SETTIMA STROFA

Soltanto i morti,

figliolo,

dormono l'eterno sonno.

Ai vivi, il dolce riposo

concesso non è

quindi apri gli occhi,

svegliati dal tuo sonno.

Alzati

e fa' ciò che devi.

Non lasciare loro vedere

ragazzo

la tua anima lacerata

non permettere che scorgano

le ferite che ti hanno inflitto

o sarà tardi.

Potrà piangere il tuo cuore

mentre risuona l'ultima canzone.   

Per tre giorni rimasi in infermeria, sdraiato su un letto senza muovermi, senza sentire né vedere nulla. Non sto parlando per metafore: mi ero realmente chiuso in me stesso. Nella mia testa avevo creato un mondo soltanto mio, fatto di luce, colori e angeli di neve. Un mondo dove Ayly non se n'era mai andata. Stavo bene laggiù: nulla poteva farmi male, nessuno poteva portarmi via ciò che mi apparteneva. Ma una parte di me era ancora cosciente e sapeva perfettamente che quel mondo non era altro che un'illusione. Ayly era morta, la mia Faith non c'era più. Quando finalmente mi convinsi di questo, il mio mondo svanì e ritornai alla realtà. Quando aprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu il soffitto bianco dell'Infermeria tinto di un arancio dorato dai raggi del sole al tramonto. Mi ero svegliato di Mercoledì sera. Aylwin era morta di Domenica. Origliando una certa conversazione, appresi  che il giorno dopo ci sarebbe stata una celebrazione nella vecchia Sala Est e poi i genitori avrebbero portato via la salma per seppellirla in Irlanda, vicino a casa. Nonostante le raccomandazioni dell'infermiera di riposare, quella notte combattei a lungo contro il sonno: avevo una certa idea che mi girava in testa e, per quanto pazza, ero deciso di metterla in pratica.

Erano le dieci del mattino e i raggi del sole entravano dalle finestre dell'Infermeria. Dopo molte raccomandazioni, finalmente Madama Chips si recò alla celebrazione e mi lasciò solo. Aspettai una decina di minuti e poi scesi dal letto: mi muovevo a fatica, tutti i muscoli mi dolevano per essere rimasti fermi per tre giorni e le gambe non mi reggevano bene ma ero determinato ad andare avanti ad ogni costo. Scesi le scale e seguii alcuni corridoi vuoti: nemmeno Pix il Poltergeist aveva il coraggio di combinare i suoi soliti tiri in un giorno del genere. Usando un incantesimo speciale, mi intrufolai nella Torre dei Grifondoro e salii in uno dei dormitori delle ragazze. C'erano quattro letti: ai piedi di uno di essi, c'erano un grosso baule e una valigia. Mi inginocchiai accanto al baule e ne aprii il lucchetto con un incantesimo: un nodo mi strinse la gola mentre osservavo gli oggetti appartenuti alla mia Ayly e che mani estranee e frettolose avevano riposto. In un angolo era incastrato lo zainetto rosa che usava come borsa e portava sempre con sé: guardai prima lì dentro, ma non trovai tutto quello che cercavo. Cominciai a frugare nel baule, mentre ripensavo ad una giornata lontana in riva al lago, quando Aylwin mi aveva raccontato di quando tempo prima aveva investito i suoi ultimi risparmi per comprarsi un CD che per lei racchiudeva un significato particolare. In fondo al baule, la mia mano toccò un oggetto quadrato di plastica: a fatica estrassi il contenitore. Lo aprii ed estrassi il disco argento opaco che conteneva, sostituendolo con quello contenuto nel lettore di Aylwin. Mi alzai e uscii come ero entrato, trascinandomi lungo altri corridoi vuoti finché non giunsi ad una porta di legno, che stavolta faticai ad aprire. Dietro la porta v'era una specie di corridoio con finestre su entrambe le pareti: servivano ad illuminare la grande Sala Est. Quelle sulla parete di sinistra avevano vetri normali e davano all'esterno mentre quelle della parete di destra era adornate da vetri colorati e guardavano direttamente giù nella sala. Avanzai fino all'ultima in fondo al corridoio e sostenendomi al muro guardai nella sala: tutta la scuola era là riunita, fantasmi compresi. Il professor Piton, la professoressa McGranitt, la professoressa Sprite e il professor Vitious sedevano vicini agli studenti delle rispettive Case. Individuai Potter, la Granger e Weasley nel gruppo dei Grifondoro…e poi li vidi. La famiglia Ryan al gran completo occupava la prima panca della fila a destra: da dove mi trovavo, riuscivo a vederli perfettamente. Stentai a riconoscere in signor Patrick John Ryan, i cui capelli erano diventati completamente grigi e il cui sorriso si era spento. Accanto a lui, la signora Ceridwen Ryan stringeva tra le mani un fazzoletto stropicciato. Derek James Ryan, il figlio maggiore, respirava con difficoltà cercando di reprimere i singhiozzi, Malcom David Ryan, il mago, sembrava schiacciato da un peso enorme. Ma quello che stava peggio di tutti e che mi impressionò maggiormente era sicuramente Owen Richard Ryan, il fratello prediletto di Aylwin: il suo volto aveva un colore grigiastro e sedeva immobile come una statua, sbattendo le palpebre automaticamente come cercando di svegliarsi da un sogno. Al centro del corridoio che divideva le due file di panche, una bara bianca coperta di fiori ospitava i resti mortali di Aylwin Heather Ryan, la mia Faith. Restai a guardarli senza udire le parole di Hannah Abbott, una Tassorosso. Quando la ragazza, finito di parlare, scese dal piccolo pulpito e tornò al suo posto, mi riscossi ed agii in fretta: puntai la bacchetta contro il piccolo lettore mormorando Sonorus e, dopo aver regolato il volume al massimo, lo sistemai sulla quindicesima canzone e lo feci partire. Silente aveva appena finito di chiedere se c'era qualcun altro che volesse dire ancora qualcosa. Mi sostenni all'angolo della finestra mentre nella sala e in tutto il castello di Hogwarts cominciavano a risuonare i lamenti della cornamusa e le lacrime dell'arpa. La folla ondeggiò per un attimo e alcuni insegnanti si alzarono, ma Ceridwen Ryan li fermò con un gesto, imponendo il silenzio. La voce cristallina della cantante risuonò con tristezza, cantando una vecchia ninna-nanna:

