Attenzione: anche la prima metà di questo capitolo contiene scene abbastanza esplicite.


Dall'alba al tramonto

Candy aprì gli occhi sentendo il respiro regolare di Albert che dormiva abbracciato a lei. I bei lineamenti del viso erano rilassati, la bocca aveva il fantasma di un sorriso e il suo braccio sinistro la imprigionava per la vita anche nel sonno.

Rimase a guardarlo incantata per un tempo indefinibile ricordando, non senza un leggero imbarazzo, come quell'uomo, suo marito, l'avesse adorata, accarezzata e baciata fino a farle perdere se stessa.

Come aveva potuto avere paura di fare l'amore con Albert?

Era stato così gentile, premuroso, tenero, appassionato... e le aveva donato qualcosa che dubitava molti uomini potessero donare alle loro mogli: la sua prima volta. La stessa che lei gli aveva riservato.

Era incredibile come un uomo in apparenza così pacato e sereno nascondesse una vena tanto passionale. Quel lato focoso di Albert l'aveva rapita, coinvolta, facendole scoprire qualcosa di molto simile in se stessa.

Gli scostò una ciocca ribelle di capelli dalla fronte e lui mugugnò, stringendola ancora di più a sé. Avvertì tutta la solidità dei suoi pettorali, dell'avambraccio e... si accorse distintamente di quanto la desiderasse anche se era ancora mezzo addormentato.

Senza più provare vergogna, Candy avvertì a sua volta il desiderio di lui crescerle nel petto, nelle viscere, in ogni angolo del corpo. Le mani gli andarono al torace, risalirono lungo la nuca e scesero per le spalle. Candy abbassò la mano destra, intenzionata a darsi a una piacevole esplorazione e bastò quel gesto perché lui si svegliasse del tutto, gli occhi offuscati dal sonno e dall'amore, chiamandola per nome e posizionandosi su di lei, scostandole la mano con delicatezza.

Ricordò con quanta tenerezza le avesse chiesto come stava, prima di darle teneri baci sul viso, la notte precedente. Candy si era detta sorpresa di non aver provato quasi alcun dolore, ma solo la meraviglia e la devozione di un'estasi così completa e perfetta che non credeva immaginabile potesse esistere.

Ora c'era qualcosa di magico nel lasciarsi trasportare, senza più freni, nella luce appena accennata dell'alba, in bilico tra sonno e veglia, ma con i sensi perfettamente all'erta.

Si rese conto che c'era qualcosa di diverso in quella seconda volta: era come una nuova prima volta. Tutto accadde in maniera più veloce, meno attenta, ma ugualmente coinvolgente. Era come se stessero insieme da anni. Il loro amore era già più esperto, si conoscevano a memoria e non avevano bisogno di parlarsi per dettare i tempi.

Laddove la sera prima tutto era stato attento e controllato, ora era disinvolto e sferzante. Colse il lato selvaggio di se stessa e di Albert e si stupì di come le medesime sensazioni li avvolgessero nello stesso istante.

Lo strinse a sé convulsamente, desiderando che non la lasciasse più. Il volto di lui era affondato nel suo collo e sentiva il respiro ardente dell'uomo mentre ripercorreva ogni angolo del suo corpo ancora e ancora, riconducendola di nuovo su quel baratro dal quale sarebbe discesa volando.

Non credeva potesse accadere più di una volta, ma le mani e il corpo di Albert uniti al suo erano come una vibrazione continua, un'ondata di marea che rifluiva per poi tornare impetuosa, sconvolgendola, spezzandola in maniera deliziosa.

Alla fine si arrese, stremata, mentre lui le dava piccoli baci sul viso e sul collo, ritirandosi leggermente quando si accorse della sua stanchezza.

"Non ti ho nemmeno detto buongiorno", disse con voce roca, ridacchiando.

"Oh, sì che me l'hai detto, fidati!", rise lei a sua volta.

"Mhhh, che ne pensi se ci diciamo buongiorno così tutte le mattine?", propose lui scendendo con la mano sul suo fianco con lentezza esasperante, reclamando ciò che ancora non aveva avuto.

"E buon pomeriggio, e buonasera, e... buonanotte...". Non credeva che sarebbe riuscita a sentire ancora una volta il suo corpo richiedere la presenza di lui, era come una giostra infinita.

E non credeva che Albert si sarebbe rivelato ancora così passionale di punto in bianco. Entrò di nuovo, senza permesso, con il ringhio di un leone e lei rovesciò la testa all'indietro, in resa totale.

