12 luglio,

Qual è la missione che può risultare più difficile per la maggior parte delle persone? Se io ponessi questa domanda così, in mezzo alla strada, in qualità di intervista a gente presa sul momento, colta di sorpresa senza che potesse avere avuto il modo di pensarci o prepararsi psicologicamente, sono certo che la maggior parte di loro mi darebbe la stessa risposta. Magari guarderebbero un attimo verso il cielo, forse per terra, un sospiro di rammarico precederebbe ciò che avevo sempre pensato, erroneamente, io stesso fino a poco tempo fa. La più difficile delle missioni è realizzare i propri sogni. Quasi nessuno ci riesce e, chi lo fa, viene considerato come una specie di essere sovrannaturale o un miracolato. Molto spesso questo individuo, inizialmente molto ammirato ed amato, finisce per essere isolato dagli altri. Logorati dall'invidia, tendono a mascherare questo sentimento da ingiustizia subita direttamente sulla sfera personale. Questo "fortunato", divorato dal dolore di trovarsi terra bruciata intorno e dalla solitudine, finisce per diventare arrogante. Non si tratta, però, di una reale aggressività, ma piuttosto di un meccanismo di difesa messo in atto per non soccombere alla depressione.

Ma non si tratta di fortuna. Colui che riesce a realizzare i propri sogni lo fa solo perché è riuscito a capire veramente sé stesso e ad accettarsi per quello che è. Ha imparato ad ammettere i suoi limiti, le sue caratteristiche, i campi in cui eccelle e quelli per cui, al contrario, non è portato. Ha imparato a perdonarsi gli errori e, perché no, anche i difetti, senza sforzarsi di continuo di assomigliare a qualcun altro o apparire diverso da quello che è. La persona che realizza i propri sogni procede sicura e a testa alta, perché avere dei difetti non significa essere sbagliati, come non può mai essere un errore il modo di essere unico e irripetibile che ha ognuno di noi.

Sasuke, seduto alla sua scrivania, richiuse il diario sorridendo. Aveva deciso di tenerne uno il giorno in cui Itachi era andato a convivere con Kisame. Nonostante fosse immensamente felice per suo fratello, era accaduto tutto così in fretta dopo la cena che aveva organizzato lui stesso al fine di riunire la famiglia, che aveva temuto di cadere preda di una delle sue solite voragini di vuoto e solitudine. Ma stavolta non era accaduto.

Essere soli e sentirsi soli, per quanto possano sembrare dei meri sinonimi, sono in realtà due fatti ben distinti e contrapposti.

Dentro di sé, Sasuke aveva sempre sempre saputo che da Madara ci sarebbe stato da imparare. Come da chiunque abbia sofferto e attraversato una vita difficile, d'altronde.

Da circa tre mesi viveva per conto suo tuttavia era tutt'altro che solo. Bastava alzare il telefono per avere la compagnia e i consigli del suo amato Nii – san, i sorrisi e l'affetto della famiglia, il calore degli amici.

Aveva deciso di tenere un diario, sì, ma fino a quel giorno ne aveva scritta solo una pagina e non era neanche certo che avrebbe continuato a farlo in futuro. Nonostante si fosse accorto di non avere bisogno di sfogarsi con un pezzo di carta, Sasuke aveva ritenuto necessario fissare quelle parole. Si trattava del percorso che lui stesso aveva fatto a partire da quella festa di Capodanno a cui li aveva invitati Nagato e dove aveva per la prima volta parlato con Itachi dell'incidente. Aveva imparato ad amare e che di amore ne esistono addirittura molti tipi diversi. Adesso Sasuke sapeva cosa significhi avere degli amici, contare su di loro, fidarsi delle persone che hai accanto e che non è necessario fare tutto da soli. Aveva visto con i propri occhi che lui era una persona degna del bene degli altri e che, contrariamente a quanto aveva sempre pensato, esistevano tante persone che gliene volevano e anche tanto. Era sempre stato lì tutto questo, davanti a lui, solo che, preso dai suoi sentimenti di vuoto e sensi di colpa, ne era rimasto completamente cieco. Aveva i suoi limiti, i suoi difetti e i personali modi di gestire le cose come tutti e, nonostante tutto ciò, non gli mancava niente. Una volta compreso questo, la realizzazione dei sogni aveva fatto breccia nel suo cuore come se una dolce melodia potesse sfondare un muro di cemento armato. Capire sé stessi è tutt'altro che facile, però rimane fondamentale per raggiungere una vita felice e soddisfacente. Comprendere sé stessi passa anche attraverso il capire cosa non vogliano, significa anche saper dire di no.

