SECONDA STROFA

Scendere a terra,

dove non puoi tornare

sei sicuro sia questa

la strada da fare?

Anche se non credi

c'è chi ti ritiene prezioso

la sua  vita per la tua

è pronto a rischiare

ad Aylwin, occhi di fata 

non importano quelle parole

quando c'è una vita da salvare

Una mano d'aiuto

a chi stava per affogare

Aylwin non volle negare

Tra lezioni, disegni, battibecchi con i Grifondoro e punizioni, arrivammo alla fine di Ottobre. Dopo quasi due mesi  dall'inizio della scuola, finalmente per Aylwin Ryan  le cose cominciarono ad andare meglio. Non a Serpeverde, lì non c'erano speranze: quando era con noi, non si sentiva che "Ryan". Appena poteva, lei passava ad un altro gruppo: Corvonero, Tassorosso, Grifondoro, non aveva importanza, in tutte le case aveva trovato persone amiche. Nonostante la breve conversazione e la mia "rivelazione notturna", mi comportavo sempre in maniera molto fredda con lei e in pubblico la chiamavo Ryan. Il suo nome lo usavo solo quando pensavo a lei tra me e me, il che succedeva abbastanza spesso. Neanche quelli delle altre case la chiamano Aylwin ora che ci penso: ognuno le aveva trovato un soprannome diverso. Per i Corvonero era semplicemente Win, mentre per i Tassorosso, che di "Win" ne hanno già una (Elisewin Dukes), lei era Linny, non so da dove l'avessero preso. Ma il soprannome più bello gliel'avevano trovato i Grifondoro, per quanto detesti ammetterlo: loro la chiamavano Ayly. A volte mi capitava di pensare a lei in quel modo: ad essere sinceri preferivo quel soprannome al suono del suo nome completo e lo trovavo molto adatto, più degli altri. Mi faceva pensare a qualcosa di leggero, di spensierato…di allegro. Ayly era così. Sovente, quando la guardavo, mi veniva da pensare al sole: sembrava che attorno a lei non scendessero mai le tenebre. A volte la invidiavo per quello. Non che volessi essere come lei…Ma a volte desideravo tanto che ci fosse un po' di luce anche nella mia vita.   

