Attenzione: questo capitolo contiene una scena dai contenuti piuttosto espliciti

Festa a sorpresa

Candy uscì dalla cucina ridendo e dando ai cuochi e alle cameriere le ultime istruzioni perché la festa a sorpresa per la laurea di Archie fosse esattamente come la voleva Annie.

Nonostante la stanchezza per i giorni di lavoro alla Clinica Felice, che aveva ridotto a tre alla settimana, le lezioni della zia Elroy su come controllare la casa le stavano tornando davvero utili. Adesso sapeva come organizzare un evento perché fosse all'altezza del loro nome e come contattare gli invitati nel modo in cui si conveniva alla matriarca.

Certo, aveva dovuto scrivere solo a Patty, Terence e Karen e pochi altri, ma la verità era che, quando tornava alla Casa di Pony, alle volte Miss Pony, Suor Lane, Tom, Jimmy e tutti gli altri la riconoscevano a malapena finché non decideva di arrampicarsi su un albero con suo marito o di mettersi a correre a piedi nudi sull'erba.

Era diventata una vera signora, anche se aveva ancora molto da imparare, eppure non aveva perso il suo spirito libero e giocoso, un po' come Albert che sapeva concludere affari importanti con uomini del calibro di Rockfeller, ma anche mettersi a giocare con bambini e animali senza curarsi dell'etichetta.

Era quella la loro forza: rimanere sempre loro stessi.

Mentre tornava in camera, pensò che i momenti difficili non erano mancati. Così come le risate, con suo marito aveva condiviso il dolore e le lacrime per la perdita del loro primo bambino, di cui avevano sognato l'arrivo per settimane, prima che accadesse l'impensabile.

Era stata per giorni in una sorta di limbo, divisa tra senso di colpa, dolore e desiderio di rimanere da sola senza riuscire nemmeno ad aggrapparsi ad Albert: temeva di condurlo verso un'ulteriore sofferenza, come se non potesse provarla anche standole lontano, e di non riuscire a contenere la propria.

Invece, piangere fra le sue braccia e condividere i dolori al pari delle gioie, proprio come si erano promessi ancor prima di fidanzarsi, era stato l'unico modo per cominciare a rivedere la luce.

Il ricongiungimento con Albert aveva coinciso anche con la prima conversazione davvero intima ed emozionale con la zia Elroy che, certamente provata da quell'evento almeno quanto loro, aveva capitolato e aveva bussato discretamente alla porta della sua stanza quando sapeva che era sola e Albert al lavoro.

Il ricordo di quel pomeriggio le s'insinuò nella mente senza il suo permesso.

"Candice, posso entrare?". La voce della zia Elroy dietro alla porta la stupì. In realtà, a parte Albert, Candy non aveva molta voglia di vedere altre persone, ma la lasciò entrare per educazione.

Per la prima volta in vita sua, la zia sembrava a disagio e si sedette su una poltrona accanto al letto, come se si sentisse di troppo. Quel gesto e quella postura la incuriosirono e la distrassero dal proprio dolore e Candy si ritrovò a chiederle se voleva un tè o una tisana: il salottino attiguo era ben attrezzato e l'unica stanza cui si poteva accedere da lì era quella di Albert, che lui aveva utilizzato solo durante quei giorni difficili.

La donna scosse la testa e si mise a tormentare l'orlo del proprio vestito: "Candice, so che io e te non abbiamo mai avuto modo di parlare molto, se non di buone maniere e del modo migliore di trattare con la servitù", disse senza guardarla, un leggero velo di sudore che le imperlava la fronte nonostante fosse inverno e il caminetto ancora spento.

"Zia Elroy", tentò lei.