Il vero me non era morto. Non lo è mai stato. Gli altri non ci ricordano perché siamo perfetti, lo fanno per le nostre particolarità. Addirittura sono esse che permettono a qualcuno di innamorarsi.

Le parole sul diario erano importanti, avrebbero potuto essere di immenso aiuto ad altri in futuro. Rappresentavano una chiave essenziale che molti non riescono a trovare, il segreto per portare a termine la più difficile delle missioni.

Molti di questi accadimenti così tanto desiderati erano andati talmente oltre le sue aspettative da generargli quasi paura. Sasuke ancora aveva avuto la sensazione di poter mandare in frantumi una gioia appena afferrata, così grande e inaspettata da avere timore di non saperla gestire.

Devo solo essere me stesso, niente di più e niente di diverso.

Questo aveva pensato quando Genma propose a lui e Hinata un incarico molto differente dal solito. Si trattava di fare da modelli per gli studenti dell'Istituto Artistico che stavano affrontando l'esame di Maturità. La prova di disegno era, per loro, la più importante. Con tutte le persone che lavoravano nell'agenzia di Genma, Sasuke si era chiesto perché avesse scelto proprio lui che ormai aveva scalato la carriera fino ad arrivare a posti abbastanza alti. Dal momento che sia Izuna che Neji erano stati assunti pur non avendolo programmato, era stato scelto comunque lui che di solito partecipava a sfilate o set fotografici anche fuori città.

Hinata. Non l'aveva più vista dal giorno in cui aveva accompagnato Izuna a fare il colloquio. Sasuke non le aveva mai parlato, non conosceva la sua voce. L'ultima immagine che lei aveva avuto di lui era la sua faccia imbarazzata mentre il cugino lo richiamava dalla porta, e la camicia mezza sudata. Era trascorso circa un mese da quel giorno e non avevano più avuto modo di incontrarsi. Sasuke non aveva potuto scordare quei capelli neri dai riflessi blu che sembravano prestare le onde al finto mare, la pelle bianca su cui rimaneva attaccata la sabbia brillante, il corpo a clessidra, una rarità che in poche fortunate hanno.

Beh, ci sarà un motivo perché fai la modella…

Sasuke deglutì in sella al suo moto scooter mentre si prendeva il vento in faccia. Anche se non aveva dimenticato Hinata la sua vita, sia personale che lavorativa che andava a gonfie vele, gli aveva impedito di soffrire troppo per la sua mancanza. Aveva fatto sì che non si logorasse in mille domande o sensi di colpe per non essersi impegnato di più a cercarla.

Ci rivedremo, pensava Sasuke in modo ottimista.

Fino a quel momento. Da quando Genma gli aveva fatto quella proposta le sue gambe erano diventate molli e una sottile angoscia gli si era insinuata in mezzo al costato. Non aveva sorriso, non aveva fatto commenti, solo un va bene con il viso più pallido che mai. Ecco che era tornato quel freno che sembrava legargli le mani impedendogli di disintegrare quella gioia appena sfiorata.

Lei non sa niente di me. Se vorrà ricordarmi lo farà soltanto attraverso quelle particolarità che sono solo mie. Devo mostrarle il vero me, che c'è di difficile?

Intanto era giunto nei pressi dell'Istituto Artistico, la curva che fece per entrare nel parcheggio gli diede la sensazione di volare. La scuola pareva essere deserta, Sasuke udiva i suoi passi rimbombare nel corridoio principale. Il cigolio delle suole delle sue Converse nere di pelle sulle mattonelle rosse e lucide gli stava dando sui nervi. Si ricordò in un baleno come fosse stato un suono che aveva adorato un sacco da piccolo, tanto che spesso aveva fatto stridere le suole di proposito. Tuttavia non aveva mai potuto superare la bellezza dello scricchiolio del parquet delle scale di casa. Infatti non era il suono in sé a disturbarlo, piuttosto quella sensazione di essere abbandonato a sé stesso. Genma gli aveva ordinato di recarsi lì ma poi non aveva trovato nessuno ad accoglierlo e a spiegargli dove dovesse andare e cosa dovesse fare. Sasuke sbuffò stizzito giusto un attimo prima che lo squillo del telefono lo inchiodasse immobile.