Quello che sto per raccontate ora accadde una domenica mattina: il castello era praticamente deserto. Erano tutti ad Hogsmeade, tranne me: la McGranitt mi aveva messo in punizione solo perché a Cura delle Creature Magiche avevo giocato un piccolo tiro a Potter, Weasley e Granger che li aveva mandati tutti e tre in infermeria. OK, forse avevo esagerato…Comunque ora mi trovavo in punizione e non potevo andare ad Hogsmaede. Ho detto che al castello non c'era nessuno: non è proprio esatto. Oltre a qualche professore e a Gazza, c'era un altro studente che era in punizione come me: Aylwin Ryan. Ce l'aveva messa il professor Piton: a lezione di Pozioni lui voleva togliere dei punti a Grifondoro perché si era fatto un po' di casino e alcune pozioni erano finite sul pavimento quando lei, dopo aver cercato più volte di ottenere la parola alzando la mano, si era alzata in piedi di scatto e gli aveva detto chiaro e tondo che secondo lei era un'ingiustizia totale e che se proprio voleva, avrebbe dovuto togliere punti anche a noi. La faccia di Piton diventò gialla come un limone e le intimò di sedersi. Aylwin non solo rimase in piedi, dritta come un fuso, ma lo guardò dritto negli occhi con aria di sfida. In quel momento mi sentii spaccato in due, letteralmente: non sapevo se definirla dannatamente coraggiosa, totalmente pazza o tutte e due le cose. Nessuno studente si era mai sognato di comportarsi in quel modo con Piton e dubito che qualcun altro lo abbia mai fatto in seguito. Credo che il professore l'avrebbe volentieri presa a sberle e non solo lui: Tiger e Goyle la guardavano come se volessero ficcarle un rospo vivo giù per la gola. Risultato: Piton tolse punti ai Grifondoro, Aylwin e Hermione Granger dovettero fermarsi dopo la lezione per ripulire il pavimento e diventarono amiche ma lei non andò al villaggio quel fine settimana, sia perché era in punizione sia perché Piton l'aveva caricata di compiti. Mi dispiaceva per lei: non lo aveva mai visto mentre io, almeno, ci ero stato gli anni scorsi. Me ne andai in riva al lago: mi piaceva andare là a pensare e poi era un secolo che non mi facevo una bella nuotata. La giornata non era proprio una delle più indicate: c'erano un po' di nuvole e il sole sbucava solo a tratti, ma ne avevo proprio una gran voglia. Mi tolsi i vestiti e rimasi in costume: lasciai tutta la mia roba vicino all'asciugamano che mi ero portato e, dopo aver preso un bel respiro, mi tuffai da una roccia. L'acqua era ancora più gelida di quanto immaginassi, così cominciai a nuotare per riscaldarmi. Dopo un po' mi sentii meglio, cominciai a provare ad andare sottacqua in apnea. Il lago era abbastanza profondo in quel punto, però volevo provare a toccare il fondo: avevo sentito che Charlie Delta, un Corvonero, c'era riuscito e se ce l'aveva fatta uno di quei secchioni, perché non avrei dovuto riuscirci io? Ci provai una mezza dozzina di volte ma, anche se ogni volta riuscivo a scendere più in profondità, ero ancora lontano: cominciavano a farmi male le braccia e le gambe, per non parlare della testa e dei polmoni. Nonostante ciò, non mi arrendevo: questa volta ci sarei riuscito. Presi un respiro profondo poi cominciai a scendere: ormai i miei occhi si erano abituati a quel mondo blu cupo e anche se tutto mi sembrava confuso riuscivo ad orientarmi. Scendevo sempre più: cominciava a mancarmi il fiato ma non intendevo mollare. Alla fine, la mia mano affondò nella sabbia del fondale: alzai gli occhi verso l'alto, ma non riuscii a vedere la luce del sole, forse coperto da una nuvola. Fui obbligato a risalire praticamente subito perché non riuscivo più a tenere il fiato, la testa cominciava a dolermi: non avevo tempo da perdere. Mi appoggiai al fondale e mi diedi una spinta verso l'alto: mi fu meno d'aiuto di quanto avevo creduto. Nuotavo abbastanza in fretta, stavo finendo l'ossigeno, quando qualcosa mi afferrò una gamba: un Avvincino! Non ci voleva, adesso ero nei guai. Pensai alla mia bacchetta, che era rimasta trai miei vestiti, e mi chinai per cercare di allentare la presa. Ne arrivarono un paio d'altri. Lottai con gli Avvincini per secondi che mi sembravano anni quando finalmente riuscii a spezzare a uno le dita della mano e a scaraventarlo contro i suoi compagni: mi allontanai più in fretta che potevo, ma…Avevo preso la direzione giusta? Non riuscivo a vedere il sole, non c'era luce là sotto. Continuai a nuotare finché potei ma le forze mi abbandonavano sempre più in fretta….Non ero sicuro di andare dalla parte giusta…Avevo bisogno d'aria…Improvvisamente ebbi paura, una paura tremenda…Non ce la facevo più. Non riuscivo più a nuotare. Cominciai a scivolare verso il fondo del lago….Stava diventando tutto scuro e pensai confusamente che era veramente un modo stupido di andarsene, affogando nel lago mentre tutti i miei compagni erano ad Hogsmeade. L'oscurità inghiottì ogni cosa, quel cupo mondo blu si richiuse sopra di me. Avvertii qualcosa che mi afferrava, poi più nulla.

