Genere: AU, angst
Pairing: Per ora solo – 'solo' si fa per dire – SuxKa, SeixSu e FuxKa. Andando avanti potrebbero saltarne fuori altri, xò.
Rating : R tendente al Nc-17.
Note: Uhm... Beh, direi che questo è il tema del capitolo è "la mattina dopo", nella personalissima interpretazione della vostra Kemis, ovviamente. Come al solito mi ci vogliono i secoli, per postare il capitolo nuovo – scusate!! T_T – ma adesso che ho pure iniziato l'università, il tempo da dedicare alle fics è calato vertiginosamente. Ma non siate tristi. Intanto un capitolo nuovo è qua. E sperate – come me, d'altronde – che il prossimo arrivi il prima possibile.^^
Disclaimers: I personaggi sono delle Clamp. Io ci metto solo il mio tempo e la mia cattiveria nel trattarli.
~*Dusk an' Dawn*~
Presentata da Kemis
Parte 3
La sveglia sul comodino suonò puntualmente alle sette, come ogni giorno. Una mano uscì dalle coperte, cercando a tentoni di spegnerla. Alla fine parve rinunciare, limitandosi a buttarla a terra con una spinta.
«Bel modo di fare, complimenti.» mormorò Subaru, tirandosi su a sedere sul bordo del letto sbadigliando.
«Non riuscivo a farla smettere.» si giustificò Seishiro, affondando di nuovo la testa nel cuscino. «Stanotte abbiamo fatto dannatamente tardi. Dovevi proprio regolarla così presto?»
«Non devi andare a lavorare?» chiese l'uomo più giovane, guardandosi intorno per cercare dove Seishiro avesse buttato i suoi vestiti la sera prima quando lo aveva spogliato. Probabilmente erano rimasti di là in salotto.
«Se per una mattina non sono in clinica non redo che crollerà il mondo.» Il veterinario fece scivolare silenziosamente un braccio intorno alla vita del Sumeragi, facendolo stendere di nuovo accanto a sé. «Mi sembrava che anche tu non avessi programmi urgenti.» disse, iniziando a baciagli una spalla nuda risalendo lentamente verso il collo.
Subaru chiuse gli occhi, sorridendo. «Sì, ho un appuntamento nel pomeriggio per… consegnare le mie… ultime foto…» Le parole si trasformarono in ansiti quando le mani di Seishiro presero a scorrere sulla sua pelle, accarezzandolo nei punti più sensibili.
«Quindi nessuno si lamenterà se ci prendiamo una mattina per noi.» commentò il veterinario. «È da tanto tempo che non ti faccio le coccole come si deve.»
Il Sumeragi potè solo annuire. In quel momento la sua attenzione era decisamente altrove.
«Mi dispiace terribilmente per averti fatto soffrire, Subaru-kun.» sussurrò l'uomo contro la pelle morbida della sua gola. «Quella donna è stato solo un momento di debolezza, che però mi è servito a farmi capire che sei tu quello che amo veramente.»
«Ti amo… anch'io… Seishi… ro… san…» Seishiro sorrise, vedendo come gli occhi verdi del compagno, offuscati dal desiderio, si sforzavano di mettere a fuoco la sua immagine. Si chinò su di lui e catturò le sue labbra accondiscententi.
«Adesso che ci penso, però, non mi hai ancora detto dove sei stato ieri sera.» mormorò l'uomo più vecchio, rompendo il bacio e fermando per qualche attimo l'attività intrapresa dalle sue mani per permettere al compagno di rispondere.
Subaru rimase in silenzio per qualche lungo istante. «Strano, non riesco a ricordarmelo.» disse, aggrottando leggermente gli occhi.
Poi scosse la testa, abbracciando l'amante. «Bah, non importa. Se non me lo ricordo vuoi dire che non era importante.» sussurrò, prima di baciarlo con passione.
*****
A Subaru occorse più di un'ora per ritrovare il "Dusk an' Dawn", dato che la sera prima ci era arrivato per puro caso.
Erano quasi le cinque di pomeriggio quando finalmente tornò nel vicoletto secondario da cui Lucifer lo aveva fatto uscire.
