Rieccovi a grande richiesta (e di chi?) il terzo capitolo della saga Ricci
Spaziali e Passere Ultragalatt.ehm, no, scusate, ho sbagliato serie.uh.ah
ecco! Le Cronache di Darktropolis, la storia di Shadow in un altro mondo
(no, non lo Shadow del forum di TSC, l'altro.no, nemmeno 2001.e neppure
Ultimate.io parlo di QUELLO Shadow, apparso per la prima volta nel glorioso
seguito di Sonic Adventure.ecco, avete capito.).
Se vi aspettavate il disclaimer aspettavate male, alzate il vostro piombato
fondoschiena e ve lo andate a leggere nel primo capitolo (e chi ancora non
lo avesse fatto se lo legga, altrimenti che sta a fare qui?).
Riaggiungo i ringraziamenti a M. Lock per il suoi personaggi (che poi
sarebbero Steel e Sandy in un contesto più pulp), Ayelet Ripley perché è di
sicuro una delle migliori disegnatrici che abbia mai conosciuto (la prima è
Morning, mi spiace Aye.), Shadow (quello del forum) per la sua simpatia e
la sua bravura, idem per Alexander "Tails" Prower (meno che per la bravura
perché non l'ho ancora visto disegnare), Az The Dragon perché esiste, Yuji
Naka che, anche se sono sicuro che non leggerà mai questa storia, mi ha
permesso di sfogare al meglio il mio pallino per la scrittura, creando un
grande personaggio come Sonic The Hedgehog©.
Il pezzo che parte da "Ho visto cose." e termina fino a ".per un'attimo che
parve un'eternità." è un'interpretazione scritta di una delle scene finali
del glorioso film di Ridley Scott, Blade Runner©, quindi nessuno vada a
urlare "Al plagio!" o si metta a dire "Ma io questa scena l'ho già vista da
qualche parte." perché vi ho detto da dove l'ho estratta e nessuno rompa
per questo!!!
Come ho detto all'inizio, ecco a voi il terzo capitolo delle Cronache di Darktropolis (AVVISO AI WEBMASTER E AI CONFUSIONARI: il titolo di questa serie si chiama CRONACHE DI DARKTROPOLIS, non Ombre Luminose. Ombre Luminose è solo il primo capitolo della serie, non il titolo la serie stessa, quindi fate le vostre correzioni sui link, per favore.)
Arrivando al punto:
TURF WAR
(Guerra di Quartiere)
Il punto della situazione: Il trio antimafioso (Shadow, Maria e Mark) era fuggito dalla Cracking Bones, dopo l'azione di rappresaglia nei confronti di Milo Potente, che aveva messo una taglia sulla testa di Maria e Shadow. A casa di Mark arriva Nicky La Punta, boss del Clan dello Smeraldo di Tenebra, accompagnato da un'affascinante quanto misteriosa ragazza, Carminia. Mentre Nicky, Maria e Shadow riposavano per riprendersi dagli effetti del fumo, Mark e Carmina conversarono assieme e lei parlò del suo ex lavoro nel Kinky Leather, un locale sadomaso gestito da uno dei sicari del Don, Leo il Cecchino, offrendogli quasi di proposito un nuovo bersaglio. Nel frattempo vediamo due nuove luci nell'oscura fogna di Darkus, Steve Power e Ellie Connor, lui un ex sicario del Don ritiratosi dal lavoro sporco per amore e lei la sua fidanzata, dottoressa dell'ambulatorio dell'Angel Hospital. Quando meno se l'aspettava, Steve si ritrovò tra capo e collo il suo passato: una telefonata del Don fece scomparire ogni frammento di pace che si era creato nella sua vita, dicendogli che la sua ragazza era nelle mani del boss e che sarebbe accaduto il peggio se non avesse fatto un lavoro per lui, uccidere Shadow. Nel frattempo i nostri eroi entrano nel Kinky Leather, catturano Leo e lo lasciano alla mercé delle sue ragazze, ma appare Carminia, che uccide barbaramente Leo dissanguandolo. Nella fuga vengono fermati da un altro scagnozzo del Don, Vittorio Squamadura. Mark ingaggia un combattimento con Vic, che gli dà del filo da torcere, mentre Maria e Shadow sono impegnati a respingere il seguito di assassini che lo accompagnavano. Riescono rocambolescamente a fuggire prima che la polizia li possa arrestare e si trovano in casa di Shara, che in quel momento si trovava sola a motivo dell'annullamento della taglia di Milo, che aveva costretto l'agente Ben Sandrelli a sorvegliarla. Dopo che Shara si era avviata verso il dipartimento, il trio prosegue nella fuga, ma vengono ostacolati dall'arrivo di Steve, che combatte contro Shadow, ma senza che nessuno dei due abbia la meglio. Vedendo che le cose si complicavano sempre di più, Don Sonny si rivolge a una ragazza misteriosa, tale Candy, che propone un attacco al ghetto per fare in modo che Nicky indirizzasse la sua ira nei confronti dei tre.
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Era mattina, o perlomeno avrebbe dovuto essere così se non fosse per il cielo eternamente oscuro di Darktropolis. Nel ghetto echidna, i nostri eroi antimafiosi erano in casa a riposarsi. Mark stava disteso nel suo letto a dormire, dopo diverse giornate insonni. Shadow e Maria erano stesi sul divano letto, l'uno dava le spalle all'altra. Dopo un pò, Maria si svegliò, sbadigliò, si stiracchiò e si alzò dal letto. Andò vicino alla finestra e vide fuori: le strade erano poco affollate, giusto qualche ragazzino echidna stava giocando fuori, ma ognuno fu subito richiamato dai propri genitori ed esortato a rientrare. Si allontanò da lì ed entrò nella cucina di Mark, aprì uno degli scaffali sopra i fornelli e cominciò a rovistare dentro, alla ricerca di una scatola di tè. Trovò una scatola di latta verde-grigiastro con su scritto, a caratteri militari: TÈ DI CEYLON - QUALITÀ FINE. Maria aprì la scatola, rivelando il contenuto sfuso. Abituata a fare infusioni con le bustine, lei non sapeva come fare. -Bisogno di una mano?- fece Mark, poggiato allo stipite della porta su una spalla con le mani in tasca e vestito di tutto punto. -Oh! Scusa se ti ho svegliato, Mark.- disse Maria. -Non importa, mi ero già svegliato: sei stata silenziosa. -Ok. Senti, volevo preparare un pò di tè, ma qui non vedo bustine: come faccio? -Ci penso io. Mark si avvicinò a lei e prese la scatola del tè, poi mise una mano nello scaffale e tirò fuori una pallina di alluminio bucherellata per filtrare il tè attaccata a una catenella e l'aprì, quindi prese un cucchiaino e mise un paio di dosi nella pallina e la chiuse. -Ecco fatto: usa la pallina come una bustina, penso che il resto lo sai.- disse Mark, passando la pallina a Maria. -Grazie!- disse lei. -Shadow è sveglio? -No, sta ancora dormendo. -Ok, meglio se non lo disturbiamo. Rimasero in silenzio, mentre Maria preparava il tè. -Stavo pensando a quel tizio con cui aveva combattuto Shadow.- disse Mark. -Quale dici? La volpe senza coda?- disse Maria. -Si, proprio quello lì. -Che aveva? -Aveva un'abilità che non avevo mai visto in un killer del Don, era troppo agile e veloce, quasi aggraziato oserei dire: di sicuro il suo stile non proveniva dalla strada. Abilità come quelle vengono da addestramenti militari e roba simile. Ci sono mai state guerre sul vostro pianeta? -Non tante, direi. -Quindi avete un esercito regolare? -Avevamo: adesso sono tutti poliziotti, medici, mercenari e baristi. -Allora mi sa che quel tizio era un mercenario. Abbiamo a che fare con una volpe con le palle quadrate e l'autoreverse. -Una bella rottura, insomma. -Ci mancava solo un sicario bastardo e assassino come me. -Tu...un bastardo? Fammi il piacere, Mark! In tutte le maniere ti sei potuto comportare meno che come un bastardo. -Non mi conosci bene, Maria: se non l'ho dimostrato adesso, sappi che so essere un bastardo implacabile quando è necessario, e poi non vorrei farti dimenticare quel che ho fatto a Leo. -Io quella non la definisco una bastardata, preferisco definirlo un favore. -A chi? -A quelle povere ragazze che lavoravano da lui e a questa città. -Mi chiedo che agonia atroce avrà subito dopo che me ne sono andato via. Secondo te cosa gli avranno fatto? -Come minimo gli avranno cacciato un bastone nel culo e hanno dato un calcio all'altra estremità...come minimo. -Se l'è meritato, dopo tutto quel che ha fatto. -Già. Maria fece finire di bollire l'acqua e mise il filtro da tè a mollo. Mark fece per prendere un paio di tazze e un vassoio, ma fu interrotto dallo squillare del telefono in soggiorno. -Che palle! Nemmeno la mattina si può stare tranquilli!- disse Mark, alzando le mani al cielo e correndo a rispondere -Chi cazzo sarà a quest'ora? Pronto! -Mark, sono io.- disse Nicky, dall'altro capo del filo. -Che c'è stavolta? -Devi venire subito all'Emerald...da solo! Il tono di Nicky sembrava autoritario: Mark se n'accorse. -Che è successo?- chiese Mark. -Muovi il culo e vieni qua di corsa!- fece Nicky. -Ok. La linea s'interruppe. -Chi era?- chiese Maria. -Nicky, e mi è sembrato piuttosto serio.- disse Mark, riattaccando il ricevitore. Mark corse verso la porta, prese la giacca e uscì.
Nel frattempo, in un monolocale sudicio di Wreck City, Steve si stava sistemando gli acciacchi. Dopo le botte che si era beccato aveva metà della colonna vertebrale spostata, una costola a rischio di essere spezzata e una gamba lussata. Era la prima volta che incontrava un killer più agile di lui ed era rimasto quasi spiazzato. Il Don aveva ragione: quel riccio, oltre ad essere veloce, era anche subdolo e senza scrupoli. Prese una corda che aveva sotto al letto della stanza e si legò un capo alla caviglia della gamba lussata, poi si alzò e passò l'altro capo alla maniglia della porta, si stese a terra e cominciò a tirare il capo sciolto. Una pugnalata nella giuntura gli affermò che la gamba era tornata al suo posto. Digrignò i denti per il dolore e cominciò a piangere, ma non per la gamba: pensava a Ellie, al fatto che lei era nelle mani del Don per colpa sua. Il killer più forte di tutta Darktropolis, messo alle strette dal boss mafioso più potente di Darkus. Era impotente, poteva solo uccidere di nuovo. Steve, ormai, aveva imparato una lezione di vita: non si sfugge al proprio passato, quando meno ci si aspetta ci si risbatte il muso e non c'è un cuscino a proteggerlo dall'urto.
