Sentenza

"Ma quanto ci stanno mettendo, santo Cielo?", si lamentò tra i denti Elroy Ardlay agitando forte il ventaglio. Nella boutique faceva un caldo infernale e Candice e Annie Brighton erano dentro quella stanza delle prove da almeno un'ora.

Aveva ben spiegato alla commessa che tipologia di abito da sposa si aspettava per garantire il prestigio degli Ardlay, ma temeva che quelle due potessero deviare l'attenzione della donna verso modelli affatto adatti alla futura matriarca.

E molte cose non erano adatte, a cominciare dal luogo in cui quello scapestrato di suo nipote aveva deciso di celebrare le nozze. Un orfanotrofio! Una collina! Ci sarebbero stati almeno un'altra decina di luoghi infinitamente più adeguati solo a Lakewood, diamine!

Per non parlare del viaggio di nozze... William aveva organizzato tutto con la futura moglie e, invece di partire direttamente per la Scozia, aveva dato ordine di preparare proprio la villa di Lakewood in modo che non ci fosse neanche la servitù, come aveva fatto quando Candice era senza memoria. Avrebbero passato qualche giorno lì e poi in un appartamento di Chicago dove pareva avessero soggiornato durante il periodo in cui vivevano assieme: suo nipote aveva affittato l'intero stabile pur di non essere disturbato!

Tutte quelle assurdità estrose e vagamente romantiche erano quanto più lontano ci fosse dal prestigio del clan, sperava solo che si riuscisse a mantenere segreta almeno la prima parte di quella luna di miele fuori da ogni canone ragionevole.

Finalmente, il rumore della porta che si apriva le indicò che l'attesa era terminata. Stava per alzarsi, sperando di non farsi venire un mal di testa peggiore solo guardandola, ma rimase senza parole.

Candice avanzò verso la sala d'attesa avvolta in un abito dalla scollatura abbastanza ampia per l'epoca, ma la gonna era drappeggiata fino ai piedi, vaporosa e in balze che conferivano alla figura d'insieme eleganza e movimento.

Il lungo velo era appuntato in modo da scendere parallelo allo strascico, pur terminando all'altezza della schiena. Elroy immaginò che, con qualche fiore fresco fra i capelli e un bel bouquet, potesse diventare quasi una figura fiabesca.

Suo malgrado ne fu commossa e le venne in mente Rosemary, non solo per la reale somiglianza fisica: Candice emanava una sorta di luce propria dagli occhi, dal volto e dall'intera figura, di certo proveniente dall'immensa felicità che provava.

Si ritrovò a pensare a come avrebbe reagito William vedendola. Era più che certa che sarebbe rimasto anche lui a gola asciutta.

"Le piace... zia Elroy? Ho scelto un modello un po' diverso da quello proposto da lei, spero di non aver osato troppo", disse arrossendo.

Deglutì un paio di volte prima di chiudere gli occhi e dire laconica: "Va bene".

Un'espressione di puro sollievo si dipinse sui volti di Candice e Annie, che si sorrisero a vicenda.

La commessa iniziò a esporre a voce tutti i modelli di scarpe che sarebbero stati perfetti per quel vestito e poi nominò anche la biancheria intima per la luna di miele.

Vide distintamente il rossore diffondersi sul volto della ragazza, che abbassò gli occhi chiedendo se fosse davvero necessario.

"Certo che è necessario", intervenne facendo un passo avanti. "Una signora deve sempre essere in ordine per suo marito".

Non che le sorridesse l'idea di aiutare quella ragazza imbranata nella scelta della sua biancheria, ma d'altronde non poteva neanche contare sulla sua amica che neanche era arrivata all'altare. Non aveva più avuto modo di parlarle di nuovo a quattr'occhi da quando aveva lasciato Archibald ma, da quanto gli aveva riferito William, sua madre non aveva dato il consenso a farli sposare prima della laurea del nipote.

Nonostante fosse stata convinta controvoglia ad acconsentire alla loro nuova unione, doveva dire che era lieta di quella battuta d'arresto perché andava a meraviglia con i suoi piani.