Non aveva mentito a Seishiro quando gli aveva detto di non sapere cos'aveva fatto la notte precedente. Effettivamente, quando si era svegliato, non se lo ricordava affatto – anche grazie alle avances del compagno – ma prima dell'ora di pranzo era riuscito a rimettere insieme abbastanza brandelli di ricordi da sapere cos'era successo.
Stranamente, non ricordava pressocché nulla della prima parte della serata, ma rammentava quasi ogni parola che lui e Lucifer, anzi, Kamui si erano scambiati. Ricordava bene di come lo aveva trattato male al principio. Ricordava l'inaspettata comprensione del ragazzo e il suo aiuto. Era solo per merito suo se lui aveva smesso di fare l'idiota ed era tornato da Seishiro, chiarendo una volta per tutte la situazione e facendo pace.
Si sentiva molto in debito e voleva per lo meno ringraziarlo.
L'ingresso situato nell'oscuro vicolo secondario era aperto. Salì le scale, facendo bene attenzione agli scalini irregolari. Arrivato davanti alla porta esitò. E se fosse stato occupato? Oh, andiamo! si disse. Sono le cinque! Come può avere un cliente a quest'ora?!
Bussò.
Per qualche attimo non udì risposta. Attese in silenzio. Decise di bussare di nuovo.
«È aperto, entra pure.» La sua mano era ancora bloccata a mezz'aria. Tirò la maniglia ed entrò silenziosamente.
La stanza era semibuia, ma nonostante le tende tirate notò come fosse diversa dalla camera perfettamente ordinata in cui era stato. Il pavimento era ingombro di vestiti – Subaru riconobbe l'indumento accanto ai suoi piedi come la bella camicia che Lucifer indossava la sera prima – il letto era sfatto, e sulla piccola scrivania c'era una bottiglia di liquore vuota. Poi udì il suono di singhiozzi provenire dal letto. Avvicinandosi potè distinguere una sagoma sotto le lenzuola.
«Ieri sera l'ho fatto arrabbiare e lui si è vendicato.» La voce del ragazzo era roca e rotta dai singhiozzi. Una mano uscì da sotto le lenzuola e aprì le tende, innondando di luce la stanza. «Avrei bisogno del tuo aiuto per vestirmi e il resto, se hai un po' di tempo, altrimenti non importa.»
Subaru su rese conto che Lucifer pensava che fosse arrivata un'altra persona, che probabilmente stava aspettando. Tossicchiò imbarazzato. «Kamui-san, mi scuso per l'intrusione. Sono Subaru Sumeragi. Quello che hai aiutato ieri sera.»
Kamui abbassò le lenzuola e lo fissò sorpreso. «Sumeragi-san?» esclamò, stupito.
L'uomo, osservandolo, non potè far a meno di sgranare gli occhi. Come può essere lo stesso ragazzo bellissimo e seducente che ho conosciuto ieri?!
L'adolescente era in uno stato pietoso. Il suo bel viso era pieno di lividi – un occhio pesto così gonfio che stava quasi chiuso e un altro ematoma d'un rosso violaceo su un lato della faccia – e il naso malconcio era sporco di sangue secco. Le sue guance erano rigate di lacrime.
«Cosa ti è successo?» riuscì a dire dopo qualche istante di attonito silenzio.
Kamui sembrò ricordarsi improvvisamente di quali erano le sue condizioni. Si tirò frettolosamente le lenzuola sulla testa.
«Perchè se tornato? Finirai in un brutto guaio se ti trovano qui.» disse, tremando. «Vattene prima che ti scoprano.» Il ragazzo trasalì quando sentì il materasso piegarsi da un lato sotto il peso di un'altra persona. Non fece in tempo a protestare che le lenzuola vennero scostate dalla sua faccia.
Subaru gli sollevò il viso prudentemente, scostando le morbide chiocche indisciplinate – e alcune, si accorse con un moto d'irritazione, erano incrostate di sangue – per poter osservare meglio i lividi.
«Hai un taglio sulla fronte e anche il tuo naso ha bisogno di una controllata.» disse, con voce atona. «Dov'è la cassetta del pronto soccorso?»
«Lascia stare, tra poco dovrebbe arrivare un'amica che--»
«Non ho intenzione di andarmene e lasciarti in questo stato.» lo interruppe il Sumeragi. «Dov'è la cassetta del pronto soccorso?»