Nel Central Palace, nella suite degli ospiti, qualcuno si stava svegliando. Nella stanza riccamente arredata, Ellie si alzò, svegliata dalla luce di Hesperia 5432. In tutta la sua vita non aveva mai visto la luce della stella su cui orbitava Darkus, fu uno spettacolo incredibile ai suoi occhi. Prese i suoi abiti e si rivestì: indossava ancora il camice dell'ambulatorio. Si sedette sul letto e rimase a guardare quello spettacolo meraviglioso. La vista fu interrotta dall'aprirsi immediato della porta: Milo Potente entrò nella stanza di Ellie e si mise a rovistare tra i cassetti dei comodini del letto. Continuò a rovistare, senza successo. Cominciò ad emettere ringhi di frustrazione e rabbia. -Cosa cerchi?- chiese Ellie. Milo non rispose, né si voltò a guardarla, continuò a cercare in tutti i cassetti della stanza. -Guarda che se mi dici cosa cerchi ti posso anche aiutare a trovarlo.- continuò a dire lei. Milo continuava ad ignorarla. Ellie si alzò e fece per mettere una mano sulla sua spalla, ma Milo la tolse bruscamente scansandola e alzando il braccio di scatto. -Non mi toccare! Hai capito? Non toccarmi!- disse Milo con tono scontroso. Ellie si allontanò lentamente: Milo era in preda a una crisi di astinenza e lei non voleva assolutamente farlo sbroccare più di quanto già non fosse. Nel frattempo lui stava rivoltando la stanza come un guanto, probabilmente alla ricerca di una siringa. Fallita la sua ricerca, lanciò dei versi inarticolati che dovevano essere imprecazioni e si voltò verso Ellie. Si avvicinò repentinamente a lei e la prese per il colletto. -Dov'è?- chiese lui, in tono minaccioso. -Cosa? Di che parli?- disse lei, spaventata. -Non fare finta di non aver capito, sai bene di che parlo! Dove sta? -N-non capisco, ma cosa...? -Dannazione, dimmi DOV'È! -Se tu mi dicessi che cosa stai cercando forse ti saprei rispondere! -Dov'è uno spillo? -Cosa? -Uno spillo, un ago, UNA FOTTUTA SIRINGA!!! DOVE STA??? -Non ne ho idea!!! -Porca troia, mi vuoi far incazzare? TIRALA FUORI! LO SO CHE CE L'HAI, DOTTORE! TU HAI SEMPRE UNA FOTTUTA SIRINGA! -Ti dico che non ce l'ho! Milo lasciò Ellie e indietreggiò di qualche passo. Senza che Ellie avesse il tempo di prepararsi, Milo sferrò un pugno sulla parete così forte da far tremare la stanza e ne sferrò un'altro contro uno specchio sulla parete, che si frantumò. Ellie si accucciò a terra, coprendosi le orecchie e stringendo gli occhi. Milo continuò a fracassare il mobilio della stanza, finché non si riaprì la porta e comparve Vittorio. -Cosa sta succedendo?- chiese. -NON LA TROVO! PORCA PUTTANA NON LA TROVOOOOO!!!- urlò Milo. -Te l'avevo detto io che quella roba un giorno ti avrebbe mangiato il cervello. Vittorio si avvicinò a Milo e si mise una mano nella giacca e tirò fuori una siringa di vetro. -Dammi la dose.- disse. Milo, prendendo miracolosamente la calma, cercò di prendere la fiala monouso dalla tasca interna della giacca. Le mani gli tremavano visibilmente e, nonostante avesse le dita sulla dose, non riusciva a prenderla. Dopo il terzo tentativo, la sua frustrazione salì a livelli di tolleranza minima. -Ho capito, faccio io.- disse Vittorio, che gli tolse la mano dalla tasca e prese la fiala. Spezzò con precisione chirurgica la punta e inzuppò l'ago dentro al liquido rosso, quindi lo aspirò: la precisione del gesto fu tale che non era neppure necessario che la scuotesse per togliere l'aria, la dose occupava il suo spazio e non c'era neppure una bollicina. -Togliti la giacca.- disse Vic. Milo si tolse la giacca, rivelando sotto di essa una fondina sottoascellare, alla quale era attaccato il suo fucile a quattro canne. Vic gli alzò il braccio e arrotolò la manica del maglione grigio che indossava, rivelandone la superficie martoriata e livida. Infilzò velocemente la punta dell'ago nella vena e iniettò la dose in meno di un secondo, quindi estrasse l'ago e lo incappucciò. Srotolò la manica del maglione, che faceva da laccio emostatico e si rimise la siringa in tasca. Ellie, che aveva visto tutta l'operazione, rimase allibita dalla precisione e l'accuratezza di Vic, che avrebbe fatto impallidire i migliori medici dell'Angel Hospital. Vic fece stendere Milo sul letto. -Le dispiace se lo lascio qui? Più tardi manderò un ragazzo a pulire e riordinare la sua stanza.- chiese Vic. -Va bene.- rispose Ellie. -Se comincia a dare di matto mi faccia un fischio: sarò qui in un secondo. -Grazie. Vic uscì dalla stanza. Ellie rimase seduta sul letto, accanto a Milo. Steve le aveva parlato sempre malvolentieri del suo cugino di primo grado, Milo Potente. Lei era meravigliata dalla forte somiglianza tra i due e si chiedeva se fossero anche uguali caratterialmente. Milo rimase inerte per qualche minuto, finché non voltò lo sguardo verso di lei. -Chi sei?- chiese con voce roca. -Sono Ellen.- disse lei. -Sono morto? -No. -Allora perché vedo un angelo? -Un angelo? -Tu non sei un angelo? Dopo una tale domanda, Ellie si rese conto che la dose di Synth aveva cominciato a fare il suo effetto: Milo delirava. -No.- rispose lei. -Peccato, mi sarebbe piaciuto incontrare un angelo.- disse lui. Ellie pensò di approfittare della situazione per sapere qualcosa in più. -Come hai fatto ad essere così?- chiese lei. -Così come?- fece Milo -Vuoi dire come ho fatto a diventare quel che sono? Come ho fatto a diventare un figlio di puttana tutto un pezzo? -Si. -È una storia lunga, ma visto che non ho un cazzo da fare e tu sei anche gentile, te la racconterò. Milo si schiarì la voce e sistemò il cuscino sotto la sua testa in modo da rialzare il petto ed avere una migliore respirazione. -Sono nato- disse -circa una ventina di anni fa, in un monolocale di Wreck City. Mia madre era una povera volpe che si guadagnava la vita pulendo i cessi delle case dei ricchi. Mio padre, invece, non l'avevo mai conosciuto: quel bastardo lasciò mia madre quando seppe che io ero pronto per essere sfornato e non lasciò nemmeno un soldo per aiutarla. Il giorno in cui nacqui mia madre era completamente sola, non aveva soldi per l'ospedale né i mezzi per andarci, fu un miracolo se riuscimmo a sopravvivere entrambi. Passò il tempo e io cominciai a crescere: avevo circa sette anni quando feci il mio primo lavoro sporco, rubacchiavo qua e là, taccheggiavo i passanti per strada, fino a che non cominciai a fare sul serio, come rapine a mano armata nei negozi e robe del genere. La prima volta che conobbi Sonny Lo Riccio, che all'epoca non era ancora il kingpin di Darktropolis, fu in un bar: stavo seduto al bancone, senza soldi e senza futuro, quando mi si presentò lui con un biglietto da venti pezzi e mi disse "Vuoi guadagnarteli? Vieni con me: ho una questione da risolvere con un grosso figlio di puttana baffuto e tu mi fai comodo."; io lo seguii, attratto da quel bigliettone, e finii in un giro bello grosso, abbiamo raggruppato insieme qualche altro tizio, tra cui anche mio cugino che era tornato dal fronte e non aveva un lavoro. Insieme abbiamo fatto fuori Don Roberto e abbiamo preso possesso della città. Io mi presi Wreck City, detti un lavoro migliore a mia madre, che adesso abita qui, al ventiseiesimo piano del Central Palace, e mi sistemai. Un giorno, due anni fa, mentre stavo uscendo dalla Cracking Bones dopo aver pestato uno stronzo su di giri che stava importunando i clienti, vidi un tizio seduto sulla strada, un barbone, mi avvicinai per vederlo meglio e mi accorsi che era una volpe, fradicio come una spugna e malconcio. Lo guardai bene in faccia e, anche se sembra incredibile, lo riconobbi: era mio padre, quel bastardo che aveva abbandonato la mamma perché dovevo nascere io. In quel frangente volevo tirare fuori il fucile, ficcarglielo nel culo e sparare fino al click del grilletto, ma mi trattenni: pensai che, nella condizione in cui si trovava stava già messo male e se l'era meritato, quindi lo ignorai e tornai al Palace. Milo si interruppe. -E questa è la mia storia.- disse lui -Adesso non ho più voglia di parlare. Ellie si alzò dal letto. Un riccio, vestito con una livrea rossa e bianca, entrò nella stanza. -Sono il ragazzo di servizio: devo sistemare la stanza.- disse. -Va bene. Devo uscire?- disse Ellie. -Non è necessario.
Intanto, nell'Emerald Inn, Mark era davanti alla porta dell'ufficio di Nicky. Davanti a essa c'erano due echidna rosso porpora vestiti con abiti scuri. -Ben arrivato, Mark: - fece uno dei due -Nicky ti stava aspettando. -Ok, fammi entrare.- disse Mark. L'echidna bussò alla porta. -Avanti!- esclamò Nick da dentro la stanza. La porta si aprì e Mark entrò nell'ufficio. Nicky era seduto dietro alla sua scrivania e dava le spalle alla porta. Una luce soffusa proveniente dal lampadario illuminava debolmente la stanza. -Eccomi qui, Nicky, c'è qualche problema?- disse Mark. -Problema?- disse Nick -E mi chiedi anche se c'è un problema? -Cos'è successo? -Non lo sai? Eppure dovresti saperlo. -Continuo a non capire, Nick. -Che tu fossi speciale, Mark, io lo sapevo bene, ma che tu sia un dannato animale- Nick si voltò e sbatté una copia del Dark Herald sulla scrivania -questo non lo sapevo affatto: leggi la prima pagina e dimmi se ti schiarisce le idee. Mark lesse il titolo di una delle notizie:
OMICIDIO CANNIBALICO AL KINKY LEATHER
Il famoso proprietario del locale sadomaso più conosciuto a Darktropolis, Leonard Fang detto il Cecchino è stato trovato in una delle stanze del medesimo privo di vita. Secondo la perizia del medico legale l'assassino, ancora ignoto, avrebbe aperto uno squarcio nell'addome e nella base del collo della vittima, lo avrebbe dissanguato e quindi cercato di mangiare le sue viscere. Il capo del dipartimento di polizia, Samuel Hog, ha ancora una volta rifiutato di fare nomi sul mandante dell'assassinio e del killer necrofago. Ci sono possibili sospetti che Leo il Cecchino fosse legato al boss della mafia darktropoliana, Don Sonny Lo Riccio.
