Dolci timori
Vento. Leggero, carezzevole.
Lo sentiva soffiare all'esterno, gentile come il sussurro benaugurante di una voce sommessa. Anzi, forse di più voci.
Candy scostò la coperta leggera e scese con i piedi nudi sul pavimento di legno di quella che era stata la sua stanza alla Casa di Pony per tanto tempo: era la sua ultima notte da ragazzina.
Domani sarebbe diventata la moglie di Albert e una donna fra le sue braccia.
Sospirò con il cuore colmo di aspettativa e timore, ma nessun dubbio albergava in lei, solo la certezza di una felicità così grande da rischiare di farla esplodere in qualunque momento.
Mise una mano sul vetro fresco, scrutando nella natura notturna, e rispose al vento con due nomi.
"Anthony, Stair, vorrei tanto che foste qui anche voi...", sussurrò con le lacrime che si stavano formando nei suoi occhi: erano tutto ciò che mancava alla pienezza della sua gioia che, nonostante tutto, traboccava nel suo animo.
Non vedeva Albert da una settimana e le sembravano mesi: sarebbe arrivato da Chicago direttamente la mattina dopo, assieme a tutti gli altri ospiti, e ad aiutarla a indossare il suo abito da sposa sarebbero state Miss Pony e Suor Lane, come era giusto che fosse. Loro erano le sue madri e i bambini l'avrebbero supportata con i fiori e le decorazioni.
Era molto grata al suo fidanzato per averle concesso la libertà di decidere per una cerimonia accanto alle persone che amava, e lui stesso appariva davvero entusiasta all'idea di sposarla proprio sulla collina dove si erano incontrati la prima volta. Non poteva essere diversamente da così.
E sapeva che, come quel giorno, lui avrebbe indossato il kilt.
Ne avevano discusso a lungo e Albert era apparso così restio, all'inizio, che non ne aveva capito subito il motivo. Poi si era ricordata del suo disastroso tentativo di farle recuperare la memoria proprio in quel modo e la tristezza e il rimorso l'avevano attanagliata.
"Da quel giorno è rimasto nella mia borsa e non ho avuto più il coraggio di tirarlo fuori", le aveva confessato con lo sguardo oscurato dalla malinconia. "Sciocco da parte mia, vero?".
Candy aveva scosso la testa: "No, non è sciocco, Bert", lo aveva rassicurato. "So bene quanto tu sia razionale e affatto fatalista, ma ci sono situazioni e persino oggetti che possono evocare ricordi spiacevoli. Non voglio forzarti, ma oggi ti propongo di far tornare il tuo kilt un ricordo piacevole, indossandolo quando ci scambieremo i voti di matrimonio".
Lui le aveva sorriso, carezzandole dolcemente la guancia, facendole chiudere gli occhi: "Sai che non è proprio lo stesso di quando ci siamo incontrati, vero? A diciassette anni non avevo ancora finito di crescere", ridacchiò.
"Oh, lo immagino. Ma è simbolico che tu mi sposi proprio con un kilt e sono certa che, se non fosse accaduto quello spiacevole episodio, saresti d'accordo con me". Lo aveva guardato intensamente, perdendosi per l'ennesima volta nei suoi occhi limpidi come il cielo.
"Sì, in effetti sono d'accordo con te...", aveva sospirato. "Candy, non mi hai mai detto se è stato dopo quell'episodio che ti è tornata la memoria. So che hai dormito molte ore e quando ti sei risvegliata hai recuperato i tuoi ricordi, ma...".
Lei ci pensò su per qualche istante: "Io voglio credere che sia stata la spinta di cui avevo bisogno, anche se è arrivata in ritardo. Ero già sulla buona strada e, in realtà, il tuo piano ha funzionato".
Il sorriso che si era allargato sul volto di Albert le fece dimenticare persino i sensi di colpa: "Allora direi che non c'è nessun dubbio. Farò sistemare il kilt perché sia impeccabile per quel giorno".
Poi si erano baciati. Come sempre, tutto era partito da un tenero sfiorarsi di labbra, da un saggiarsi morbido e quasi esitante, poi tutto era diventato una frenesia di bocche e lingue, mani premute sulla schiena e ansiti a malapena trattenuti.
