La sorte appaga i nostri desideri, ma a modo suo, per poterci dare qualcosa al di là dei desideri stessi.

Johann Wolfgang Goethe

Nella feroce morsa delle circostanze

non ho arretrato né gridato.

Sotto i colpi d'ascia della sorte

Il mio capo è sanguinante, ma non chino.

William Ernest Henley


Nella buona e nella cattiva sorte

Candy bussò con discrezione alla stanza della sposa e quando Karen le rispose entrò, curiosa di sapere come mai avesse cercato proprio di lei.

In realtà, tutto le era apparso un po' fuori della norma, in quel matrimonio, a cominciare dal luogo discreto: una tenuta di campagna in una zona fuori città. E poi non aveva visto molti invitati, se non quelli che dovevano essere i parenti di Karen e, naturalmente, Eleanor Baker.

"Grazie per essere venuta, Candy. Con mia madre non si può ragionare e non volevo che mi rovinasse il giorno più bello con una discussione inutile: sono certa che tu sarai molto più comprensiva".

Sbatté le palpebre, senza capire a cosa si riferisse, vedendola di spalle alla sua specchiera. Ma quando si alzò, voltandosi verso di lei, spalancò gli occhi comprendendo finalmente i motivi che avevano spinto Karen e Terence a stare non solo lontani dai riflettori, ma anche dai fasti e dalla confusione.

Con un'emozione intensa nel petto, vide il ventre tondeggiante spuntare in modo abbastanza evidente sotto il vestito di cotone e seta stile impero. Non un abito da sposa e nemmeno bianco, ma color oro e tanto bello nella sua semplicità da essere pressoché perfetto su di lei.

"Oh, no, dovrei essere io quella commossa!", protestò Karen avvicinandosi.

"Scusami, non so cosa mi prende", mentì asciugandosi gli angoli degli occhi, "è che sono davvero felice per voi. Avete avuto il dono più bello ancora prima di coronare il vostro sogno d'amore".

Karen cominciò a tirarsi su i capelli, infilandosi una forcina tra le labbra e facendole cenno di aiutarla: "Oh, io lo chiamerei piuttosto un momento di passione sfrenata alla festa del tuo fidanzamento! Però, dopo il primo attimo di sconforto, devo dire che non posso darti torto: è davvero il dono più bello".

Con la mente tornò a quei momenti durante la festa, alle immagini di Terence e Karen un po' spettinati e con qualche foglia tra i capelli. E l'intento suo e di Albert di emularli, a Lakewood... Era quella la libertà di amarsi che li accomunava, non c'era dubbio, anche se i suoi amici non avevano atteso il matrimonio per viverla.

Mentre si adoperava per crearle un'acconciatura alta lasciandole delle ciocche a ricadere morbidamente sulle spalle, Candy vide dallo specchio il viso luminoso, gli occhi che brillavano e si riconobbe in quell'espressione piena di gioia e di consapevolezza.

"E tu lo hai già detto a tuo marito?", le chiese lei con noncuranza, facendole cadere di mano tutte le forcine.

"Cosa...? Come...?". Possibile che Karen avesse capito tutto solo vedendola commossa? Quella ragazza era più acuta di quanto credesse! Però, ora che ci pensava, anche la madre di Terence, quando l'aveva salutata, le aveva riservato un sorriso luminoso.

Magari era uno scherzo della sua immaginazione, oppure era davvero prerogativa di chi era madre: ci si riconosceva a un solo sguardo.

"Tesoro, sul tuo viso leggo come in un libro aperto. Se ben ricordi, al tuo fidanzamento mi ero proposta di parlare con te... a proposito, come è andata poi la luna di miele?". Karen si stava incipriando le guance mentre lei raccoglieva le forcine e rischiava di farle cadere tutte di nuovo.

Candy era sempre stata libera, addirittura sopra le righe, ma Karen stava almeno dieci passi davanti a lei. Impersonava l'emancipazione femminile ai massimi livelli, e non perché fosse incinta al suo stesso matrimonio. Riusciva a parlare di argomenti in apparenza delicati con una disinvoltura che nessuna donna poteva eguagliare.