Sasuke, vieni nell'aula di pittura in fondo al corridoio, siamo già tutti qui.

Il breve messaggio di Genma poteva anche essere un rimprovero per il suo ritardo, alla fine nel testo scritto, non essendoci il tono della voce, è altamente probabile cadere in qualche incomprensione. Genma avrebbe potuto anche fargli la peggiore rimbrottata del mondo ma niente gli avrebbe impedito di sentirsi sollevato e di sorridere.

L'aula di pittura era così spoglia e vasta che anche il minimo suono veniva amplificato da un terribile effetto hangar. Due grandi finestre si trovavano in posizione strategica, sul davanti, per illuminare i soggetti che gli studenti avrebbero dovuto ritrarre. Le pareti pitturate di giallo chiarissimo, non avevano nessun tipo di decorazione. Una cattedra che aveva l'aria di essere sempre deserta data l'assenza di oggetti, libri e documenti. Una cinquantina di studenti, a dir poco, si stavano posizionando dietro le loro tele impazienti di iniziare. Sasuke si sentì preda degli sguardi di diverse ragazze, una in prima fila arrossì, un ragazzo poco dietro ridacchiava.

"Finalmente, Sasuke, dai, andate subito a spogliarvi" Genma non aveva rinunciato ai suoi due vizi principali nemmeno quel giorno, gli incisivi stavano massacrando un lungo e sottile filo d'erba. Probabilmente si era sforzato di entrare nella scuola senza niente tra i denti e poi, all'ultimo secondo, aveva ceduto alla tentazione. La bandana era azzurra stavolta, non intonata alla camicia che invece era arancione acceso. Oppure aveva voluto creare il forte contrasto di proposito.

Hinata era là, al suo fianco, avvolta dalla cascata di luce che entrava da una delle grandi finestre. Il sole sembrava donarle un'aura splendente. Indossava un vestitino blu a fiori che riusciva a mettere in evidenza la forma perfetta del suo corpo. La vita sottile fasciata da una spessa cintura elastica nera, le spalline sottili, una profonda scollatura per evidenziare il seno sodo e formoso. La gonnellina corta svasata per accogliere la linea dei fianchi. Vedendo arrivare Sasuke, La ragazza incurvò labbra in un dolce sorriso, gli occhioni celesti si erano assottigliati nell'espressione. Ruotando leggermente i piedini verso l'interno in un gesto involontario, aveva fatto aderire le ginocchia. Sasuke era rimasto letteralmente senza respiro, la sua bocca si era aperta in un'espressione da ebete, le risatine degli studenti ora si udivano chiaramente.

"Dannazione, Sasuke, che ti prende? È una scena di nudo, su avanti!"

Gli studenti ridanciani adesso non facevano più niente per frenarsi.

Il rimprovero di Genma aveva fatto tornare il moro alla realtà, fece appena in tempo a scorgere Hinata mentre si avviava negli spogliatoi alla destra della stanza. Lui si affrettò a dirigersi vero quelli di sinistra, se Genma avesse insistito con le sue battutine il rossore non sarebbe più scomparso dalla sua faccia probabilmente per anni.

E così non ho ancora sentito la tua voce…

Dopo essersi tolto i vestiti, Sasuke guardò il suo corpo statuario e perfetto nello specchio dello spogliatoio. I pettorali e gli addominali d'acciaio sebbene non esagerati, le natiche strette e sode. Qualche vena era visibile appena sotto la pelle candida nei pressi delle clavicole e sulle braccia. A lui bastava veramente poco per essere tonico, pochi esercizi e sessioni di corsa tre volte a settimana. Lui e Itachi erano rimasti sorpresi quando circa a diciotto anni aveva sorpassato il maggiore sia di altezza che di massa diventando sempre più simile a Madara. Izuna, invece, per quanto fosse somigliante a lui di viso, fisicamente era sottile come Itachi anche se non così flessuoso.