Non misurò il tempo, non contò i baci, tutto divenne relativo in un turbine dove lui sembrava non avere più riserve, né timore di farle male. Tenero, poi impetuoso. Lento, poi veloce. Candy si ritrovò a pregarlo senza vergogna e lui l'accontentò, riportandola là dove non credeva più di riuscire ad arrivare.

Gridò e lui gridò con lei solo pochi istanti dopo, affondando nel suo corpo in una maniera che le fece quasi provare dolore. Si sentiva come se fossero davvero tutt'uno, connessi in profondità non solo nel corpo ma anche nel cuore.

Sentiva battere quello di Albert forte tra i suoi seni. Rimasero per molto tempo abbracciati a riprendere fiato e, con riluttanza, Candy accettò che a un certo punto lui si allontanasse, ma solo per abbracciarla con il petto contro la sua schiena.

Il dolce torpore dell'amore che si erano appena scambiati li condusse di nuovo nel sonno e, quando aprì ancora gli occhi, Candy vide che il sole era già alto.

Sbatté le palpebre, avvertendo la solidità del corpo di Albert contro il proprio, le gambe intrecchiate alle sue, il respiro che le solleticava il collo tra i capelli.

Lo sguardo, però, le andò al pavimento, dove il suo abito da sposa e il kilt erano abbandonati in un groviglio che sembrava lo stesso dei loro due precedenti occupanti. Ridacchiando tra sé all'idea di abiti che si uniscano in un abbraccio intimo, si staccò piano dalla presa di ferro di Albert e si apprestò a scendere dal letto quando si accorse di essere nuda.

Ovviamente.

Seduta sul letto, dando le spalle a suo marito, a sua volta a malapena coperto da un lenzuolo fin poco più su della vita, Candy valutò il da farsi. Optò per sgattaiolare in bagno, dove si rinfrescò e si avvolse in un asciugamano.

In punta di piedi, rientrò nella stanza: Albert era ancora nella medesima posizione, la faccia semi affondata nel cuscino e il braccio proteso sul letto dove poco prima c'era lei. La tentazione di ritornare esattamente da dove era venuta era allettante e quanto mai forte, ma si costrinse ad aprire un armadio, scostando alcuni abiti e cercando una stampella libera ove sistemò con cura il suo bellissimo abito da sposa.

Tentò disperatamente di farlo entrare nell'armadio, ma era un'impresa impossibile, così si risolse a trovare un altra sistemazione, quando udì la voce di lui alle sue spalle, che la fece sussultare e quasi cadere il vestito: "Cosa stai facendo?".

- § -

Carter aveva ragione: dormire abbracciato a Candy aveva cancellato gli incubi, almeno per quella notte. Rimanevano la gioia infinita di averla finalmente fra le braccia e il desiderio di lei che, come una droga deliziosa, continuava a rinascere in lui a ogni minimo risveglio.

Aveva imparato a conoscere già le reazioni del corpo di Candy ed era stato così facile assecondare i loro desideri quando, ancora in dormiveglia, l'aveva sentita accarezzarlo e scendere con la mano fin dove il proprio, di corpo, gli urlava ancora di prendere possesso di lei!

Candy si era sciolta, liquefatta, aveva preso fuoco fra le sue braccia e Albert si era accorto che non avevano ancora parlato. Ma la conversazione era durata il tempo di un buongiorno, perché aveva bisogno di lei. Un bisogno disperato che lo fece comportare quasi come un selvaggio. Tuttavia il fatto che sua moglie apprezzasse anche quel lato di lui, lo incendiò al punto che riuscì a trattenersi solo per poco tempo prima di rivendicare la propria, esplosiva estasi nel corpo morbido di Candy.

Si erano addormentati ancora abbracciati, ma la coscienza lo aveva portato a livelli quasi vigili quando la sentì muoversi per alzarsi dal letto. Con gli occhi semichiusi, la vide recarsi in bagno e furono solo l'immenso torpore e la consapevolezza che forse Candy aveva necessità di qualche minuto di privacy a convincerlo a non alzarsi per seguirla. Richiuse gli occhi, deliziosamente stanco e, quando li riaprì, vide Candy dargli le spalle, il corpo avvolto solo in un asciugamano, protesa quasi fin dentro l'armadio mentre cercava forse di appendere il suo abito da sposa.

