Non la deluderò, zia Elroy. Sono pronta a fare tutto ciò che è necessario per essere degna di Albe... di William!".
Elroy alzò gli occhi al cielo e la congedò senza dirle altro.
Quando uscì, non poté impedirsi di sorridere leggermente: a dirla tutta, non credeva che in fatto di buone maniere Candice avesse bisogno di grandi lezioni, se solo avesse avuto cura di tenere a bada il suo carattere irruento.
Ma non glielo avrebbe confessato per nulla al mondo.
- § -
Albert chiuse l'ennesimo invito in una busta e lo mise insieme agli altri. Era nervoso perché sapeva che Candy stava parlando con la zia Elroy, ciononostante stava lavorando alacremente perché tutto fosse pronto per la festa di fidanzamento che si sarebbe tenuta di lì a tre settimane.
Prese carta e penna per scrivere l'ennesimo invito ma si fermò: per quello avrebbe atteso lei. Ormai aveva la certezza dei suoi sentimenti, ma non era sicuro che le facesse piacere rivederlo.
Si appoggiò allo schienale tamburellando con le dita sulla scrivania, riflettendo ancora su quanto fosse cambiata la sua vita in così poco tempo, del miracolo con cui era stato graziato dopo tanta sofferenza. Era meraviglioso avere di nuovo Candy al suo fianco, sapere che lo amava con la stessa intensità e che ricambiava le sue manifestazioni d'amore in modo così...
Chiuse gli occhi, tornando con la mente ai loro baci, ai loro abbracci, a quei contatti così profondi che alle volte sembravano davvero il preludio di due amanti che volessero unire i loro corpi e le loro anime.
Aveva cominciato a desiderare Candy molto tempo prima, quando ancora gli sembrava quasi immorale anche solo vederla con occhi diversi da quelli di un fratello maggiore o di un amico. Era qualcosa che andava al di là del semplice bisogno fisico di averla, si trattava piuttosto di qualcosa di mistico: accarezzarla, scoprire i segreti più reconditi della sua pelle con le labbra e con le mani, attraversare il suo corpo per imprimerle a fuoco su ogni pollice il proprio amore.
Perché voleva che Candy lo sentisse, quell'amore, come fosse qualcosa di tangibile e reale e non solo uno sguardo o una parola. Ogni volta che le era vicino e i loro baci diventavano più impegnativi, però, non poteva impedire al proprio corpo di reagire e, anche se lei era stata più che disposta a darsi durante il loro incontro a Lakewood, continuava a essere convinto che sarebbe stato un errore assecondarla in quel momento.
Suo malgrado, aveva fatto marcia indietro innanzi a quel senso di libertà e di giustizia dettati dall'ebbrezza di ritrovarsi dopo tanto tempo ed era la medesima cosa che aveva fatto lei: anche se, in realtà, continuava a essere convinto che non sarebbe stato un peccato amarsi al di fuori del matrimonio, voleva che tutto fosse perfetto. Che lei avesse ciò che meritava.
Girò la sedia verso la porta-finestra, guardando la natura circostante con un senso di pace enorme, sperando che la sua inesperienza come uomo non rendesse ciò che doveva essere indimenticabile una specie di piccolo disastro.
D'altronde, con chi si poteva confidare?
Aveva pensato a George, ma era un uomo anche più riservato di lui ed era certo che studiando un po' in biblioteca avrebbe trovato dei testi che gli dessero qualche suggerimento prezioso. Non che ci contasse molto, a dire il vero, perché quelli che non si occupavano della mera anatomia umana erano semplicemente ai limiti della decenza e non c'era una via di mezzo tra ciò che già conosceva e il comportamento corretto da adottare.
Rise di se stesso a quella considerazione, scuotendo la testa: era un uomo di mondo, che era stato nelle situazioni più estreme e aveva persino affrontato gli artigli di un leone e l'esplosione di un treno, ma aveva bisogno di prepararsi per non deludere sua moglie la prima notte di nozze.
Certo, per lui era motivo di orgoglio poter dire che non si era mai abbassato a frequentare certi luoghi che per altri signorotti dell'alta società erano convenzionali quanto una sala da tè, o che non avesse mai scambiato i piaceri carnali con l'amore. Anche quelle scelte facevano parte, paradossalmente, del suo spirito ribelle e, in maniera più prosaica, della necessità di non compromettersi per via del nome che portava.