"È un vero peccato che tu abbia deciso di non sposare Archibald quando ne hai avuta la possibilità. A quest'ora potevi consigliare tu a Candice i capi migliori". Non lo disse ad alta voce, ma non si sarebbe certo presa lei anche la responsabilità di farle il famoso discorso prematrimoniale: visto che la Brighton non era disponibile, ci avrebbero pensato le sue ex tutrici dell'amata Casa di Pony... anche se, a ben ricordare, forse una delle due era una suora...

No, non era certo sua figlia, non avrebbe affrontato con lei alcun argomento imbarazzante, era già tanto che le consigliasse i capi di quella boutique.

Vide le espressioni contrite delle ragazze a quella sua osservazione, ma nessuna delle due disse nulla. Annie distolse lo sguardo e Candice si accigliò, assumendo d'improvviso quasi un'aria accusatoria. Cosa pretendeva?

"Questo corsetto con reggicalze riprende perfettamente la tonalità di bianco del vestito, starebbe benissimo sotto all'abito che ha scelto, signorina", commentò la commessa intrecciando fra loro le mani ben curate e sorridendo in maniera eccessiva per una signora.

"Sì, sono d'accordo", dovette ammettere Elroy.

Terminati gli acquisti, risalirono in auto e accompagnarono a casa Annie Brighton. Candice, che era rimasta silenziosa per tutto il tempo, il viso ancora arrossato, esordì: "Zia Elroy, pensa che possa restare un po' con Annie e tornare a casa più tardi?".

La squadrò con aria severa, chiedendosi di che diamine dovessero parlare e rispose nascondendo il viso dietro al ventaglio: "Dovresti chiederlo alla tua ospite. Non ha lezione di piano o altre incombenze di cui occuparsi?".

La ragazza, che era a sua volta rimasta molto sulle sue, parve illuminarsi: "Oh, no, non ho nulla di urgente da fare. Mi piacerebbe molto se Candy potesse venire un po' a casa mia!".

Erano proprio come due bambine, non c'era che dire. Si fece promettere da Candice che non avrebbe tardato e di telefonare quando avessero dovuto mandare l'autista e le congedò.

Nell'aria calda di agosto, ripensò a Candice con l'abito da sposa e al portamento umile ma composto; ai suoi sforzi per diventare una signora dell'alta società pur andando a lavorare quasi tutti i giorni in quella clinica vicino all'orfanotrofio; al suo imbarazzo di fronte a un corsetto con il reggicalze e alla sua espressione di disappunto quando aveva redarguito Annie Brighton. Era senza alcun dubbio una donna che sfuggiva a ogni normalità per i dettami di quei tempi e capì perché William avesse scelto proprio lei.

Lui stesso era un ribelle che però, quando serviva, sapeva svolgere in maniera eccellente il proprio lavoro e avere un contegno degno del patriarca degli Ardlay. Doveva ammettere che Candice, pur avendo ancora molto da imparare, somigliava molto a lui sotto tutti quegli aspetti.

Il sole che si avviava nella sua discesa in quel cielo terso le sembrò di buon auspicio e, mentre arrivava davanti alla sua residenza e scendeva dall'auto aiutata da una cameriera apparsa prontamente, annusò l'aria pregna dell'odore del verde e dei fiori e si sentì quasi in pace.

Alla fine, era certa che tutto sarebbe andato bene e che avrebbe persino dimenticato le radici di quella Candice quando avesse avuto fra le braccia il loro primo erede.

- § -

George non pensava che sarebbe arrivato quel giorno, persino prima del matrimonio, ma evidentemente, visto che i Lagan avevano avuto legami con la mafia, il motore della giustizia aveva accelerato in modo notevole.

In piedi vicino a William, gli stava riassumendo le decisioni del giudice, spiegandogli i dettagli della sentenza mentre lui era seduto con le gambe accavallate e la sedia presidenziale girata di lato. Un gomito era poggiato sulla scrivania e la mano chiusa quasi a pugno sulla bocca, come se si fosse imposto di ascoltare impedendosi di parlare.