Quel piccolo capo di spugna le copriva a malapena le natiche e le cosce erano del tutto scoperte: anche se l'aveva vista nuda, l'idea di spogliarla lo incendiò di nuovo e il suo corpo reagì per l'ennesima volta.

Gli era bastato fare l'amore con Candy un paio di volte per avere bisogno di lei di continuo, come un assetato.

"Cosa stai facendo?", le chiese sorridendo, alzandosi su un gomito e puntellando la mano chiusa a pugno sulla guancia, senza smettere di guardarla anche quando si voltò.

"Albert! Mi dispiace, ti ho svegliato. Io... stavo solo cercando di mettere a posto il mio vestito da sposa perché non si rovinasse. E vorrei farlo anche con il tuo kilt", disse indicando il groviglio verde in terra.

Lui scoppiò a ridere, divertito e col cuore gonfio all'idea che Candy si stesse comportando proprio come una moglie premurosa: "Hai ragione, amore mio, abbiamo lasciato un gran disordine, vero?", disse scendendo dal letto per raggiungerla.

Fece finta di non notare quanto lei arrossisse vedendolo avanzare disinvolto e completamente nudo. Divertito, le mise le mani selle spalle, trattenendosi a malapena dallo sciogliere semplicemente l'asciugamano che la copriva, e indicandole un piccolo attaccapanni a parete.

Sapeva che era troppo in alto per lei, ma sapeva anche che avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Così, quando Candy si alzò in punta di piedi cercando di infilare la stampella sul supporto di legno, lui la imprigionò col proprio corpo tra sé e il muro e le prese la gruccia dalle mani, procedendo al posto suo.

Respirando un po' affannati, si baciarono in quella stessa posizione, lei voltò di poco il viso raggiungendo le sue labbra poco sopra la spalla.

Albert non attese oltre e la prese in braccio come aveva fatto la sera prima, deponendola di nuovo sul loro letto.

Senza fretta, fece scendere le mani in carezze ardenti lungo l'asciugamano, poi lei si staccò, titubante. "Albert... c'è una cosa che... vorrei provare", disse con voce impacciata.

Lui si fermò, le scostò i capelli dal viso e la guardò intensamente, offuscato dal desiderio di lei: "Cosa, amore mio?". Stavano scoprendo entrambi nuovi orizzonti, ma era la prima volta che gli chiedeva qualcosa a voce e non con i gesti.

"Io... vorrei, ecco... provare a baciarti come... come ieri tu... hai fatto con me". Mentre faceva questa richiesta, arrossì così tanto che dovette nascondere il volto tra le mani.

Albert era perplesso e sbatté le palpebre. Si erano baciati tante volte in maniera profonda, anche da fidanzati, e non riusciva a capire cosa intendesse: "Vuoi dire così?", sussurrò catturando le sue labbra e cominciando a far vagare la lingua nella bocca di lei, facendola gemere dolcemente.

"No", rispose lei con voce soffocata, "adoro questi baci ma... mi riferivo a un altro tipo di bacio", concluse esitante, gli occhi ancora chiusi come se non riuscisse a guardarlo.

Il sangue gli salì in testa con una velocità tale che pensò gli si sarebbero rizzati i capelli. Se prima era immerso in quel momento dolce e teso che è il preludio dell'amore con la donna amata, ora sentiva mille campanelli di allarme suonargli nella mente.

"Candy, io non so se sia una cosa... giusta per una donna", subito dopo averlo detto si morse la lingua e capì il suo errore.

Candy si accigliò: "Ti pare così sconveniente? Come quando una donna decide di lavorare o di vivere da sola?".

Albert scosse la testa, cercando di spiegarsi: "No, sai benissimo che la tua libertà per me ha sempre contato tanto quanto la mia. Ho sempre assecondato ogni tuo desiderio di indipendenza perché in questo siamo uguali, io e te. Mi riferivo al fatto che... non so, mi sembra quasi di... profanare qualcosa di puro e... sto dicendo un mucchio di sciocchezze, non è così?", rise quando si rese conto che stava sorridendo anche lei.

Fu allora che Candy lo stupì e lo obbligò a ricorrere di nuovo a tutto il suo proverbiale autocontrollo, perché semplicemente pose una mano proprio sul soggetto del loro discorso, un po' meno esitante del giorno prima, accarezzandolo con gesti meno imbarazzati: "È sempre di una parte di te, Albert, e anche se sto morendo di vergogna, so che si tratta della tua pelle, della tua carne... e se posso renderti felice quando sei dentro di me, tanto quanto tu lo fai con me... non vedo perché non posso ricambiare un bacio così speciale come quello che mi hai riservato tu".

