PRIMA STROFA
Mandereste un agnello tra i lupi?
Può il più puro tra gli angeli
meritare l'inferno?
Povera Aylwin,
splendor di vallata
in che brutto guaio
sei capitata.
E c'era chi diceva
evita Ayly,
non lasciarglielo fare
sangue impuro
ci potrebbe contaminare.
Di che hai paura
nel lasciarla avvicinare
Forse nella tua anima
potrebbe guardare
forse per sua bocca potrebbe
la verità parlare
Entrammo nella Sala Grande e ci sedemmo al nostro tavolo. Cercai la ragazza di King's Cross con gli occhi, ma non riuscii a vederla da nessuna parte: non era seduta a nessun tavolo. Strano. Dopo la consueta canzoncina, cominciò la cerimonia dello Smistamento: Mary Anderson, la prima della lista, raggiunse il tavolo dei Corvonero. C'erano più o meno una sessantina di studenti che man mano venivano assegnati alle loro case. Con Abraham Zucker (Tassorosso) dovevamo aver finito, ma la professoressa non si decideva a metter giù la lista. Un momento disse C'è ancora uno studente…. Il preside prese la parola: Quest'anno nel quinto anno ci sarà una nuova studentessa, appena trasferitasi qui da una scuola americana. Vi prego di essere gentili con lei e di darle una mano ad ambientarsi bene. Si volse verso la vicepreside, che chiamò forte l'ultimo nome: Ryan, Aylwin. Una fanciulla si avvicinò lentamente al cappello, con l'aria piuttosto spaventata. La sala si riempì di mormorii e io stesso non riuscii a nascondere la sorpresa: Aylwin Ryan era la ragazza di King's Cross. La osservai attentamente mentre si sedeva sullo sgabello e si infilava il cappello in testa: era molto pallida e le tremavano le mani. Mi chiesi se qualcun altro se ne fosse accorto. Aspettammo. Aspettammo a lungo. Il cappello sembrava indeciso: tre o quattro volte aprì la "bocca" per gridare un nome, ma poi la richiuse senza aver emesso suono. Alla fine fu lui stesso a sbottare: Difficile, difficile…Il caso più difficile che mi sia mai capitato!. Allora, qual è la casa? chiese la McGranitt impaziente. Questa signorina può andar bene in qualunque casa replicò il cappello. Subito la sala si riempì di mormorii, che si quietarono quando il cappello parlò ancora: Ma…Io limiterei la scelta a due: Grifondoro o Serpeverde. Altro non so dire. E con queste ultime parole, tacque. La McGranitt era a dir poco livida e lo stesso Silente non sapeva che pesci pigliare. Tutti gli studenti commentavano la cosa tra loro: sentii la Granger spiegare ad alta voce che mai, in tutta la storia di Hogwarts, si era verificato un caso del genere. La povera Aylwin aveva l'aria di una che avrebbe preferito sparire sottoterra. Allora, figliola, cosa ne dobbiamo fare di te? chiese Silente lisciandosi la barba. Aylwin diventò ancora più rossa dei capelli dei Weasley. Io…Non lo so mormorò con voce così bassa che se non fosse stato per il silenzio di tomba che era calato non si sarebbe sentita affatto. Ma devi scegliere, cara. Da qualche parte dobbiamo sistemarti disse la McGranitt con lieve nervosismo. Al che io finalmente realizzai perché era così complicato sistemarla da qualche parte: Aylwin non sapeva quale casa scegliere perché non sapeva nulla delle case di Hogwarts. Non sapeva che i Tassorosso erano quelli un po' imbranati, i Corvonero quelli che studiano…Non sapeva che i Grifondoro erano i buoni e i Serpeverde i bastardi. Aylwin sospirò:A questo punto temo che ci sia un solo modo per decidere, anche se non è molto ortodosso…Io non vorrei fare torto a nessuno… mentre parlava, tolse di tasca una moneta. Testa Grifondoro, croce Serpeverde disse ad alta voce lanciandola in aria. Tutti quanti osservammo con il fiato sospeso la moneta scintillante salire altro sopra la sua testa e girare su sé