Ripresi conoscenza alcuni minuti dopo, steso sulla schiena sulla riva del lago. Cercai di sputare fuori l'acqua e qualcuno mi aiutò a girarmi su un fianco. Aprii gli occhi e misi faticosamente a fuoco il volto della persona che mi stava accanto: era Aylwin Ryan. Le prime cose che notai furono i suoi capelli bagnati, le sue guance rosse e il suo respiro affannato, come se avesse compiuto un grosso sforzo. Stai bene? mi chiese con un filo di voce: non riuscii a trovare il fiato per risponderle, così mi limitai ad annuire. Non muoverti da qui, torno subito mi disse alzandosi in piedi e cominciando a correre verso il punto dove avevo lasciato i miei vestiti. Le mancava una scarpa. Ritornò subito con il mio asciugamano e me lo avvolse attorno alle spalle: Prendi questo. Oh, santo cielo, sei gelato! cominciò a sfregare le mani sulle mie braccia, per riattivare la circolazione. Si era alzato il vento e stavo tremando di freddo, Aylwin tornò a prendere i miei vestiti e mi aiutò ad infilare la maglietta, mentre per il resto mi arrangiai da solo, sebbene un po' a fatica. Ma piuttosto che farmi aiutare da una ragazza ad infilare i pantaloni avrei preferito cadere in una vasca di Schiopodi Sparacoda! Un colpo di vento freddo mi fece improvvisamente realizzare che, se per lo meno i miei vestiti erano asciutti, quelli di Aylwin non lo erano: infatti anche lei tremava come una foglia. Le feci indossare la mia felpa, nonostante le sue proteste. Meglio tornare dentro prima che ci becchiamo un accidente tutti e due. Annuì e mi chiese se riuscivo a camminare: risposi di sì, ma le gambe mi facevano molto male e lei se ne accorse. Infatti, appena inciampai in un sasso, mi sostenne impedendomi di cadere: le passai un braccio attorno alle spalle e la sentii tremare dal freddo. Allungammo il passo più che potemmo e rientrammo alla sala comune dei Serpeverde bagnati e infreddoliti. Ognuno andò a cambiarsi ed asciugarsi bene nel suo dormitorio, ma poco dopo ci ritrovammo di nuovo là, quasi fossimo stati d'accordo. Nel caminetto il fuoco era quasi spento e mi affrettai a riattizzarlo con un incantesimo. Mentre stavo inginocchiato là davanti, Aylwin mi avvolse una coperta attorno alle spalle. Grazie mormorai appena Ma mi sa che hai perso la tua occasione di fare un favore a Potter e al resto della scuola. Aylwin mi guardò con occhi sgranati: Stai dicendo che…che se tu fossi affogato gli altri ne sarebbero stati contenti?. Non dissi niente e tornai a guardare il fuoco. La Granger ti ha detto tutto di me? chiesi piano, anche se conoscevo già la risposta. Lo sapevo dal modo in cui mi guardava a volte, in modo diverso da prima. Aylwin annuì e io pensai a tutto quello che le avevano raccontato: la storia dell'erede dei Serpeverde, quando avevo tenuto per un mese il braccio al collo per far passare dei guai ad Hagrid, quello che avevo detto l'anno prima sul treno che ci riportava a Londra sulla morte di Cedric Diggory…Di colpo mi sentii male al pensiero che lei sapesse e nonostante tutto mi avesse salvato lo stesso. Se fosse capitato ad uno di un altro gruppo, non so se l'avrebbe fatto e comunque non avrei potuto dargli torto. Se invece fosse stata lei in pericolo, io, cosa avrei fatto? Ancora una volta la mia domanda restò senza risposta. Aylwin mi parlò ancora: Non so cosa insegnano a voi inglesi ma a noi americani insegnano a non giudicare mai nessuno prima di conoscerlo bene. Almeno, questo è stato insegnato a me. Mi voltai a guardarla: Sei un tipo strano, Aylwin. Lo prendo come un complimento mi rispose sorridendo. Restammo a lungo in silenzio, poi lei andò a prendere il suo lettore Cd portatile e cominciò ad ascoltare musica. Era un aggeggio babbano, quindi in teoria non avrebbe dovuto funzionare tra le mura di Hogwarts, ma l'avevo sentita spiegare alla Granger che aveva chiesto al preside il permesso di poterlo usare, promettendo che non si sarebbe messa a sentirlo durante le lezioni, così lui ci aveva fatto sopra un incantesimo speciale che gli permetteva di funzionare perfettamente. Io cercai di leggere, ma spesso alzavo gli occhi dal libro per gettarle una rapida occhiata: lei non se ne accorse e, se lo fece, non commentò la cosa. Prima che i nostri compagni tornassero da Hogsmaede, decise di tornare in camera sua ma prima si fermò vicino a me. Alzai gli occhi dal libro fingendo di accorgermi solo in quel momento della sua presenza quando improvvisamente si abbassò e appoggiò le labbra sulla mia fronte. Si rialzò con un sorriso: Tutto a posto. Volevo solo controllare che non avessi la febbre. Sentii le guance in fiamme e borbottai un ringraziamento confuso. La osservai mentre si allontanava, ma appena raggiunse la porta mi alzai di scatto: Ehi aspetta un minuto. Aylwin si voltò a guardarmi con aria interrogativa mentre mi avvicinavo a lei. La guardai ancora per un attimo poi mi abbassai e toccai la sua fronte con le mie labbra. Restammo immobili per qualche secondo, poi mi staccai da lei: Non credo che tu abbia la febbre…Però non ne sono sicuro, se non ti senti bene dovresti fare un salto da Madama Chips. Lei mi guardò con quei suoi occhi color delle nuvole: Non preoccuparti. Io sto bene, sei tu quello che è quasi annegato. Improvvisamente mi venne in mentre una cosa: se qualcuno avesse scoperto cos'era successo mi avrebbero preso in giro vita natural durante. Non lo dirai a nessuno, vero? chiesi a bassa voce fissando il pavimento. Aylwin scosse la testa e mi sorrise in modo strano, come nessuno mi aveva mai sorriso prima: No. Ti prometto che non lo dirò a nessuno. Era come se i suoi occhi stessero cercando di dirmi qualcosa, un messaggio che non riuscivo a comprendere. Grazie, Aylwin. Ti devo molto. Figurati, chiunque altro l'avrebbe fatto al posto mio. La guardai dritta negli occhi e risposi scandendo bene le parole: No. Non chiunque. Improvvisamente mi sembrò nervosa…O impaurita: mi sorrise appena e mi sorpassò, correndo su per le scale del dormitorio femminile. Qualche minuto dopo che se n'era andata, arrivarono gli altri.                  