Questa fortuna durerà poco, se voglio mantenerla anche in là negli anni sarà meglio che mi iscriva in palestra.

Sorrise pensando che il suo amico Kisame lo avrebbe accolto a braccia aperte. Tuttavia adesso c'era altro da fare, sospirò mentre il sorriso gli scompariva dal viso perfetto. Avrebbe visto Hinata completamente senza vestiti ancora prima di averla sentita parlare. Lei, dal canto suo, se lo sarebbe ritrovato davanti del tutto nudo senza conoscere come sarebbe stata la sua immagine priva di qualunque espressione ebete sulla faccia. Sasuke avanzò totalmente sicuro di sé davanti alla schiera degli studenti.

Ridacchiate pure quanto volete, vorrei vedere voi se foste al mio posto.

Come se avessero letto i suoi pensieri, stavolta nella grossa aula non volò una mosca. Hinata ancora non era arrivata. Sasuke si sedette su un angolo della cattedra spoglia, il piede destro appoggiato a terra, l'altro sulla gamba del tavolo. I grandi occhi neri scrutavano con fermezza la sala. Scosse la testa per togliersi i ciuffi corvini dagli occhi attirando involontariamente l'attenzione di una biondina in prima fila, prima rimase immobile per qualche secondo per poi abbassare gli occhi sulla tela imbarazzata.

Un lieve fruscio alla sua sinistra, un vuoto d'aria, una distorsione del tempo; il moro non avrebbe saputo bene come definire quella sensazione. Non si trattava di un vero e proprio rumore, piuttosto di una vibrazione che incontrava direttamente la sua anima. Hinata avanzava piano nella sua direzione, i fianchi formosi seguivano elasticamente il movimento dei passi. Qualcosa brillò come una stella caduta in mezzo ai seni tonici. Un ciondolo a forma di goccia che Sasuke, sulle prime, non aveva notato, l'unico oggetto che la ragazza aveva sul corpo. Si era avvicinata abbastanza da permettere a Sasuke di sentire il suo profumo, il moro tremò come se si fosse scatenato un terremoto soltanto sotto ai suoi piedi e lui fosse stato l'unico ad accorgersene. Nonostante Hinata avesse i capelli neri e molto scuri, la sua pelle era chiarissima e i capezzoli rosa. Sasuke non riuscì ad impedirsi di guardare i peli pubici sapientemente rasati e lasciati nei punti giusti. Le natiche sode, ma contemporaneamente morbide di Hinata, si posarono dall'altro lato del tavolo sempre senza emettere il minimo rumore. Uno sguardo dolce sul viso, muovendo solo la testa posizionò i lunghi capelli sulla spalla destra a coprire uno dei seni in un falso pudore.

Successe l'irreparabile, quello che Sasuke temeva già dall'inizio. Fu costretto a stringere le gambe assumendo una posa sgraziata.

Voi donne siete fortunate, anche se provate certe sensazioni almeno non si vede niente!

Altre risatine rimbalzarono tra le pareti della stanza, nuovo rossore sulle guance del moro. Hinata sospirò con una nota di rimprovero negli occhioni celesti, gli studenti maleducati riabbassarono immediatamente le teste sui loro lavori. La ragazza si voltò subito dopo in direzione di Sasuke, lo sguardo addolcito, la testa reclinata nell'espressione più comprensiva del mondo. Si alzò dalla cattedra con le sue movenze aggraziate per venire a sedersi davanti a Sasuke. Hinata posizionò la sua testa in modo che quella parte del corpo sfuggita al controllo non fosse più visibile. Rimasero immobili finalmente un una posa magnifica, come una vera scultura, la loro pelle del colore del marmo accentuava l'effetto. Gli unici rumori erano le punte delle matite di coloro che avevano scelto questa tecnica, che ora graffiavano la carta.

Sasuke e Hinata non si accorsero di due occhi marroni, dall'espressione eternamente annoiata, che ora li stavano guardando sporgendo dallo stipite della porta. Un sorriso asimmetrico si allargava nel sapore della clorofilla spremuta da un lungo filo d'erba.