stessa. Cominciò a ridiscendere ed Aylwin l'acchiappò al volo, poggiandola sul dorso della mano sinistra: spostò la mano destra e osservò la moneta per qualche secondo, poi alzò gli occhi. Croce . Dal tavolo dei Grifondoro si levò un "Oooh" di delusione e anche il nostro applauso fu piuttosto fiacco. Silente ci augurò buon appetito e cominciammo a mangiare. Tutti quelli attorno al nostro tavolo guardavano Aylwin in modo strano, spesso non esattamente cordiale. Lei tentò un paio di timidi sorrisi, ma poi desistette, sopraffatta da tante facce scure. Anch'io evitai di guardarla. Avrei voluto parlarle, ma con Tiger e Goyle seduti accanto proprio non potevo. Durante il pasto, la sorpresi un paio di volte a fissarmi in modo strano con quei suoi occhi grigio-azzurri. Nessuno mi aveva mai guardato in quel modo: non era uno sguardo di falsa ammirazione (mai ricevuti sguardi di vera ammirazione), di sfida, disapprovazione, disgusto (oh, questi due li conosco più che bene), di scherno o di pietà. Sembrava solo che…che stesse cercando di capire cosa mi passava per la testa, cosa pensassi e cosa volessi. In un certo senso, mi stava studiando: molti lo fanno quando dico il mio nome, ma generalmente nei loro occhi leggo sempre sospetto, disprezzo e talvolta una vaga paura. Nei suoi occhi, non lessi nulla di tutto ciò: erano come macchie di luce senza ombre. Quanto avrei dato per poterle parlare! Ma mi costrinsi a rimanere al mio posto e a non guardarla, anche se continuavo a sentire i suoi occhi addosso e morivo dalla voglia di incontrare il suo sguardo. Dopo cena, mentre ci dirigevamo alla nostra sala comune, passammo vicino al gruppo dei Grifondoro e sentii Ron Weasley commentare: Un vero peccato. Sarebbe stata una splendida Grifondoro. E anche se quest'affermazione veniva da un Weasley, non potei fare a meno di essere d'accordo. Una cosa era certa: Aylwin Ryan non si sarebbe trovata affatto bene con noi.
Mentre scendevamo le scale, la vidi inciampare in un gradino truccato: nessuno l'aveva avvisata. Arrivati al nostro sotterraneo, entrammo: Aylwin si ritirò subito nel dormitorio femminile. Ma tu guarda se quella doveva capitare proprio qui! commentò stizzita Pansy sedendosi vicino a me. La guardai con malcelato stupore: Perché, che ha che non va?. Pansy mi guardò con occhi sgranati: No, dico, ma l'hai vista? Quella non è una di noi. Lo si vede lontano dieci chilometri! abbassò la voce E poi scusa, tuo padre non ti ha detto niente?. Chiusi gli occhi e cercai di ricordare cosa poteva avermi detto mio padre a proposito di Aylwin Ryan, la ragazza di King's Cross. Poi mi ricordai: era stato sul finire di Agosto, stava parlando con mia madre e le aveva detto qualcosa a proposito di una nuova studentessa che doveva arrivare dall'America e che si sarebbe inserita nel nostro anno. Ricordai perfettamente le sue parole: Americani!Ci mancano solo gli Australiani e poi siamo a posto! In quella scuola ormai ammettono tutti, è notevolmente scaduta da quando ci andavamo noi…E già ai nostri tempi, con quel vecchio idiota di Silente… aveva bevuto un po' di the prima di andare avanti E poi sai cosa ho saputo? Non è neanche di sangue puro: sua madre è una strega di antica famiglia, ma suo padre è un Babbano. Una mezzosangue in tutto e per tutto! aveva sbattuto la tazza di the sul tavolo. Speriamo solo che non capiti a Serpeverde. In ogni caso tu evita di avere a che fare con lei aveva aggiunto rivolgendosi a me. Ecco cosa avrei dovuto sapere e che tutti i miei compagni già sapevano non appena il suo nome era stato chiamato. Pensai amaramente che l'attendevano tempi molto duri. Nemmeno Piton sembrava entusiasta di averla con noi.