"Ciononostante voglio che tu sappia che sono ben consapevole sia del tentativo di Eliza di nuocerti che della sofferenza che ha attanagliato te e mio nipote durante il periodo in cui eri senza memoria. Non credevo che un giorno mi sarei vergognata di quella che credevo una nipote, al pari di suo fratello Neal, e che invece... sarei stata orgogliosa di te, la moglie di mio nipote". La voce della zia era carica di emozione e Candy sentì un nodo stringersi in gola, perché mai aveva udito da lei un tale trasporto e una tale sincerità. Persino quando l'aveva ringraziata per essersi presa cura di Albert, prima del loro fidanzamento, era riuscita a rimanere fredda e composta.

"Tu, Candice, hai sempre avuto un cuore nobile", continuò, "come se le tue origini modeste ti avessero indotta ad affrontare il mondo in maniera meno prevenuta, tirando fuori il meglio che solo poche persone hanno nell'animo. In questo sei molto simile al mio William... e anche a mio fratello, seppure lui fosse più ligio a certe regole".

Candy assecondò il desiderio della zia di aprirsi e mormorò solo un timido "grazie", soffocando le lacrime che stavano già per traboccare dagli occhi.

"Candice", la chiamò a un certo punto, alzando su di lei gli occhi sorprendentemente lucidi: "anche io ho avuto un lutto come il tuo".

Quella confessione la colpì come uno schiaffo e lei la fissò con le palpebre spalancate: "Oh, zia...!". Non poteva dire altro.

"Sono stata sposata per qualche anno, ma Dio non mi ha mai concesso di essere madre. Poco dopo avere scoperto di aspettare finalmente il mio bambino, mio marito è morto in un tragico incidente e io l'ho perso per il dolore". La zia Elroy distolse lo sguardo, nascondendo il viso in un fazzoletto, e Candy non poté fare a meno di inginocchiarsi al suo fianco, stringendole una mano gelida tra le sue, dando libero sfogo alle lacrime.

Non si aspettava una cosa simile, non sapeva nemmeno se Albert ne fosse a conoscenza. Solo più tardi, parlandone con lui, scoprì che in effetti quella storia era stata appena accennata, come se parlarne poco servisse a rinchiudere il dolore nell'apparente maschera di freddezza della prozia.

"Non avevo che i miei nipoti e questo mi ha resa spesso iperprotettiva ed eccessivamente severa. Ma oggi posso dire di avere trovato in te un'altra nipote, e bada che non lo dico perché condivido con te questa croce, ma perché sento che è la verità". Mentre piangeva, Candy sentì la mano tremante della zia Elroy sul capo e volse su di lei lo sguardo.

"Zia, mi dispiace, mi dispiace tanto. Non sapevo che anche tu...". Quell'improvvisa confidenza non parve darle fastidio e la donna le sorrise, negli occhi brillavano nuove lacrime.

"Figlia mia, una donna nasce per soffrire: spesso è costretta a sposare un uomo che non ama, poi deve mettere al mondo dei figli e talvolta è destinata a vederli morire. Ma se è forte e affronta il suo avvenire con coraggio, può anche essere felice e io sono certa che tu e William avete tutte le carte in regola per donarvi reciprocamente la gioia. Un giorno sarai madre e lui padre, mentre io sarò di nuovo prozia e il cerchio si chiuderà. Sii forte come sei sempre stata e goditi la fortuna di avere tuo marito al tuo fianco".

Aveva pianto con la zia Elroy per lunghi minuti, prima che lei decidesse che era abbastanza e la lasciasse di nuovo sola con i suoi pensieri.

Ciò non aveva lenito la paura, né la sofferenza, e c'era voluto del tempo prima che Candy accettasse di arrendersi di nuovo alla possibilità di mettere al mondo un altro figlio.

Tirando fuori il vestito che avrebbe indossato, Candy si posò una mano sul ventre già arrotondato e decise che era passato un tempo più che sufficiente. Nascondere ad Albert la sua gravidanza era stato complicato, specie quando le nausee mattutine rischiavano di diventare evidenti: ma doveva dire che i suoi impegni lo portavano ad alzarsi quasi sempre così presto che non aveva avuto tempo di accorgersi del suo malessere.