"Siamo molto felici, Karen, e per rispondere alla tua prima domanda... no, non gliel'ho ancora detto. Volevo esserne sicura e sono andata dal medico solo stamattina, ma non volevo che Albert diventasse apprensivo proprio oggi".

Karen si rimirò allo specchio e la ringraziò per averla aiutata con i capelli: "Sai, Candy, c'è un altro motivo per cui ti ho chiesto di venire al posto di mia madre. In realtà... è come se prendessi da te il testimone. Tu hai occupato il cuore di Terry per tanto tempo e forse hai conosciuto una parte di lui che io non conoscerò mai". Si alzò, guardandosi allo specchio, mentre lei la aiutava a sistemare le spalline del vestito perché le maniche a sbuffo avessero il volume desiderato.

"Ti assicuro che, anche se è maturato parecchio, non è poi cambiato molto. Ma tu di certo hai avuto la parte più adulta di lui. Io ho dovuto subire i suoi 'Tarzan Tuttelentiggini' per troppo tempo", sbuffò.

Karen si chinò per prendere un paio di orecchini che erano semplici fili d'oro: immaginò fossero dono di sua madre, ma evitò di domandarglielo: "Io ti sono grata, Candy. Perché penso che se Terence oggi è l'uomo sensibile e appassionato che è lo deve in parte al fatto che ti ha conosciuta. Quando lo vedevo soffrire per te ti ho odiato, non lo nascondo, e volevo solo che ti dimenticasse. E quando finalmente lo ha fatto... mi sono resa conto che ero stata davvero una stupida. Il destino lo creiamo noi, giorno per giorno, e tu avevi già fatto la tua scelta".

Rimase ad ascoltarla, in silenzio, mentre saliva coraggiosamente su un paio di scarpe persino più alte di quelle che aveva indossato al suo, di matrimonio: "La nostra storia non è mai cominciata davvero, e si è spenta in via definitiva quando Susanna ebbe l'incidente. Non so se all'epoca lo conoscessi bene, ma già allora io sono andata avanti con la mia vita e avevo rinunciato a lui".

La sposa si volse per fissarla: era davvero bellissima. "Ho guardato Terence da lontano per tanto tempo, Candy, e oggi posso dire che la mia attesa è stata ben ripagata. Mi piacerebbe che trovassimo il tempo per diventare amiche, adesso. Vorrei sentire direttamente da te cosa combinasse alla Royal Saint Paul School ", concluse con un occhiolino complice.

"E io te lo racconterò volentieri", rise lei mentre bussavano alla porta. "Chi è?", chiese in vece di Karen.

"Candy, perdonami", le arrivò la voce ovattata di Albert da dietro l'uscio, "non per mettervi fretta, ma lo sposo è molto... impaziente".

"Puoi dirgli che arrivo subito e di non fare il bambino, per favore?", ribatté Karen alzando un po' il tono per farsi sentire.

Albert acconsentì con una risata e Candy fece per uscire, così da avvisare il padre di Karen di andarla a prendere per accompagnarla all'altare. Sulla porta, però, ebbe un ripensamento e si voltò per guardarla. Senza pensarci, tornò da lei per abbracciarla, ben attenta a non sciuparle l'abito: "Siate felici, Karen. Sono contenta che Terence abbia trovato una donna come te ".

Lei la liquidò velocemente: "Oh, insomma, ricordati che anche io sono in pieno squilibrio ormonale, non farmi piangere o combinerò un disastro!", si schernì accennando al trucco.

La lasciò con un sorriso e quando raggiunse Albert in Chiesa, in attesa che la sposa attraversasse la navata, si strinse al suo braccio guardando le spalle rigide di Terence. La sua vita era tutta lì: l'amore appassionato della gioventù in attesa della sua futura moglie, l'uomo del suo destino accanto a lei, il segreto del loro amore che cresceva nel proprio ventre.

"Cosa doveva dirti Karen?, le domandò Albert chinandosi un poco per parlarle all'orecchio.

Lei sorrise: "Quando arriverà lo vedrai da te".

- § -

La neve cadeva leggera e creava un manto che diventava via via più bianco e compatto. Se avesse continuato così, avrebbero avuto un Natale gelido, di lì a tre settimane.