Il profilo era teso, ma era più che certo che, qualunque cosa gli avesse riferito, non avrebbe voluto concentrarsi su altro che il suo matrimonio imminente. Alle volte, mentre preparavano gli inviti e si occupavano insieme di alcuni aspetti burocratici, aveva l'impressione che William volesse parlargli di qualcosa ma non avesse il coraggio di farlo.

Lo sorprendeva a guardarlo con gli occhi a mezz'asta e l'espressione pensierosa, poi scuoteva la testa e passava ad altro. George sperava che, di qualunque argomento si trattasse, lo mettesse al corrente se era necessario al corretto svolgimento del giorno più importante della sua vita.

"I dieci anni sono il massimo della pena che sono riusciti a patteggiare i nostri avvocati. Inoltre, la signorina Lagan avrà ulteriori cinque anni da scontare in lavori socialmente utili per aver tentato di ferire la signorina Candice. L'accusa di associazione mafiosa, come previsto, è decaduta nel momento in cui il testimone chiave ha parlato. I signori Lagan torneranno in Florida entro l'autunno per gestire i due alberghi che hanno riaperto e torneranno periodicamente per incontrare i loro figli nelle rispettive carceri".

William chiuse gli occhi e sospirò forte, poi si alzò di slancio, facendo ondeggiare le braccia e misurando la stanza a lunghi passi: "Bene", esordì battendo forte le mani, "quindi questo è l'epilogo. Per aver tentato d'incastrare il patriarca degli Ardlay e un altro membro del clan, nonché aver cercato di assassinare la futura matriarca se la caveranno con un periodo tra i dieci e i quindici anni. Dico bene?".

George capiva bene la rabbia di William. L'aveva provata persino lui, ma cercava di guardare con distacco alla situazione e, soprattutto, gli spiegò ciò che avevano puntualizzato gli avvocati: "In realtà non è proprio così, se vogliamo essere precisi".

Lui si voltò, sorpreso: "Ah, no? Bene, illuminami, per favore". Lo chiese in tono educato e con il sorriso sulle labbra ma sapeva che doveva avere un vero e proprio tumulto di sentimenti dentro di sé. Poteva vederlo da come serrava i pugni e la mascella e da come continuava a camminare senza, in apparenza, trovare pace.

George si schiarì la voce: "Quello che hanno fatto i Lagan è principalmente riferibile all'infrazione del diciottesimo emendamento", lo interruppe alzando una mano quando aprì la bocca per dire qualcosa, "il che significa che contattare la distilleria, inviare merce a Londra e operare come se dietro le quinte ci fossero stati gli Ardlay o i Cornwell non è punibile in alcun modo, soprattutto perché al processo il signorino Neil ha parlato chiaramente delle sue intenzioni di incastrarvi e gli è stato riconosciuto il merito della confessione. E, di fatto, non sono state prodotte firme false, vi sono solo un prelievo non autorizzato di whisky dalla villa di Lakewood da membri che comunque appartenevano al clan e l'omissione di alcuni timbri e documenti. Lo stesso tentato omicidio, come lo chiama lei, alla futura matriarca è stato visto piuttosto come un danno provocato a un cavallo con intenti lesivi nei confronti della protetta già maggiorenne di un Ardlay. Nonostante le urla sconclusionate della signorina Eliza al processo, non sono state usate armi, né veleni o violenza fisica. Di certo il fatto che siate stati ingiustamente arrestati lei e il signorino Cornwell è stato preso in considerazione dalla corte, che infatti ha accordato il massimo della pena possibile, oltre a un cospicuo risarcimento da parte dello Stato che equivale a...".

"Non voglio alcun risarcimento. Chiudiamola qui", disse lui secco, fermandosi finalmente davanti alla porta-finestra, le mani intrecciate dietro la schiena all'altezza dei reni.

"Scusi?", chiese spalancando gli occhi.

"Non voglio soldi dallo Stato. Chiedi che vengano dati in beneficienza... anzi, fallo come prima cosa domattina. Predisponi quel denaro perché vada agli enti che sosteniamo in parti uguali o a seconda delle necessità del momento".

Fu il suo turno di sospirare: "Come desidera, signorino William".