Quando il dottor Martin glielo aveva confermato, tre mesi prima, aveva pianto in preda alla gioia, alla speranza e al terrore. Andare al lavoro era stato terapeutico per lei, perché la rassicurava ogni mattina in cui poteva farsi visitare e le dava il coraggio per affrontare la giornata a casa con meno timori.

Per assurdo, era durante i suoi giorni liberi che stava più in ansia e aveva dovuto inventare decine di scuse con Albert per non arrampicarsi più sugli alberi ed evitare attività pericolose nei boschi, ma fortunatamente la stagione rigida e gli impegni di lavoro erano stati provvidenziali.

Stavolta andrà tutto bene, me lo sento. Deve andare bene. Dopo la festa glielo dirò.

Quella sera avrebbe rivisto Annie, Archie, Patty, Terry e Karen e il calore della sua famiglia le avrebbe dato forza ulteriore per andare avanti con la sua vita. Se Dio avesse voluto, entro la primavera dell'anno successivo avrebbe avuto fra le braccia il figlio suo e di Albert.

- § -

Archie era senza parole.

Aveva capito che qualcosa bolliva in pentola nel momento stesso in cui Annie gli aveva proposto di andare a Lakewood a trovare Candy e Albert, che si trovavano lì per una breve vacanza.

"Tesoro, magari vogliono stare da soli, saremmo di troppo!", aveva protestato mentre lei già si cominciava a truccare e a sistemare i capelli.

"Oh, Archie, dopo un anno che non li vediamo saranno contenti di rivederci, ne sono più che sicura!", aveva risposto lei con noncuranza.

Da quando aveva messo piede al Cancello delle Rose, tutto gli era parso strano: il silenzio che sembrava avvolgere la villa, le lanterne che erano state posizionate di proposito per illuminare il giardino fino all'entrata e persino Annie che aveva aperto la porta principale correndo all'improvviso davanti a lui, senza neanche bussare.

Lo aveva fatto lentamente, sporgendosi dentro come per sincerarsi di qualcosa, quindi l'aveva spalancata ed era entrata camminando all'indietro: lo avevano accolto un boato, della musica e persino alcuni palloncini!

Gli abbracci e la gioia per il loro ritorno si erano mescolati alle congratulazioni per la sua laurea e lui si era ritrovato, commosso e un po' imbarazzato, a rivedere tutta la sua famiglia riunita. Persino gli occhi della zia Elroy erano luminosi e più morbidi quando guardava Annie: "Mi sono sbagliata sul suo conto tanto quanto mi sbagliavo su Candice. Potrai mai perdonarmi, figliolo?", aveva detto con voce leggermente tremante.

Archie si era limitato a rimanere stupito e a stringerla in un abbraccio, prima che Albert dicesse loro che era tempo di danzare e non di piangere.

Così, mentre ballava con la zia Elroy, Archie passò in rassegna le altre coppie: i padroni di casa sembravano volteggiare in un mondo tutto loro, parlando con quella complicità che solo gli anni e l'amore sincero riescono a indurre. Dai gesti e dal labiale si rese conto che stavano proprio discutendo di quanto fosse riuscita bene quella festa, ed era sicuro che lui le stesse facendo i complimenti.

Annie stava ballando con George, sempre impeccabile con il suo completo scuro e i baffi ben curati, ma con in viso l'espressione rilassata dell'uomo d'affari che non abbia preoccupazioni: sperava di poter affiancare lui e Albert quanto prima.

I suoi genitori sembravano più affiatati di un tempo e, nonostante pensò di averli fatti penare non poco con la sua decisione di sposarsi lontano da casa, mentre ancora stava studiando per giunta, sapeva che lo avevano già perdonato e adoravano Annie.

Ma chi lo lasciò più sorpreso fu Patty. Parlando brevemente con Candy aveva scoperto che Duncan era solo suo amico ma, chissà per quale motivo, aveva pensato bene di chiedergli di accompagnarla in quel viaggio assieme ai suoi genitori. Sapeva che avevano stabilito di consentire agli ospiti di portare chi volessero, ma non avrebbe mai immaginato che Patty portasse un ragazzo.