Dal suo tono di voce Kamui capì che era inutile protestare. Si tirò su a sedere a fatica, incapace di trattenere un gemito di dolore. Oltre a non aver usato del lubrificante, la sera prima Fuma lo aveva anche preso a calci nello stomano. Si sforzò di dominare l'ondata di nausea causata dal semplice movimento.
Allarmato dalla sua smorfia di dolore e dal modo in cui era sbiancato, Subaru cercò di farlo stendere di nuovo. «Dimmi dov'è, la prendo io.»
«Non la roveresti, l'ho nascosta per evitare che Fuma me la portasse via.» bisbigliò, con voce forzata. «Potresti passarmi la vestaglia appesa nell'armadio?» chiese, indicando la porta scorrevole sulla parete destra della stanza.
Subaru la aprì e la sua supposizione della sera prima fu confermata, perché effettivamente quello che aveva davanti era un piccolo guardaroba. C'erano molti vestiti appesi ai ganci e anche un tavolino su cui erano appoggiati dei prodotti cosmetici e uno specchio. Prese la vestaglia – un capo raffinato, di seta nera ricamata – e la porse al ragazzo. Si girò di spalle, dandogli il tempo di indossarla.
Con movimenti misurati e un po' difficoltosi Kamui si alzò e indossò l'indumento, allacciandoselo in vita. Camminando con difficoltà entrò nel guardaroba e si inginocchiò a terra in un angolo, scostando una grossa scatola. Con una mano sola – Subaru immaginò che doveva essersi datto male all'altro braccio a giudicare da come lo teneva raccolto contro il petto – sollevò una delle stuoie tatami, poi scostò alcune tavole di legno smosse e ne tirò fuori una valigetta in plastica bianca.
Il Sumeragi prese l'oggetto, osservando preoccupato l'adolescente che si era abbandonato contro la parete, il respiro rapido per la fatica – o forse per il dolore? – che quei pochi movimenti gli avevano causato. «Ce la fai ad alzarti?»
Kamui non rispose, tentando di rimettersi in piedi. Lentamente riuscì a rialzarsi, ma le gambe sembrarono non reggerlo perché barcollò quasi perdendo l'equilibrio. Il Sumeragi lo afferrò per una spalla, per impedirgli di cadere, ma riuscì solo a strappare un grido di dolore al ragazzo.
Lucifer lo allontanò con un gesto della mano, la fronte madida di sudore. «Non toccarmi, è meglio…» sussurrò, aggrappato alla porta scorrevole per non finire a terra. Trasse un profondo respiro, poi lasciò il suo appiglio e percorse i pochi passi che lo distanziavano dal letto. Con cautela si mise a sedere e quando fu di nuovo adagiato sui morbidi cuscini sospirò, rilassandosi leggermente.
Subaru si sedette di nuovo accanto a lui. Esaminò il contenuto della cassetta del pronto soccorso sperando che questo sarebbe riuscito a calmarlo, ma non servì. Come diavolo si fa a ridurre un ragazzino inerme in queste condizioni? pensò, adirato. Chiunque sia stato a conciarlo così, meriterebbe di essere rinchiuso in una cella delle dimensioni di una gabbia per criceti per il resto dei suoi giorni! Inumidì un batuffolo di cotone con del disinfettante e, il più delicatamente possibile, pulì il taglio sulla fronte dell'adolescente, mettendoci sopra un cerotto. Poi aprì una delle confezioni di ghiacchio sintetico e la mise sopra il suo occhio. Kamui trasalì sentendo il freddo, ma non si ritrasse.
«C'è qualche altra ferita che vuoi che io controllare?» chiese, dopo qualche istante. «Il tuo braccio, per esempio?»
«No, niente che può essere medicato.» rispose il giovane. «Lividi e qualche osso lussato, per lo più. Nulla di cui preoccuparsi.» Sprofondò il capo nel cuscino, chiudendo anche l'occhio sano. Lividi e ossa lussate? Dio, ne parla come se fosse una cosa assolutamente normale!
«È colpa mia.» Quella di Subaru era un'affermazione. «Non è stato un… un cliente.» Odiava usare quella parola, soprattutto in merito a un adolescente. «È stato il proprietario di questo posto perché mi hai lasciato andare via.»
