Grazie dei commenti a Charlotte, MariaGpe22, Cla1969, Ericka Larios, Mary Silenciosa, Eydie Chong, Dany Cornwell: sono contenta che a molti piaccia il modo in cui narro gli eventi e in queste righe che leggete cerco di condensare considerazioni che derivano comunque dai vostri commenti, anche se non sono uno per uno. Candy sta per tornare! Wow, che succederà?! Posso sentire quanto vi abbia toccato il loro breve ma intenso dialogo al telefono! Di certo, Albert da parte sua, non si lascia ammorbidire troppo da Lilian, intanto. La povera zia Elroy, alla fine, ha avuto questo triste epilogo (grazie per aver apprezzato la narrazione!) e i nostri amati protagonisti si dovranno vedere in circostanze MOLTO complicate. Candy che si accorge del tempo della gravidanza di Lilian? Possibile, ma lei la nasconde anche molto bene. E Lilian che si infuria per l'eredità di Candy? Possibile anche questo, potrebbe diventare pericolosa anche nei suoi confronti? E se leggesse il diario di Albert? Quasi meglio che non accada...


Se sarai vento, canterai
Se sarai acqua, brillerai
Se sarai ciò che sarò
E se sarai tempo, ti aspetterò
Per sempre

Se sarai luce, scalderai
Se sarai luna, ti vedrò
E se sarai qui, non lo saprò
Ma se sei tu, lo sentirò

Ovunque sarai, ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai, io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò

Se sarò in terra, mi alzerai
Se farà freddo, brucerai
E lo so che mi puoi sentire

Dove ogni anima ha un colore
Ed ogni lacrima ha il tuo nome
Se tornerai qui, se mai, lo sai che
Io ti aspetterò

Ovunque sarai, ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai, io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò

Io ti ascolterò

Se sarai vento, canterai

(Irama - Ovunque sarai)


Partenza

Torna, ti prego, resta accanto a lui. Albert ha bisogno di te, devi salvarlo!

Candy si svegliò di soprassalto, sedendo di scatto sul letto; il sudore le scendeva a rivoli sulla fronte e il cuore accelerava sempre di più affannandole il respiro.

Si passò le mani tra i capelli e accese la luce sul piccolo comodino per controllare l'ora: erano da poco passate le quattro del mattino e la sua nave sarebbe partita entro circa tre ore.

Portandosi una mano al petto per cercare di riprendere il controllo, gemendo come se avesse corso, di colpo comprese che non era la prima volta che faceva quel sogno: le era accaduto proprio nel giorno della morte della zia Elroy e quella consapevolezza le trasmise un brivido gelido lungo la schiena.

Candy rinunciò a riaddormentarsi, aveva tutti i sensi all'erta come non le era mai capitato in vita sua, considerando che amava dormire fino a tardi. La sensazione di pericolo divenne più forte e non riuscì a rimanere a letto, così si alzò per andare in cucina a prendere un bicchiere d'acqua.

Mentre lo sorseggiava seduta al tavolo, tentò di razionalizzare l'accaduto: si trovava a miglia di distanza da casa, dopo la triste separazione dall'amore della sua vita; cercava di tenere lontano il dolore lavorando anche più di quanto avesse fatto a Chicago e di certo era stanca ed esaurita, magari si alimentava anche in maniera insufficiente; e aveva ricevuto il triste telegramma che le comunicava della morte della zia Elroy.

Il sogno l'ho fatto il giorno in cui è morta, prima ancora di riceverlo. E la zia sembrava disperata mentre mi diceva quelle parole...

Candy si alzò lentamente dalla sedia, posando il bicchiere vuoto nel lavello prima di far scorrere l'acqua. Fuori dalla finestra, il mondo era buio e nuvoloso, nemmeno la luna era visibile tra case e alberi.

Da quando era diventata superstiziosa? Non aveva mai creduto a fatalità simili e, soprattutto, Albert non poteva aver bisogno di lei.

Devi salvarlo!

Certo, di sicuro l'amava e soffriva per la sua perdita, ma era anche un uomo che sapeva essere resiliente e affrontare le avversità della vita a testa alta. Stargli accanto, anzi, gli avrebbe solo reso più difficili le cose. E salvarlo da cosa, o da chi? Prima di partire lei stessa aveva avuto il dubbio che Lilian fosse una donna pericolosa, a suo modo, visto quello che doveva aver fatto. Ma Albert era adulto e in grado di affrontare persino leoni feroci, ricordò con dolore.