Annie gli aveva parlato di lui, perché nelle sue lettere la ragazza le aveva confidato di aver trovato in Duncan una persona speciale con la quale sperava di poter aprire di nuovo il suo cuore. Anche se non avevano mai approfondito l'argomento, Archie si sorprese ad essere sinceramente felice per lei: per quanto il ricordo di suo fratello fosse sempre presente in lui, non voleva certo che Patty rimanesse ancorata alla sua memoria per tutta la vita. Sospettava comunque che Candy e la stessa Annie avessero insistito un po' con lei perché lo portasse a Lakewood per conoscerlo, adducendo al fatto che non ci fosse nulla di male se erano compagni di università.

E, se fossero stati fiori, sarebbero sbocciati.

"Permette, signora Ardlay?", la voce da perfetto gentiluomo di Terence fece terminare il suo turno di ballo con la zia, che passò con grazia tra le braccia del mancato Duca di Grandchester chiedendogli come si fossero conosciuti con Candice e William.

"Auguri!", sillabò mentre lui gli rivolgeva un sorrisetto contrito, forse rendendosi conto che si era appena messo nei guai da solo.

"Abbi cura di mia moglie e non stringerla troppo", lo apostrofò allontanandosi e lasciandogli Karen in quel valzer morbido.

Entrambi alzarono gli occhi al soffitto: "È sempre così geloso o solo quando partecipa a un ballo?".

"Oh, non sai cosa ha fatto quando il medico mi ha portata in corsia perché stavo per partorire! Pretendeva di entrare e ha persino fatto appello al nome che aveva rinnegato!", ribatté lei roteando le pupille con fare tragico.

Archie scoppiò a ridere: "Immagino la scena! A proposito, dove avete lasciato il piccolo?".

"Candy ha predisposto delle tate che se ne occupino e che mi vengano a chiamare se reclama troppo: ha pensato davvero a tutto", disse accennando a lei, che stava alla loro destra sempre allacciata ad Albert.

Stava per ribattere qualcosa sull'efficienza di Candy, quando nella sala calò il silenzio: le coppie si erano voltate per guardare qualcuno che entrava e i musicisti si fermarono all'improvviso.

Annie, che stava ballando con Duncan e intrattenendo con lui una conversazione che gli era apparsa, per il breve momento in cui li aveva scorti, più una sorta di interrogatorio, si portò le mani alla bocca come se non potesse credere ai suoi occhi.

Archie lasciò ricadere pesantemente il braccio con cui stava tenendo Karen per il fianco ed ebbe una reazione molto simile.

I signori Brighton erano appena entrati.

Lanciò un'occhiata allarmata a Candy, che sorrideva in preda a un'evidente emozione e capì. Capì che era intervenuta, intercedendo per lei e probabilmente aprendo il suo grande cuore ai genitori di Annie perché perdonassero la loro unica figlia.

Fu sua madre a fare qualche passo esitante verso Annie, per poi avvicinarsi a lei con decisione e chiuderla in un abbraccio che ricambiò con fervore, cominciando a piangere e a chiamarla, come avrebbe fatto una bambina piccola.

Con gli occhi che gli bruciavano per quel momento così intenso, Archie si accorse che anche il signor Brighton stava incedendo e avvolgendo tra le sue, di braccia, la moglie e Annie, in un quadro familiare così perfetto che partì un applauso spontaneo, pieno di lacrime e di sospiri commossi.

"Tieni, ragazzo sensibile", disse Karen facendolo sussultare. In mano aveva un fazzoletto e glielo stava porgendo, ma anche lei si stava asciugando gli occhi con il dorso della mano.

"Grazie, non mi serve", disse altezzosamente, guadagnandosi un'occhiata perplessa.

Passato il momento commovente, i signori Brighton si avvicinarono a lui e Archie si ricompose, irrigidendosi.