Ma, d'altra parte, quella inesperienza per lui stava diventando motivo di preoccupazione latente. Che accade a due sposini che sanno solo come funziona la fisiologia umana?
Il risultato poteva essere esilarante o imbarazzante a seconda dei punti di vista, ma Albert non avrebbe lasciato che quel particolare offuscasse la sua felicità. L'importante era concentrarsi sull'obiettivo, evitare situazioni potenzialmente compromettenti come quella che si era verificata quando si era proposto a lei e tutto sarebbe filato liscio.
Certo, quello non significava che dovessero stare lontani uno dall'altra, ma...
Ma quel giorno, sentirla di nuovo sotto di sé, su quel prato pieno di margherite, ubriaco di gioia e del suo profumo più forte ancora di quello dei fiori, aveva risvegliato in lui istinti primordiali che temeva di non riuscire a tenere a bada.
Si era staccato da lei con un impeto che era l'esatto opposto dei suoi desideri più ardenti, ma era stato necessario, prima che Candy potesse rendersi conto di quanto la desiderasse.
Il modo in cui bussarono alla porta lo strappò dalle sue riflessioni: "Entra, Candy", disse sapendo bene che era lei.
Il suo bel viso era illuminato da una miriade di emozioni diverse: gioia, stupore, impazienza e gli parve bellissima. Così bella che non sembrava neanche vera. Così bella che, se avesse allungato una mano per toccarla, forse sarebbe semplicemente svanita.
Il viso rosso e accaldato per la corsa, la mano sul petto, ansimante... come poteva pensare di starle lontano e fare pensieri del tutto casti quando avrebbe solo voluto baciarla ovunque arrivasse la sua bocca?
"Ehi, che è successo? Problemi con la zia Elroy?", chiese tentando di stemperare tutte quelle emozioni.
"Oh, Albert, mi ha accettata davvero! Ha detto che dovrò studiare molto e voleva persino che ti convincessi ad aspettare di più per il matrimonio, ma devo aver fatto una faccia tale che...".
Non ce la fece più e scoppiò a ridere di cuore, come non gli capitava da tempo. Era così bello riavere la Candy irruenta e vivace di una volta che l'avrebbe ascoltata per tutto il giorno.
"Scusami, ma sei un fiume di parole! Però il senso l'ho colto", disse facendole l'occhiolino.
"Albert, sei impossibile!", sbuffò lei gonfiando le guance.
Era una ragazzina eppure era una donna. Era un'infermiera perfetta eppure possedeva quel lato infantile che la rendeva irresistibile. Si alzò e, in due passi, l'aveva stretta in un abbraccio che mandava direttamente al diavolo i suoi buoni propositi di poco prima.
"Candy, ti adoro quando sei così", disse annusando il profumo di rose che proveniva dai suoi capelli.
"Così come?", chiese lei con la voce un po' soffocata dal suo petto.
"Così... te stessa", ribatté e capì che non avrebbe resistito un istante di più senza baciarla.
Lei gli si arrese, come sempre, e lui giocò con le sue labbra e con la sua bocca facendo in modo che la schiudesse per poi ritirarsi. Continuò a stuzzicarla finché lei, con un gemito di disappunto, non prese l'iniziativa e lo sorprese, agganciandogli una mano alla nuca e baciandolo profondamente come doveva essere.
Spalancò gli occhi e la assecondò con dovizia, domandandosi come avrebbe fatto a seguire i suoi stessi consigli quando lei era così spontanea.
Fu Candy stessa a staccarsi da lui, risparmiandogli l'onere di farlo prima di perdere di nuovo la testa.
"Sono così felice, Albert! Mi sembra ancora un sogno... ma forse te l'ho già detto, vero?", disse lei con voce rauca.
Lui gli rispose con lo stesso tono incrinato: "E io ti ho già risposto che siamo in due a sognare".
Albert la baciò sulla fronte e la vide sbirciare la sua scrivania: "Stavi lavorando?".
"In realtà...". Prima che potesse risponderle, ebbe il flash improvviso di se stesso, a quello stesso piano di lavoro, che riceveva la notizia dello scagionamento dei Lagan, mentre Candy si era appena risvegliata senza memoria.