Molto probabilmente, se davvero la zia aveva comunicato con lei in un modo che aveva del soprannaturale, lo aveva fatto solo per dare loro una possibilità che non esisteva.

"Cara zia Elroy, questo forse era il tuo desiderio? Ti sei resa conto, infine, di quanto ci volessimo bene?". Da fuori, le rispose il borbottio cupo e lontano di un tuono: sperava solo che la nave potesse salpare senza problemi e che la pioggia non fosse stata troppo forte.

Candy volse le spalle alla finestra e accese la stufa per avere acqua calda per una doccia: avrebbe approfittato di quel risveglio per fare i suoi preparativi con più calma e ricontrollare la propria valigia. Osservò gli utensili della cucina che aveva comprato quando era arrivata in Francia e valutò se portarli o lasciarli lì.

Mi serviranno al mio ritorno.

Non voleva trattenersi più del dovuto, soprattutto considerando che sarebbe stata ospite dei Brighton. Archie le aveva proposto, in una telefonata di qualche giorno prima, di occupare la sua solita stanza della villa di Chicago, ma le era impossibile anche solo pensarci: quella camera era stato uno dei doni di compleanno di Albert l'anno precedente e non aveva la forza di dormire lì, vedere luoghi noti e specialmente rischiare d'incontrarlo, anche se sapeva che viveva in periferia con Lilian.

Ma doveva essere forte, rimanere a testa alta e non vacillare nemmeno quando avesse rivisto lei al suo fianco. Non sarebbe stato facile, né indolore, però era la scommessa contro se stessa: se avesse potuto scegliere avrebbe rimandato questa prova di coraggio molto più tempo, tuttavia il destino aveva scelto per lei e non c'era nulla che potesse fare per cambiarlo.

Solo pochi giorni e me ne andrò. Mi dispiace, zia, so che Albert se la caverà in questa nuova vita... proteggilo sempre.

Mentre apriva l'acqua della doccia per verificare che fosse abbastanza calda, Candy pregò con tutto il suo cuore che la vita, da quel momento in poi, fosse più clemente con tutti.

- § -

Margaret aveva una missione: trovare Ethan e consegnarlo alle autorità.

Ordinò all'autista di portarla da Tailor's Gloves, dove sapeva che Lilian si faceva accompagnare quando andava a incontrare il suo amante, e decise che avrebbe fatto qualche ricerca. Mentre l'auto partiva si ricordò che William, a detta di sua figlia, la faceva seguire da lontano. Aveva sempre dato per scontato che la ragazza andasse in giro per negozi o a prestare opera di carità agli orfanotrofi poco prima di fare shopping.

Ma lei era sua madre e sapeva la verità, Lilian stessa le aveva confessato che aveva bisogno di vederlo, poco prima di sposarsi.

"Di' un po', hai idea di dove si recasse mia figlia quando la portavi al negozio nel quale stiamo andando?".

L'uomo alla guida sussultò e la guardò dallo specchietto: "No, signora, la maggior parte delle volte sostava nel negozio e poi si addentrava per le vie interne. Mi ordinava di attenderla fino a che non avesse finito le sue compere".

"E non l'hai mai vista entrare in una casa o... in un luogo diverso da quelli di cui stiamo parlando?".

"No, signora, come le dicevo io l'attendevo fuori oppure andavo a svolgere delle commissioni nei negozi che la signorina mi indicava".

Certo, non poteva rischiare di farsi scoprire dalla servitù. Ma io so che in uno di questi luoghi si nasconde il mistero e lo svelerò prima che Lilian possa commettere qualche sciocchezza.

Non sapeva se la sua macabra teoria fosse corretta, tuttavia le era bastato guardarli insieme in occasione dei funerali della matriarca per rendersi conto che Lilian e William erano moglie e marito solo sulla carta, come le aveva detto anche lei: se ne sarebbe accorto persino un cieco e non erano neanche tanto bravi a fingere.