Kamui non negò, non riaprì neppure gli occhi. «Era di cattivo umore.» disse infine. «Quando è così, per lui un pretesto vale l'altro.»
«Vuoi dire che questo tipo di cose succedono spesso?» chiese il Sumeragi, un po' incredulo. Ancora una volta non ebbe smentita. Il silenzio durò per qualche minuto. «Allora è per questo che ti mostri così di rado al club. Devi aspettare che spariscano i lividi.»
«Fuma è molto geloso.» rispose con un soffio. «Non gli piace che io... faccia questo lavoro.»
«Allora o lasci questo mestiere o lasci lui!» esclamò esasperato Subaru.
«La fai facile, tu!» disse all'improvviso una voce femminile. Trasalendo per la sorpresa, l'uomo si voltò e vide una donna dai capelli rossi ricci appoggiata allo stipite della porta.
Kamui aprì appena l'occhio sano. «Ciao, Karen.», salutò, con un sussurro.
La donna si avvicinò al letto, chinandosi sull'adolescente e ignorando completamente il Sumeragi. «Come va, piccolo?» chiese, con un'espressione preoccupata. «Sei ancora tutto intero?»
«Ho passato di peggio.» rispose, cercando di alzarsi, ma lei lo costrinse a restare disteso.
«Non muoverti, non mi sembri esatamente in condizione di farlo.» lo rimproverò gentilmente. «Hai mangiato niente?» Kamui scosse lievemente il capo. «Allora riposati mentre ti preparo qualcosa.» Finalmente la donna posò il suo sguardo su Subaru, la sua espressione cambiò nettamente da premurosa ad ostile. «E tu chi diavolo saresti? Il pervertito che l'ha ridotto così?»
Gli occhi verdi di Subaru scintillarono per l'irritazione. «Mi chiamo Subaru Sumeragi e no, non sono stato io.»
«È stato Fuma, come al solito.» disse Lucifer. «Lascialo stare, Karen. Lui mi ha solo dato una mano.»
«Beh, in questo caso è meglio che tolga le tende e sloggi in fretta. Chissà il pandemonio che scoppierebbe se qualcuno entrasse e lo trovasse qui!»
Kamui si rivolse a Subaru. «Non arrabbiarti per le sue parole, è che capita davvero di tutto da queste parti.» disse, con un filo di voce. «Lei è Karen Kasumi, una mia amica. Comunque lei ha ragione: dovresti andartene.»
«Ma io…» protestò Subaru, interrompendosi subito. Non sapeva neanche lui perché, ma era riluttante a lasciare quel ragazzo così malconcio, per causa sua, oltretutto.
Kamui parve cogliere la sua esitazione. «Karen si occuperà di me.» lo rassicurò con un sorriso debole. «Tra pochi giorni sarò tornato come nuovo.» Subaru notò come, mentre diceva quelle parole, le dita di una mano si erano contratte, stringendo le lenzuola; un lampo d'angoscia attraversò l'occhio viola per sparire subito. «Vai. Non voglio che tu finisca nei pasticci.»
Anche se ancora poco convinto il Sumeragi si alzò in piedi. Aveva capito di essere di troppo, in quella stanza. Lasciò l'appartamento senza un'altra parola. Scese le scale in fretta, provando l'improvviso desiderio di allontanarsi il più possibile da quell'edificio, nella speranza che il tumulto di emozioni che si alternavano nel suo cuore – rimpianto, senso di colpa, preoccupazione, rabbia – si dissolvesse. Arrivato all'ultima rampa di scale, però, tornò rapidamente sui suoi passi, risalendo qualche gradino.
Alla porta d'ingresso c'erano due corpulenti omaccioni dall'aria minacciosa. Uno teneva gli occhiali da sole, mentre l'altro lanciava in giro sguardi omicidi. Ripensò agli avvertimenti di Lucifer e capì che ormai era tardi. Era in trappola. Senza sapere cos'altro fare tornò indietro al piccolo appartamento.
Stava per bussare, quando udì le voci dell'adolescente e della donna, attutite dalla porta chiusa ma ancora distinguibili.