Non si sarebbero rivisti fino al giorno del matrimonio e quel saluto aveva avuto un retrogusto dolceamaro. Il preludio di due amanti.
Come due assetati, si erano assaporati l'un l'altro senza mai averne abbastanza, cercando di imprimere, in quell'ultimo bacio da fidanzati, tutta l'aspettativa e la speranza del futuro che li attendeva.
"Ti amo", le aveva sussurrato col fiato corto, tenendole in mento con due dita. "Non so come diavolo farò a stare senza di te per tutti questi giorni senza vederti, senza parlarti, senza toccarti...".
"Lo stesso è per me", era stata la sua sincera risposta, "ma quando ci rivedremo sarà per sempre".
Candy però aveva letto nel suo cuore ciò che le gridava anche il proprio: ogni volta che tutto sembrava andare nel migliore dei modi, avveniva qualcosa a sconvolgere le loro vite. Nel suo caso erano stati la morte di Anthony, la separazione da Terence, la scomparsa di Albert dalla Casa della Magnolia, il suo incidente e il calvario della propria mente senza ricordi.
Tremando, Candy si domandò se veramente potesse lasciarsi andare alla felicità o se doveva temere che qualche altro evento imprevisto la offuscasse.
No, non sarebbe accaduto. Tutto sarebbe andato bene: poteva sentirlo nel mormorio del vento che le portava i sussurri delle persone amate, nel battito forte del proprio cuore, nella sensazione bruciante sulla pelle che non vedeva l'ora di essere sfiorata dalle mani gentili di suo marito.
Candy s'irrigidì: cosa sarebbe accaduto l'indomani a quell'ora? Sarebbe già stata nuda fra le sue braccia? Lui l'avrebbe già condotta in quei sentieri sconosciuti ove l'anima e il corpo si uniscono, alfine, in una cosa sola?
Di nuovo, fu sopraffatta da paura e desiderio quasi nello stesso istante. Non avrebbe avuto modo di parlare con nessuno e non avrebbe certo avuto il coraggio di chiedere a Miss Pony di farle il discorso...
"Prima di tutto devo dormire, o domani avrò le occhiaie!", si disse tornando a letto e disponendosi per dormire.
Si girò e si rigirò, ma era così piacevolmente agitata che il sonno arrivò molto, molto tardi.
- § -
Albert si sentiva immerso in una bolla di impazienza e gioia folle che poteva descrivere solo come un fascio bruciante di nervi. Era salito nella sua stanza con l'intenzione di riposare, ma gli fu pressoché impossibile: così, in pigiama, era sceso in cucina per scaldare un po' di latte ma, invece del whisky, aveva usato il miele per correggerlo. Voleva dormire ma essere lucido eppure, quando terminò la sua bevanda, si pentì di quella scelta fin troppo rigorosa.
Era persino più agitato di prima. Aveva già fatto la rampa di scale per due volte: se non fosse stata notte si sarebbe messo a correre nel parco, come minimo.
Decise invece di deviare verso lo studio per ricontrollare, per qualcosa come la ventesima volta, i documenti da lasciare a George perché potesse occuparsi degli affari durante la sua luna di miele.
La luna di miele...
Mentre li rileggeva senza realmente concentrarsi, immaginando come sarebbe stato rivedere Candy nel suo abito da sposa, dannandosi perché temeva che forze oscure inesistenti impedissero la loro unione, nonché per motivazioni molto più prosaiche e intime, bussarono alla sua porta e per poco i documenti non gli caddero sparpagliandosi sul pavimento.
"Avanti", disse con un respiro profondo. Non fu troppo sorpreso di vedere George, anche lui rigorosamente in pigiama, esitare prima di entrare. "Anche tu ancora sveglio?", lo apostrofò con un sorriso teso.
"La sua agitazione di stanotte è tale che mi stupisco non siano intervenuti anche la signora Elroy e la servitù", ribatté lui alzando un sopracciglio.