Il patriarca aveva mantenuto un contegno che nemmeno il suo nipote più giovane era riuscito a emulare. Archibald Cornwell, al braccio della sua fidanzata, era ricorso più volte al fazzoletto e, mentre la bara veniva calata nella fossa, lo aveva visto persino singhiozzare.

Accanto a loro, c'erano anche dei parenti che, se aveva capito bene, erano i Lagan, venuti dalla Florida: forse li aveva incontrati anni prima a un ballo di gala. Nonostante la sua posizione un po' distaccata, aveva potuto cogliere persino delle parole di sdegno da parte di Archibald, che li rimproverava di essersi presentati quando ormai era troppo tardi.

Margaret non dubitava che fossero venuti fin dal sud America per accaparrarsi la loro parte di eredità e fare scena al funerale: il dolore della giovane Eliza era più finto delle lacrime che fingeva di tamponare discretamente nel suo fazzolettino bianco e Neil Lagan sembrava tenere il capo chino solo per non mostrare l'espressione fin troppo rilassata.

Non v'era sofferenza nemmeno sui volti dei due genitori dei giovani, però doveva ammettere che molte persone erano davvero preda della tristezza.

L'auto prese una svolta, immettendosi in una strada centrale, e Margaret osservò il dedalo di vie secondarie domandandosi se Ethan potesse trovarsi persino in uno di quegli scantinati. D'altronde, uno come lui era poco più di un figlio della strada.

Di nuovo, la mente andò alla figura rigida di Lilian ai funerali, che evitava persino di guardarla, e a quella non molto dissimile di suo marito: non c'era contatto fisico tra loro. Mentre i giornalisti scattavano le foto, a Margaret era parso che i due stessero uno accanto all'altra solo perché agli occhi della società erano sposati.

Quando si era avvicinata per fare le sue condoglianze a William, aveva avuto modo di vedere quanto fosse prominente il ventre di Lilian e non era riuscita a impedirsi di chiederle come stesse.

"Molto bene, grazie", era stata la sua risposta fredda.

Le mani intrecciate di Archibald e la signorina Brighton; la distanza minima ma abissale tra William e Lilian. I giornalisti non possono non averlo notato.

Eppure, sui quotidiani erano apparse foto discrete dedicate soprattutto alla tumulazione e si parlava in special modo della defunta matriarca, con accenni alla sua storia personale. La nuova matriarca sarebbe divenuta presto Lilian e lei non le avrebbe permesso di commettere errori.

L'autista parcheggiò la macchina esattamente dove si fermava quando accompagnava sua figlia: in un paio di occasioni era stata persino presente. Margaret scese e cominciò a studiare i dintorni: Taylor's Gloves aveva le vetrine che davano sulla strada principale, ma sapeva che doveva esserci perlomeno un'uscita sul retro.

Rifletté per qualche istante se entrare fingendo di voler acquistare qualcosa, magari chiacchierando con la commessa per farsi riferire eventuali conversazioni con Lilian, oppure girare direttamente l'angolo. Optò per quell'ultima possibilità, lasciandosi alle spalle il chiacchiericcio degli avventori che passeggiavano sulla via più larga: lì accanto c'erano anche un forno e una gioielleria, ma nella strada parallela meno affollata sorgevano altri negozi.

Camminando come una qualsiasi donna in vena di acquisti, si mise a scrutare le vetrine dove occhieggiavano abiti su misura, stoffe più o meno pregiate e persino una bottega artigiana che vendeva orologi. Margaret si accigliò, cercando di ricordare se Lilian avesse mai portato a casa uno di quegli articoli: forse si era fatta confezionare uno scialle dal negozio più grande alla sua destra, che aveva dei tessuti molto più belli, oppure aveva acquistato delle scarpe in quello alla fine della strada. Si accostò alla vetrina e ne individuò alcune che non sembravano affatto in linea con quelle che piacevano a sua figlia, né per design, né per colori.

Quella strada, inoltre, non era solo più stretta, ma anche più sporca e un barbone con un cagnolino sedeva sul marciapiede con il capo chino su un cappello lercio nel quale brillavano alcune monete. Un passante ne fece cadere dentro una con un tintinnio sonoro e l'uomo alzò il viso sporco e barbuto su di lui per ringraziarlo. Incontrò i suoi occhi per un breve istante e li distolse quando si rese conto che quelli del poveraccio stavano indugiando fin troppo nei propri.