Dal 2 Settembre, Hogwarts
Mentre mi prendevo un'altra tazza di caffè, buttai un'occhiata all'orario: avevamo Erbologia con i Corvonero e poi, nel pomeriggio, un'ora di Pozioni. Mentre mangiavo, mi accorsi che nessuno al tavolo si rivolgeva direttamente ad Aylwin e se ci era proprio costretto la chiamava per cognome. Ad Hogwarts vigeva una regola non scritta secondo cui se non potevi sopportare una persona la chiamavi per cognome. Mai con il nome di battesimo. Non avevo ancora sentito un "Aylwin" nemmeno a pagarlo: solo e sempre Ryan. I miei compagni avevano già cominciato a prendere le distanze. Era evidente che non la ritenevano degna di essere una Serpeverde. E io? Cosa pensavo di lei? Non ebbi tempo di cercare la risposta perché suono la campana che ci chiamava tutti a lezione mi interruppe. Erbologia passò in fretta per fortuna: nessuno di noi ne andava matto. Tranne Aylwin. Sembrava che le piacesse molto: quando suonò la campana di fine lezione lei commentò Ma come, sono già passate due ore?. Pansy le lanciò un'occhiata storta: non c'era cosa che più detestasse al mondo quanto sporcasi di terra le mani e i vestiti. Uscimmo in cortile: le ragazze lasciarono indietro Aylwin, che cercava in fretta di raccogliere le sue cose. Nessuno la degnò di uno sguardo.
Nei primi tempi, la vita per lei fu veramente dura: a Serpeverde tutti la ignoravano o la tormentavano perché era chiaramente diversa da noi e quelli delle altre case diffidavano di lei perché era una Serpeverde per caso o per sfortuna. Io fingevo che il nostro incontro a King's Cross non fosse mai avvenuto e, come gli altri, la ignoravo e talvolta la schernivo, ma in quest'ultimo caso dovevano proprio tirarmici per i capelli. Perdemmo presto il vizio di metterla in ridicolo…Anche perché non ci riuscivamo: scoprimmo a nostre spese che sotto l'apparenza fragile e riservata si nascondeva una lingua tagliente e pronta, come ebbi modo di sperimentare di persona. Un giorno, in ricreazione, stavo esponendo a voce molto alta la testi di mio padre secondo cui i Babbani sono esseri inferiori. Allora anche tu sei uno di loro disse Aylwin alzando gli occhi dal libro che stava leggendo in un angolo. Cosa? chiesi sorpreso. Se un essere inferiore è un Babbano, ergo tu sei un Babbano. Mi avvicinai a lei e la afferrai per un braccio: Ritira immediatamente quello che hai detto, schifosa Mezzosangue!. I nostri occhi si incontrarono: nel suo sguardo lessi determinazione, rabbia e…Pietà? No rispose con fermezza. Ritiralo subito, altrimenti….. Altrimenti cosa, Malfoy?disse mister Perfetto Potter Ce la pigliamo anche con le ragazze indifese, adesso? Bravo, veramente coraggioso. Perché non te la prendi con qualcuno della tua taglia, se ne hai il fegato! aggiunse Weasley. Gli lanciai un'occhiata critica: E saresti tu quello della mia taglia? Ma non farmi ridere! Ti batterei con un braccio dietro la schiena. E provaci! ruggì il rosso cercando di saltarmi addosso, a stento trattenuto da Potter e Granger. Come sempre le tue baby-sitter sono pronte ad intervenire, vedo. Va' all'inferno, Malfoy ringhiò la Granger cercando di trattenerlo. Che sta succedendo qui? chiese