"Io...", cominciò, pronto a difendere il loro matrimonio senza remore. Ma non ce ne fu bisogno. Il padre di Annie gli diede una vigorosa stretta di mano e la signora accettò il suo educato baciamano.

"Perdonatemi se vi interrompo", intervenne Albert posandogli una mano sulla spalla, ma volendo includere tutti in quel gesto: "Se volete parlare con calma, in biblioteca ci sono poltrone e bevande già predisposte. Potete accomodarvi quando desiderate".

Da perfetto padrone di casa, Albert li scortò nella stanza e li lasciò soli. Lì, Archie si accorse che non c'era bisogno di grandi spiegazioni perché era tutto molto lineare e semplice: i Brighton si erano resi perfettamente conto che la loro figlia era in una fase di ribellione che non riuscivano più a controllare, tanto che aveva preso una decisione drastica.

"Sono sincera, non credevo che vi amaste al punto da sposarvi in segreto... no, Archibald, lasciami finire. So che Annie è stata quella che ha preso l'iniziativa, ma non puoi negare che, alla fine, questa decisione l'avete presa insieme. C'erano molti motivi per i quali io e mio marito non eravamo d'accordo con questa unione, alcuni che riteniamo ancora validi, altri che forse avevano bisogno di una riflessione ulteriore...". Sospirò, guardando Annie che le sedeva accanto sul divano che stavano condividendo.

Lui, seduto sulla poltrona di fronte a loro, si sentiva quasi un estraneo, ma era un pensiero davvero sciocco, perché in realtà tutto si stava sistemando alla velocità della luce.

"Archibald, Annie...", intervenne il signor Brighton, "ormai non ha più importanza, perché siete sposati davanti a Dio e noi vogliamo bene alla nostra Annie", disse abbracciandola. "Non nego che siamo stati molto in collera con lei e che non sapevamo cosa fare. Candice... la signora Ardlay, che un giorno di tanti anni fa volevamo adottare, ci ha aperto gli occhi, aiutandoci a comprendere che ci sono cose più grandi e importanti dell'etichetta e della buona creanza. E non nego che vedo questi motivi riflessi nei suoi e nei vostri occhi".

Annie si alzò, cambiando posizione e raggiungendolo e lui fece altrettanto, prendendole le mani e guardandola negli occhi. Ora gli sembrava che tutto fosse davvero al proprio posto: "Io amo sinceramente vostra figlia, e anche se non vi ho chiesto in via ufficiale la sua mano... vi domando il permesso di continuare a renderla felice per il resto delle nostre vite", disse serio, rivolto a entrambi.

I due coniugi si alzarono a loro volta, guardandosi negli occhi e poi fissando loro con un sorriso: "Dovrai vedertela con me, giovanotto, se non rendi felice la mia bambina!", disse il signor Brighton con tono fermo, facendolo quasi sudare freddo.

E mentre il ghiaccio finiva di sciogliersi, Archie ringraziò mentalmente Candy, Dio e chiunque avesse contribuito a risolvere una questione che sembrava destinata a rimanere complicata e spinosa. E giurò che avrebbe davvero reso felice Annie. Ogni giorno della sua vita.

- § -

Albert si slacciò il papillon e i primi bottoni della camicia, togliendosi la giacca e lasciandola scivolare su una sedia, mentre Candy provvedeva ad allentare i polsini del suo abito rosso a motivi floreali che aveva sognato di toglierle per tutta la sera.

Le discussioni riguardanti la bella serata e il ricongiungimento di Annie con i suoi genitori si erano esaurite: ora erano di nuovo, solamente, Candy e Albert nell'intimità della loro stanza.

E, infine, venne il momento tanto agognato nel quale lei, proprio come aveva fatto con il suo abito da sposa mesi prima e come faceva ogni sera quando lui era in casa e nessuna cameriera saliva in camera per aiutarla, si voltava con il viso verso di lui dandogli la schiena, le mani protese sui bottoni in una chiara richiesta di supporto.