"'Tis the last rose of summer

Left blooming alone,

All her lovely companions

Are faded and gone

No flow'r of her kindred

No rosebud is nigh

To reflect back her blushes

Or give sigh for sigh.

I'll not leave thee, thou lone one,

To pine on the stern

Since the lovely are sleeping

Go, sleep thou with them

Thus kindly I'll scatter

Thy leaves o'er the bed

Where thy mates of the garden

Lie scentless and dead

So soon may I follow

When friendships decay

And from love's shining circle

The gems drop away!

When true hearts lie wither'd

And fond ones are flow'n

Oh! Who would inhabit

This bleak world alone?"  

Le ultime note dell'arpa stillarono come lacrime e la canzone si chiuse con un sospiro della cornamusa. Per qualche istante nessuno si mosse: l'unico rumore che si udiva nella grande sala erano i singhiozzi  della signora Ryan semi soffocati dal fazzoletto. Il signor Ryan e i suoi figli più grandi cercavano di inghiottire le lacrime, ma Owen Richard non lo fece: lungo le sue guance scivolavano già lente quelle stille di dolore. Mi riscossi e mi allontanai abbandonando il lettore di Aylwin: ero certo che gli insegnati sarebbero venuti immediatamente a controllare il corridoio. Ritornai in infermeria e mi rimisi a letto: nessuno avrebbe potuto mai provare che mi fossi mai alzato. Solo allora mi resi conto con orrore che per Aylwin non avevo versato una lacrima. Tutti l'avevano pianta, tranne me che l'amavo più di ogni altra cosa al mondo. Fu orribile.