Prima che, boccheggiando come un pesce fuor d'acqua, potesse articolare una risposta, lei si stava già adoperando in quel bacio. Dalla gola uscì un inelegante rantolo contro la sua volontà e la testa divenne così pesante che dovette poggiarsi sulla testiera del letto.

Non era un semplice bacio, Candy stava facendo anche qualcos'altro con le mani, mimando quello che accadeva quando erano uniti e la bocca scivolò finché non ne avvertì la cavità umida che poco prima stava esplorando con la propria lingua. Era in continuo movimento intorno a lui, assaggiava, baciava...

"Candy fermati!", le gridò facendola misericordiosamente bloccare.

Con un verso strozzato si ritirò da lei, appena in tempo, dandole le spalle.

"Albert? Scusami, forse non dovevo...". Respirando pesantemente, rannicchiato su se stesso e ancora in preda a violenti spasmi, alzò una mano per chiederle di dargli solo qualche istante.

Quando infine tutto fu sotto controllo, si voltò a mezzo busto con un sorrisetto imbarazzato: "Ti ricordi cosa ti avevo detto ieri, quando mi stavi... accarezzando?" .

Lei sembrò pensarci un attimo, confusa, poi il rossore le salì di nuovo al viso e distolse lo sguardo: "Che volevi che accadesse... dentro di me", mormorò. "Mi dispiace", aggiunse con aria così colpevole che si diede dell'idiota.

"Candy, non prendertela, non è successo niente! Voglio dire... beh, in effetti qualcosa è successo ma...", non riuscì a impedirsi di ridere, perché la situazione aveva un innegabile lato comico. "Ma non è grave. Sospetto che faccia parte del gioco e non mi dispiacerebbe esplorare con te ognuno di questi lati sconosciuti. Hai detto tu stessa che siamo liberi, no?".

Candy annuì: "Siamo marito e moglie, non penso sia un peccato, vero?", chiese un po' più rilassata.

Albert si alzò e camminò verso il bagno, facendole l'occhiolino: "L'unico peccato è che adesso devo fare una doccia, ma possiamo sfruttare questo piccolo inconveniente a nostro favore".

Candy capì al volo: si alzò e lo seguì.

- § -

Annie si recò nella sala da tè dove sua madre e suo padre l'attendevano per presentarle degli amici comuni. Si costrinse a indossare uno dei suoi abiti più belli, aiutata dalla sua cameriera personale, lasciando persino che la truccasse.

"È proprio necessario?", protestò mentre la donna le incipriava le guance e il naso, facendole solo venire voglia di starnutire.

"Sono precisi ordini della signora. È davvero bellissima!", ribatté allontanandosi un po' e battendo le mani.

Ora il sospetto che dietro quell'incontro ci fosse qualcos'altro era diventato una certezza e, mentre si dirigeva con passi nervosi verso la stanza, non si curò neanche di provare a sorridere.

"Entra, cara, accomodati!", la salutò sua madre.

Ma gli occhi di Annie erano fissi sulle persone che erano intorno al tavolo, ove alcuni servitori si affaccendavano per versare la bevanda e servire vassoi di dolci. Accanto a suo padre sedeva un uomo di mezza età, con capelli e baffi bianchi e un completo nero molto elegante. Di fianco a lui c'era un ragazzo con i capelli scuri, pettinati all'indietro e impomatati con qualcosa come tre dita di brillantina, dei baffetti sottili che le ricordarono la brutta copia di quelli di George: il viso era troppo rotondo e giovane e l'effetto di quel look stonava decisamente con la sua figura fin troppo affettata.

Stringendo i pugni, salutò nel modo più educato possibile, accomodandosi accanto a sua madre e sentendo gli occhi scuri del ragazzo su di sé. Avrebbe voluto urlare e scappare via.

"Annie, questo è il signor Connor Taylor: siamo soci in affari e abbiamo fatto alcuni ottimi investimenti a Londra, durante uno dei miei ultimi viaggi", spiegò suo padre. L'uomo di fronte a lei si alzò per farle un elegante baciamano e lei si mise in piedi per permetterglielo. "E lui è suo figlio Jacob. Studia economia in una delle più prestigiose università di Londra, ma sta pensando di trasferirsi negli Stati Uniti per frequentare quella di Chicago".