Lui rimase in silenzio, a guardare fuori il sole che tingeva di arancione la natura circostante per lunghi minuti. Stava per domandargli se voleva che se ne andasse quando parlò a voce così bassa che stentò a udirlo: "Oggi Candy andava a cercare il vestito da sposa. Fra poco più di un mese sarà mia moglie e voglio pensare che questa sia l'unica giustizia che valga davvero qualcosa. La nostra famiglia può di nuovo fare affari a testa alta e i colpevoli di tutta la vicenda sono in galera". Si voltò, i lineamenti di nuovo rilassati. "Ti mentirei se ti dicessi che non vorrei che entrambi pagassero molto di più, ma non voglio diventare un uomo rancoroso e ancorato ai princìpi. Voglio solo godermi la mia vita al fianco di chi amo".

George sorrise: "Ero certo che la pensasse così. A proposito, l'attrice Eleanor Baker ha confermato la sua presenza al matrimonio e anche il signor Vincent Brown: hanno fatto in modo di spostare i loro impegni di lavoro come promesso in modo da partecipare".

"Bene, ne sono felice", disse lui avvicinandosi di nuovo alla scrivania. "George, posso farti una domanda?". Disse all'improvviso, con quell'espressione incerta che aveva già visto.

"Certo, William, mi chieda pure ciò che desidera", rispose, lieto che si stesse sbottonando.

"Dopo... dopo Rosemary, ti sei più innamorato?". La voce era malferma, il tono incerto e teso, George fu sicuro che temesse di essere stato indiscreto.

In realtà si aspettava tutto tranne una domanda simile, ma suppose che William avesse validi motivi per porla.

"Vede, signorino William, ci sono sentimenti che difficilmente possono lasciare libero il cuore di un uomo. Sono così importanti che restano lì, assieme ai ricordi indelebili che riguardano quella persona e non c'è tempo che possa lenire il dolore", spiegò cercando di non far tremare la propria, di voce.

"Perdonami", disse lui, contrito. "Non avrei mai dovuto chiedertelo..". Eppure, capì che aveva avuto bisogno di farlo per un motivo ben preciso che avrebbe scoperto a breve.

"Non deve scusarsi. Sappia però che la vita ci riserva molte sorprese e, anche se gli impegni con la famiglia sono sempre stati la mia priorità, qualche anno fa ho avuto modo di incontrare una donna che stavo per sposare. Ero già pronto a domandarle il permesso di allontanarmi per un periodo". Quella confessione lo aveva alleggerito come non pensava possibile. L'aveva portata dentro per troppo tempo.

"Ma... George, perché non me l'hai mai detto?! Insomma, potevo darti del tempo libero, occuparmi io degli affari...!". William sembrava davvero sconvolto dalla rivelazione.

Stupidamente, George aveva pensato che William lo avrebbe giudicato per essersi innamorato di una donna che non fosse sua sorella e, altrettanto stupidamente, si era persino giudicato da solo. A lungo. Così a lungo che, alla fine, lei se n'era andata.

Così rispose con estrema sincerità: "Perché il nostro rapporto è terminato a causa di un altro uomo che le ha fatto la proposta prima di me. La verità è che io ho titubato e forse, alla fine, è stato meglio. Ora lei starà vivendo con qualcuno che non ha ombre nel suo passato".

Lui aggrottò le sopracciglia: "Mi dispiace, George, non ne avevo idea".

"Non si preoccupi, è una cosa che fa parte del passato", assicurò annuendo con aria serena.

William si passò una mano tra i capelli e ricominciò a camminare: "Veramente ti avevo fatto questa domanda perché mi servivano... dei consigli da una persona fidata che fosse stata innamorata. Ma mi rendo conto che non mi sono mai occupato del tuo benessere e dei tuoi sentimenti. Sono stato un egoista e ti ho persino riversato addosso tutti i miei problemi come se tu non ne avessi mai avuti. Forse, dopotutto, quella volta Candy aveva ragione...", concluse quasi parlando a se stesso.