-Legato una minchia!- urlò il Don, appallottolando il giornale e scaraventandolo nel cestino vicino alla sua scrivania di marmo nero. -Non riusciranno mai a trovare il legame tra lei e il carico di Syntheaven, Don.- disse Vic, che si trovava a distanza di sicurezza dal Don. -No? E tu che minchia ne sai, eh? Lo leggi il giornale o no? Quei figghi di bottana dei giornalisti lo sanno già, quel figghio de bottana di Samuel Hog lo sa! È a tanto così dal mettermi un bastone in culo e le manette ai polsi quello lì! -Vuole che gli elimini? Giornalisti e capo della polizia? -Che? Ho sentito bene? Stai dicendo che dovrei ammazzarli tutti? E tia che minchia hai al posto del cervello? Se li facessi fuori farei solo un casino peggio di quanto si sia già fatto, tutti i fottuti sospetti ricadrebbero su di me e gli sbirri mi verrebbero a mettere in un carcere, sezione Metteteglielo Nel Culo! No, niente rappresaglie contro le autorità, non fare una minchia finché non te lo dico io. Il Don fece una pausa. -Beh?- fece il Don, rivolto sempre a Vic -Che minchia fai ancora qui? Esci da questa minchia di ufficio, ora! Vic uscì dalla suite royal del Don senza dire una parola. L'interfono sulla scrivania suonò. Il Don premette un tasto. -Che c'è?- chiese. -Qualcuno vuole vederla, signor Lo Riccio, - disse una voce dall'interfono -una certa Candy. -Che minchia stai aspettando??? Falla salire!!! Ora!!!
-Credi che sia stato io a uccidere Leo in quel modo?- disse Mark -Anzi no, credi che sia stato io a ucciderlo? -Sei tu che sei andato là, Mark, ed eri l'unico che poteva avercela con lui.- disse Nicky. -E tu pensi che sia andato lì per farlo fuori? Senti Nick, lo sai bene che io... -Che tu cosa? Che tu sei un fottuto cannibale? No, questa mi è nuova e non mi piace affatto: un conto è fare fuori un tizio, un'altra è mangiargli le viscere una volta morto. -Nick, non sono stato io a far fuori Leo e tanto meno gli ho mangiato io le viscere. -E allora chi? Dammi una prova che tu sei innocente e io ti crederò, ma fino a quel momento continuerò a credere che tu sia una bestia e non un'echidna. -Ma cosa ti fa credere che sia stato io a fare questo? -Allora, ricapitoliamo: ti sei beccato migliaia di pallottole e non sei mai morto, hai un fiuto che altri non hanno, sei più forte, più veloce, hai capacità che nessun'altro echidna possiede. A pensarci bene mi sono sempre chiesto come tu sia capace di fare tutto questo e in qualche modo devi pur accumulare energie per farlo, in che modo lo fai? È probabile che tu sia un wemptiuber, ecco cosa. -Questi sono pregiudizi e superstizioni, Nick. -Con uno come te, Mark, si crede anche alle leggende. -In ogni caso, se fossi quello che tu dici, che mi vorresti fare? Uccidermi? -Oh, si, certo, come no! Uccidere te è come cercare di convincere il Don a dare i suoi soldi in beneficenza. No, troppo complicato. Facciamo così: tu cerca delle prove che ti discolpino e io non farò niente a i tuoi amici ricci, va bene? A Mark non sembrava vero che Nicky lo stesse ricattando in quel modo, perdipiù senza prove concrete nei suoi confronti. -Questo è un colpo basso, Nick, non mi piace per niente.- disse lui, con fare scontroso. -Non posso fare altro, Mark, mi spiace.- rispose Nicky. -Va bene, allora, cercherò delle prove per scagionarmi e, una volta trovate, la smetterai di minacciare i miei amici. Intesi? -Intesi. Puoi andare, ma attento a quel che fai. Mark uscì dalla stanza e si avviò verso l'uscita dell'albergo. La situazione non gli tornava, ma in ogni caso sapeva a chi rivolgersi per saperne di più.
Intanto, nella rimessa dei taxi di Darktropolis, qualcuno aveva cominciato a prendere il proprio posto. Un riccio cremisi, con un sigaro che gli pendeva tra le labbra, stava controllando nel suo ufficio su una cartella i conducenti che avevano cominciato a prendere servizio quando senti bussare due volte alla sua porta. -Avanti.- disse lui. La porta si aprì e apparve Steve, vestito con la sua solita tenuta da lavoro, una giacca grigio scura e un paio di pantaloni grigi. -Ehi, sei venuto di buon'ora, Steve:- disse il riccio, prendendo il sigaro tra le dita e scotendolo dalla cenere con un gesto secco -se sei venuto per la busta paga sei in anticipo di due giorni. -No, - disse Steve -sono venuto qua per chiederti un favore. -Dimmi tutto. -Ho un piccolo problema che dovrei risolvere, ha a che fare col mio vecchio lavoro e mi servivano una macchina e una settimana libera. Puoi anche detrarli dal mio stipendio se vuoi, ma mi servono a tutti i costi. -Una settimana e un'auto? Non credo che avrei problemi, Steve: che devi farne? -Ho solo bisogno di quattro ruote per spostarmi, devo cercare un riccio. -Capisco. Non si tratterà di qualcosa che possa graffiare la vernice? -No, niente di azzardato, non avere timore, lo sai quanta cura ho per la mia auto. Il riccio ci pensò su per qualche minuto, tirò una boccata dal sigaro e sbuffò con fare pensieroso, poi aprì un cassetto dalla scrivania e tirò fuori un mazzo di chiavi che lanciò a Steve. Steve prese il mazzo al volo senza nemmeno scomporsi. -Ok, allora, vai, - disse il riccio -non lo detrarrò dallo stipendio, ma la benzina te la devi pagare tu e, se per caso vedo anche un solo microscopico graffio, anche sul parafango, mi risarcisci i danni e ti licenzio su due piedi, sono stato chiaro? -Chiaro.- disse Steve. -Perfetto, e adesso vai. Steve uscì dall'ufficio e si avviò verso la sua auto. Mise la chiave nella serratura della portiera e la aprì, entrò nell'abitacolo e mise la chiave nel cruscotto. La macchina si accese con un rombo sommesso. Steve innestò la prima e uscì dalla rimessa, infilandosi nella confusione del traffico cittadino e divenendo un anonimo numero nella massa.
Maria, nel frattempo, stava finendo di lavare la sua tazza da te nel lavandino della cucina di Mark. Shadow stava ancora dormendo. Fuori, un tuono lontano anticipava un temporale prossimo ad arrivare. Maria entrò nel soggiorno e si mise a scrutare fuori dalla finestra la strada. Rimase a guardare finché non fu distratta dal rumore delle coperte del divano letto che si scostavano. Shadow si alzò, si stiracchiò e sbadigliò, quindi gemette leggermente per il dolore lancinante che sentiva dietro la schiena a causa della botta presa durante lo scontro con Steve che lo aveva buttato contro una porta. -Ben alzato, Shadow.- disse Maria -Dormito bene? -A parte il mal di schiena si.- rispose Shadow, stropicciandosi gli occhi. -Hai fame? -No, grazie Maria, non ho voglia di mangiare. Maria si avvicinò al divano letto e sistemò le coperte. Shadow prese i suoi abiti, che erano piegati sullo schienale del divano, e si vestì velocemente. -Quel tipo ti ha fatto la festa, ieri sera.- commentò Maria. -Festa? Che festa? Quello lì mi ha pestato di brutto, altro che festa.- rispose Shadow. -Stenditi sul letto, a pancia in giù, così vedo quel che posso fare per farti stare meglio. Shadow fece come Maria chiese. Maria si mise cavalcioni su di lui, poggiandosi con le ginocchia al meglio per non sedersi sopra la sua coda, quindi alzò la maglietta di Shadow e controllò cosa non andava: la schiena di Shadow appariva senza problemi. -Dov'è che ti fa male?- chiese lei. -Qui.- disse lui, indicando l'area lombare, a due vertebre dall'osso pelvico. Maria cominciò a passare le dita con movimenti circolari sul punto dolorante. Shadow sentì brividi e scosse elettriche provenire da quel punto e si sentì fremere. Il dolore che sentiva cominciava lentamente a svanire. Nessuno dei due disse nulla durante il massaggio. Dopo qualche minuto, Maria smise di massaggiarlo. -Ti senti meglio?- chiese. -Si, molto meglio, ti ringrazio Maria.- rispose lui. Maria si alzò e si tolse da lì. Shadow fece lo stesso. -Certo che tu guarisci molto in fretta, Shadow, - disse Maria -sei veloce persino in questo. -Beh, ci provo.- disse lui -Dov'è Mark? -Non lo so, Shadow, se n'è andato via di corsa dicendo che lo aveva chiamato Nicky La Punta, poi non so altro. -Tu cosa credi che volesse da lui? -Non ne ho idea, ma penso che si trattasse di qualcosa di serio, vista la fretta con cui si è allontanato. -Spero che non si tratti di qualche problema. -Lo spero anch'io: un problema di Mark è anche un problema nostro, soprattutto per il fatto che siamo gli unici due ricci nel ghetto echidna. Comincio a sentirmi in colpa persino per questo. -Perchè? Cos'hai fatto? -Perchè?! Ho coinvolto anche Mark in questa storia e quel che gli succede è anche per colpa mia. -Non t'incolpare, Maria, lo sai che non sei stata tu a volere tutto questo. -Già, ma ciò non significa che dovevo coinvolgere persone che conosco nei miei problemi. Credi che ne usciremo vivi da questa storia? -Non lo so, Maria, ma farò in modo che a te non accada nulla, l'ho promesso. -Non mi lascerai mai? -Mai. Maria ripiegò il letto nel divano e si sedette. Shadow si mise accanto a lei. Lei guardò lui: lo sconosciuto che aveva raccolto dalla strada era diventato la sua speranza, il suo rifugio in caso di tempesta e temeva che non sarebbe riuscita ad andare avanti se lui fosse morto o, peggio ancora, sparito senza lasciare tracce. Mise le sue braccia intorno al collo di lui e poggiò la testa sulla sua spalla.