Sasuke, dopo essersi rimesso i jeans e la polo bianca, si era seduto sulla panca dello spogliatoio mandando un sospiro sconsolato. I gomiti sulle cosce, la fronte posata sulle mani, ciuffi di capelli corvini scendevano tra le dita mentre con le loro punte si premeva il cranio, le unghie divennero bianche.

Sono un idiota. Sei stata fantastica con me e io sono fuggito qui senza nemmeno ringraziarti. Senza salutarti o dirti una parola. Non conosco ancora la tua voce, con quale coraggio ti guarderò di nuovo in faccia?

"Sasuke, mi accompagneresti a casa? Genma è dovuto scappare, aveva da fare."

Una voce degna di un angelo, se Sasuke non l'avesse vista là, nel suo vestitino blu come i riflessi dei suoi capelli, appoggiata nella cornice della porta, avrebbe pensato che quel suono soave non fosse vero.

Il moro si alzò dalla panca, sapeva esattamente quello che doveva fare come se ora ci fosse un faro a guidare ogni suo movimento. Prese nella sua una delle delicate manine di lei, percorsero il corridoio guardandosi negli occhi senza staccarsi mai. Senza smettere di guardarsi, uscirono fuori nella luce accecante del sole estivo.

"Il mio mezzo è questo, mi dispiace ma al momento non ho altro" Sasuke sperò che Hinata non avesse paura a viaggiare su due ruote.

"Oh, ma è perfetto. Io ho sempre sognato fare un giro con un moto scooter ma purtroppo non ho mai conosciuto qualcuno che ne avesse uno. Lo trovo molto più intimo della moto vera e propria, tu che dici?"

Era sincera, si vedeva dal modo in cui si era illuminata tutta.

Sasuke sorrise prendendo i caschi da sotto la sella. Fu grato di averne sempre uno in più visto che a volte gli capitava di dover accompagnare Izuna o Itachi da qualche parte.

"E se invece di portarti a casa ti facessi assaggiare i migliori hot dog della città?"

"Come fai a sapere che li adoro?"

Lo scooter pareva essersi trasformato un una nuvola d'aria, Sasuke aveva la sensazione di volare galleggiando. Hinata lo aveva abbracciato da dietro, posandogli il mento sulla spalla destra. Dallo specchietto retrovisore Sasuke poteva vedere i capelli neri volare e il suo dolce sorriso.

Erano diretti in un locale costruito in stile anni Sessanta che serviva di tutto, ricche colazioni, dolci, panini, e ci si poteva tranquillamente cenare o fare soltanto aperitivi. Sasuke non ci metteva piede da una vita, ce lo avevano portato qualche volta Itachi e Shisui quando era ancora molto giovane, poi non ci era più tornato a causa della solitudine e della mancanza di amici. Tuttavia non lo aveva mai dimenticato. Il pavimento bianco e nero a scacchiera, bancone e tavoli di plastica tra il rosa sbiadito e il bianco con inserti tubolari in acciaio. Ogni tavolo era munito di flaconi squeeze di maionese e ketchup come usava all'epoca. Immagini di pin up e vecchie pubblicità di bevande appese alle pareti, dipinte su quadri di legno. Altre pin up disegnate sui posacenere che ogni cliente aveva in dotazione. Chi desiderava della musica la poteva avere azionando lo jukebox illuminato da neon multicolore. Le pareti, interamente fatte di vetro, si affacciavano direttamente sull'ampio cortile imbrecciato in cui crescevano diverse piante di tamerice. Persino le cameriere indossavano divise anni Sessanta in diversi colori pastello, Sasuke ne richiamò una da dietro le manopole di metallo della spina. La ragazza li raggiunse scivolando sulle mattonelle bianche e nere a bordo di pattini a rotelle, i capelli tagliati a caschetto di un rosa chiaro. Un cerchietto rosso, uguale al vestito, li teneva indietro scoprendo la fronte alta. Alcuni ciuffi più corti sfuggivano comunque a quella stretta svolazzando leggeri nell'aria smossa da un grande ventilatore. Il corpo magro e sottile. Si fermò davanti al loro tavolo con una morbida inchiodata, gli occhi verdi mandarono un lampo incontrando un raggio di sole attraverso l'ampia vetrata. Sakura era il nome che aveva appeso in una targhetta appena sopra il seno sinistro. Sasuke rimase stupito vedendo che tipo di hot dog ordinò Hinata, lo chiese farcito di quasi tutte le salse tranne una sola, quella alla cipolla che non le piaceva.