George non sapeva a cosa si riferisse, ma scosse la testa con vigore: "Non deve dire così, signorino William. Suo padre mi ha salvato da un destino ignoto e forse oscuro e quando ho avuto la fortuna di entrare a far parte della sua famiglia per me è stato un evento che andava oltre ogni mia più rosea aspettativa. Poter incontrare la signorina Rosemary, anche se guardandola da lontano, mi ha permesso di arrivare a un livello superiore di felicità e poter poi servire lei...", dovette interrompersi per deglutire uno scomodo nodo che gli si stava formando in gola. "Non riuscirò mai a esprimere a fondo la mia gratitudine. Poter lavorare per il clan per me sarà sempre motivo di gioia, a prescindere dai disastri della mia vita sentimentale".

Sorrise, riflettendo i propri occhi lucidi in quelli di William, che gli si avvicinò per stringerlo in un abbraccio da uomini, con una sola mano, dandogli vigorose pacche sulla schiena.

"Promettimi solo una cosa: se un giorno dovesse ricapitarti... non esitare a parlarmene. E non perché io voglia entrare nella tua vita privata, ma per darti la possibilità di vivere la tua relazione con i giusti tempi".

"Lo prometto, signorino William", acconsentì ricambiandolo con una pacca leggera all'altezza della spalla: era lieto di sentire carne e muscoli e non ossa, anche se già a livello visivo erano evidenti il suo recupero fisico e quello mentale. "Ora vuole dirmi qual era lo scopo della sua domanda? Mi sembrava importante".

"Ecco, io...". Ebbe appena il tempo di notare un leggero rossore salire al suo viso che bussarono alla porta: una cameriera annunciava che la cena era in tavola e che la signora Elroy e la signorina White erano in sala da pranzo ad attenderli.

Mentre si avviavano accompagnati da uno dei tramonti più belli che avesse mai visto, George sperò che quella conversazione fosse solo rimandata. Cominciava ad avere dei sospetti su quanto William volesse domandargli e, seppure non fosse particolarmente ansioso di rispondergli, capì che non c'era nessun altro che potesse farlo.

E non c'era nulla che non volesse fare per quel ragazzo che considerava come un figlio.

- § -

Annie infilò la camicia da notte con gesti lenti e metodici, abbottonandola solo a metà, lasciando scoperta una porzione di pelle per non soccombere al caldo torrido.

Si gettò sul letto di schiena, allargando le braccia e guardando il soffitto, senza avere il coraggio di spegnere ancora la luce: anche stanotte, il sonno avrebbe tardato a venire.

Non era invidiosa di Candy, ma sinceramente felice per lei. Aveva pensato che quel pomeriggio avesse voluto trattenersi per parlarle del suo matrimonio imminente invece, come era tipico di lei, le aveva chiesto come stesse.

Annie capì che era preoccupata quasi di farle un torto sposandosi così velocemente, quando lei doveva attendere Archie come minimo per un altro anno.

L'aveva rassicurata, dicendole che entrambi avevano già sofferto troppo e che la situazione sua e di Archie era ben diversa. Era stata lei a lasciarlo, dopotutto, e la causa era stata un malinteso che doveva comunque risolversi, prima o poi.

"Candy, se l'avessi sposato sapendo che nel suo cuore albergava ancora la confusione non sarei stata felice. E neanche lui. È meglio che sia andata così. Quando ci sposeremo non ci saranno ombre". Ci credeva davvero, mentre lo diceva, e ne era convinta tutt'ora.

Ma l'attesa era bruciante, su questo non aveva alcun dubbio.

Annie si girò su un fianco, ricordando che avevano parlato più intimamente di amore per i rispettivi fidanzati. Era stata lei a indurla a raccontare come fosse stato il loro incontro dopo il recupero della memoria, visto che non avevano mai avuto occasione di approfondire l'argomento.

Quando Candy le confessò, arrossendo fino alla radice dei capelli, cosa avesse proposto ad Albert su quel prato, Annie rimase sconvolta nell'apprendere che lei non aveva fatto nulla di così diverso con Archie.

Ne avevano parlato, a bassa voce nel timore che potessero udirle e, come sorelle, avevano espresso dubbi e timori, desideri e speranze. Candy si era detta stupita che la sua timida Annie fosse cambiata tanto, ma poteva capire quanto essere innamorata così profondamente potesse portare una donna a non rispettare i rigidi canoni imposti dalla società.