E, di sicuro, gelo era la parola adatta.

Albert sapeva che la resilienza era ormai la qualità che caratterizzava la propria vita e quella della sua famiglia, ma non per questo si era abituato a tutti i colpi che il destino continuava a infliggere loro.

"Perché non vai da lei?", la voce della zia Elroy era morbida, persino dolce. Forse era la prima volta che le sentiva usare un tono del genere riferendosi a Candy.

"Perché non vuole vedere nessuno. Neanche me", rispose senza staccare gli occhi dallo spettacolo ipnotico della neve che volteggiava fino a terra.

La donna sospirò e il rumore dietro di sé gli indicò che si era seduta sulla poltrona: "William, capisco che quello che è successo sia un duro colpo. E non pensare che io voglia entrare in merito a questioni così personali. Ma questo è il momento in cui dovreste essere più uniti".

Albert poggiò la fronte sul vetro freddo, incapace di risponderle. La verità era che non riusciva a insistere con lei, non voleva imporle la sua presenza, anche se moriva dalla voglia di stringerla fra le sue braccia.

Tanto tempo prima era stato in grado di abbracciarla e consolarla, quando era morto Anthony e in tante altre occasioni nelle quali Candy sembrava inconsolabile: ora non era sicuro di avere la forza di affrontare il suo dolore, così simile al proprio.

Nonostante tutto quello che avevano passato lo avesse distrutto e poi ricostruito, c'erano ancora eventi davanti ai quali lui era un semplice uomo che non aveva il pieno controllo. Poteva solo farsi forza e sostenere sua moglie: ma non era in grado di aiutarla se lei non lo desiderava.

Avrebbe semplicemente rispettato la sua volontà.

E lo aveva fatto, per giorni interi, dormendo nella stanza attigua e accontentandosi di sentirla piangere di notte con una mano poggiata sulla porta come se potesse trasmetterle il suo calore. Si sentiva come un fantasma che non poteva toccarla, per quanto tentasse.

Forse Candy non voleva vederlo perché si sentiva irrazionalmente in colpa? O perché lui gli ricordava ciò che aveva perso?

"La perdita l'abbiamo subita di entrambi, amore mio", mormorò sul vetro, appannandolo con le sue parole.

"Come, William? Hai detto qualcosa?", domandò la zia alle sue spalle.

Senza dire nulla, finalmente Albert decise che era ora di superare l'immagine di Candy che gli gridava di lasciarla sola, di andarsene, che non voleva la vedesse in quelle condizioni. Mentre camminava per il corridoio che il chiarore della neve illuminava quasi di luce propria, decise di ignorare la fitta di dolore nel ricordarla divincolarsi dalle sue braccia e gettarsi sul letto, piangendo senza alcuna consolazione.

Bussò alla porta della loro stanza, ma non ottenne risposta, quindi l'aprì. Quello era il loro spazio speciale, quello in cui la sera, quando tornava dal suo ufficio, chiudevano fuori il resto del mondo e potevano ridere, scherzare, chiacchierare e fare l'amore come Candy e Albert.

Senza inibizioni, senza regole.

Lì avevano parlato per ore di Karen e Terence, di Annie e Archie, di Patty e Duncan e persino dei mal di testa della zia Elroy, dei balli di beneficienza che avevano e avrebbero dato... e lì, Candy gli aveva confessato quel dolce segreto che si era appena tramutato in un incubo.

"Candy, non respingermi, per favore. Hai bisogno di me... e io di te", disse con voce tremante, deglutendo dolorosamente.

Era stesa sul letto, girata per metà verso la finestra, i capelli scomposti sparsi sul cuscino e sulla fronte.

"Candy... tesoro, rispondimi", continuò in tono disperato.

Gli occhi rimasero spalancati, fissi verso la finestra, luminosi di lacrime che stavano per essere versate.

Senza più esitazioni, raggiunse il letto e vi sedette, voltandosi verso di lei. Si sfilò le scarpe e si stese accanto a Candy. Con infinita dolcezza, Albert allungò una mano per carezzarle la guancia e quello fu come un segnale per lei di lasciarsi andare. Sentì l'umidità bagnargli le dita e le si fece un po' più vicino, affondando il naso tra i suoi capelli.