Come poteva Lilian camminare per queste vie senza provare disgusto o persino paura?

Sì, Ethan doveva essere lì, in una di quelle abitazioni che sembravano cadere in pezzi e che sorgevano tra un negozio e l'altro: le facciate non riportavano la stessa cura delle botteghe, come se chi ci vivesse non avesse alcun problema a mostrare una casa con i mattoni in vista sotto all'intonaco scrostato o l'immondizia vicino alle scale di entrata.

Il problema principale era che non aveva idea di come cercarlo, perché non sapeva assolutamente quale fosse il suo aspetto. Poteva chiedere di Ethan che armeggiava con droghe e intrugli simili lei, una donna del suo calibro? No, certo che no, ma poteva mettere degli uomini di fiducia sulle sue tracce: doveva però avere l'accortezza di fare in modo che nulla trapelasse, se non la necessità di trovare quel ragazzo. Nessuno, neanche la servitù doveva sospettare che Lilian avesse una relazione con un soggetto così pericoloso.

Tornando sui propri passi, Margaret cominciò a pensare a una lista di persone che potevano essere discrete e non fare troppe domande: doveva agire prima possibile e in maniera pulita.

- § -

Due colpi veloci. Due più lenti. Quindi tre di fila.

Ethan alzò il capo di scatto e quasi fece cadere la provetta con l'assenzio: la nuova droga che simulava la morte gli stava fruttando un mucchio di soldi e, nelle sue più fervide fantasie, lo avrebbe reso tanto ricco che forse non avrebbero avuto neanche bisogno dei soldi degli Ardlay.

Si alzò e socchiuse la porta, scorgendo il suo basista vestito di stracci. Lo fece entrare con una smorfia, maledicendo la mancanza di una finestra vera e propria ma solo la presenza di una sorta di apertura rettangolare che dava sul marciapiede superiore sporco di immondizia e urina: il barbone puzzava come quelle due cose messe assieme, oltre che di sudore.

"Entra", lo invitò suo malgrado, prendendo una sedia sbilenca che avrebbe ripulito per bene poi.

"Hai qualcosa da mangiare?", esordì quando si fu accomodato.

Sospirando, Ethan andò verso la piccola dispensa, ne tirò fuori un vecchio barattolo di fagioli e glielo porse. Il sopracciglio inarcato dell'uomo gli indicò che si aspettava qualcos'altro e, guardando il soffitto esasperato, frugò in un pensile finché non ne tirò fuori una bottiglia di vino: non ricordava neanche perché l'avesse comprata.

"Ora va meglio", gracchiò lui mostrandogli un sorriso che mostrava la mancanza di almeno tre denti.

"Sbrigati a dirmi quello che devi, qui dentro non c'è più aria respirabile".

"Potresti prestarmi la tua doccia", propose quello ridacchiando mentre masticava rumorosamente e buttava giù il contenuto della scatoletta con un generoso sorso di vino. Si era appoggiato al lato del tavolo che non usava per lavorare e si ripromise di ripulire a dovere anche quello: nella migliore delle ipotesi, rischiava che gli avesse portato in casa i pidocchi o le pulci. O entrambi.

"Scordatelo. Allora?".

"Tua suocera ti sta cercando", annunciò emettendo subito dopo un rutto sonoro.

Ethan spalancò gli occhi, sconvolto: "Chi?!".

"Tua suocera, quella Marion... si chiama così? Me l'hai indicata una volta che è venuta nel vicolo con la tua ragazza". Non fu il fatto che sputacchiasse cibo mentre parlava o che si fosse già scolato mezza bottiglia di vino da due soldi a fargli risalire la bile su per lo stomaco. Fu la possibilità che la madre di Lilian stesse cercando di scoprire dove fosse che lo mise in allarme.

Lilian, una volta, gli aveva confessato di essersi fatta sfuggire il suo nome durante un litigio e si ritrovò a sudare freddo.

"Si chiama Margaret e non è mia suocera. Come puoi essere sicuro che cercasse proprio me? Magari stava solo guardando le vetrine...".

Con suo sommo disgusto, il barbone bevve direttamente dalla bottiglia prima di rispondere e ruttò di nuovo, facendogli salire un conato: un giorno, tutto questo sarebbe finito. Un giorno molto vicino.