Per i vicoli malfamati di Wreck City, Mark si guardava intorno alla ricerca di una prova che lo scagionasse dall'accusa di essere un mostro cannibale: barboni che rovistavano tra le immondizie e prostitute dallo sguardo spento sembravano essere le sole cose presenti in quei posti. Continuò a camminare finché non incontrò un volto familiare: una lupa con il pelo grigio e una tuta di gomma che lasciava scoperti i seni gli si avvicinò. -Ehi, ragazzone!- disse lei -Hai voglia di divertirti? 200 pezzi e potrai fare di me quello che vuoi. -Non ti ho già visto da qualche parte?- fece Mark. -Non saprei. Perché me lo chiedi? -Non mi riconosci? La lupa si avvicinò di più, socchiudendo gli occhi. -Aspetta un minuto...ma tu sei quel tipo che ha preso a calci in culo Leo il Cecchino!- disse lei. -Già, sono proprio io, - fece Mark -e tu, invece, sei una sua ex dipendente, giusto? -Non sapremo mai come ringraziarti, ragazzone: tu non immagini nemmeno che favore hai fatto a noi ragazze. -Certo, ma ho un problema, riguarda proprio Leo. -Ah si? Cos'è successo? -Mi accusano dell'omicidio di Leo, mentre invece non sono stato io a scannarlo. La lupa cambiò espressione facciale, da sorpresa e contenta a seria e preoccupata. -Chi ti ha accusato? La polizia?- chiese lei. -No, il mio datore di lavoro, che crede che sia stato io a ucciderlo, dissanguarlo e mangiargli le viscere.- rispose Mark -Tu e le altre ragazze siete le uniche che sanno la verità, che sanno chi è il vero assassino, il mio boss non mi crede e due miei amici sono in grave pericolo per colpa mia... -...quindi hai bisogno del vero killer, giusto?- disse lei. -Beccato al primo colpo. Sai com'è andata lì, vero? -Certo, dal momento in cui eri andato via in poi. -Allora dimmi tutto. La ragazza raccontò ciò che accadde al Kinky Leather a Mark, che rimase stupefatto da una rivelazione. -Carminia ha ucciso, dissanguato e sbudellato Leo?- disse lui. -Parve strano anche a noi, anche se per me non era una novità.- disse lei. -In che senso? -Non saprei come spiegartelo, ma ogni volta che mi avvicinavo a lei sentivo una strana sensazione, come se delle voci sottili e penetranti come aghi mi entrassero nella testa e uscissero solo dal momento in cui mi allontanavo da lei e poi, quegli strani malori nei clienti...pareva che ogni volta che aveva a che fare con uno di loro, quelli tornavano indeboliti, senza forze... -Una vampira... -Come? -Niente, pensavo ad alta voce. Avevate chiamato la polizia? -Si, subito dopo essere fuggite. -Bene, spero di trovare qualcosa di interessante al dipartimento. -Lo spero per te e...a proposito... -Cosa? -Non credi che mi meriti qualcosa dopo averti rivelato quest'informazione? -E cosa vorresti? -Beh, potrei chiederti di venire a casa mia adesso: oggi non ho niente da fare, non arrivano clienti e non so come riempire la giornata. Che ne diresti se... -...se? -...se tu ed io... -...se tu ed io? -...se tu ed io ci mettessimo a fare un pò di "conversazione", non so se mi spiego... Quando la lupa disse "conversazione" si avvicinò a Mark, guardandolo negli occhi e si mise al suo fianco, poggiando una mano sul posteriore di lui. -Offerta allettante, ma non posso.- disse Mark. -Oooh...ma perché?- fece lei, in tono quasi lamentoso -Da quando ti ho visto mi fai venire voglia di farlo gratis, perché vuoi negarmi (e negarti) un piacere simile? -Sono impegnato, ecco tutto. -Proprio non vuoi? -Non posso, è più forte di me. -Nemmeno farmi vedere qualcosa? -Che vuoi dire? -Mi piacerebbe tanto vedere cosa c'è sotto a questi abiti...oppure non puoi fare neppure questo?
Nel bar echidna, nel frattempo, la situazione era di ordinaria amministrazione. Clienti abituali e non sedevano ai tavoli o a bancone, bevendo o conversando tranquillamente tra loro. Una coppia, ragazzo e ragazza, parlavano amorevolmente del loro futuro. -Insomma, - fece lui -lo vuoi tenere? -Si, sono decisa.- disse lei -Sei contento? -Tesoro, non immagini quanto sia felice di sapere che tra qualche giorno sarò padre. Ti amo. -Anch'io. I due ragazzi si baciarono. Mentre loro si scambiavano effusioni amorose, nel bar entrò un tipo che non sembrava affatto un cliente abituale. Uno scoiattolo, che indossava un paio di occhiali neri, un giubbotto di pelle nera con un disegno all'aerografo di un drago bianco e dorato sul pettorale sinistro, un paio di pantaloni neri e quattro orecchini, due all'orecchio destro e due all'angolo sinistro del labbro inferiore si avvicinò al bancone. Il barista si avvicinò al tipo. -Cosa vuoi?- chiese con tono basso. -Cerco un killer.- fece il tipo con fare flemmatico. -No, tu cerchi guai: i Dragoni non possono entrare nel ghetto. Sparisci, prima che la gente si accorga che tu sei entrato qui. -Sai dirmi dove posso trovare un echidna nero muscoloso che si fa chiamare Mark Denhaim? -Ascolta tipo, levati dai coglioni prima che ti faccia diventare io nero. -Non mi ascolti? Ti ho chiesto un'informazione e vorrei che tu mi rispondessi. -No, sei tu che non mi ascolti. Il barista fece un fischio in direzione dei tavoli e due echidna robusti si avvicinarono al bancone. -Qualche problema, Doug?- fece uno dei due. -Si: cacciate a pedate questo stronzo.- fece il barista, indicando lo scoiattolo. -Un Dragone, eh?- disse l'altro echidna -Non sei troppo lontano da casa, frocetto? Lo scoiattolo non rispose. -Ehi, stronzetto!- disse l'echidna con tono alterato -Ti ho fatto una domanda! Silenzio. -E va bene, l'hai voluto tu.- disse l'altro echidna. Fece per sferrare un pugno verso lo sconosciuto, ma il braccio venne bloccato da una presa a torsione dello scoiattolo, che rigirò l'avambraccio, provocando uno scricchiolio osseo nel gomito dell'echidna, strappandogli un urlo. -Brutto figlio di puttana!- esclamò l'altro, cercando di sferrare un pugno in faccia all'assalitore, ma il colpo venne fermato dalla mano aperta libera. Lo scoiattolo strinse il pugno, provocando un sonoro schiocco cartilagineo delle dita dell'echidna. L'echidna gridò. Con le mani occupate, lo scoiattolo alzò le gambe e colpì al mento i due echidna con il tacco dei duri anfibi che indossava, facendoli cadere a terra, incoscienti. Gli altri echidna nel bar, accortisi dell'intruso, cominciarono ad avvicinarsi minacciosamente. Prima che potessero prendersela con lui, nel bar entrarono altri scoiattoli, con giacche e giubbotti marchiati nello stesso modo, ad armi spianate. Gli echidna si fermarono. Lo scoiattolo che era entrato per primo si avvicinò al barista e lo prese per la collottola. -Allora, - fece lui -ti avevo fatto una domanda, vorrei una risposta che non sia "non lo so". -Fottiti!- fece l'echidna -Non puoi entrare nel mio bar e fare il padrone del cazzo! Lo scoiattolo fece una pausa di qualche secondo, poi prese l'echidna per la nuca e gli fece sbattere la faccia sul bancone usurato e pieno di schegge del bar, facendogli passare la faccia attraverso al legno. -Hai un'altra possibilità, - disse lo scoiattolo, sempre in tono calmo -se non mi dai la risposta giusta ti cavo gli occhi. L'echidna, con la faccia costellata di tagli e schegge, sputò uno sbocco di sangue contro il drago disegnato sulla sua giacca. Sempre mantenendo la calma, lo scoiattolo, con un gesto rapido della mano, ficcò indice e mignolo nelle orbite del barista, strappandogli un urlo agghiacciante. -Ora ti conviene rispondermi, altrimenti ti strapperò la trachea dal collo.- disse lo scoiattolo. -V-vicino al vecchio teatro, tre isolati.- rispose il barista, piagnucolando. -Grazie. -Spero che Mark vi strappi le palle quando arrivate da lui. Lo scoiattolo rilasciò la presa e uscì dal locale, passando in mezzo agli altri suoi compari. -Fate fuori la gente nel locale e piazzate le cariche.- disse loro, con noncuranza. Gli scoiattoli tirarono indietro gli otturatori delle loro armi e aprirono il fuoco sugli avventori. Echidna su echidna cascarono a terra, lasciando pozze di sangue a terra. Urla femminili e rantoli furono soppressi dal rumore delle armi. Quando finirono di sparare, uno di loro piazzò in mezzo al locale un pacco di esplosivi e premette un codice sulla tastiera numerica su di esso, quindi si allontanarono tutti insieme. Tra i cadaveri di echidna nel bar, un segno di vita. La mano tremante della ragazza si avvicinò a quella del suo ragazzo. Rendendosi conto che lui era ancora vivo, lei si alzò a fatica e vide il timer della bomba, regolato a trenta secondi. Prese il suo ragazzo per le braccia e, raccogliendo tutte le forze che le erano rimaste, lo trascinò fuori dal locale. Lo portò in un vicolo dietro al bar e attese. Un boato spazzò via il silenzio e il bar venne spazzato via dall'esplosione. La ragazza fece per svegliare il suo ragazzo. Lui aprì gli occhi: una ferita di striscio alla spalla grondava sangue. -Che.che è successo?- chiese lui. -Sono tutti morti.- disse lei, tremante, mettendosi a sedere a terra e raggomitolando le gambe con le braccia. Le lacrime le rigarono il volto.
Intanto, al Dipartimento di Polizia, Sam stava seduto dietro alla sua scrivania, con le braccia incrociate su di essa e la testa poggiata sugli avambracci. Le possibilità di prendere il Don in trappola si allontanavano sempre di più, scivolando come sabbia tra le sue dita. Senza la testimonianza di uno dei suoi scagnozzi non poteva incastrarlo. Non sapeva cosa fare. Prima che potesse rendersene conto, la finestra dell'ufficio si aprì. Si alzò e si voltò per vedere come mai si era aperta, ma non vide nulla: probabilmente era già aperta e una ventata l'aveva semplicemente spalancata. Fece per girarsi e rimettersi a sedere e si trovò faccia a faccia con Mark. Sam fece un salto per lo spavento e non riuscì a dire una parola perché il fiato gli si era strozzato in gola. -Buona sera, capo.- disse Mark. -Mi hai fatto prendere un colpo: che diamine ci fai qui?- chiese Sam. -Ho bisogno di prove e so che voi le avete. -Prove di cosa? -Omicidio cannibalico al Kinky Leather. -E tu che ne sai se noi.aspetta un secondo, tu eri là, è vero, dovresti essere tu a fornirmi una testimonianza o una prova. -Testimonianza? Contro chi? Non sei riuscito ancora a incastrare il Don? -No: l'unico testimone disposto a collaborare è sotto una dose massiccia di Synth. -Allora sei nella merda, è così? -Anche sotto, direi. -Bene, siamo in due: il capo clan del ghetto crede che sia stato io a commettere l'omicidio di Leo il Cecchino e ho bisogno di prove per discolparmi e voi, di sicuro, le avete. Ti propongo uno scambio: tu dammi le prove dell'omicidio a carico della vera assassina e io ti fornisco una prova sull'implicazione del Don nell'affare. Ci stai? Sam, dopo quella proposta, sgranò gli occhi, incredulo a ciò che aveva sentito. -Tu hai delle prove che mi permettano di incastrare il Don? Mark tirò fuori dalla tasca interna della giacca una cassetta audio. -Non è molto, ma è sufficiente a inchiodarlo: è una telefonata fatta da me mentre ero al Kinky Leather, al numero del Don. È tuo se mi dai le prove sulla colpevolezza di Carminia Fledermaus. -E tu come accidenti sai che l'assassina.? -Preferisco non dire come mi sono procurato quest'informazione, diciamo che la fonte era certa della veridicità. Sam guardò Mark negli occhi, uno sguardo serio, lo stesso sguardo di sua figlia quando era d'accordo su una cosa. Aprì lo schedario e cercò tra le cartelle e, dopo un paio di minuti, trovò la cartella del caso e la poggiò sulla scrivania, tenendoci sopra una mano. Mark fece lo stesso con la cassetta. Sam fece scivolare la cartella verso Mark e lui fece lo stesso con la cassetta. Entrambi agguantarono ciò di cui avevano bisogno. -Ti do un consiglio, capo:- disse Mark -se vuoi incastrare il Don devi aspettare che cada di nuovo in fallo, poi vallo a prendere. -Che occasione devo aspettare? Le prove le ho, posso anche andarci adesso a. -Sarebbe troppo rischioso andare lì ad armi spianate con un mandato di arresto, devi prenderlo quando è debole. -Allora quando? -Te lo dirò io, non temere, per ora prepara il mandato e io ti servirò il Don in un piatto d'argento. -Mi sembra tanto una cazzata, ma voglio fidarmi. Mark aprì la finestra dell'ufficio. -Appena avrò finito con questo te lo riporto, non aver paura.- disse. E saltò dalla finestra. Sam rimase a guardare la finestra aperta, poi guardò la cassetta. Richiuse la finestra e si mise a sedere dietro alla sua scrivania: aveva la prova, probabilmente schiacciante, per inchiodare il Don ma non poteva sprecarla, in fondo l'echidna aveva ragione sul fatto che non poteva azzardare.