Albert si passò una mano tra i capelli: "Mi dispiace, ho fatto molto rumore?", chiese in imbarazzo.
"No", disse George avvicinandosi e accomodandosi su una sedia, "ho semplicemente avvertito le vibrazioni della sua anima fin nella mia stanza".
Lo fissò per un attimo, stupefatto, poi scoppiarono a ridere insieme.
Caro, vecchio, George...
"Signorino William, in realtà da giorni mi sembra distratto, pensieroso. E non mi riferisco alla chiara emozione di sposarsi tra meno di dodici ore. Ha qualche preoccupazione?".
Albert sussultò: aveva detto dodici ore? Così tante? Così poche? La sua mente vagava da un estremo all'altro.
Si focalizzò sugli occhi preoccupati di quello che era sempre stato come un padre per lui e, dopo un attimo di esitazione, sedette alla scrivania e intrecciò le mani sul piano, riflettendo: "In effetti... c'è qualcosa che mi preoccupa. Ma non si tratta di lavoro", disse lentamente.
Poteva davvero fare con lui quella conversazione iniziata settimane prima e mai terminata?
George gli sorrise in modo rassicurante: "Bene, se posso esserle utile per risolvere le cose... sa che può fidarsi di me".
Cominciò a giocherellare con una penna, sentendosi avvampare come un ragazzino e maledicendosi per questo. Non sapeva davvero da che parte cominciare.
"Domani sposerò Candy", cominciò. "E... Ebbene, insomma... non sono certo...", si alzò di scatto, dandogli le spalle, sconfitto dalla vergogna.
"Non sa come deve comportarsi con lei?", terminò George per lui con tono gentile.
"È alquanto imbarazzante, no? Alla mia età...", disse ridendo di se stesso, certo che lo stesse facendo anche lui, pur se non in modo palese.
"Oh, no, lo definirei... uhm... lodevole. Non si preoccupi, vedrò fornirle qualche consiglio perché possiate entrambi passare una luna di miele serena e soddisfacente". Non credeva alle sue orecchie: anche se gli dava le spalle, ora era sicuro che non sorridesse, ma fosse sul serio intenzionato a supportarlo. Davvero si era aspettato qualcosa di meno da George? Mentre ancora se lo chiedeva, mordendosi il labbro inferiore, lui continuò: "Signorino William. Albert, voltati per favore. La prima regola è eliminare la vergogna".
Lui si girò a fronteggiarlo, con gli occhi spalancati: quando lo chiamava Albert e gli dava del tu significava che la conversazione era davvero confidenziale. E, attualmente, quello era il picco di confidenza più alto mai raggiunto. Ora sentiva davvero il volto in fiamme e ne fu frustrato.
"Allora tu continua a eliminare il 'lei' e a chiamarmi Albert", gli propose mentre si dirigeva verso un armadio e ne tirava fuori una bottiglia di whisky scozzese della collezione di suo padre. George alzò un sopracciglio.
Se non è questo il momento di un whisky...
"La polizia mi ha permesso di tenerli purché non li commerci, cosa che non ho mai avuto intenzione di fare", spiegò stringendosi nelle spalle e offrendogli un bicchiere. Aveva davvero bisogno di quel drink e forse anche George, che non sembrava comunque essersi scomposto più di tanto.
Sedette di nuovo di fronte a lui e lo sorseggiarono insieme, con la scrivania a dividerli.
"Dunque, Albert, perdonami se ti posso sembrare un ficcanaso, ma la prima cosa che devo sapere è quale sia la tua esperienza attuale, inclusa quella con la signorina Candy".
Lui si strozzò con il liquore e lo risputò, spruzzandolo sulla scrivania, con gli occhi fuori dalle orbite. Certo era che non si aspettava una domanda così diretta.
"Devo dedurre che qualcosa sia successo", dichiarò Georges con calma serafica.
Con un ultimo colpo di tosse, il pugno chiuso davanti alla bocca, Albert annuì freneticamente: "Sì, ma non quello che pensi. E non ho avuto altre... fidanzate". Sarebbe stato molto divertente se i giornali avessero riportato la notizia della prematura scomparsa del patriarca degli Ardlay per essersi strozzato con un sorso di whisky, specie dopo ciò che gli era accaduto a causa dei Lagan. Un vero spasso.