Annie roteò gli occhi su di lui e tentò di trattenere il disgusto provocato dalle sue labbra sul dorso della mano. "Incantato, signorina Brighton. La sua bellezza mi porta a una decisione obbligata: sono certo che mi troverò benissimo nell'istituto di Chicago", disse con un sorrisetto che aveva una sfumatura persino lasciva.

Si rimise a sedere pulendosi discretamente il dorso della mano sull'abito e rispose: "Oh, la ringrazio molto, ma non dovrebbe prendere una decisione così importante con tanta leggerezza. Sa, anche il mio fidanzato studia all'università, ma nel Massachussets".

Il gelo calò nella stanza e, per qualche secondo, Annie poté avvertire solo il battito accelerato del proprio cuore nelle orecchie, il tintinnio di una tazzina che veniva posata e l'ansito mal trattenuto di sua madre.

"Ma Annie!", esclamò quest'ultima.

"Non avevo capito che la signorina fosse fidanzata", borbottò il signor Taylor.

"Non lo è più, infatti", disse subito freddamente suo padre, guardandola con occhi di ghiaccio. Uno sguardo che lei sostenne per qualche istante prima di abbassarlo. "Ma, sapete, il cuore di una fanciulla ha bisogno di tempo per abituarsi alla fine di un amore", disse rivolgendosi agli uomini con aria complice.

Lo sguardo successivo che incontrò fu quello di sua madre, e poi ancora quello di Jacob. Quest'ultimo prese un sorso dalla sua tazzina, quindi disse: "Ho letto dello scandalo che ha coinvolto gli Ardaly: davvero una brutta storia! Pare fosse coinvolto anche quell'Archibald Cornwell... era lui il suo fidanzato, non è vero?".

Annie strinse così forte i pugni sotto al tavolo che sentì le unghie affondare nella carne: "Sì, proprio lui. E lo scandalo è stato responsabilità dei Lagan: immagino avrà anche letto le dichiarazioni ufficiali che sono state fatte dal clan Ardlay successivamente". Il tono cercava di essere controllato, ma vibrava come la sua voce.

"Ma certo, conosco di fama quel clan scozzese, oggi è uno dei più potenti degli Stati Uniti", intervenne il padre di Jacob, lisciandosi i grossi baffi e posando la sua tazzina. "Mi pare che i figli di Lagan abbiano avuto una condanna ma, se non erro, una delle aziende che hanno usato nei loro loschi traffici era comunque di proprietà degli Ardlay".

Intervenne suo padre, mentre il respiro le diventava affannoso e la testa prendeva a girarle forte: "In effetti, anche se hanno dimostrato la loro innocenza, rimangono di sicuro una delle famiglie più controverse, pur essendo molto potenti. Il patriarca è sempre stato un uomo con un estro e un senso di libertà molto accentuati e spesso ha trascinato con sé anche il resto dei membri. Non dubito che la sua decisione di non ritirare le quote da quella distilleria abbia avuto una qualche ragione sentimentale, che però ha contribuito a creare una zona d'ombra sulla loro reputazione".

"Come puoi parlare così di Albert?", scattò su Annie prima di poterselo impedire, facendo scostare rumorosamente la sedia. Otto paia d'occhi la guardarono esterrefatti, cui si aggiunsero quelli delle cameriere: "William Albert Ardlay e Archibald Cornwell sono stati raggirati da una famiglia senza scrupoli e senza particolari legami di sangue con il clan e la loro unica colpa è stata voler sostenere una famiglia rimasta senza lavoro nel profondo sud dell'America!".

"Annie, siediti, per favore!", tuonò suo padre.

Si trovava a un bivio: da un lato l'obbedienza, dall'altro la ribellione. Ricordò quando i Brighton erano giunti alla Casa di Pony, con l'intento di adottare Candy. Anche in quel caso era stata un ripiego perché la sua sorella adottiva non voleva andarsene? In realtà, sua madre le aveva ripetuto più volte che aveva preferito sin da subito il suo carattere più pacato e remissivo.

E, infatti, avevano cercato in tutti i modi di plasmarla, di renderla una vera signora quasi senza una volontà propria. Tutto questo, ora, le si stava ritorcendo contro: il cambiamento era iniziato quando aveva deciso di lasciare Archie e si sarebbe concluso, ancora una volta, con lui.

Sedette al suo posto, senza più dire nulla, imponendosi di non ascoltare le scuse affettate di sua madre e i commenti caustici degli uomini.