In casa di Mark, nel frattempo, Shadow e Maria erano rimasti a sedere sul divano, senza dirsi niente. Lei con il mento poggiato sulla spalla di lui e lui con un braccio sulle spalle di lei, gli occhi chiusi e la testa bassa. Fuori dalla casa, a distanza di sicurezza, una elegante auto nera lucida si parcheggiò davanti. Uscì uno scoiattolo nerboruto, armato di un lanciarazzi AL-50, che si poggiò sul cofano e prese la mira verso la casa di Mark. Shadow aprì repentinamente gli occhi, alzò la testa e si rese conto di vedere il tempo intorno a se rallentato: guai in arrivo, e grossi. -Maria?- disse lui. -Che c'è?- fece lei. -Alziamoci, adesso, prendi il borsone con la roba e saltiamo dalla finestra. -Cosa? -Fa come ti dico: qui c'è qualcosa che non va. Lo scoiattolo premette il grilletto. Maria prese il borsone, che era ancora poggiato a terra accanto al divano. Shadow si alzò, prendendo Maria con un braccio intorno alla sua vita. Il razzo partì in direzione della finestra. Shadow saltò verso la finestra chiusa, parandosi il volto con l'avambraccio e la sfondò. Il razzo gli passò rasente alla schiena. Maria e Shadow rotolarono a terra. Una deflagrazione li spinse via dalla casa, che esplose. Shadow si mise addosso a Maria, parandola con il suo corpo dalle schegge e i pezzi di calcinacci. Si rialzarono e corsero via. -Cosa è stato?- chiese Maria -Chi ha fatto questo? -Non ne ho idea, ma se non ci sbrighiamo ci faranno fuori.- rispose Shadow. Dietro di loro gli scoiattoli tirarono fuori le loro armi e cominciarono a fare fuoco contro loro due. Shadow si affrettò a buttare Maria dietro al muro di un vicolo e nello stesso tempo si rigirò e si buttò all'indietro, tirando fuori una Beretta e facendo fuoco verso gli aggressori. Le pallottole, che a lui sembravano muoversi lentamente, colpirono tre scoiattoli, ferendoli mortalmente. L'auto si accese e cominciò a correre verso di lui, che si era alzato in piedi con uno scatto da ballerino classico. L'auto lo prese in pieno e lo scaraventò a terra, facendolo strisciare sul pavimento stradale. Uno degli scoiattoli uscì dall'auto e si avvicinò lentamente a Shadow, che giaceva sull'asfalto. Prima che potesse reagire, Shadow lo colpì da terra con un calcio nello stomaco, poi si alzò con una giravolta e lo colpì nuovamente con un altro calcio che lo fece atterrare contro il paraurti dell'auto. Lo scoiattolo cadde incosciente. Altri due scoiattoli uscirono dall'auto e si diressero verso di lui. Cercarono di colpirlo con serie di pugni ma senza risultato: Shadow deviava i colpi con una mano sola. Roteò la gamba e li colpì al volto, facendoli cadere a terra. L'autista accelerò di nuovo per investirlo. Shadow fece un salto laterale ed evitò la carica, rifugiandosi nel vicolo con Maria. -Tutto ok?- disse lei, che lo aveva visto investito dall'auto. -Nessun problema.- fece lui, mostrando il pollice alzato. Shadow uscì dal vicolo. L'auto compì un freno a mano e girò di 180°, rivolta verso di lui. Shadow rimase fermo, la faccia rivolta verso l'auto e il corpo di profilo. Le ruote scivolarono e presero aderenza all'asfalto. L'auto si lanciò verso Shadow. Shadow gli corse incontro. Quando entrambi furono vicini, lui saltò, poggiando le mani sul cofano e spingendo i piedi uniti verso il parabrezza. Entrò nell'auto, sfondando il vetro, e colpì con un pugno l'autista, facendolo uscire dal finestrino. La vettura si fermò e Shadow scese, prese l'autista, un altro scoiattolo, per la collottola. -Chi siete?- chiese. L'autista non rispose. -Parla se non vuoi che ti stacchi la testa dal collo, patetico essere vivente!!! -Siamo del clan del Dragone, nemici del Clan dello Smeraldo di Tenebra: siamo guerrieri senza timore, non conosciamo la paura.neppure della morte. Con un gesto improvviso, senza che nemmeno Shadow potesse reagire, lo scoiattolo mosse le braccia verso il proprio collo e se lo spezzò. Shadow lasciò il corpo esanime, inorridito dal gesto suicida. In lontananza, si sentiva il rumore di spari attutiti. -Shadow, dobbiamo scappare: questa è una guerra tra bande e noi siamo i ricci sbagliati nel posto sbagliato.- disse Maria. -Non ne sono sicuro, Maria:- fece Shadow -questi tipi sono venuti solo a cercare noi. -E tu che ne sai? -Lo sento e basta. Andiamo ad aiutare gli echidna. -Ok. Shadow tirò fuori dalla cintura la sua seconda Beretta e corse verso gli spari, cercando di farsi seguire da lei.
Dall'altra parte del ghetto, intanto, si era scatenato l'inferno. Un fuoco incrociato tra un gruppo di echidna e alcuni Dragoni infuriava per la strada. -Stiamo finendo le pallottole.- fece uno degli echidna, riparato con gli altri dietro a un cassonetto dell'immondizia -Perché Mark non c'è mai quando ne hai bisogno??? -Stà zitto, Cole: possiamo anche fare da soli in questo momento.- disse un'altro echidna. Una pallottola vagante colpì uno degli echidna al petto, che cadde a terra. -Cazzo, hanno preso Lefty!!!- disse Cole. Un'altra pallottola colpì di striscio la spalla di un'altro echidna. -Merda!- esclamò. -Non possiamo continuare così: quei bastardi ci ammazzeranno!!!- fece Cole. -Non è mai successo che i Dragoni vincessero una battaglia, Cole, e non accadrà neppure oggi!- fece l'echidna ferito. Una scarica di mitra falciò altri tre echidna. Rimasero Cole e il ferito. -Siamo fottuti, non c'è speranza.- fece Cole. I Dragoni, vittoriosi, si tolsero dal loro rifugio e avanzarono verso i due echidna rimanenti. Per Cole e il ferito sembrava tutto perduto quando tre colpi di Magnum esplosero, colpendo i tre Dragoni e uccidendoli. I due si voltarono e videro Mark, con la pistola alzata e la canna fumante. -Mark! Fratello, sei arrivato in tempo!- fece Cole. -Che cazzo sta accadendo qui?- chiese Mark. -I Dragoni ci hanno attaccato, Mark, pare che cercassero te.- fece il ferito. -Me? E cosa possono volere da. Mark si interruppe. -Oh merda!- esclamò -se mi cercano vuol dire che.oh no, no, no, fa che non sia così!!! Mark corse verso casa sua: temeva che Shadow e Maria fossero stati uccisi.
Intanto, al dipartimento di polizia, Shara chiacchierava con Ben, seduto alla sua scrivania. -Allora tesoro,- fece lei -quanto manca ancora alla fine del turno? -Ancora qualche minuto, Shara, non vedo l'ora di uscire.- disse lui. -Spero che Maria e i suoi amici non abbiano combinato qualche casino nel mio appartamento. -A proposito di loro tre, rispiegami come avrebbero fatto ad apparire in mezzo al tuo soggiorno. -Te l'ho detto, sono apparsi dal nulla, un secondo prima non c'erano e poi puff! Eccoli là! -Succedono parecchie cose strane da quando è arrivato in città quel riccio nero. -Eh si, Shadow è proprio un tipo particolare, per non parlare di quell'altro amico di Maria, quel Mark: hai presente quel riccio verde che mi ha accompagnata qui? -Si, ho presente. -Era lui, che si era trasformato in quel modo per non dare nell'occhio! Incredibile, vero? -Così quell'echidna è in grado di trasformarsi a suo piacimento in qualunque cosa egli voglia. -Già. Ben dette uno sguardo all'orologio: era ora di andarsene. -Ok, piccola,- disse lui -dammi il tempo di cambiarmi abito e sono subito da te, così ce ne torniamo a casa. -Ok, ti aspetto qui.- disse lei. Ben si avviò verso gli spogliatoi, entrò e si avvicinò al suo armadietto, lo aprì e cominciò a togliersi la divisa. Un altro poliziotto, un riccio cremisi, era davanti al suo armadietto, che era a due porte da quello di Ben. -Ehi Ben!- fece il poliziotto -Chi è la tipa con cui parlavi prima? -Lei è la mia ragazza, Rod.- disse Ben, continuando a cambiarsi d'abito. -Carina la tua ragazza. -Lo so. -Immagino che inzuppi il biscotto tutte le sere con quella, eh? -Bada a come parli, Rod, io non sono un porco come te. -Ehi, scusa, Mr. Sensitive, non sapevo che tu fossi così premuroso! -Beh, adesso lo sai. Ben finì di mettersi i suoi soliti abiti, un paio di pantaloni grigi, una maglietta bianca, un gilet scuro e una giacca di pelle nera che gli arrivava fin sotto ai fianchi. -Ci si vede, Rod.- disse Ben, avviandosi verso l'uscita. -Al prossimo turno, Ben.- rispose Rod, con la testa ancora infilata nell'armadietto a rovistare tra le sue cose. Ben si avviò verso la porta, pensando che avrebbe passato una bella serata con Shara, quando vide che qualcuno la stava importunando. La cosa che lo infastidiva di più era che chi la importunava non era un delinquente di quelli che si trovano abitualmente in custodia nel dipartimento in attesa di una cella o di un chiarimento, ma era uno dei suoi colleghi. -Andiamo, piccola,- disse il poliziotto, un riccio giallo più grosso e più alto di Ben -non fare la timida, vedrai che con me ti divertirai. -Non ho alcuna voglia di seguirti,- diceva Shara, con tono acido -so cosa vuoi da me e, credimi, non ne ho alcuna voglia. -Fai la difficile, eh? Non ti preoccupare, ti faccio cambiare idea. Il poliziotto fece per allungare una mano sul petto di Shara. -Togli le tue schifose manacce da lei, Sandusky.- disse Ben. -E tu che vuoi, Sandrelli? Levati dalle palle, bello, questa l'ho vista prima io.- disse il riccio. -No, tutto il contrario, levati tu dalle palle. -Altrimenti? -Altrimenti ti fracasso quel grugno di merda che hai. -Cosa vorresti fare tu? Il riccio spintonò Ben e lo fece cadere a terra. -Non sei nemmeno capace a stare in piedi, perdente!- lo insultò. Ben si rialzò. Intorno ai due il pubblico di poliziotti e malviventi facevano il tifo per entrambe le parti. -Fatti sotto, stronzo!- disse Ben. Sandusky si avvicinò a Ben per tirargli un pugno, ma Ben fu più veloce e gli sferrò una testata sul naso, che gli fece schizzare un rivolo di sangue dalla narice. Ben, fece due passi indietro, tenendosi la testa con le mani: gli era sembrato di aver preso un muro con la fronte -Brutto figlio di puttana, questa volta non la passi liscia.- disse Sandusky, asciugandosi il sangue con il dorso della mano. Il riccio caricò un pugno e lo sferrò nella porta dello stomaco di Ben, che si inginocchiò a terra, tossendo. Gli faceva male e la vista gli si era annebbiata, tanto che la botta era forte. Il riccio unì i pugni e li alzò per colpire Ben mentre era a terra, ma rimase fermo per registrare un acuto dolore al cavallo. Shara gli aveva sferrato un sonoro calcio nei testicoli. -Non provare a toccare il mio ragazzo, brutto bastardo!!!- esclamò lei. Sandusky cadde a terra, tenendosi i gioielli di famiglia e gemendo. Nel dipartimento si fece silenzio. Shara corse verso Ben e lo prese per mano, poi si avviò verso l'uscita con lui. Entrambi si incamminarono verso la casa di lei. Ben si teneva una mano allo stomaco, che gli doleva come se gliel'avesse colpito un maglio da demolizioni. -Ti fa ancora male, tesoro?- chiese Shara. -Un pò, non ti preoccupare tesoro.- disse Ben, con un filo di voce. Nessuno dei due disse altro. Arrivarono a qualche isolato dalla casa di Shara. -Ben?- disse lei. -Si, tesoro?- disse lui. -Lo sai che nessuno mi ha mai difeso come hai fatto tu? -Dovevo farlo: non sopportavo che qualcuno ti importunasse, soprattutto quel. -Ti amo. -Anch'io, amore.