"Guardava anche le case e le cantine e se n'è andata senza comprare nulla. Ehi, posso usare il tuo bagno?".

Imprecando a denti stretti e pensando che avrebbe dovuto dare fondo a tutte le sue riserve di saponi e disinfettanti, Ethan annuì, passandosi la mano tra i capelli. Mentre l'uomo profanava l'ennesimo angolo della sua piccola abitazione, si disse che forse, dopotutto, era ora di dire addio a quella topaia: se davvero Margaret lo stava cercando non poteva che togliere le tende. E subito.

Il mendicante uscì dal bagno allacciandosi la cinta logora e lui fece un verso colmo di ribrezzo: "Fai davvero schifo, lo sai?", proruppe.

Quello si stirò in modo plateale, mandandogli l'ennesima zaffata maleodorante. Sì, quella stanza non era da pulire, era da bruciare. O abbandonare. Esisteva ancora la possibilità di beccarsi la peste, negli anni Venti? Se era particolarmente sfortunato, forse sì...

"Ti sto aiutando, se preferisci chiedo al mio compare che sta sulla strada principale: lui riesce a farsi anche la doccia una volta al mese".

Ethan lo liquidò con un gesto e gli fece la domanda che gli premeva già da un po': "Hai contattato quel tiratore scelto?".

"Sì, dovrebbe darmi una risposta entro la settimana prossima...".

"Devo sapere al massimo domani se ha intenzione di collaborare, o ne dovrò cercare un altro!". Ethan aveva già individuato il giorno in cui avrebbe potuto assassinare William Ardlay: per sua fortuna, i giornali riportavano notizie che valevano oro.

Il barbone si sistemò i pantaloni e lo guardò puntandogli un dito contro, un po' barcollante: era ubriaco. "Ascoltami, ragazzo: stai chiedendo a dei professionisti di fare fuori uno degli uomini più in vista degli Stati Uniti, rappresentante di una famiglia potente e influente in America e persino oltreoceano. Nessuno è disposto a rischiare tanto per pochi soldi, mi capisci?".

"Ho messo sul tavolo ben quindici dollari. Non me ne posso permettere di più, capisci?", gli fece il verso. Non era del tutto vero, però non poteva neanche dare fondo a tutti i suoi risparmi: voleva far trovare a Lilian anche qualcosa per il bambino, quando si fossero rivisti, magari una culla...

"Ce ne vogliono almeno il doppio", ribatté con noncuranza l'uomo dando un'occhiata al barattolo di fagioli vuoto e afferrando la bottiglia. Se ne stava andando.

Lottando contro la nausea, Ethan si frappose fra lui e la porta: "Venti dollari, non uno di più, o la prossima volta che vieni non avrò nemmeno da mangiare per te".

Quello lo squadrò dalla testa ai piedi e sbottò in una risata catarrosa, soffiandogli in faccia un alito così mefitico che dubitò si trattasse di un uomo vivo: "E pensi che io possa fare qualcosa per convincere uno come lui a offrirti i suoi servigi a metà prezzo?!".

"Beh, ad esempio puoi comunicargli che io ho qui una medicina che potrebbe aiutarlo a dormire meglio. Non aveva ancora gli incubi sulla guerra?".

Il sorriso sbilenco sul volto lurido del barbone si allargò: "Conosci bene i tuoi polli, vero?".

"Mi tengo informato", fu l'unica risposta che gli diede, sorridendo a sua volta. Sapeva che colui che si faceva chiamare 'dita magiche' alla mano sinistra ne aveva solo quattro: ed era stato fortunato ad aver perso solo l'anulare nello scoppio di una mina difettosa.

"Diciamo che il suo incubo è quello di non potersi mai sposare, visto che non sa dove mettere l'anello", fece eco ai suoi pensieri lo straccione, ricominciando a ridere rumorosamente prima di essere colto da un accesso di tosse.

Nonostante la battuta, Ethan sapeva che il trauma della guerra aveva portato molti uomini nelle maglie della malavita e lui era deciso ad approfittarne. Dita magiche, nonostante il suo handicap, secondo i suoi informatori aveva una vista da aquila ed era in grado di maneggiare comunque un fucile di precisione e colpire una preda che si trovava a oltre cinquecento iarde*.