Per lo sforzo fatto mi ritornò la febbre: non molto alta, invero, ma mi costrinse ugualmente a restare a letto per quasi cinque giorni. Madama Chips prese molto sul serio questa mia ricaduta e con mio grande sollievo proibì ogni visita: infatti non volevo vedere nessuno, men che meno Tiger e Goyle. Ebbi molto tempo per pensare a quanto era successo ad Aylwin e per cercare le risposte alle molte domande sul suo omicidio. Per quanto doloroso fosse, mi obbligai a ripensare alle condizioni in cui era quando l'avevo trovata. Dovevano averla torturata per ore: con la Cruciatus, probabilmente, ma anche con altre maledizioni. E poi l'avevano abbandonata là, a morire lentamente sopraffatta quel dolore indicibile. Il come era risolto. Anche sul perché non avevo molto da interrogarmi: bastava pensare a quello che aveva cercato di dirmi non appena si era resa conto della mia presenza. Danny, io…non gliel'ho detto… erano state le sue prime parole e poi aveva continuato Me l'hanno chiesto… un migliaio di volte ma io non…non ho parlato…Gli ho mentito, Danny…T-tu sei al sicuro. Con quelle frasi lei intendeva tranquillizzarmi, ma in realtà aveva fatto molto di più: mi aveva detto non solo perché avevano deciso di eliminarla, ma anche chi era stato. Restava soltanto un'ultima domanda: dove l'avevano portata per torturarla? Ero certo che non l'avessero fatto in quel posto: non era abbastanza lontano dal castello, rischiavano di essere scoperti. Questo significava che dovevano averlo fatto altrove, molto lontano. Ma allora come avevano fatto a portarla via? Il fantasma dei Corvonero, Blodwen Rhys, era certa di averla vista passare vicino al castello verso le quattro meno un quarto, il che significava che probabilmente si stava recando all'appuntamento con me quando l'avevano presa. Ma come avevano potuto entrare nel perimetro della scuola senza che nessuno li vedesse? Non potevano essersi smaterializzati né potevano aver usato un manico di scopa…Odio ammetterlo, ma su questo problema ci ragionai un bel po' prima che di rassegnarmi all'unica soluzione possibile: qualcuno che si trovava già all'interno del castello doveva averla portata via. Avevo una lista di sospettati piuttosto lunga: comprendeva tutti gli appartenenti alla Casa di Serpeverde e i primi nomi che vi figuravano erano Vincent Tiger e Gregory Goyle. Prima che fossi dimesso, Silente in persona venne ad interrogarmi su quanto era accaduto nella foresta. Gli dissi una verità e tre menzogne. No, non avevo visto nessuno; no, non sapevo niente; sì, era già morta quando l'avevo trovata; no, non avevo idea di chi potesse essere stato. Silente prima di andarsene si voltò ancora verso di me e mi disse quasi per caso: Però è curioso, signor Malfoy…A lei non importava nulla della signorina Ryan eppure è rimasto talmente sconvolto dalla sua morte da farsi venire una febbre altissima che le consentisse di chiudersi in sé stesso e rifiutare la realtà. Inghiottii a vuoto cercando di sembrare inespressivo: Io…io non stavo rifiutando proprio un bel niente. Silente mi lanciò un'occhiata da dietro gli occhiali: Se lo dice lei…Buona giornata, signor Malfoy. La porta si richiuse alle sue spalle. Sapevo che non aveva creduto ad una sola parola di quanto avevo detto.  

Quando tornai in mezzo agli altri, l'intera scuola parlava ancora della misteriosa morte di Aylwin Ryan e inoltre molti si chiedevano chi avesse messo quella musica, identificata dalla madre come la sua ninna-nanna preferita, al suo funerale. Né gli studenti, né gli insegnati riuscivano a spiegarsi chi ma soprattutto perché l'aveva uccisa. Giravano molte ipotesi, ma quella che raccoglieva il maggior numero di consensi era quella secondo cui gli assassini avevano preso la persona sbagliata. A Hogwarts quasi tutti lo credevano, soltanto io conoscevo la verità. Aylwin Heather Ryan era morta perché doveva morire: nessuno sbaglio, nessuno scambio di persona. Quando si tratta di omicidi, Voldemort e i Mangiamorte non sbagliano mai bersaglio. In quell'ultima settimana di scuola mi comportai come un automa, fingendo di essere indifferente alla perdita del secondo compagno di scuola in due anni. Non riuscii a mostrarmi contento come lo ero stato per Cedric Diggory. I Serpeverde e i membri delle altre case facevano congetture sulla misteriosa malattia che mi aveva tenuto bloccato in infermeria per una settimana senza che potessi ricevere visite, ma nessuno mi fece domande dirette né io ne parlai. A dire il vero in quei giorni parlai appena. Evitavo come la peste Potter, i Weasley e la Granger: la voglia di attaccare briga con i Wonder Boys o di insultare la Granger mi era passata definitivamente e poi avevo già abbastanza guai per conto mio. Mi sentivo malissimo per non aver pianto una singola lacrima per Faith.

Sabato mattina, quasi due settimane dopo la sua morte, mi recai un'ultima volta al nostro rifugio segreto in riva al lago. Era molto presto: saremmo partiti in mattinata, ma volevo restare lì ancora un po'.  Mi sedetti e osservai il sole emergere dalle nebbia e iniziare a brillare nel cielo, ma non abbastanza da rischiarare il mio mondo ormai avvolto nelle tenebre. Avevo con me il mio album da disegno: lo sfogliai attentamente, osservando ogni disegno. Le immagini di Faith, che io stesso avevo disegnato, scorrevano una dopo l'altra dinnanzi ai miei occhi. Li ricordavo tutti, tranne uno. L'avevo fatto dietro esplicita richiesta di Faith: rappresentava una rosa in un bicchiere. Era il suo preferito. Quando mi trovai davanti quell'immagine che avevo scordato, non potei più resistere. Chiusi di scatto l'album per non rovinarlo e nascosi il volto tra le mani: allora finalmente piansi tutte le mie lacrime per Ayly. Per la mia Faith. Rimasi là finché non fu ora di recarsi a prendere il treno che ci avrebbe riportati a casa. Era di nuovo estate.