In due passi, mentre si apriva ulteriormente la camicia, la raggiunse e cominciò con quel compito delizioso, facendole scivolare l'abito ai piedi in un bisbiglio e cominciando ad adoperarsi con i lacci del corsetto subito dopo: "Non sei troppo stanca, stasera?", le sussurrò avvicinandosi all'orecchio.

Era da qualche tempo che, nonostante la ritrovata intimità, sua moglie si addormentava prima del solito. Se lui rientrava tardi, addirittura, la trovava già nel mondo dei sogni e in un paio di occasioni aveva preferito usare la stanza attigua per non svegliarla.

Albert sapeva che per sua moglie tornare alla normalità dopo quanto le era accaduto era stato un processo lungo e doloroso e l'aveva vissuto assieme a lei con pazienza e amore, ma da un po' gli sembrava che le cose fra loro fossero di nuovo regredite. Candy preferiva fare l'amore con lui in modo totalmente diverso, tanto che, dalla fine di quella primavera, gli aveva permesso di entrare in lei solo un paio di volte.

Aveva cercato di chiederle cosa ci fosse che non andava, se avesse dolore, se fosse ancora triste per la perdita del loro bambino, ma lei aveva sempre dato risposte vaghe, cercando di distrarlo con le sue carezze e con gli approcci totalmente nuovi che avevano imparato a sperimentare insieme.

Gli rimanevano mille dubbi, ma non voleva insistere, né forzarla, pur se spesso si ritrovava a pensare che si sarebbero meritati una seconda luna di miele per ritrovare una connessione che stava già vacillando.

"No, amore mio, non sono stanca. Stasera ti desidero... completamente", disse lei con voce roca, voltandosi a fronteggiarlo e lasciando cadere il corsetto, incollandogli al petto il seno nudo e più pieno di quanto ricordasse.

Con gli occhi annebbiati dalla passione, Albert si rese conto che l'ultima pausa era stata piuttosto lunga e non era sicuro che avrebbe mantenuto pazienza e sanità mentale per molto, specie dopo quelle parole. Nonostante adorasse i modi estrosi con cui avevano imparato a darsi piacere a vicenda, gli mancava terribilmente perdersi in lei fino a toccarle l'anima.

Cercando di essere più tenero possibile, fece scivolare le mani sul seno di Candy, strappandole un lungo gemito di assenso. Sì, erano decisamente più... pieni e non capiva se dipendesse dalla golosità di lei che nell'ultimo periodo era aumentata fino a farle divorare anche due fette di torta in un solo pasto o dal desiderio a lungo represso che esaltava ogni sensazione.

La liberò della sottoveste e della biancheria intima con gesti lenti e calcolati ma, quando la depose sul letto e la vide nuda e pronta per lui, quasi si strappò di dosso i propri vestiti.

"Volevo farlo io", disse lei, imbronciata, mentre Albert le si posizionava accanto.

"Troppo tardi", disse rauco sul suo collo, circondandole la vita con il braccio sinistro e abbracciandola da dietro, spingendosi contro di lei per sentire la morbidezza delle sue curve contro il proprio corpo che fremeva in attesa.

Anche se dentro di lui la passione gli gridava a gran voce di averla subito e completamente come lei aveva suggerito, Albert si prese tutto il tempo per accarezzarla come era solito fare, girandola verso di sé solo dopo aver percorso con la mano la strada infuocata che dai seni scendeva sulle cosce, le gambe, le caviglie, per poi risalire fin dove lei s'inarcava per indicargli che era più che pronta per lui.

Allora, appoggiandosi su un gomito e sovrastandola, ricominciava il viaggio da capo usando anche le sua labbra, partendo dalla bocca, proseguendo sul collo morbido dove sentiva pulsare il sangue come impazzito per poi catturare il seno.

"Albert, non farmi più aspettare", lo supplicò interrompendo la discesa che lo aveva portato a tracciare piccoli cerchi con la lingua intorno al suo ombelico.