Risero a crepapelle mentre Hinata aggiungeva ancora della maionese dal flacone che aveva sul tavolo, Sasuke aveva sempre pensato che le modelle fossero fissate eternamente con la linea. Questo lo rese ancora più felice di aver trovato una ragazza con cui avrebbe vissuto gioie altrimenti negate con altre. Persino la sua risata riusciva ad essere discreta e delicata, il moro si perdeva negli occhi celesti come fossero frammenti di cielo.

Ho perso tanto nella mia vita, sono stato il peggior nemico di me stesso per un sacco di tempo, ma tu sei giunta come un angelo per restituirmi ogni cosa. Vivrò in pieno la mia felicità senza temere il domani, non voglio rimpianti, mai più.

Dal momento che un gruppo di ragazzi aveva monopolizzato lo jukebox da mezz'ora buona, Sasuke decise di approfittare delle canzoni scelte da loro. Avevano messo un lento dopo una serie di pezzi rock.

"Vuoi ballare?" Sasuke si alzò in piedi tendendo la mano a Hinata.

Lei era arrossita mettendosi la punta di due dita sul timido sorriso, poi, quella stessa mano, era stata tesa verso Sasuke. Scivolavano sulle mattonelle a scacchi come se fossero soli in un modo sospeso a mezz'aria, Sasuke con le mani sulla vita di lei, Hinata gli stringeva le spalle appoggiandogli la testa su una spalla. Una mamma con un bambino che stava alla cassa, li aveva guardati sorridendo mentre il suo piccolo li indicava col dito. Due giovani cameriere con la divisa verde e celeste, si erano fermate al lato del bancone abbassando i loro vassoi di metallo. I ragazzi che avevano manovrato fino a quel momento lo jukebox, si erano ammutoliti di colpo voltandosi d'istinto verso di loro. Sakura li osservava sorridendo da dietro le manopole della spina. Hinata volteggiò in una piroetta sulla fine del brano prevedendo perfettamente la sua conclusione, un applauso si era levato all'unisono da tutto il locale. Loro non ci fecero caso continuando a guardarsi negli occhi.

"Io non ho ancora voglia di tornare a casa, adesso tocca a me farti assaggiare qualcosa di buono." Hinata aveva appoggiato il suo naso a quello perfetto di un sorridente Sasuke.

Il moro si era fatto guidare da quella piccola mano attraverso la passeggiata di tamerici, i sandali neri di Hinata si stavano impolverando sulla ghiaia, ma non importava. Sasuke trovava infinitamente belle quelle aiuole circolari fatte di pietre a secco, avrebbe trovato magnifica qualsiasi cosa.

Sembra che io non abbia mai usato gli occhi fino ad oggi.

Hinata lo aveva portato a gustare un rinfrescante yogurt con una cascata di succose amarene intere, erano rimasi seduti nella veranda del bar fino a che il tramonto non aveva iniziato a spruzzare il cielo di arancio. Restarono ancora a godersi i bellissimi colori che cambiavano progressivamente, fino al blu intenso.

"Se ancora non ti va di tornare a casa, puoi venire da me."

Hinata aveva espresso mille parole solo con un sorriso. Felicità, desiderio, la vita che cambia completamente nell'arco di poche ore; sensazione che Sasuke conosceva bene. Gli era accaduto un sacco di volte, sia in negativo che in positivo. Già all'età di otto anni, era stato costretto a capire che non è scontata nemmeno la compagnia dei genitori. Non lo è quella dei cugini e gli amici vanno coltivati con impegno per non rischiari di perderli. Tuttavia, nonostante tutto questo, non si poteva mai dire cosa aveva in serbo il futuro. Se é vero che la vita più essere stavolta in un attimo a dispetto di tutti gli altri che ci passano accanto indifferenti, molto spesso ciò accade in modo positivo.