la professoressa Sprite avvicinandosi. Niente disse Potter. Lei ci guardò con sospetto e poi ci intimò di tornare in classe. Non appena ci voltò le spalle, diedi uno strattone ad Aylwin mandandola a terra. Poi io, Tiger e Goyle ci allontanammo verso la classe di Incantesimi: sentivo gli occhi di Aylwin fissi sulla mia schiena, ma non osavo voltarmi. Dopo quell'uscita nei miei confronti, i ragazzi e le ragazze delle altre case cominciarono a guardarla con più simpatia. Era destino però che per noi due la cosa non dovesse finire lì. Alcuni giorni più tardi, in un corridoio, mi stavo divertendo un po' alle spalle di un paio di Tasorosso del primo anno. Mentre quei due bambocci si allontanavano di corsa spaventati, udii una voce alle mie spalle: Hai fatto una scuola speciale per essere così perfido o è un talento naturale?. Mi voltai e mi trovai faccia a faccia con Aylwin Ryan. Un po' e un po': mio padre è un ottimo maestro, nonché un grande mago. Su questo non ne ho dubbi: non a tutti riesce di clonarsi nel proprio figlio. Con questo che vorresti dire? dissi a voce bassa e minacciosa. Lo sai cosa voglio dire. Lo sai meglio me. Non seppi cosa rispondere a quell'affermazione. Perché ce l'hai tanto con i Babbani e i maghi figli di Babbani? Pensi davvero che siano inferiori?. Mio padre… mormorai ma venni subito interrotto. Non ho chiesto quello che pensa tuo padre sbottò avvicinandosi Ho chiesto cosa pensi tu sottolineò l'ultima parola indicandomi. Ancora una volta non risposi. Proprio come immaginavo mormorò allontanandosi e dirigendosi verso la classe di Divinazione. Io rimasi lì fermo a guardarla mentre se ne andava. Giunta in fondo al corridoio si voltò a guardarmi e i nostri sguardi si allacciarono. Ehi, Draco disse chiamandomi per nome Non lasciarglielo fare. E prima che potessi chiederle a chi dovessi impedire di fare cosa, era già sparita dietro l'angolo. Pensai molto a quella "conversazione" nei giorni seguenti: non riuscivo a capire cosa avesse voluto dirmi. Poi, una sera, mentre mi rigiravo nel mio letto cercando di prendere sonno, capii cosa voleva dire. Mi aveva definito "il clone di mio padre": non era poi molto lontana dalla verità. In quel momento capii da chi aveva voluto mettermi in guardia: da mio padre, che mi controllava meglio di quanto poteva fare con la maledizione Imperius. Da mio padre, che non mi permetteva di vivere la mia vita e non lo faceva certo per paura che potessi essere ferito nello spirito. No, perché lui voleva la mia vita per sé, voleva che fossi soltanto un suo strumento. Voi non lo sapete, allora non lo sapevo neanch'io, ma mio padre non era riuscito ad impadronirsi completamente della mia testa: non so come, ma una parte di me – del vero me stesso – era riuscita a sopravvivere, anche se giaceva sepolta nel profondo del mio animo. Se non fosse stato per quello, anche incontrare Aylwin non sarebbe servito a nulla. Non so come, ma lei doveva aver visto quella piccola scintilla di vita: se non fosse stato per lei, non sarei qui e non sarei quello che ora sono. Fu la notte in cui capii il suo avvertimento che cominciai a cambiare, ma allora non me ne resi conto.