"Certo, altrimenti non saremmo qui a parlare, no?".
"No", ammise lui riavviandosi i capelli con un gesto nervoso. "George, mi dispiace...".
Lo bloccò con un gesto della mano. Non sapeva esattamente di cosa gli dispiacesse, se di essersi intrattenuto con Candy o di averlo coinvolto in quella conversazione, ma non gli importava. "Avrai avuto modo di capire meglio come è fatto il corpo di una donna". Non era una domanda.
"Sì, più o meno", rispose evitando il suo sguardo.
"Più o meno?", chiese perplesso, inarcando il sopracciglio.
"Solo fino a un certo punto. Sai bene che gli abiti delle signore sono... come dire... abbondanti". Roteò una mano in aria per esprimere meglio il concetto. La sua voce era un po' roca a causa dell'alcool che gli aveva irritato la gola quando era andato di traverso. Svuotò il bicchiere con un sorso e se ne servì dell'altro.
"Vorrei che restassi lucido, Albert". Lui abbassò il braccio, stava già per portarselo alla bocca.
"Certo, certo", acconsentì.
George si schiarì la voce: "Dunque, cosa sai esattamente di come è fatta una donna? Albert, guardami: ti sto chiedendo quali parti della sua anatomia conosci per esperienza diretta".
Albert deglutì, sentendosi dannatamente come un adolescente alle prime armi: l'educazione troppo rigida aveva rischiato davvero di trasformarlo in una specie di monaco.
"Per essere chiari, George", cominciò prima di avere un nuovo accesso di tosse e portarsi la mano davanti alla bocca. "Per essere chiari, con Candy si è trattato solo di carezze. Baci, soprattutto baci", precisò quando ebbe ripreso il controllo. "E... abbiamo dormito insieme, ma con i vestiti addosso, una volta sola".
"Uhm... davvero un po' poco", commentò lui distrattamente, tamburellando con le dita sulla scrivania.
"Ma, George! Sei serio?", gli domandò perplesso.
"Intendo dire che stai partendo quasi da zero e che sarà difficile... di' un po', hai letto qualche libro scientifico?", chiese illuminandosi.
"Ma certo! Georges, forse stai sopravvalutando un po' il mio livello di ignoranza in materia: quello che mi manca è... la pratica", concluse passandosi una mano sulla bocca, quasi volesse nascondere quelle parole così schiette.
"Davvero pensi che la pratica sia così importante? Non è sufficiente che tu sia a conoscenza della teoria?", gli domandò George in tono così compìto che quasi gli venne da sorridere.
"Santo cielo, George, mi sembra di stare di nuovo in un'aula di tribunale! Fai le domande come un avvocato dell'accusa", sbottò tra il serio e il faceto. "E non sei stato tu quello che mi ha appena detto che... è un po' poco...". Gesticolò, confuso.
Lui si strinse nelle spalle: "Te l'ho detto perché pensavo che la non avessi idea dei fondamenti: di certo è stato sciocco, da parte mia. Se la teoria non ti è oscura, il resto sarà puro istinto".
Puro istinto. Ma che bella notizia...
"Io... io non...", sbuffò infilando di nuovo le dita fra i capelli, frustrato oltre ogni dire per non riuscire a dar voce ai suoi timori. Albert si sedette ancora, tormentando il bicchiere e desiderando berlo tutto d'un fiato.
Come indovinando i suoi pensieri, George gli disse: "Ti concedo un sorso". Mentre lo faceva, lui aggiunse: "Tranquillo, è normale, diventerai più disinibito col tempo. In questo momento è come se avessi quattordici anni o giù di lì".
"A quattordici anni pensavo solo a nascondermi e a ricevere l'educazione che mi veniva imposta. Credo di non aver mai avuto neanche tempo per concentrarmi... su certe cose".
"Lo so, è per questo che stiamo parlando. Quindi?", lo incalzò.