Nel frattempo, per le strade del centro, Steve girava a vuoto, per cercare di rilassarsi il più possibile ed essere pronto mentalmente e fisicamente a battersi di nuovo con Shadow. Dai finestrini osservava la fanghiglia animale della città: barboni che urlavano, ubriaconi che vomitavano nei vicoli, prostitute che adescavano i loro clienti, drogati synthomani che sedevano sul marciapiede o che si scaldavano a un fuoco di fortuna. Steve odiava la città, odiava tutto quello che c'era dentro e tutto ciò che aveva a che fare con essa. Un giorno sarebbe andato via da quel posto e si sarebbe definitivamente buttato alle spalle tutto il suo passato, i suoi guai, i suoi problemi. Pensò a una via di fuga, ma il suo pensiero si rese vano: dove poteva andare? Il pianeta era limitato, Darktropolis ne occupava un terzo, il resto era deserto e giungla semi inesplorata e sapeva che fuori da quel pianeta non c'era via di fuga, nonostante gli scienziati avessero ipotizzato che c'erano altri pianeti abitabili al di fuori dell'orbita di Darkus. Non aveva speranze. Strinse le mani sul volante e continuò a guidare.
Nel frattempo, nel ghetto echidna, uno scontro a fuoco si era scatenato nell'Emerald Inn. Una barricata di fortuna, costruita con tavoli, sedie e divani accatastati, copriva Nicky e i suoi fidati dal fuoco ostile dei Dragoni. -Ma si può sapere perché quei rotti in culo dei Dragoni sono venuti a rompere il cazzo nel ghetto?- chiese Nicky a uno dei suoi uomini che cercava di colpire a fucilate gli assedianti. -Ho sentito alcuni dei nostri che sono stati attaccati per primi: dicono che cercavano Mark.- rispose. -Dovevo immaginarlo. Cazzo, da quando Mark si è messo a fare il giustiziere dei miei coglioni per quei ricci ci troviamo nei casini fino al collo! Il fuoco incrociato impazziva sempre di più, fino a che non smise di colpo: i Dragoni avevano smesso di sparare. Segui una serie di colpi di pistola fuori dall'albergo, ma nessuno dei Dragoni aveva fatto fuoco. Con grande sorpresa da parte di Nicky e i suoi, gruppi di scoiattoli caddero a terra, a seguito di quei colpi e solo uno rimase in piedi. Si levò un silenzio tombale e una fitta nebbia di cordite bruciata. -Ma cosa.?- provò a dire Nicky. La nebbia artificiale si diradò e apparve Shadow, con le pistole scariche, seguito da Maria, con le canne delle sue pistole fumanti. Il Dragone sopravvissuto, lo stesso che aveva fatto massacrare la gente al bar del ghetto, fronteggiava i due. -Non so come tu sia riuscito a uccidere i miei uomini, riccio,- disse -ma stai certo che la tua abilità e la tua vita terminano qui. -Fatti avanti,- disse Shadow, rinfoderando le pistole -non ho paura di te. Lo scoiattolo buttò a terra le sue armi scariche e raccolse l'invito di Shadow: corse incontro a lui e saltò, cercando di colpirlo con una serie di calci in faccia, che Shadow parò con il palmo delle mani aperte. Fulmineamente, Shadow agguantò una delle caviglie e lo scagliò contro un muro della hall, ma lo scoiattolo fu tempestivo e camminò sul muro, facendo tre passi e ricadendo a terra in piedi. Lo scoiattolo sferrò un calcio a rotazione verso la faccia di Shadow, ma il suo piede venne respinto dal gesto immediato dell'avambraccio di lui. Continuarono a colpire e a pararsi senza sosta, finché Shadow non fu abbastanza veloce da sferrare un colpo con il taglio della mano e a rompere una lente dei suoi occhiali da sole. Entrambi indietreggiarono. Lo scoiattolo si tolse lentamente gli occhiali rotti. -Non male come mossa, riccio,- disse -peccato che morirai tra poco, con le vertebre del collo fuori posto e un aculeo conficcato nel tuo cuore. Lo scoiattolo corse incontro a Shadow, con il pugno serrato. Shadow era pronto a fronteggiarlo. Con enorme sorpresa lo scoiattolo, anziché andargli addosso, volteggiò in aria con una capriola e atterrò dietro alla spalle di Shadow, colpendolo con un calcio nei reni. Shadow volò letteralmente contro il muro e ricadde a terra dopo l'impatto. Il dolore lancinante dietro la schiena, testimonio dell'incontro con Steve, riprese a fargli male, come se qualcuno lo stesse pugnalando con un coltello dalla lama rovente. Shadow si rialzò a fatica da terra, tenendosi la schiena con una mano. Voleva gridare per il dolore ma la schiena gli impediva persino di parlare. Lo scoiattolo lo guardò e rise della sua sofferenza. Maria andò a soccorrerlo. -Shadow, non puoi continuare così:- disse lei -nelle condizioni in cui ti trovi non puoi reggere un'altra botta del genere! -Ce la devo fare, Maria, non posso mollare proprio adesso.- rispose lui. Shadow si mise in posizione e fece un cenno con la mano verso lo scoiattolo. Maria si scostò da lui, per evitare di distrarlo. Lo scoiattolo corse verso di lui. Quando fu vicino sferrò un pugno, che Shadow agguantò e trattenne sotto l'ascella. Lo scoiattolo ci riprovo di nuovo con l'altra mano, ma sortì lo stesso effetto. Shadow approfittò della situazione, sferrandogli una ginocchiata e un calcio nello stomaco, facendolo cadere a terra strisciando sul pavimento. Lo scoiattolo si rialzò da terra, girò la testa e sputò un grumo appiccicaticcio di sangue a terra con noncuranza, poi rivolse lo sguardo verso Shadow, uno sguardo di ghiaccio senza espressività. Si mosse di nuovo vero di lui, saltando e cercando di colpirlo con dei calci in faccia, ma Shadow fu pronto a pararli con ambo le mani. Quando fu a terra si abbassò e roteò su se stesso, cercando di colpire Shadow con un calcio alle gambe per farlo cadere, ma fulmineamente lui saltò, ed evitò il colpo. Sorprendentemente, lo scoiattolo si rigirò e lo colpì a piedi uniti nello stomaco mentre era ancora in aria, facendolo ricadere a terra nuovamente di schiena. Shadow digrignò i denti per il dolore, ma si trattenne di nuovo dal lamentarsi. Era la seconda volta che lo prendeva alla sprovvista e non era neppure veloce come lui. Cosa poteva fare? Richiamare le Lance del Chaos? Non voleva ucciderlo e poi sarebbe stato troppo facile. Un colpo di pistola in mezzo agli occhi? Troppo sleale. Frugò nella sua mente, cercando un attacco da fargli, ma tutti quelli che gli venivano in mente erano troppo poco ortodossi. Nel frattempo lo scoiattolo stava saltando verso di lui per colpirlo con una ginocchiata. Quel colpo, se fosse andato a segno, lo avrebbe ucciso, e lui avrebbe chiuso per sempre. Niente più Darktropolis. Niente più combattimenti. Niente più mafia. Niente più violenza. Niente più Maria. Maria. Poteva perdere qualunque cosa, ma non lei. Al solo pensiero di non vederla mai più, Shadow aprì la bocca per urlare. Tutta la sua forza, tutta la sua rabbia, tutto il suo dolore, tutto il suo essere uscì fuori. Shadow fu ricoperto da un'aura di energia silenziosa e potente che lo avvolse completamente, in ogni singola fibra del suo corpo, in ogni singolo atomo. Il tempo si fermò. Shadow si rialzò da terra, battendo i pugni sul terreno. Nel momento in cui il tempo si rimise a scorrere e, improvvisamente, accadde una cosa che nessuno si seppe spiegare in quel posto. Shadow aveva assunto una colorazione del pelo che somigliava al giallo oro brillante e i suoi occhi divennero di un rosso sanguigno più vivo. Prese lo scoiattolo per il ginocchio con una mano e lo scaraventò a terra. -Tu!- disse lui -Come hai osato attaccare me, l'ultima forma di vita perfetta? Come hai osato attaccarmi, patetica, piccola, insignificante creatura? Lo scoiattolo si rialzò a terra, andò incontro a Shadow e sferrò un pugno, ma prima ancora che potesse vederlo, Shadow glielo bloccò con il palmo della mano e strinse. Lo scoiattolo digrignò i denti per il dolore. -Tu non sei neppure degno della mia pietà,- disse Shadow, al colmo dell'ira -tu dovresti inginocchiarti e chiedere perdono per quel che hai fatto! Shadow sferrò due pugni rapidi nella mascella e nel naso dello scoiattolo: per lui sembravano colpi deboli, ma per il Dragone era come se gli avessero dirottato due treni merci sulla faccia e cominciò a sputare sangue a fiotti. Shadow riprese a colpirlo ripetutamente nello stomaco e poi lo prese per la collottola. Lo scoiattolo respirava a fatica. -Creatura insignificante! Non sai con chi hai a che fare! Io sono l'Ultimo, ricordalo, io sono l'Ultimo!- gli urlò in faccia Shadow. Sollevò il Dragone e lo scaraventò contro la parete. Lo scoiattolo cadde riverso senza muovere un muscolo. -.sono l'Ultimo.- disse Shadow. Dopo qualche istante il suo pelo ritornò gradatamente a riprendere il suo colore originario. Shadow cadde a terra disteso, come se tutta la gravità del pianeta fosse aumentata di colpo e lo stesse opprimendo. Chiuse gli occhi. Intorno a lui sentiva una sensazione di benessere, di pace: era in un mondo dove non esisteva dolore ne consapevolezza di se stessi e di chi era intorno. Sentì la voce terrorizzata di Maria fare eco da lontano. Il suo corpo era come sospeso in aria. Si sentì trasportare, fino a che non toccò terra dolcemente. Intorno a lui era tutto nero. Dall'oscurità apparve una bambina che indossava una vestaglia da notte. Aveva i piedi nudi e i capelli lunghi biondi che le scendevano sulle spalle. Shadow la vide. -Maria!- disse lui -Perché sei qui? -Non aver timore, Shadow, sono qui per avvertirti.- disse la bambina. -Hai visto? Ho mantenuto la tua promessa! -Lo so Shadow, ma è ora che tu mantenga un'altra promessa. Ascoltami, sono qui per dirti che mi rivedrai di nuovo e, quando questo avverrà, forse tu non potrai tornare indietro. -Cosa vuoi dire, Maria? Perché non potrò tornare indietro? -Non posso dirti altro, Shadow, è ora che io me ne vada. Svegliati! -Maria! -Svegliati, Shadow! Shadow sentì la voce di Maria che lo esortava a svegliarsi, come se la sentisse da lontano. -Shadow, svegliati, ti prego! Alzati!