«Coraggio, piccolo, è passato…»
«No, non è passato niente!» Non era difficile capire che il ragazzo doveva aver avuto una crisi di pianto. «Domani sarà lo stesso di oggi: altre recite in un club pieni di spettatori, altri sconosciuti nel mio letto, altri maltrattamenti da parte di Fuma e altri lividi sul mio corpo. Non ce la faccio più a continuare così!» La voce del ragazzo era un po' stridula, sull'orlo dell'isteria e dopo quell'ultimo grido si era dissolta in singhiozzi.
Subaru si sentì un nodo alla gola suo malgrado. Desiderò ardentemente non essere lì ad ascoltare, desiderò di potersene andare immediatamente. Ma, se voleva lasciare quel posto, poteva solo entrare nell'appartamento.
Si fece coraggio e bussò. Dovette attendere qualche istante prima che la porta si aprisse un poco, bloccata con la catena di sicurezza all'interno. Il volto della donna si fece subito sospettoso quando vide che era lui.
«Cosa vuoi?» chiese, brusca.
«Mi dispiace disturbare ancora, ma ci sono due energumeni di guardia alla porta.» disse, tentando di nascondere quanto si sentiva impacciato. «Prima quando sono arrivato non c'era nessuno. Non so come fare ad andarmene.»
La donna aprì la bocca per ribattere, ma da dietro le sue spalle la voce di Kamui la prevenne dal parlare. «Fallo entrare. Kintaro e Tetsuo potrebbero salire.» Mentre la porta veniva richiusa per essere sbloccata, Subaru suppose che si stesse parlando degli omaccioni all'ingresso.
«Dobbiamo aiutarlo ad uscire da qui.» disse Kamui quando fu rientrato nell'appartamento. «Karen, pensi di riuscire a distrarre quei due?»
«Distrarli non è difficile, ma per poter permettere al caro signor Sumeragi di andarsene dovrei farli salire nel mio appartamento e sai meglio di me che questo è impossibile.» disse Karen, scuotendo la testa.
Per qualche minuto nessuno parlò.
«L'uscita d'emergenza.» esclamò l'adolescente, scostandosi dal viso il sacchetto col ghiaccio. «La scala antincendio che c'è alla tua finestra, Karen, quella sarebbe perfetta.»
«Sì, potrebbe funzionare.» ammise riluttante la donna.
«Mi dispiace dare tutto questo disturbo.» mormorò Subaru. «Ero tornato per ringraziarti per ieri sera e finisco col farmi aiutare di nuovo.»
«Non preoccuparti, non è un problema.» negò il ragazzo, ma i lividi sul suo volto dicevano palesemente il contrario.
«Vieni, Sumeragi-san.» lo chiamò Karen, dirigendosi verso la porta. «Prima te ne vai da qui e meglio è per tutti quanti.» L'uomo fece per seguirla, ma poi si riavvicinò al letto.
«Permettimi di tornare a trovarti, qualche volta.» chiese.
«Non puoi, Kintaro e Tetsuo sorvegliano costantemente il palazzo e--» iniziò Kamui, per essere subito interrotto da Subaru.
«Potrei eludere la sorveglianza in qualche modo. Mi hai aiutato molto e per ben due volte. Lascia che mi sdebiti almeno un po' diventando tuo amico.»
«Io… Non so se…» disse il ragazzo, esitante. Lo guardò negli occhi e si accorse che il suo sguardo era sincero. «Forse potresti usare la scala antincendio, ammesso che a Karen non dispiaccia.» mormorò, incerto.
La donna rimase in silenzio per qualche istante, osservando prima l'adolescente e poi Subaru. «Sai che è rischioso, Kamui, per lui ma soprattutto per te. Però se cercherete di fare attenzione a me non da fastidio.» disse alla fine, con un mezzo sorriso.
«Quando posso venire la prossima volta?» domandò il Sumeragi.
«Kintaro e Tetsuo sono due sempliciotti, li metterebbe nel sacco anche un bambino, inoltre non hanno il permesso di entrare senza il consenso di Kamui.» riflettè Karen ad alta voce. «L'unico vero problema è Fuma. Essendo il proprietario va e viene quando vuole.»