Albert ci mise qualche secondo per rispondere, come se stesse cercando le parole: "Io... questo è il problema principale. Non so cosa fare per lei. Il meccanismo dell'accoppiamento mi sembra così freddo, così... scientifico nei libri, che non colgo alcuna reale emozione. Un po' come avviene nelle specie animali che mi è capitato di vedere allo zoo o in Africa. È come se, alla fine, tutto si riducesse a un divertimento esclusivamente maschile atto a fare figli", mormorò mentre gli saliva un nuovo rossore al volto.
George sospirò: "Facciamo un passo indietro, Albert. Quali erano le reazioni della signorina Candice durante le vostre... carezze e baci d'amore? Bada che neanche per me è facile parlare di lei in questi termini, ma voglio solo aiutarti". In effetti lo vide cominciare a sudare un poco.
Albert chiuse gli occhi, ricordando che gli aveva persino chiesto di farla sua su un prato poco distante dalla villa di Lakewood. E non era escluso che lo facesse proprio lì, l'indomani o nei giorni a venire. Quel pensiero gli fece venire la pelle d'oca.
"Diciamo che non ha mai avuto di che lamentarsi. Direi che non si rendeva nemmeno conto... di cosa scatenava dentro di me. A volte ho dovuto prendere l'iniziativa di allontanarmi da lei per non spaventarla e andare oltre". Lo confessò guardando oltre George, in un punto sul muro dietro di lui, come se sopra vi fossero impresse le immagini vivide di loro due su quel prato di margherite, o su quel letto a Lakewood...
"Questo è perché una donna è predisposta a provare sensazioni gradevoli tanto quanto l'uomo, anche se in maniera differente. Eviterò di farti una lezione di anatomia, ma sarà sufficiente che vi parliate seguendo un linguaggio verbale e non verbale... capisci cosa intendo?". Si vedeva che George era teso ad affrontare un argomento simile e che la sua pacatezza di poco prima era solo una facciata, e per questo apprezzò ancora di più il suo sforzo.
Una domanda, però, gli bruciava sulle labbra ed era, forse, la più importante di tutte: "Ma... non le farò del male? Ho letto che... insomma...", gesticolò senza sapersi spiegare.
"Come hai detto tu la biblioteca degli Ardlay contiene meri testi scientifici, Albert, la realtà è ben diversa. Non posso assicurarti che tua moglie non proverà affatto dolore, ma questo dipenderà molto da te", spiegò. Albert evitò di confessargli che per le mani gli erano capitati ben altri testi che aveva subito richiuso perché andavano all'estremo opposto.
"Dovrò essere molto delicato con lei", mormorò con un sorriso sognante.
"Esatto, e dovrai fare in modo che sia lei a guidarti, in una certa misura. Dovrai distoglierla dal dolore... con il piacere".
Albert aveva in mente una mappa mentale molto precisa delle parti del corpo di Candy che voleva scoprire e toccare, sperava solo che lei avrebbe gradito. Eppure il desiderio di renderla sua moglie in ogni senso del termine era un altro scoglio che lo metteva in allarme.
"E se non vi riuscissi? Se non fossi in grado di... di... attendere che lei...". Eccolo, il secondo problema. Alle volte si scopriva a desiderarla tanto che avrebbe semplicemente voluto immergersi nelle acque ghiacciate del Polo Nord.
"Hai imparato l'autocontrollo per tutta la vita. E ami la signorina Candy. Confido che sarai un amante paziente e tenero. In ogni caso, non temere di parlare con lei di ciò che provi, sii sempre sincero e ricorda che non dovete per forza partire dalla fine. Potete continuare la vostra scoperta uno dell'altra prima di arrivare all'atto vero e proprio. Prendetevi i vostri tempi con serenità, nessuno vi corre dietro".
Albert rimase in silenzio, si sentiva molto più rilassato: "Sai, George, più che della spiegazione in sé... forse avevo proprio bisogno di questa rassicurazione. Ora so che non devo avere paura, ma fidarmi di noi... di lei".
George annuì: "Ben detto, Albert. Hai qualcos'altro da chiedermi?".