Il tè di quel pomeriggio era irrimediabilmente avvelenato e lei ne stava già subendo gli effetti.

- § -

Elroy Ardlay si godeva gli ultimi scampoli di quel sole di fine estate sulla terrazza della villa di Chicago, ripensando alla festa di matrimonio del giorno prima come a uno dei momenti più insoliti della sua intera vita.

Sperava solo che i giornali si astenessero dal fare commenti poco gentili sul bizzarro patriarca che, come ultimo atto della sua vita di stranezze, si era sposato in un orfanotrofio inchinandosi persino davanti alle donne che avevano allevato sua moglie.

Fece un respiro profondo, accomodandosi sulla poltrona che aveva fatto predisporre con orientamento a occidente per beneficiare dei raggi del tramonto e sperò che nessuno avesse assistito al suo arrivo in quella Casa di Pony: non sarebbe stato carino se avessero sparlato della matriarca degli Ardlay che si nascondeva dietro il proprio autista perché era stata attaccata da un cane San Bernardo.

"Si chiama Mina, è il cane che Candy ha adottato quando il suo padrone è morto. L'aveva assistito lei, pensando inizialmente che si trattasse dello zio William: era un uomo molto solo", aveva raccontato il nipote accucciandosi per accarezzare la bestia e facendosi leccare una mano.

"William, per l'amor del Cielo! Ti insudicerai tutto il kilt!", aveva protestato lei sporgendosi da dietro la schiena dell'uomo, indignata fino all'inverosimile.

Lui si era stretto nelle spalle e si era rialzato, poi erano arrivati i bambini e le era tornato il mal di testa.

Il resto della cerimonia era stato una specie di strano sogno, nel quale si era trovata costantemente in bilico tra l'indignazione e lo stupore per il genuino divertimento degli invitati, nonostante il luogo poco ortodosso.

Aveva visto la gioia più pura negli occhi di William e la devozione e l'amore in quelli di Candice: non c'era alcun dubbio che fossero fatti l'uno per l'altra, ma la strada per l'accettazione, da parte sua, era ancora in salita.

Certo, Candice era elegante, se voleva educata e persino aggraziata, ma sarebbe stata in grado di gestire una casa e degli affari delicati come quelli del loro clan? In quel preciso momento, a parte l'evidente anzianità che giocava in suo favore, quale moglie del patriarca aveva persino più potere di lei stessa.

"William, fratello mio, dammi la forza", implorò stringendo gli occhi e sentendosi d'improvviso sola. Ripensò alle parole del nipote, quando le aveva parlato di pronipotini che avrebbe certamente amato.

Aprendo gli occhi sul tramonto che la inondava quasi bagnandola con la sua luce aranciata, Elroy cominciò a sperare, sempre più ardentemente, che i piccoli eredi arrivassero presto ad allietare gli ultimi anni della sua vita.

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Angolo dei commenti:

Charlotte: Non potevo non inserire una buona dose di insicurezze e timori, troppo bene è andata! XD Soprattutto ad Albert, che ha davvero rischiato di doversi mettere a mollo nell'acqua fredda: meno male che poi Candy è rinsavita e si è... ehm... buttata! XD Grazie di cuore!

Cla1969: Una lunga attesa, ma alla fine anche loro hanno avuto un po' di dolcezza! Sono felice che tu abbia gradito, grazie!

Ericka Larios: Hai detto benissimo: è come se fossero due ragazzini sulla loro collina, in attesa di scoprire nuovi sentieri. Candy temeva soprattutto di provare dolore o di essere incapace di comportarsi come una moglie e, come suggerisci, forse di non essere proprio all'altezza di Albert. Lui, d'altro canto, la adora a tali livelli che riuscire a lasciarsi andare senza spaventarla, ma comportandosi da Principe, è stato davvero difficile! Grazie anche a te, spero ti piaccia come prosegue la loro luna di miele!

Elizabeth: Sono partiti da zero ma hanno raggiunto insieme l'unione più profonda... non è romantico? *_*

Dany Cornwell: Pensa quanto ero nervosa io che dovevo scrivere! XD Sì, volevo che facessero le loro prime scoperte assieme, tra insicurezze e timori... spero di esserci riuscita!

Sandra Castro: Grazie cara, sono contenta che il loro nervosismo ti sia sembrato plausibile! E sono felice che tu abbia notato come volessi far preoccupare ognuno del benessere dell'altro! Per me era un passaggio fondamentale! Alle... prossime volte! ihihihihi XD