La sera, a cena, non le rivolsi alcuna battuta sarcastica, anzi finsi di ignorare totalmente la sua esistenza. Ma spesso, quando nessuno se ne accorgeva, cercavo di guardarla con la coda dell'occhio. E quando mi ritirai a dormire, restai sveglio a lungo pensando a quello che era successo: ad Aylwin, che mi aveva salvato la vita, che mi aveva promesso di mantenere il segreto e che aveva voluto controllare se avessi la febbre. Per la prima volta avevo pronunciato il suo nome ad alta voce: mi piaceva come suonava. Ma c'era un altro pensiero che mi tormentava ed era molto meno piacevole del primo: dicono che quando uno è sul punto di mollare e poi viene salvato, dopo dovrebbe sentirsi più vivo che mai. Per me non era stato così. Non mi ero sentito affatto vivo. Sorpreso e forse un po' triste di trovarmi là quando pensavo che ormai fosse finita, questo sì. Mi resi conto che non mi ero mai sentito vivo, veramente vivo. Nemmeno quando giocavo a Quidditch, perché non potevo fare a meno di pensare che tutti credevano che fossi il Cercatore dei Serpeverde solo perché mio padre qualche anno fa aveva comprato la scope nuove a tutta la squadra e che l'avessi fatto solo per essere in competizione con Potter. E pensare che sognavo di giocare a Quidditch fin da…Beh, fin da quando sono stato abbastanza grande per capirne le regole. Però non mi faceva sentire vivo.  Durante le partite e gli allenamenti ero nervoso, teso, mi sentivo più ardito del solito…Ma non mi sentivo vivo. E quel giorno, mentre le labbra di Aylwin erano sulla mia fronte, avevo sentito il cuore che cominciava a battere più forte, come non aveva mai fatto prima, il sangue che mi andava alla testa facendomi bruciare le guance e ogni respiro che prendevo mi riempiva i polmoni del suo profumo di lavanda e violetta….Allora sì che per la prima volta in vita mia mi ero sentito veramente vivo, fino in fondo. Anche per questo dopo avevo voluto baciarla in fronte: volevo provare ancora quella sensazione meravigliosa. Pensai a tutte le volte che avevo chiamato la Granger "Mezzosangue": incredibile che fosse stata un'altra strega nata da Babbani – mi rifiutavo e mi rifiuto di usare il termine "mezzosangue" per Aylwin – a farmi provare quella sensazione tanto intensa.