"In realtà sì". Alzò su di lui uno sguardo malizioso, che doveva contrastare parecchio con l'immagine del ragazzo timido e impacciato di poco prima: "Come fai a sapere tutte queste cose?".
Il rossore salì repentino al volto del poveretto, che rispose velocemente: "A questa domanda non ho intenzione di rispondere, signorino William. Buonanotte", dichiarò tornando al 'lei' e al suo vecchio nome, uscendo dalla stanza prima che potesse ribattere.
A quell'uscita, Albert non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
Parlare, seguire l'istinto... avrei dovuto pensarci da solo. Ma era una discussione da uomo a uomo necessaria.
Cominciando a immaginare scenari in cui lui la toccava in decine di modi diversi catturando la sua pelle e le sue labbra come aveva sognato tante volte di fare, Albert si diresse nella sua stanza pensando che quello non gli avrebbe certo conciliato il sonno.
- § -
Questo capitolo è uno di quelli a cui ho rimesso mano più volte in un anno (l'altro lo scoprirete a breve): volevo creare un Albert fedele al personaggio originale ma che, proprio per questo, fosse rimasto lontano da determinati comportamenti "libertini", se così vogliamo dire: un uomo che non cerca una donna per il semplice gusto di farlo, ma perché è innamorato. E lui si è innamorato molto presto di Candy. Quindi dovevo bilanciare l'uomo di mondo che ha affrontato di tutto nella propria vita e quello inesperto in questioni amorose. Il tutto, con un George ancora più riservato che dovrebbe supportarlo. Una fatica...! Spero che il risultato rispecchi comunque i personaggi, perché a questo punto solo voi potrete dirlo!
- § -
- § -
Angolo dei commenti:
Ericka Larios: Ho immaginato Candy con un vestito da sposa che la facesse apparire bellissima persino alla zia Elroy e non poteva che essere così, se doveva impressionare Albert! 10 anni era il massimo possibile, da quello che ho letto sul web, ma potrei anche sbagliarmi: purtroppo il legame consapevole con la mafia non c'era e i Lagan se la caveranno così, ma non è poco se lo passano in carcere. Ehm... in effetti Albert aveva dubbi proprio su quello: avevo accennato all'inizio della storia che non è affatto esperto in materia, no? XD
Elizabeth: I ruoli si sono invertiti e adesso sono Archie e Annie ad avere problemi: in compenso, Candy e Albert sono davvero a un passo dalla felicità...
Sandra Castro: Lo spavento lo avete preso tutte, a quanto pare, quindi l'escamotage dell'incubo ha funzionato XD Mi piaceva l'idea di una bella amicizia tra Albert e Adrian, d'altronde hanno avuto problemi simili ;-) Sono felice che ti piaccia il loro cameratismo! Ed ecco a te la conversazione tra Albert e George sulla notte di nozze che mi ha fatto sudare sangue per un anno... spero di essere rimasta fedele ai personaggi! Anche io ho letto fanfiction nelle quali Albert ha molta esperienza, ma non mi pare affatto in linea con il personaggio: ne posso accettare uno o due di amori, però nel mio caso preferivo lasciarlo come traspare dalla penna della Nagita (e potrei ancora sbagliarmi). E non potevo neanche descriverlo a digiuno dell'argomento ma impeccabile e senza timori. Insomma, come ho scritto più su è stata una gran fatica! E non è finita... 10 anni per i Lagan sembrano pochi a tutti, ma saranno i più lunghi e penosi delle loro vite! Grazie di cuore, un abbraccio!
Dany Cornwell: Ed ecco un'altro dei miei dubbi amletici: George. Sì, sembra uno che dopo Rosemary non si sia votato ad altro che la famiglia Ardlay, ma poi era davvero impossibile, per me, articolare la storia. Ho voluto dargli la possibilità di avere quel minimo di esperienza per elargire qualche consiglio ad Albert come farebbe un padre col proprio figlio, spero sia plausibile! Annie e Archie soffrono entrambi e Candy... beh, è infermiera ma inesperta pure lei e confida in Albert! XDI Lagan avranno molto a cui pensare in 10/15 anni di carcere. Grazie, alla prossima!