"Piangi, amore mio, piangi per il nostro bambino", mormorò con voce incrinata, senza smettere di accarezzarla.

"Non riesco ad accettarlo, Albert, non ci riesco", pianse lei poggiando il capo sul suo petto, allungando l'altra mano per stringere la sua.

Quel gesto lo commosse profondamente. Non si sentì più respinto, lei aveva appena acconsentito ad essere consolata di nuovo.

"Lo so, non lo accetto neanche io. Ma dobbiamo andare avanti, Candy... Noi avremo un figlio, un giorno, lo so", mormorò intrecciando le dita con le sue e abbassando l'altra mano per stringerla in vita.

Candy alzò il viso madido su di lui e Albert tentò di sorriderle anche se la vista gli si appannava, il bruciore al petto saliva in gola e il respiro accelerava. Quando lei riprese a piangere più forte aggrappandosi disperatamente a lui, però, si arrese.

Le labbra si contrassero in una smorfia, il dolore uscì in risonanza con quello di sua moglie e, dove una volta c'erano stati gemiti pregni di passione, ora risuonavano i loro pianti sommessi e composti.

- § -

Annie era nervosa. Sapeva che, qualunque cosa fosse accaduta, suo marito sarebbe stato al suo fianco e l'avrebbe sostenuta e che la loro vita sarebbe semplicemente andata avanti.

Ma tornare a Chicago dopo quasi un anno di assenza, senza sapere se aveva ancora una casa e dei genitori, era frustrante.

Mentre Archie guidava silenziosamente, scoccandole un'occhiata di tanto in tanto, lei guardava fuori dal finestrino con il viso sulla mano e il gomito appoggiato alla portiera. I suoi amici e persino Miss Pony e Suor Lane erano tutti felici per lei, anche se queste ultime non avevano mancato di scriverle quanto il suo comportamento fosse stato a dir poco avventato. Non poteva biasimarle, erano ancora convinte che parlare fosse sempre l'unica soluzione e che il rispetto verso i propri genitori prescindesse da qualunque cosa.

Ne era stata convinta anche lei. Fino all'ultimo istante. Fino al momento in cui aveva di nuovo arrotolato le lenzuola e si era lanciata nell'avventura più grande della sua vita dal balcone della propria stanza di Chicago.

"Vuoi che ci fermiamo a mangiare qualcosa?", propose Archie e lei si rese conto che era quasi ora di pranzo. Erano in viaggio da tre giorni e, nonostante le tappe, si sentiva stremata. Certo, non tanto quanto doveva esserlo lui... chissà che faccia avrebbe fatto se gli avesse proposto di insegnarle a guidare, così da potergli dare il cambio!

"Guarda laggiù, quel localino sembra molto accogliente!", gli disse indicando un ristorante con un delizioso pergolato.

Mentre scendevano dall'auto e lui le apriva la portiera, Annie ripensò all'idea che aveva avuto di regalargli una festa di laurea degna di essere chiamata tale, e si augurò che tutto fosse pronto per il giorno stabilito. Non che i loro personali festeggiamenti fossero stati da meno, ma Archie si meritava decisamente di meglio.

"Tesoro, sembri proprio con la testa fra le nuvole, oggi", le fece notare mentre le versava il vino nel bicchiere e aspettavano i loro piatti. Avevano optato per un tavolo all'aperto, visto che la temperatura era gradevole e il profumo di fiori della campagna circostante era inebriante.

Per poco non fece cadere il bicchiere mentre se lo portava alle labbra: "Cosa? Oh, no, sono solo stanca!".

Lui si accigliò, guardandola con attenzione: "Non mentirmi, Annie. Sei preoccupata perché non sai come reagiranno i tuoi genitori, vero?".

In realtà, la sua mente vagava da quel pensiero fisso a quello, più prosaico, della festa a sorpresa, ma non le fu difficile annuire e ammettere la mezza verità: "L'ultima volta che mi ha scritto, mia madre ha detto che avremo modo di parlare di persona, quindi mi aspetto che ci convochino insieme, prima o poi".