Con la promessa di venti dollari e di una generosa dose di droga dell'oblio, Ethan congedò il barbone pensando che alla formulazione di base doveva aggiungere qualcosa perché il suo tiratore scelto riposasse davvero bene.

Se fosse riuscito a togliere di mezzo il suo rivale, lo avrebbe aiutato a dormire molto, molto a lungo.

- § -

"Il bambino è già nella posizione corretta", disse Frank muovendo le mani sul ventre di Lilian, un rivolo di sudore che gli scendeva lungo la tempia. "Dovresti evitare di mettere troppi strati di stoffa, se stringi troppo rischi di sentirti male e di danneggiare anche lui".

"Devo farlo per forza o mi scopriranno!", sibilò la nipote mentre si rialzava a fatica dal lettino, puntellandosi sui gomiti.

Il medico si accigliò: se all'inizio di quella gravidanza la rotondità era appena accentuata, grazie anche alla scarsa alimentazione, ora il peso della madre e della creatura erano rientrati nella norma. Lilian era una donna che sarebbe entrata a breve nell'ottavo mese di gestazione.

"Ascoltami bene, il tuo bambino sta bene, ma potrebbe ancora spostarsi e rendere il parto difficile. Fai delle passeggiate, ma non stancarti ed evita quanto più possibile di stringere troppo. Prima o poi, tuo marito ti scoprirà comunque e io non so ancora come diavolo affrontarlo". Le mani, che stava lavando sotto il getto d'acqua del lavabo nello studio, cominciarono a tremare.

Frank afferrò l'asciugamano e attese che lei uscisse dal paravento.

"Non alzare la voce. Si trova qui fuori, a fare da sentinella, ogni volta che esco di casa mi segue come un'ombra. Devo fare il possibile perché non se ne accorga fino all'ultimo!". La nipote infilò le décolleté direttamente con i piedi. A breve, non avrebbe neanche potuto piegarsi.

In due passi, l'avvicinò per parlarle con tono basso ma urgente, sporgendosi quasi fin nel suo orecchio: "Un bel giorno di novembre arriverai qui in preda alle doglie e William Ardlay sarà preoccupato a morte, perché penserà che tu sia in anticipo di almeno due mesi, mi segui?". Gli occhi marroni di Lilian si piantarono nei propri e quasi vacillò: erano pressoché identici a quelli di Margaret. "Io non posso farti partorire da solo, avrò il sostegno di infermiere e forse altri colleghi e tutti, tutti si accorgeranno che il parto sarà a termine".

"Zio Frank", lo interruppe lei tra i denti, ma non la lasciò continuare.

"Mi sarà impossibile continuare a sostenere che il bambino è prematuro, a meno di non farmi additare come pazzo. Quindi, cara nipote, cadremo entrambi, ma con una differenza: io tenterò di far perdere le mie tracce prima che gli Ardlay possano farmi causa, anche se sono certo che mi seguiranno ovunque se vorranno rovinarmi. E a quel punto, avranno già scoperto il tuo inganno e io risulterò solo una vittima delle tue macchinazioni. La mia carriera... la mia carriera potrebbe essere comunque rovinata se non susciterò la pietà di tuo marito, capisci?!".

Ansimava, rendendosi conto che aveva sperato, fino all'ultimo istante, di avere una scappatoia che probabilmente non era mai esistita. Con tutta probabilità, sarebbe stato quasi meglio far parlare Margaret piuttosto che infilarsi in quel tunnel di bugie: la sua credibilità come medico ne sarebbe comunque uscita distrutta. Una parte di sé, però, aveva individuato in William Ardlay un uomo che leggeva nell'animo delle persone e, anche se non era disposto a umiliarsi, gli avrebbe fornito la propria versione dei fatti sperando di trasmettergli il dilemma nel quale era stato a sua volta incastrato. Non che si aspettasse piena comprensione, ma forse poteva sperare di continuare a esercitare la professione, anche se in un Paese lontano.

Ho contribuito a rovinargli la vita. Se avessi parlato subito, non si sarebbe mai sposato con Lilian...