- disse Maria, sull'orlo di una crisi di disperazione. Shadow aprì gli occhi. -Shadow! Sei vivo! Per un'attimo ho creduto che sarebbe accaduto di nuovo. -Cosa.che è accaduto? -Non lo so, Shadow: quel Dragone stava per farti fuori quando tu ti sei alzato da terra e.sei diventato biondo. -Biondo? -Si, ma non preoccuparti, sei di nuovo come prima. Shadow si alzò e si accorse di essere steso sul letto di una stanza dell'Emerald Inn. Sentì l'odore pungente dell'erba penetrare nelle sue narici: Nicky era seduto nell'unico punto oscuro della stanza a fumarsi uno spinello. -Come va, eroe?- chiese. -Ho la testa che mi gira, ma per il resto mi sento bene.- rispose Shadow, poggiandosi una mano sulla fronte, come per sentire se avesse febbre. -Come hai fatto a raggiungere la forma darkness? -La.forma darkness? -E la forma che assumono coloro che vengono a contatto con lo Smeraldo di Tenebra, solo che tu non l'hai neppure visto e sei diventato come se lo avessi avuto tra le mani. -Non lo so, non lo so proprio. -Io e i miei fratelli siamo in debito con te, riccio: ci hai veramente salvato il culo contro quei bastardi. -Non importa, ti ho solo fatto un favore. -Beh, allora è meglio che io ne faccia uno a te: come mai siete arrivati fin qui? -I Dragoni hanno cercato di farci saltare in aria, colpendo la casa di Mark,- disse Maria -quindi Shadow si è diretto da queste parti, pensando che voi foste in pericolo. -Mark non era con voi?- chiese Nick. -No, era sparito dicendo che lo avevi chiamato tu: pensavamo che fosse con te. Dove sta?- disse Maria. -Se è come penso io, a quest'ora è alla ricerca delle prove della sua innocenza sull'omicidio di Leo il Cecchino. -L'hai accusato dell'omicidio di Leo? Perché? -Ehi, se leggevo sul giornale che un pezzo di merda schiatta, io non faccio una piega, ma se vengo a sapere che oltre ad essere ucciso viene dissanguato e cannibalizzato m'insospettisco! -Tu credi che Mark abbia seccato quel.un momento! Cannibalizzato?!? -Già, hanno trovato le viscere di quel pervertito schizzate un po' ovunque sul luogo del delitto. -Mark non farebbe mai una cosa del genere, lo conosco troppo bene, e poi era rimasto con noi dopo averlo lasciato in mano alle sue dipendenti. -Che ha fatto? Ha lasciato Leo in balia delle sue ragazze? Questa non me l'aveva detta.comincio a capire come sia andata. Nicky venne interrotto dall'aprirsi della porta della stanza. Sulla soglia c'era Mark, con un dossier della polizia sottobraccio e una DE nell'altra mano. -Ho le prove che volevi, Nick, adesso puoi. ehi!- fece per dire Mark, poi volto lo sguardo verso Maria e Shadow -Voi due cosa ci fate qui? -Siamo scappati: hanno fatto saltare casa tua.- disse Maria. -Lo so: le disgrazie non vengono mai da sole. Almeno voi due state bene? -Io sono a posto, Shadow un po' meno. -Sto bene, non vi preoccupate.- disse Shadow. -La hall sembra un campo di battaglia: che è successo?- chiese Mark, rivolgendosi a Nicky. Nicky raccontò per filo e per segno tutto ciò che accadde nell'atrio, dallo scontro a fuoco allo svenimento di Shadow, il tutto sostituendo le virgole con boccate di fumo regolari dal suo spinello infarcito di Spikey. -E questo è tutto.- disse infine. -Shadow è diventato veramente biondo?- chiese Mark, inarcando le sopracciglia. -Come Maria, però più brillante.- -Ha sfruttato un potere di cui avevo sentito parlare solo su un altro posto.ma adesso non c'è tempo per pensare alle cazzate.- disse Mark, poi, rivolgendosi a Nick -Tieni le tue prove, noi ce ne andiamo. -Ve ne andate? E dove? Casa tua è ridotta in macerie, non hai nessun posto dove andare. -Invece sì: ho il mio rifugio segreto. -Ah si? E dove sta? -Se te lo dicessi non sarebbe più un segreto, non credi? -Già. -E meglio che io non mi faccia vedere da queste parti: ti ho procurato fin troppi guai, quindi è anche meglio che tu non sappia dove andrò a nascondermi. Addio, fratello. -Addio, Mark, buona fortuna. -Grazie.- Mark si rivolse a Maria e Shadow -Andiamocene. Entrambi si alzarono e seguirono Mark fuori dall'albergo.
Nel frattempo, mentre i nostri eroi si dirigevano verso il rifugio segreto nominato da Mark, un ex killer costretto di nuovo a uccidere camminava per strada, dopo aver parcheggiato le sue quattro ruote a due isolati. Si sentiva troppo nervoso per agire e quando era così gli tremavano le mani. Conosceva solo un modo per farsi passare il nervosismo: bersi una birra e fare quattro chiacchiere con Tom, il barista del Wolfpack. Arrivò di fronte al locale ed entrò, accolto nuovamente dalla solita musica e da una rissa tra lupi, che si sedò all'istante non appena gli avventori si accorsero della sua presenza. Steve si sedette al bancone ma, invece di trovarci dietro Tom, vide una lupa con il pelo grigio con un'ampia striscia di pelo nero che passava dalla testa e correva dietro alla schiena fino a terminare sulla punta della coda. -Catalina?- disse lui, riconoscendola. La lupa, che era di spalle, si voltò verso di lui: i primi particolari che saltavano agli occhi era il suo sguardo dolce, il suo sorriso bianchissimo e un seno prosperoso, intrappolato in un grembiule chiazzato di macchie di birra. -Ehi, ciao, querido:- disse lei -è un sacco di tempo che non ti fai vedere! -Lo so. Come mai ci sei tu dietro al bancone? -Tio Tom ha visto che me la cavo bene dietro al bancone, così mi ha messo al posto suo quando è troppo stanco o ci sono pochi clienti. Tu come te la passi? Ho sentito che sei di nuovo occupato a matar cavrones. -Mi hanno costretto, non potevo tirarmi indietro. -Quiere tomar una cerveza, querido? -Si, la solita. Catalina spillò un boccale di birra e lo posò lentamente di fronte a Steve, che lo prese e lo bevve avidamente, fino a terminarlo del tutto. -Sono ad un punto morto, Catalina: sto cercando un riccio ma sembra che sia introvabile.- disse Steve, riprendendo fiato. -Come si llama?- chiese Catalina. -Shadow. E un tipo piuttosto duro, mi ha quasi fracassato l'osso del collo l'ultima volta che ci siamo incontrati. La cosa che mi preoccupa è che non è solo, lo aiuta uno che non avevo mai visto, un echidna nero alto e robusto, un tizio ancora più tosto. -Echidna negro? Vuoi dire Mark? -Lo conosci?!? -Certo che lo conosco! Tu recuerda mi hermana Lupia? -Tua sorella che lavora al Kinky Leather? -Si, proprio lei: adesso non lavora più per quel ciancio di Leo. Mark l'ha aiutata a scappare da lui. -Tua sorella sa qualcosa di dove si trovi questo tizio? -Nada: mi hermana dice que esto echidna es como una sombra, compare y scompare continuamente. -Dannazione! Stavo quasi per sperare di trovarlo, e invece. -Ah, no te preocupe, querido, vedrai che lo troverai. -Lo spero. Catalina prese il boccale vuoto in mano. -Un otra mas?- chiese. -Si, grazie.- rispose lui. Catalina spillò un'altra birra e la passò a Steve, che la prese a brevimano. Stava per berla quando sentì un sibilo alle sue spalle che lo fece fermare. -Ehi, Steve! Vieni qui!- disse una voce sottile. Steve si voltò e vide una figura ingobbita, avvolta nell'unico punto d'ombra del locale. Si alzò e andò incontro al misterioso figuro. -Seguimi qui dietro.- gli bisbigliò, facendogli cenno con il dito. Steve lasciò il boccale sul bancone e seguì il tipo misterioso nel retro del bar, dove si trovava un vicolo sudicio e trascurato, illuminato da una lampadina prossima a fulminarsi che ballettava come un faro stroboscopio. La figura si voltò e si rivelò un lupo basso e gobbo con il pelo nero chiaro. Una vecchia cicatrice passava sopra il suo occhio sinistro, che era bianco opaco come una perla. -Cosa vuoi?- chiese Steve. -Ho sentito che cercavi l'echidna nero muscoloso, io so dove si trova.- rispose il guercio. -Cosa? Sei sicuro? -Sicuro, lo giuro sul mio occhio buono. -Parla, dimmi dove sta! -Frena, killer, non credi che dovresti prima darmi qualcosa? Steve rimase fermo, senza sapere cosa dire, poi si cacciò una mano nei pantaloni e tirò fuori un pezzo da dieci e lo dette al guercio, che lo fissò per un attimo e riportò il suo occhio vedente verso Steve. -Solo dieci? Guarda che la mia info ne vale almeno cinquanta!- disse il guercio, seccato. -Facciamo venti? -Non se ne parla, cinquanta e subito, prendere o lasciare. Steve non aveva tempo ne denaro da sprecare: prese il guercio per il bavero del cappotto sudicio che indossava e lo sbatté contro il muro, quindi lo tenne con una mano sola e con l'altra tirò fuori un lungo stiletto che puntò verso l'unico occhio buono che aveva il gobbo. -Ascoltami bene,- disse Steve, con tono calmo e pacato -so come ci si sente a perdere un occhio, quindi immagino che perdere anche l'unico buono sia molto peggio, perciò se non vuoi che lo scopra adesso dimmi quello che hai da dire: c'è in ballo la vita della mia ragazza e non voglio rischiarla per colpa di un ficcanaso gobbo del cazzo come te. Dimmi quello che sai! -V-va bene, va bene, te lo dico!- disse il guercio atterrito -Ti prego, non puntarmi quel coso sul mio unico occhio buono! Steve tolse lo stiletto e lo rimise a posto, ma continuò a tenere il guercio a qualche centimetro da terra. -S-secondo le voci che ho sentito l'echidna viveva nel ghetto.- cantò il guercio, con la voce tremante -Era il killer fidato del capoclan, un tipo bello tosto di cui ho sentito cose da brividi. Dicono che sia invulnerabile alle pallottole e che sia molto forte e.- -Dimmi l'info!- disse Steve, stringendo i pugni e avvicinandoselo di più. -Ehm.si si si! Insomma, c'è stato un'attacco da parte dei Dragoni, che gli hanno fatto saltare la casa e il bar dove andava abitualmente e poi. -Piantala di contar balle: dimmi solo dov'è e basta! -Dump Hills, inceneritore no. 9. -Grazie. Steve mollò la presa. Il guercio cadde a terra e strisciò via velocemente, per scappare da lui. Adesso sapeva dove andare a cercare il riccio veloce. Rientrò nel bar e si preparò ad andare nel posto dove gli aveva detto il guercio di andare.