Il cameriere che portava loro le insalate li interruppe e mangiarono per un po' in silenzio. Poi Archie posò la forchetta e disse lentamente: "Qualunque cosa accada, Annie, ormai sei mia moglie e non mi interessa che il tuo primo cognome sia Brighton o nessuno. Ti presenterò in società con orgoglio e a testa alta!".

Le sue parole la commossero nel profondo: le voci di corridoio e qualche articolo scandalistico volevano addirittura che fossero scappati insieme in qualche località del sud America, ma la presenza di Archie all'università aveva gettato nella confusione persino i giornali, ai quali si erano ben guardati dal lasciare dichiarazioni, cercando di rimanere il più possibile nell'ombra.

Per fortuna, l'influenza degli Ardlay aveva impedito che altre supposizioni molto fantasiose finissero ancora nero su bianco e Annie sperava ardentemente che nessun giornalista si intrufolasse nella festa privata che si sarebbe tenuta a Lakewood.

"Grazie, amore mio, non sai quanto queste tue parole mi facciano sentire più leggera. Per quanto mi riguarda, cercherò di essere sempre una brava moglie e continuerò a prendere lezioni di piano e di buone maniere!", si fomentò sporgendosi verso suo marito che le sedeva di fronte.

"Non ne hai bisogno, Annie, sei già perfetta così", ribatté lui prendendole la mano attraverso il tavolo.

"Ma guarda che strana coincidenza!", la voce maschile li fece sussultare entrambi e, quando Annie alzò il viso, non poté credere ai suoi occhi.

Terence Graham li stava fissando con un'espressione stupita: in braccio aveva un bambino che non poteva avere più di due mesi e al suo fianco c'era quella che doveva essere sua moglie.

"Accidenti quanto è piccolo il mondo!", commentò Archie alzandosi, mentre lui faceva le presentazioni. Candy le aveva scritto che Terry si era fidanzato ed era in procinto di sposarsi, ma curiosamente nessun giornale aveva riportato la notizia del matrimonio, né della nascita del loro primogenito.

Scoprì che tutti e quattro avevano avuto validi motivi per mantenere un profilo basso, e quello di Terence e Karen stava dormendo beatamente fra le braccia di suo padre: Annie lo guardò con un misto di tenerezza e desiderio. Lei e Archie avevano stabilito che non potevano pensare ai figli finché lui avesse dovuto studiare, ma ora di fatto era laureato, e perciò...

Scoccò un'occhiata a suo marito, che stava ridendo per qualcosa che aveva detto l'attore e pensò che gliene avrebbe parlato alla prima occasione.

"Chiediamo un tavolo più grande per mangiare tutti insieme", propose attirando consensi entusiasti.

"Allora, come mai da queste parti anche voi? In gita con il piccolo... come si chiama, a proposito?", chiese Archie spezzando un panino a metà.

"Lui è James Charles Graham", disse Karen riprendendo il bambino che stava cominciando a svegliarsi e a piangere, "io e Terence abbiamo scelto un nome per uno. Io ho scelto il primo perché è quello di mio padre: dovevo farmi perdonare in qualche modo per essermi fatta mettere incinta prima di sposarmi...", spiegò alzando le spalle, con una disinvoltura che fece arrossire lei e rimanere a bocca aperta suo marito.

Terence si schiarì la gola, interrompendo il momento d'imbarazzo: "Per quanto riguarda il motivo del nostro viaggio, invece, siamo partiti col treno da New York, ma visto che abbiamo perso la coincidenza e James non ama molto i treni abbiamo affittato una macchina. Andiamo a Chicago proprio per una festa...".

Annie spalancò gli occhi cercando il contatto visivo con Terence: aveva detto a Candy che poteva invitare chi voleva, nell'ambito della famiglia, ma non credeva che avrebbe invitato proprio loro e che si sarebbero persino incontrati poco prima dell'arrivo. Per fortuna, Terence capì i suoi ammiccamenti e fu lesto a cambiare la frase, prima che Archie, impegnato con la sua bistecca, alzasse gli occhi su di loro: "... una festa di beneficienza".

"Una festa di beneficienza? E siete partiti con il bambino da New York?", chiese lui, stupito.