Forse doveva andarsene adesso, magari spingersi fino in Africa come aveva fatto il patriarca degli Ardlay. Magari, se fosse riuscito a ricostruirsi una vita lì, aiutando i più bisognosi, anche se un giorno lo avessero trovato non avrebbero avuto cuore di troncargli la carriera.

Si rese conto di essersi preso la testa fra le mani, seduto su una sedia, in una postura disperata e Lilian si avvicinò con una mano sul ventre: "Non pensare di scappare, zio, o sbandiererò ai quattro venti che ti ho scoperto a fornicare con mia madre il giorno delle nozze!".

Si alzò di scatto, rovesciando la sedia, trattenendo un urlo per un soffio. La mascella contratta, il respiro affannato e gli occhi spalancati, Frank pensò di essere sul punto di schiaffeggiare sua nipote e strinse un pugno per trattenersi: era uguale a Margaret anche in quello. Poteva diventare diabolica e strappare le redini della pazienza anche all'uomo più tranquillo del mondo.

"Non ti azzardare a ripetere più frasi simili con quel tono, ragazzina! Tu non sai niente di me e tua madre e non ti premetto...".

"Allora raccontamelo tu, zio. Raccontami quante volte avete tradito il mio povero papà malato sotto il suo stesso tetto! Raccontamelo!".

"Cosa succede qui?". La porta si aprì e comparve William, interrompendo il momento teso. Ma i loro occhi non smisero di fissarsi, colmi di frasi e di urla, di armi verbali mai usate che però addensavano l'atmosfera intorno a loro come una nebbia fitta.

"Niente, caro, ho solo avuto uno scambio di idee con mio zio riguardo... beh, lo sai". E gli occhi di Lilian non si abbassarono, mosse solo un poco il capo in direzione dell'uomo, mentre Frank realizzava, con somma vergogna, che sua nipote gli aveva raccontato tutto.

I suoi passi in avvicinamento lo costrinsero a voltarsi.

"Lilian, ho assecondato fin dall'inizio questo tuo desiderio di farti visitare esclusivamente da tuo zio, ma alla luce di questi nuovi eventi vorrei che fosse ben chiara una cosa. Come ho avuto anche modo di dire a tua madre, sei una Ardlay e i vostri problemi familiari e personali non devono inficiare né con le basilari regole della buona creanza, né soprattutto con la salute di una creatura che deve ancora venire al mondo. Dottor Stevenson, mi aspetto da lei la stessa professionalità che mi ha dimostrato sinora".

Il tono era stato controllato e duro e Frank si sentì un bambino rimproverato. Non sopportava di perdere il controllo così, ma immaginò che anche William avesse avuto a che fare con qualcosa di simile, in quei mesi. Per quanto apparisse granitico, doveva aver accusato i colpi anche lui.

"Le chiedo scusa, signor Ardlay, la sedia è caduta mentre mi alzavo. Le assicuro che sono in grado di seguire Lilian senza problemi fino alla nascita del bambino".

No, no che non lo sono! Impazzirò prima e quando arriverà il momento dovrò fuggire il giorno stesso come un delinquente comune!

Il viso teso di Lilian gli suggerì che temeva potesse rivelare tutto in quel momento, cosa che gli era passata davvero per la mente di fare. Ma no, doveva riflettere con calma, anche se era certo che non sarebbe arrivato a una conclusione decente neanche se si fosse arrovellato notte e giorno.

"D'ora in avanti assisterò alle visite per accertarmene", concluse il patriarca prendendo sua moglie sottobraccio e lanciando a entrambi un'occhiata seria.

"Non c'è problema. Il prossimo controllo lo possiamo già fissare tra quattro settimane". Cercando di darsi un contegno, Frank raccolse la sedia e si mise a riordinare gli strumenti nell'armadietto.

"Tu sei d'accordo, Lilian?", chiese guardandola.

Incredibilmente, davanti a lui abbassò lo sguardo e rispose contrita: "Sì, mi dispiace. D'ora in avanti non rinfaccerò più nulla a mio zio".

William annuì e, mentre si congedava e uscivano, si sentì messo in mezzo a una sorta di commedia grottesca. Una recita sadica e pericolosa, della quale era attore riluttante e sempre meno preparato.

Cosa sarebbe accaduto quando il sipario fosse infine calato?


* poco più di cinquecento metri