Il giorno dopo, mentre uscivamo da lezione di Incantesimi, qualcuno mi chiamò: mi voltai e vidi Aylwin. Ehi, Malfoy, hai dimenticato questo disse mettendomi in mano il mio Manuale di Trasfigurazione. Strano, ero convinto di averlo lasciato nel dormitorio. Mi accorsi che c'era qualcosa infilato tra le pagine: feci finta di niente e infilai il libro tra gli altri. Poco dopo approfittai dell'effetto soporifero che la lezione di Storia della Magia aveva su Tiger e Goyle per leggere il biglietto di Aylwin: c'era scritto "incontriamoci a pranzo vicino al lago". Se le lezioni del professor Ruff sembravano già normalmente lunghe, quel giorno mi sembrò a dir poco eterna: finalmente la campana suonò e ci dirigemmo a pranzo. O meglio, Tiger e Goyle si diressero a pranzo, perché io andai subito al lago. Aylwin era là che mi aspettava: in cielo c'era un pallido sole e l'aria era molto fredda, perciò non si vedevano altri studenti in giro. Cominciammo a camminare l'uno accanto all'altra lungo la riva. Infine, Aylwin si decise a rompere il silenzio che si stava facendo pesante: Oggi come ti senti? Hai avuto qualche problema?. No dissi piuttosto sorpreso per una simile domanda Sto bene, mi fanno solo un po' male le gambe e le braccia ma non è niente…Tu invece come stai? Ti ho visto fare un po' di fatica con la borsa dei libri…. Ah, quello disse Aylwin tranquilla Non è niente, mi fanno solo un po' male le braccia. Non sei esattamente un peso piuma, sai? mi disse ridendo. Io mi bloccai di colpo e la guardai attentamente: era più bassa di me, superava solo di pochi centimetri la mia spalla, ed era anche più magrolina. E di sicuro meno forte. Provai ad immaginare quanta fatica doveva aver fatto per tirarmi a riva…Avrebbe anche potuto annegare…Aylwin mi guardò incuriosita:Tutto OK?. Più o meno…Perché volevi vedermi? Solo per sapere se stavo bene? chiesi cercando di non sembrare scortese. Aylwin guardò il lago e scosse la testa: C'è una cosa che devo chiederti… mormorò e poi tornò a guardarmi Perché ieri hai smesso di nuotare? E soprattutto, perché hai voluto farlo?. Beh…Avevo voglia di farmi una nuotata e poi, mentre tornavo su sono rimasto senza fiato…Ero troppo stanco per continuare. O forse non eri abbastanza motivato. La guardai di sottecchi: Che vuoi dire?. Beh… mi disse lei intimidita Quando avevo sette anni, mio fratello Owen mi portò a nuotare al lago poco lontano dal paese dove abitavamo… Era quasi ora di andare a casa, ma io volevo tuffarmi ancora. Lo feci in un punto dove l'acqua era molto profonda e così andai troppo in fondo. Allora non sapevo nuotare bene. Cercai di tornare in superficie, ma mi sentivo senza fiato…Però continuai a nuotare disperatamente, anche se le braccia e le gambe mi facevano un male d'inferno. E sai qual è la cosa buffa? scossi la testa incuriosito Mentre ero sul punto di lasciar perdere, mi venne in mente che se morivo annegata, poi mia madre avrebbe ucciso Owen. E per quanto ridicolo, fu quel pensiero a darmi la forza di tornare a galla. Si voltò a guardarmi: Quando mi sono tuffata, ti ho visto liberarti dagli Avvincini e nuotare per un po', ma poi ti sei fermato a poca distanza dalla superficie. E poi, anche quel voler fare il bagno in una giornata non esattamente bella…Insomma… prese un profondo respiro prima di pronunciare l'ultima frase …Sembrava quasi che stessi facendo di tutto per ammazzarti. Evitai di guardarla mentre rispondevo: Quando tu stavi per annegare…Hai pensato che dovevi salvarti per tuo fratello. Io l'unica cosa che ho pensato è stato che era un modo stupido di morire. E ai tuoi genitori? Ai  tuoi amici? A loro non hai pensato? mi disse Aylwin con una leggera nota di rimprovero. L'unica cosa che importa ai miei genitori è che io diventi un giorno il loro degno erede. Quanto ai miei  "amici", beh…Preferisco evitare l'argomento. E non hai pensato a… si interruppe di colpo e io la guardai stupito. A chi?. Niente! Lascia perdere! mi rispose mentre le sue guance avvampavano. Restammo un po' in silenzio, poi Aylwin parlò ancora: Così…Hai cercato inconsciamente di affogarti perché pensi di non aver motivo per vivere?. Può darsi risposi cercando di sembrare freddo Ma ti prego, risparmiami la tua pietà…Non ne ho bisogno. E la prossima volta che mi vedi in un lago, fa' un favore a tutti quanti:lasciami dove sono. Aylwin mi guardò dritto negli occhi: Non contarci mi rispose con voce ferma. Aveva una strana luce negli occhi: non c'era compassione, soltanto una grande decisione e…qualcos'altro, qualcosa che non volevo scoprire.

Per settimane feci di tutto per evitarla e fingere che non esistesse: inutilmente. Non che lei mi cercasse, ero piuttosto io che la cercavo senza volerlo. Se in cortile durante la ricreazione cercavo Tiger e Goyle, la vedevo seduta in disparte con un libro extrascolastico sulle ginocchia; se cercavo Potter per giocargli qualche tiro lei era lì vicino a parlare con la Granger; se entravo nella nostra sala comune lei seduta in un angolino con le cuffie nelle orecchie. A tavola e a lezione mi sedevo sempre lontano da lei, ma non tanto da non poterla guardare, cosa che accadeva di frequenta anche contro la mia volontà. Sui fogli del mio album i suoi ritratti apparivano con frequenza crescente. Non potevo fare a meno di pensare a quello che aveva fatto e detto: le sue parole mi avevano colpito più di quanto intendessi dare ad intendere e forse era anche per questo che evitavo ogni possibile confronto. Ma ovviamente non potevo evitarlo in eterno.