Uscendo di casa quella mattina, non capendo il motivo per cui Genma gli avesse assegnato un incarico del genere, Sasuke non avrebbe certo immaginato che quella casa rivestita di legno stava per dire addio di nuovo alla solitudine.

Ero solo ma non mi sentivo solo. Ora non sono neanche più solo.

Sasuke non si preoccupò se i caschi lasciati cadere a terra potessero lasciare delle ammaccature sul parquet, non si pose nemmeno il problema di cosa avrebbe potuto indossare Hinata dopo che le ebbe strappato le sottilissime spalline del vestito. Il blu scivolò leggero ai suoi piedi lasciando scoperto il bianco della pelle e la lingerie di pizzo. Sasuke era libero di perdere il controllo quanto voleva, ora, mentre la baciava stringendosi al corpo la via sottile. Le mani del moro si erano riempite della natiche formose della ragazza. Sasuke conosceva così bene la casa, che riuscì a condurla in salotto senza aprire gli occhi, ballavano senza musica, ora. La polo bianca di Sasuke era rimasta a metà strada. Si staccò dal bacio solo per stendersi sul divano, la visone di Hinata gli veniva incontro, ancheggiava con i fianchi formosi. Il moro si lasciò scappare un gemito quando lei gli si accomodò a cavalcioni facendo aderire le sua natiche all'erezione ancora imprigionata nei jeans. Si chinò su di lui per baciarlo ancora, i seni si appoggiarono alla base del suo collo. Le vene già evidenti di Sasuke, si gonfiarono ancora nell'eccitazione crescente. Lasciava condurre completamente Hinata che, con movimenti eleganti ed esperti, gli slacciò i pantaloni per sfilarglieli. Il moro, da sempre taciturno con tutti su determinate cose persino con Itachi e con gli amici, non avrebbe mai immaginato di poter trovare qualcuno capace di centrare perfettamente quelle che erano le sue fantasie più profonde. Hinata si era infatti addrizzata a sedere facendolo scivolare dentro di lei. La sua carne bianca era incredibilmente bollente, con i fianchi morbidi assecondava le spinte che dava Sasuke, le mani del moro affondavano nelle cosce diafane. Vedeva i seni di Hinata sobbalzare, le sue natiche sollevarsi per ricadergli addosso ritmicamente mentre lei stessa gemeva inarcandosi all'indietro. La vista di Sasuke si annebbiò, non poteva resistere a quello che aveva sognato da praticamente tutta la vita, sentì come se il sangue gli abbandonasse il corpo insieme al piacere. Hinata aprì gli occhi celesti prima di stendersi accanto a lui, erano lucidi, le guance arrossate. Rideva felice come avvolta dalla luce.

Le parole non servono, possono solo creare incomprensioni e imbarazzo, quello che sono capaci di dirsi le anime in maniera diretta non dovrà mai temere tutto questo.

Hinata, che aveva posato la testa sulla spalla di Sasuke, gli posò un bacio sul collo prima di girarsi, sollevata su un gomito, per guardarlo negli occhi: "sono certa che ti starai arrovellando sul motivo che ha spinto Genma a darci un incarico del genere, oggi. Lo so che non te lo saresti mai aspettato."

"Se devo essere sincero, non ci pensavo nemmeno più."

Era vero. Se Hinata ora si trovava tra le sue braccia, se era arrivata per restare per sempre in quella casa, era tutto merito inconsapevole del manager.

"Avevamo organizzato tutto, io e lui. D'accordo come i migliori fuorilegge."

Sasuke la guardava tra l'incredulo e il divertito.

"Beh, visto che non ti decidevi, abbiamo pensato che la scena di nudo con me ti avrebbe smosso sicuramente."

"Per la miseria, che mascalzoni!"

Sasuke l'abbracciò ridendo come non aveva mai fatto in vita sua. Il dolore di un bambino privato della sua infanzia, gli era finalmente defluito fuori dal corpo. Le cicatrici sarebbero rimaste, ma avrebbe permesso solo alla gioia di entrare, da ora in poi. Se avesse commesso degli errori in buona fede lungo questo percorso, pazienza.

No, il passato non deve mangiarsi il nostro futuro.