Alzò la testa, sbattendo le palpebre per guardarla: il viso arrossato, il respiro accelerato e le labbra socchiuse, stava allungando le braccia per stringerlo contro di sé. E chi era lui, per non accogliere quella supplica tanto accorata?

Si posizionò su di lei con cautela, senza interrompere il contatto visivo, indugiando laddove voleva solo entrare con un'unica spinta: "Sei sicura...?", domandò tra gli ansiti.

Per tutta risposta, lei gli afferrò i fianchi con le gambe e concluse la loro unione strappandogli un gemito strozzato e spazzando via incertezze, dubbi e domande.

Fu sorpreso di sentirla stringersi attorno a lui e sussultare solo dopo poche spinte, invocando il suo nome mentre gli affondava le unghie nella schiena. Colto alla sprovvista da quell'urgenza e da quella passione dopo tanti mesi di titubanze, Albert si lasciò andare, concedendosi di raggiungere il proprio, esplosivo piacere nel corpo della moglie senza trattenersi oltre.

"Candy", disse quasi in un ringhio, perdendosi poi in gemiti sconclusionati mentre tutto il suo essere veniva risucchiato e rilasciato in lei.

Incredibilmente, mentre era ancora scosso dai suoi stessi spasmi, avvertì chiaramente l'estasi di sua moglie ripetersi e intensificò i movimenti per darle maggior piacere. Esausti e allacciati in quello che forse era stato il loro abbraccio amoroso più breve da quando si erano sposati, ripresero una respirazione normale solo dopo alcuni minuti.

"Dovremmo organizzare ricevimenti del genere più spesso", disse con voce ancora roca, scostandole dalla fronte un ricciolo sudato.

Lei si mise a ridere, rovesciando la testa all'indietro: "Sì, sono d'accordo, ma ti assicuro che non è stato il ballo a rendermi più... intraprendente, stasera".

Alzò un sopracciglio: "Ah, no?", chiese carezzandole una spalla e puntellandosi su un gomito per guardarla.

Lei scosse la testa, sul viso un'espressione dolce e sorridente: "No, è perché finalmente sono serena, Albert, e posso dirti il mio piccolo segreto".

Lui rimase in silenzio, guardandola e non capendo: "Un segreto, amore mio?".

"Mi dispiace che in questi ultimi mesi non siamo stati... molto uniti, ma avevo un valido motivo per... per... voler stare attenta", cominciò.

La gola gli divenne all'improvviso secca, mentre la comprensione scendeva su di lui come una luce accecante: "Candy, vuoi dire che tu... sei...?".

Il sorriso si allargò sul viso di sua moglie, gli occhi verdi ora brillavano come il diamante che le aveva regalato per il loro fidanzamento: "Sì, amore mio. Ormai sono incinta di più di tre mesi e non ci sono pericoli. Tutto va a gonfie vele".

D'impulso, l'abbracciò seppellendo il volto nell'incavo del suo collo, ponendole una mano sul ventre: "Ma perché non me l'hai detto prima?! Diamine, avrei evitato... avrei capito... Candy, dovevo saperlo!".

Lei lo staccò gentilmente per guardarlo, accarezzandogli il viso e i capelli: "Non potevo... non volevo illudere me stessa e te. Non di nuovo. Volevo essere sicura e nello stesso tempo continuare ad essere tua moglie".

Mentre le asciugava le prime lacrime con un movimento leggero del pollice, Albert sentiva i suoi stessi occhi riempirsi delle proprie: "Capisco, tesoro, ma avremmo potuto affrontarlo insieme, parlarne, fare... maggiore attenzione". La voce si stava incrinando e lui deglutì forte. Era felice, confuso, spaventato e colmo di nuova speranza.

"In realtà il medico mi ha detto fin dal primo giorno che bastava attendere un solo mese per sicurezza, ma io sono stata eccessivamente prudente ed è per questo che... insomma, mi sono inventata... lo sai...". Nonostante le lacrime, Candy ridacchiò e lui fece altrettanto, baciandole la fronte.