"Albert...?", la voce di lei gli fece scacciare subito quel brutto ricordo.
"Volevo dire che stavo scrivendo alcuni inviti importanti per la festa di fidanzamento. E volevo chiederti un parere". Si voltò a guardarla, sorridente ma anche serio.
"Ovvero?", domandò avvicinandosi alla scrivania e sfiorandone il legno lucido con una mano. Quel semplice gesto gli parve poter esorcizzare qualunque pessimo ricordo potesse evocare quel banale oggetto di arredo.
"Non so se invitare Terry e Karen", disse d'un fiato, come se fosse appena riemerso da un'apnea.
Lei lo fissò, stupita: "Albert, hai ancora dubbi sui miei sentimenti?". Era andata dritta al punto con una veemenza tale che lo fece sentire un idiota.
"Beh, in realtà non sapevo...". Doveva avere l'aria colpevole, perché lei si accigliò. Nonostante ciò, non tolse la mano dalla scrivania e, continuando a guardare tra i documenti e i fogli, parlò con tono serio ma dolce.
"Sai, vedere questo ambiente così tuo, così intimo... è diverso dal vedere l'Albert che se ne va in giro con una sacca e la sua puzzola. Ogni volta che ci siamo incontrati qui o a Lakewood ho avuto modo di scoprire il vero William. Eppure siete la stessa persona! Ti confesso che per un periodo è stato difficile per me distinguervi, anche se tu hai sempre fatto di tutto per rimanere l'uomo spensierato che ho imparato ad amare". Albert rimase in silenzio, rapito da quella confessione così sincera e spassionata. "Ma ora so che è solo un lato di te e che tu sei sempre il mio Albert, anche quando indossi quei vestiti eleganti. Perché desideri comunque fuggire appena possibile. Eppure...". S'interruppe e arrossì.
Albert fece un passo verso di lei: "Eppure?", la indusse a continuare con un sorriso e un cenno del capo.
"Eppure anche vederti così serio e composto, dietro la tua scrivania... mi fa sentire altrettanto fortunata. Perché hai un fascino completamente diverso ma non meno magnetico di quando stai con me in mezzo alla natura".
Candy era arrossita e lui era rimasto senza parole: aveva parlato di fascino e di magnetismo? Stava cominciando a capire dove volesse andare a parare con quel discorso dopo che avevano nominato Terence, ma non resistette alla tentazione di scherzare un po' con lei.
"E, dimmi, Candice White, nonché futura signora Ardlay, è per questo mio fascino magnetico che hai deciso di sposarmi?", chiese impettito.
Lei gli si avvicinò con aria quasi civettuola: "Diciamo che è parte del motivo...", ribatté con un mezzo sorriso, un po' divertita e un po' imbarazzata.
"E l'altra parte è...?", insistette lui, abbassando il volto verso il suo.
"Oh, lo sai!", disse ridendo e spingendolo via scherzosamente. "Piuttosto, perché hai detto futura Ardlay? Non sei più il mio tutore ufficiale, vero?".
Lui sospirò: "No e, anzi, ti farò firmare dei documenti al più presto. D'altronde è necessario se vuoi riprendere il cognome come mia moglie fra due mesi o poco più. Però, Candy, ridendo e scherzando non hai più risposto al mio dubbio di prima. Voglio dire, ho ben chiare le tue certezze, ma non so se faccio bene...".
"Dimmi una cosa", lo interruppe lei, "Terence è davvero fidanzato con quella Karen?", chiese.
"Sì. In una delle sue ultime lettere mi ha confessato che si stava innamorando di nuovo", le rispose senza preamboli.
Candy annuì lentamente: "Quindi vi siete scritti? Non lo sapevo".
"Se è per questo mi ha anche preso a pugni in carcere", confessò.
Lei spalancò gli occhi: "È stato qui mentre eri in prigione e io senza memoria? Non mi hai detto neanche questo!".
Albert si sentì in colpa. Le aveva taciuto tutto ciò che riguardava Terence, la notte in cui si erano parlati, e ora se ne stava pentendo.