Karen alzò gli occhi al cielo e intervenne, cullando il piccolo che ora piangeva apertamente: "Oh, sai com'è, Archibald, anche se ormai saremo fuori dal giro per un bel po', la compagnia Stradford si muove e ogni tanto ci sono degli eventi a cui partecipano gli attori". Incrociò il sopracciglio alzato di Terence e si affrettò ad aggiungere: "E gli ex attori".

"Quindi a quel punto sarete costretti a uscire allo scoperto e a dare la bella notizia ai giornali", commentò Archie roteando la forchetta in aria con un sorriso.

"Sì", fece Karen.

"No", ribatté Terry nello stesso momento.

Annie si portò una mano alla fronte, mormorando un "oh, no" che per fortuna passò inosservato.

"Scusate, mi allontano per allattare questo piccolo mangione!", intervenne Karen, provvidenziale, e la discussione cadde momentaneamente lì.

Mentre Archie tornava alla sua carne stringendosi nelle spalle e lei affondava il cucchiaio nella zuppa, Terence sorseggiò il vino, poi tornò a guardarli.

"Candy ha inviato una lettera a Karen, qualche mese fa, ma poi non abbiamo avuto più notizie. Sapete come stanno lei e Albert?".

Quella domanda interruppe il loro pasto e tre paia d'occhi s'incrociarono. Seri, consapevoli.

"Voi... avete saputo...?", iniziò Archie con tono mesto.

Lui annuì, muovendo il bicchiere con un movimento lento e circolare, guardando il liquido rosso come ipnotizzato: "Sapete anche voi com'è Candy, non vuole mai far preoccupare nessuno, ma Karen si era accorta della sua gravidanza, benché al nostro matrimonio fosse solo allo stadio iniziale e quando lei le ha scritto chiedendole come procedesse... beh, non ha potuto farle a meno di raccontarle il triste epilogo", spiegò.

Annie sospirò: "Con me si è sfogata perché sono come una sorella, ma mi ha anche detto che stava superando il brutto momento grazie ad Albert e persino alla zia Elroy".

"Candy è una combattente e anche un'infermiera, sono certa che la ritroveremo serena come suo solito", sopraggiunse Karen tenendo il bambino appoggiato alla spalla, battendogli piano sulla schiena per fargli fare il ruttino.

Di nuovo, Annie si commosse e si ripeté che doveva parlare con Archie della possibilità di avere un figlio.

"Quindi andrete a trovarla", s'intromise Archie prendendo in mano il suo bicchiere.

Annie ricominciò a sudare freddo: "Beh, mi sembra evidente! Ti pare che vanno a Chicago senza farle visita?", disse guardando significativamente la coppia.

"Già, e dovrete anche presentarle questo giovanotto! Karen, pensi che possa tenerlo un pochino io?".

Annie si ritrovò a guardare suo marito con il bimbo, dapprima piangente e poi tranquillo fra le braccia. Lo fissava con una tenerezza tale che capì subito quanto sarebbe stato felice di dirle di sì.

In cuor suo, sperò che tutto sarebbe andato per il meglio: per loro, per Candy e anche per Terence e Karen e per la loro carriera futura. Quell'incontro e quel viaggio sembravano davvero l'inizio di una nuova vita per tutti.

- § -

- § -

- § -

Angolo dei commenti:

Cla1969: Tutto si sistema piano piano. Aahahahaah, di Patty abbiamo avuto uno scorcio, mentre George... è sempre lì, discreto ma presente ;-)

Ericka Larios: Incredibilmente si sono scambiati i ruoli: Albert e Candy, che hanno persino dormito in un letto a castello, hanno atteso le nozze, mentre Annie e Frannie hanno rotto gli schemi! La zia Elroy vuole solo godersi la vecchiaia e i nipoti che verranno, adesso ;-)

Elizabeth: Le cose si stanno assestando per tutte le nostre coppie, chi più, chi meno. Cosa ci riserverà il futuro?

Charlotte: Infattiè proprio vero! Tutte le coppie sembrano formate e tutti sono a diversi gradi di felicità e realizzazione! Sono tanto carini Candy e Albert quando scherzano tra loro, vero? Awwwww!