Tutto cominciò un paio di settimane dopo, durante l'ultima lezione di un venerdì pomeriggio: Storia della Magia. Chiunque avesse deciso di mettere proprio quella materia a quell'ora doveva essere sicuramente un sadico. Per me era stata una giornata a dir poco infernale: avevo avuto la peggio in un paio di scontri verbali con Potter & compagni, avevo preso un brutto voto ad Aritmanzia e come se non bastasse avevo fatto perdere cinque punti alla mia casa arrivando in ritardo alla lezione di Trasfigurazione (avevo dovuto attraversare il castello di corsa per andare a recuperare i miei compiti, rimasti in camera). La perfetta giornata nera, insomma. Il professor Ruff cominciava a parlare del 17° Concilio Mondiale della Magia tenutosi in un posto che i Babbani chiamano Svizzera nel 1503 e praticamente tutta la classe cadde in catalessi: le sue lezioni sono meglio di una pozione Lungosonno. Durante lezioni del genere mi dedicavo alla mia attività preferita: disegnare. Mi è sempre piaciuto, fin da quando ero bambino, ma mio padre l'ha sempre ritenuta una cosa inutile. Tirai fuori con cautela un nuovo blocco di fogli intonsi, disposi davanti a me le matite e mi guardai attorno in cerca d'ispirazione. Disgraziatamente, dall'aula del professor Ruff avevo ormai disegnato tutto il disegnabile: ero proprio a corto di idee quando l'occhio mi cadde su Ayly, seduta alla mia sinistra un paio di file innanzi a me e Tiger. Il sole entrava dalla finestra e la circondava di un'aura dorata, facendo brillare i suoi capelli. Teneva la testa appoggiata alla mano sinistra mentre nella destra stringeva una matita, gli occhi che fissavano qualcosa dinnanzi a sé. Non potei fare a meno di pensare che era bellissima e mi chiesi quale fosse il pensiero che si nascondeva dietro la sua bella fronte, curvandole dolcemente le labbra in un sorriso e illuminandole gli occhi a quel modo. Mi chinai sul foglio e cominciai a tracciare velocemente il suo profilo. Disegnai freneticamente per tutta l'ora, senza badare ad altro che alla mia ignara modella: ero quasi atterrito al pensiero che l'ora potesse finire prima che riuscissi a completare il mio lavoro. Mentre la campanella suonava, diedi gli ultimi tocchi allo sguardo sognante di Ayly. Osservai il mio lavoro con aria critica: era venuto molto, molto bene. Fu grazie ai miei disegni se ebbi la mia prima, vera conversazione con Ayly qualche giorno più tardi. Stavo andando a lezione di Antiche Rune e non riuscivo a trovare la mia bacchetta: tolsi alcune cose dalla mia borsa, tra cui il mio album da disegno. Alla fine la trovai, ma persi contemporaneamente la presa dei libri, che si sparsero in mezzo corridoio. Imprecando, mi chinai a raccoglierli quando qualcuno mi parlò: Serve una mano? mi chiese Aylwin arrivando da un corridoio laterale. Ce la faccio anche da solo borbottai ficcando i libri in borsa. Mi alzai e cominciai ad allontanarmi quando mi chiamò ancora: Ehi, è tuo questo?. Mi voltai e vidi con orrore che teneva in mano il mio album da disegno aperto. Dà qua replicai scortese tornando verso di lei e cercando di toglierglielo di mano, ma benché intenta nello studio dei miei lavori, non me lo permise. Li hai fatti tu questi? mi chiese con aria concentrata. No, li ha fatti Pix! ringhia portandoglielo via. Sono molto belli. Dico davvero. La guardai con aria diffidente: avevo sempre pensato che chiunque mi avrebbe canzonato per quella mia passione. Probabilmente riuscì a leggere la mia espressione: Guarda che sto dicendo sul serio. Sei in gamba. Arrossii: nessuno mi aveva mai definito bravo in qualcosa. Beh, uhm…Insomma. Non sono niente di speciale. Le sfuggì un lieve risatina: Adesso capisco perché ti comporti sempre a quel modo…Sei un artista e tutti gli artisti sono un po' matti. Io non sono un artista, figurati. Per due scarabocchi… mi sentivo le guance in fiamme. Sono molto belli. Hai talento sorrise ancora. Pensai fosse il sorriso più bello che avessi mai visto. Forse era perché era rivolto a me. In quel momento suonò la campana. Devo andare, ho lezione mi disse scappando via di corsa. Potei appena farle un cenno con la mano che era già scomparsa, tanto in fretta che mi chiesi se non avessi immaginato ogni cosa.