«Ogni giovedì però lui va a Kyoto per affari; parte al mattino presto e torna solo a sera, quando il club è già aperto.» propose l'adolescente. «Però a causa del mio… lavoro, ho orari strani: dormo sempre fino a metà pomeriggio. Se per te non è un problema…» Subaru non potè non meravigliarsi di quanto apparisse diverso rispetto alla sera prima. Lo sguardo che gli stava lanciando era quasi timido.
Il Sumeragi gli stringe leggermente una delle mani posate sulle lenzuola. «Vada per il giovedì pomeriggio. Alle quattro va bene?» Kamui annuì. «Allora d'accordo. Arrivederci a giovedì alle quattro, Kamui-san.» lo salutò, con un sorriso.
L'adolescente rispose al saluto con un cenno del capo, mentre lui e Karen uscivano dall'appartamento lasciandolo solo sul letto.
L'alloggio di Karen era proprio di fronte a quello di Kamui. La donna aprì la porta con un mazzo di chiavi che tirò fuori dalla tasca.
«Bene, Sumeragi-san, credo che prima che tu vada faremo meglio a chiarire un paio di cose su Kamui.» disse, entrando. «Fuma Monou mi ha affidato il compito di pensare a lui, ma io per quella faccia da schiaffi non muoverei un dito neanche se mi coprissero d'oro.» esordì, bruscamente. «Io voglio molto bene a Kamui. Cerco di fare quello che posso per lui, per risparmiargli quanta più sofferenza mi è possibile. Di conseguenza, se hai cattive intenzioni su di lui ti consiglio di non farti rivedere più da queste parti.»
Subaru rimase in silenzio, guardandola negli occhi. In questo modo si spiegavano alcune cose: l'avversità che lei aveva avuto nei suoi confronti fin da subito era dovuta non ad antipatia ma a protettività nei confronti del ragazzo.
«Kasumi-san, non voglio fare del male a nessuno. Kamui-san ieri sera mi ha aiutato e questo gli ha costato i lividi che ha ora. Devo sdebitarmi assolutamente.» spiegò tranquillamente. «La mia amicizia, oltre alla mia gratitudine, è il minimo che io possa offrirgli. Inoltre mi è sembrato di capire che possa avere bisogno di amici.»
Karen scosse la testa, aprendo la finestra davanti a cui c'era una scala a pioli che arrivava fino al vicoletto sottostante. «La decisione spetta a Kamui. Se lui vuole la tua compagnia o la tua amicizia, non ho nessuno diritto di intromettermi.»
Subaru salì sulla scaletta, controllandone un po' incerto la solidità. Sembrava reggere il suo peso. «Grazie per il disturbo, Kasumi-san. Arrivederci a giovedì.» Facendo attenzione ai pioli un po' scivolosi iniziò a scendere.
«Non posso perdonare chi fa del male a Kamui, a partire dai tanti clienti in cerca di una notte di svago fino a Fuma Monou, e riesco sempre a vendicarmi per lui.» gli disse da sopra la donna. «Quindi ti avviso, Sumeragi-san: prova a ferirlo, fisicamente o emozionalmente, e troverò un modo per rovinare la tua vita.» Detto questo tornò dentro l'appartamento, richiudendo con forza la finestra.
In che razza di guaio mi sono ficcato? non potè fare a meno di chiedersi Subaru, scendendo la scaletta d'emergenza. Lui stesso non riusciva a spiegarsi perché aveva fatto quella strana proposta di amicizia all'adolescente. Il vedere quel ragazzino ridotto in tale maniera per causa sua lo aveva fatto sentire davvero male e il desiderio di fare qualcosa per lui era stato troppo forte. Seishiro me lo dice sempre che dovrei smetterla di farmi rimorsi. Ma cosa posso farci? Stavolta è davvero colpa mia!
Mentre lasciava il distretto a luci rosse, lo stesso presentimento che aveva provato la sera prima quando aveva conosciuto Lucifer tornò a farsi sentire. Accellerò il passo abbandonando la ricerca di un taxi, sentendo dentro di sé che tutta questa faccenda non avrebbe portato nulla di buono a nessuno.
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Ok. Che ne dite? É valsa la pena di aspettare per leggere questo pezzo o fa assolutamente schifo? Io non ne sono paticolarmente soddisfatta – mi è venuto più confuso di quel che pensassi. Perciò siate caritatevoli e placate i miei dubbi con un commento. Per piacere?