"Credevo fossi ancora riluttante per quel motivo, amore mio. Per questo non volevo forzarti più di tanto. Da oggi in poi, però, devi essere sempre sincera con me e non parlo solo dell'aspetto fisico. Ricordi? Dobbiamo condividere tutto, anche i timori", le disse riprendendo il controllo delle proprie emozioni, ma sentendosi esplodere il cuore in petto dalla gioia.

"Te lo giuro, Bert. Mi dispiace aver fatto di testa mia, ma ora sono certa che andrà tutto bene. E se avrò paura te lo dirò e tu sarai qui per tranquillizzarmi, vero?".

"Certo, certo amore mio. Grazie per...". Credeva di aver recuperato la fermezza, ma il nodo in gola lo tradì e la voce gli si spezzò: "... per avermi fatto questo dono. Ne avremo cura ogni giorno e presto lo terremo fra le nostre braccia".

E mentre Candy gli posava sul viso madido di lacrime le dita tremanti per asciugarle amorevolmente, Albert capì quanto la sofferenza per la perdita del loro primo bambino e la felicità per l'arrivo del secondo miracolo lo avessero invaso oltre ogni sua aspettativa. Nonostante tutto, la maschera di freddezza che ricostruiva per mantenere l'equilibrio poteva spezzarsi con estrema facilità quando era con Candy.

E, davanti a lei, non si vergognava di mostrarsi fragile ed emozionato tanto quanto non aveva problemi a mostrarsi nudo. Nel corpo, come nell'anima.

Quando sentì sua moglie singhiozzare sul suo petto, Albert capì che era il momento di tornare a sorridere e, passandosi una mano sugli occhi, disse quello che aveva in mente già da un po': "Ora capisco perché il tuo seno sembrava più... grande".

Lei alzò il viso bagnato su di lui. Non piangeva più e sembrava oltraggiata: "Vuoi dire che di solito è... piccolo?", chiese.

"No, Candy, certo che no, ma non puoi negare che la differenza si vede. Beh, si sente anche". Divertito, la vide asciugarsi gli occhi con il polso e tirarsi a sedere per saggiare da sola quella parte del suo corpo.

Vederla fare quel semplice gesto ebbe il magico potere di eccitarlo di nuovo: "In effetti hai ragione", ammise pizzicandosi i capezzoli e quasi strappandogli un gemito, come se lo avesse fatto lui stesso: "E sono anche più sensibili".

Si morse il labbro inferiore, roteando gli occhi su di lui. Non c'era bisogno di altre parole ma, mentre riprendevano, con più calma e dedizione, da dove avevano lasciato, Albert le soffiò in un orecchio: "Faremo molta più attenzione, ma non smetteremo di amarci".

E amarsi fu quello cui si dedicarono per buona parte della notte.

- § -

- § -

- § -

Angolo dei commenti:

Sandra Castro: Carissima, purtroppo si tratta di eventi molto più frequenti di quanto si possa immaginare, e all'epoca anche di più. Per quanto riguarda Annie è certamente nervosa, ma comincia già a guardare al futuro, soprattutto dopo l'incontro con Terry e Karen. Albert e Candy sono in questo capitolo e, come vedi, hanno superato il momento... alla grande!

Ericka Larios: Lo so, sono stata brutalmente realista, ma volevo far capire che la vita non è sempre tutta rose e fiori e occorre superare anche le difficoltà più crudeli insieme. Con questo capitolo, però, si riaffaccia la speranza ;-)

Charlotte: So quanto possa colpire quello che è successo a Candy, ma volevo anche essere realista come cerco di fare in tutte le mie storie: e purtroppo accadono anche di queste cose... Bella la riunione tra le altre due coppie, vero? Sono contenta che ti sia piaciuta! Aahahhaha, Karen è sempre stata un po' sopra le righe, non c'è che dire XD