"Devi perdonarmi, Candy. Sono solo un uomo debole e, da quando ti ho confessato i miei sentimenti, anche più insicuro di quanto pensassi io stesso. Credo che ogni volta che si parlerà di Terence, anche fra molti anni, qualcosa vibrerà sempre dentro di me", disse carezzandole il viso con tenerezza. "Questo è uno dei motivi per cui ti ho ridato quel diario, anche se quello principale è che si tratta di qualcosa che ti appartiene".
Lei gli prese la mano e la baciò, facendogli venire la pelle d'oca: "E io non l'ho più aperto e non ho più intenzione di farlo. Anzi, te lo ridarò. La mia storia con Terence l'ho raccontata allo zio William, tanto tempo fa, e rimane un ricordo. Comunque, tornando a noi... Posso capirti da un lato, sai? D'altronde ho pianto la nostra separazione fra le tue braccia a lungo, quando eravamo alla Casa della Magnolia. Non so bene quali fossero i tuoi sentimenti all'epoca, ma...".
"Mi stavi già diventando più indispensabile dell'aria che respiravo, ma non osavo portare questo sentimento a livello cosciente. Ero uno smemorato senza passato, cosa avrei potuto offrirti? Inoltre, tu eri innamorata di un altro...".
"Hai detto bene. Ero. Quando sei sparito mi sono resa conto subito di quanto fossi stata cieca e mi ci è voluto altro tempo per venire a patti con me stessa. Ora però basta, abbiamo già sofferto abbastanza, piccolo Bert", concluse con decisione.
Sentirla di nuovo pronunciare quel nomignolo lo commosse profondamente e dovette schiarirsi la voce per chiederle: "E allora? Lo scriviamo insieme, questo invito?".
"Certo che sì. L'unico mio dubbio era legato al fatto che potesse soffrire rivedendomi, ma ora che so che il suo cuore appartiene a Karen sono serena".
Nel suo sorriso e nel suo sguardo fermo, Albert si sentì rinascere di nuovo. Prese la penna e le fece cenno di accomodarsi alla scrivania. Lei eseguì con una sorta di timore reverenziale e lui le mise davanti un foglio: "Allora, Candy, cosa vogliamo scrivergli? Ti avviso che ha già ricevuto un telegramma da parte mia, qualche giorno fa...".
"Oh, Albert, così mi hai rovinato la sorpresa!", disse lei facendo il broncio e causandogli un'altra risata spontanea.
Mentre Candy cominciava a scrivere la sua lettera per Terence, nella quale gli annunciava della loro festa di fidanzamento, Albert pensò che era l'uomo più fortunato del mondo.
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Angolo dei commenti:
Cla1969: Felice di averti emozionata, grazie!
Sandra Castro: Quando sono arrivata a dover descrivere la proposta di matrimonio mi sono sentita quasi sopraffatta, perché dopo averli fatti soffrire tanto volevo che fosse davvero speciale! Sono felice di averti trasmesso tante emozioni e sì, quei due si desiderano davvero quasi quanto Karen e Terence, se non di più: però Albert è un uomo ma anche un gentiluomo, quindi cerca di fare il bravo XD Purtroppo, ora, sono Archie e Annie ad avere dei problemi...
Ericka Larios: Albert ama teneramente Candy da quando ha memoria... anzi, anche da quando non ne aveva XDDD Insomma, è normale e auspicabile che la desideri, ma vuole mantenere la promessa che si sono fatti, per quanto difficile possa essere. Archie e Annie, invece, sembrano avere una dura battaglia davanti a loro...
Elizabeth: Un matrimonio a sorpresa per Archie e Annie sarebbe davvero la soluzione più veloce, adesso. Ma sarebbe anche quella giusta? Insomma, pare che le cose si siano invertite e ora Albert e Candy siano più felici di loro!
Charlotte: Aahahahahah questa nozze di nozze sembra così lontana, vero?! Ma Albert è un uomo d'onore e il suo autocontrollo è impeccabile (ehm... sì, abbastanza), quindi se ha deciso di rispettare Candy fino al matrimonio si suppone che lo farà. Va molto peggio ad Archie e Annie che, come si dice qui, il matrimonio al momento lo vedono "con il binocolo" (ovvero sembra tanto lontano) XD.
Dany Cornwell: Prima o poi doveva chiederlo ufficialmente, ed ecco che ho immaginato come! I due piccioncini non vedono l'ora di sposarsi adesso!