Annie aveva ben capito che l'imbarazzo provato non escludeva il fatto che Candy avesse necessità di approfondire l'argomento, perché il suo matrimonio era ormai imminente e lei non aveva che poche indicazioni scientifiche su cosa sarebbe davvero accaduto durante la sua prima notte di nozze.

"Sai", aveva aggiunto con aria complice, "Karen mi ha proposto di... farci una chiacchierata prima che io mi sposi. Credo che lei e Terry... insomma...".

Doveva avere sul viso lo stesso rossore di Candy, mentre si portava una mano alla bocca con un verso strozzato: "Ma... ne sei certa? Te l'ha detto lei?".

L'amica si stava tormentando l'orlo del vestito: "No, ma... mi sembrava così evidente che si riferisse a quello! E poi mi sono accorta che sono spariti per diverso tempo e quando sono tornati nella sala lei aveva...uhm... delle foglie tra i capelli".

La risata le era uscita, imbarazzata ma viscerale: "Davvero?".

Avevano riso insieme, contemplando sul serio la possibilità che Candy parlasse con Karen, ma trovandolo improbabile, visto che la loro ultima tournée sarebbe terminata giusto qualche giorno prima del matrimonio e forse si sarebbero viste proprio in quell'occasione.

"Non ti preoccupare", l'aveva rassicurata Annie, "sono certa che andrà tutto bene. Albert è un uomo molto gentile e affettuoso, comprenderà il tuo disagio e... ti saprà guidare".

Il momento teso si era ammorbidito ed erano passate ad argomenti più leggeri, finché non si era fatto quasi il tramonto e Candy era dovuta andare via.

Sola nella sua stanza, in quella notte estiva così calda e bella, Annie si sentì preda di una malinconia ardente e guardò fuori dalla finestra come se i suoi pensieri potessero raggiungere Archie per l'intensità con cui glieli stava rivolgendo. Avrebbe voluto telefonargli, sentire la sua voce rassicurante. O, meglio, stare fra le sue braccia, ricevere i suoi baci, le sue carezze, sapere che si sarebbe risvegliata accanto a lui...

Le lacrime cominciarono a scenderle sul viso e lei abbracciò il cuscino, rannicchiandosi in posizione fetale come se fosse regredita di almeno quindici anni.

Mentre singhiozzava senza conforto, capì che non avrebbe mai potuto attenderlo tanto a lungo senza che il suo cuore si spezzasse, perché non le era mai mancato così tanto. Era certa che per lui fosse lo stesso.

Si addormentò con un barlume nel cuore. Era solo una fiammella che temeva di alimentare ma che, ogni giorno che passava, illuminava sempre di più il suo cammino.

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Angolo dei commenti:

Ericka Larios: Come ho sempre detto,in questa storia ho cercato di rendere umani tutti i personaggi, incluso Albert. E a chi confessare le proprie debolezze se non ad Adrian, che pure si sta aprendo con lui? La zia Elroy non concepisce un patriarca e una futura matriarca in cucina, ma era un quadretto troppo delizioso che mi sono divertita un sacco a descrivere! La felicità sembra davvero a portata di mano, adesso!

Charlotte: Adrian e Patty sarebbero stati davvero una bella coppia, ma Adrian ha il cuore ancora occupato e a breve, forse, raggiungerà Frannie; anche Patty pare coltivare una bella amicizia... come andrà a finire? Grazie di cuore, alla prossima!

Elizabeth: Tranquilla, cara, due aggiornamenti a settimana non sono facili da seguire e di solito ne preferisco uno anche io, specie per una storia complessa come questa: ma visto che è anche tanto lunga ho preferito accelerare un poco, perché ho altre cose da pubblicare in futuro! Albert e Candy finalmente sono felici, ma ora sono Archie e Annie ad avere problemi... Anche Patty e Adrian stanno cercando la loro strada. Grazie per seguirmi!

Dany Cornwell: Potevo non inserire un revival dei tempi della Magnolia? Mi sono divertita anche io a scriverlo! A questo punto mancano tutte le altre coppie, chissà cosa riserverà loro il destino! Un abbraccio, alla prossima!