Nel Central Palace, Ellie girovagava per i piani: ogni luogo era custodito da almeno due ricci armati che non facevano passare neppure uno starnuto senza imbottirlo a suon di piombo. Continuò a camminare in giro finché non si fermò di fronte a una porta di legno scuro non custodita. La porta era socchiusa e poteva sentire che c'era qualcuno la dentro. Riconobbe la voce del Don. -Hai saputo dov'è?- disse. -No, nessuna traccia: a casa non c'è, al Wolfpack mi dicono che non è passato, all'ospedale non risultano né degenti né decessi sotto il suo nome. Si è letteralmente volatilizzato.- disse un altro interlocutore a lei sconosciuto. Stavano parlando di Steve. -E ancora in caccia: probabilmente adesso sta girando la città come fa al suo solito e si sta avvicinando al nascondiglio di quei figghi di bottana.- disse il Don. -Cosa devo fare, boss?- chiese l'altro individuo. -Per il momento non fare niente: ho promesso che non avrei torto un pelo alla sua "signorina", sono un'uomo di parola, ma se fra tre giorni non si fa sentire, piglia un coltello e comincia a affettarla, per fargli ricordare che con me non si scherza. -Certo, boss, lo farò con piacere. Sentendo quelle parole e consapevole di una nuova minaccia, Ellie cominciò a sudare freddo e le sue pupille cominciarono a restringersi come piccole capocchie di spillo. Non poteva fare niente, era alla mercé del boss più potente della città: tutto quello che poteva fare era sperare in un miracolo.
Mark, Shadow e Maria, dopo tanto peregrinare (e qualche mezzo rubato) arrivarono nel luogo dove Mark diceva di avere il suo rifugio segreto, la zona decaduta della città: Dump Hills. Montagne immense di rifiuti, colonne di fumo e odori acri e penetranti di varia immondizia marcia dettero loro il benvenuto. Maria cominciò a sentire la mancanza del suo piccolo, seppur accogliente appartamento nella periferia estrema. -Dove si trova questo rifugio, Mark?- chiese Maria, portandosi le dita al naso a mò di pinze per non sentire la puzza di rifiuti in decomposizione. -Qui.- disse Mark, indicando un punto vuoto in mezzo ai cumuli di immondizia. -Qui? Vuoi dire che hai un rifugio dentro un cumulo di schifezze? -No, è qui davanti: ora ve lo mostro. Mark si portò le dita sulle labbra e lanciò uno dei suoi fischi modulari. Dal nulla si materializzò una grossa navetta plutarchiana da trasporto di colore viola scuro. Lo scafo era coperto di ammaccature per l'impatto subito e addirittura c'erano pezzi di vegetazione mobiana ancora incastrati tra i motori e gli alettoni. -E questa cos'è?- disse Maria, stupita, indicando la navetta di Mark. -La mia navetta con cui sono arrivato qui per caso:- disse Mark, incrociando le braccia -sarà il nostro rifugio segreto provvisorio. Maria si avvicinò alla navetta, ancora stupita: non aveva mai visto un mezzo di trasporto interplanetario prima di quel momento e credeva che tutte quelle storie sugli abitanti dello spazio fossero solo favole per bambini, raccontate dai genitori per spaventare i propri figli. Toccò la superficie calda e pulita dello scafo e si rese conto che non stava sognando. -Tu.sei venuto dal tuo pianeta.con questa?- chiese Maria, sempre più stupita. -Si: è un vero catorcio, ma per fortuna è facilmente riparabile.- rispose Mark. -Se la puoi riparare, allora perché sei rimasto qui? -Perché il danno che ha ricevuto nell'impatto può essere riparato solo sostituendo una componente, e questa componente la posso trovare solo in due posti, cioè Plutarco e la Terra. -Quindi sei proprio bloccato. -Già, e adesso persino senza casa. -Ehm.si può entrare?- chiese Shadow -L'odore di questo posto mi da la nausea. -Sicuro, Shadow.- rispose Mark. Si avvicinò allo scafo della navetta e dette una forte botta su di esso: si aprì un portellone con una scala per salire. Entrarono subito dentro e Mark richiuse il portello. L'interno della navetta era fresco e ben illuminato e profumava di menta e lavanda. Migliaia di piccole lucine si illuminarono sulla console di comando e lo schermo protettivo si rischiarò, permettendo di vedere l'esterno. Maria si guardava intorno, come una bambina curiosa che entra nella casa di uno sconosciuto per la prima volta: qualcosa che non avrebbe mai immaginato nei suoi più reconditi sogni era reale e ci stava camminando dentro. -E bellissima!- esclamò lei, e poi aspirò con il naso -E ha anche un buon profumo! -Ti ringrazio.- disse Mark -Avreste dovuto sentire che puzza emanava il primo giorno che la rubai: un misto di sudore di ascelle, piedi non lavati e pesce marcio. Per i primi proprietari era un profumo sublime. -Non mi ispirerei di conoscere gente del genere.- disse Shadow, facendo una smorfia di disgusto. -Spero per te di si, a meno che non si rifacciano vivi e cerchino di conquistare questo pianeta: ci stanno già provando su Mobius.forse a pensarci bene farebbero a meno di un posto come questo, una volta vista la cappa di smog che lo copre. -Il mio pianeta fa schifo persino a una razza di alieni puzzolenti.c'è di che vantarsene.- disse Maria, con ironia amara. -Beh, da una parte è meglio così, se nessuna faccia di pesce cerca di entrare in quest'orbita.- disse Mark, provando a consolarla. -Si, ma se dall'altra ci siamo noi, che ci dobbiamo vivere? Diciamocelo: questo posto mi fa vomitare anche gli occhi. -Ti capisco.sentite, visto che non abbiamo niente da fare, che ne dite di vedere un po' di T.V. nell'attesa di pianificare il prossimo attacco? Maria guardò Mark con la faccia di una bambina che ha sentito una parola nuova. -Che cos'è una T.V.?- chiese lei, incuriosita. -Ah, dimenticavo, qui a Darktropolis non esistono le emissioni televisive. Hai presente il cinema? -Si, certo! -Ecco, la T.V. è simile, solo che lo schermo è un po' più piccolo. -Hai anche un cinema in questa astronave? -Beh, ti ho detto che gli somiglia, ma non che è uguale.e prima che tu possa chiedermelo te lo dico io: ho solo film terrestri. -E come sono? -Giudica tu: ti piace la fantascienza? -Un po'. -Allora spero che ti piaccia questo film che ti voglio far vedere. Mark aprì il portello della stiva ed entrò. Si accesero delle luci simili a neon, che inondarono ogni angolo del posto di luce bianca. In cima a una cassa c'era un televisore, un piccolo 11 pollici alimentato a batteria autonoma, usato e abusato, pieno di ammaccature. Sotto di esso era montato un videoregistratore, un vecchio modello a testina singola. Mark accese i due apparecchi e prese una cassetta da una scatola di legno vicina ad essi. La videocassetta era quella di uno dei film favoriti da lui: Blade Runner, di Ridley Scott. Mise la cassetta nel video registratore e riavvolse il nastro. Dopo alcuni minuti di riavvolgimento, il videoregistratore si fermò con uno scatto e Mark premette il tasto Play. Sullo schermo, che prima mostrava una nebbia grigio bianca, apparvero i titoli di entrata e il testo introduttivo del film. -Bene,- disse Mark -voi guardatevi il film, mentre io vado nella mia stanza a riposare. Quando finisce il film basta che premete il tasto On\Off su entrambi gli apparecchi. Il televisore cominciò a dare segni di insofferenza, mostrando delle linee sullo schermo. Mark assestò una manata decisa su di esso e la situazione tornò normale. -E dategli una crocca se vi crea problemi del genere.- disse Mark, con tono di rimprovero nei confronti dell'elettrodomestico. -Ok, Mark, buon riposo.- disse Maria, che si sedette a terra insieme a Shadow. Mark spense le luci della stiva e uscì da essa, quindi entrò nella sua stanza e si stese sul letto, ancora sfatto dal primo giorno in cui approdò a Mobius. Aspirò con il naso e sentì un odore strano a cui non aveva mai fatto caso prima: profumo di gelsomino. Probabilmente era l'odore di Julie Su, che aveva dormito nel suo letto quel secondo giorno a Mobius. Chiuse gli occhi e cercò di portare la sua mente altrove, possibilmente lontano da Darkus, lontano dalla realtà. Si rendeva conto che gli mancava casa ma, più di ogni altra cosa, gli mancava Lula. Gli mancava tutto di lei, il suo profumo, il suo respiro, l'odore dei suoi capelli, la sua voce calda, il sapore della sua saliva. Era lontano da lei e non poteva raggiungerla. Dentro di lui, però, tornò una strana speranza: sentiva che sarebbe riuscito a tornare, e lo avrebbe fatto molto presto. Uno strano pensiero, che non gli apparteneva, gli mise in testa che poteva tornare a casa, ma non sapeva da dove venisse, ne perché lo pensasse in quel momento. Si girò su un fianco e la sua mente cedette lentamente al sonno. I suoi pensieri cominciarono a turbinare, come coppie di ballerini smorti e grigi che ballavano un valzer dal ritmo funereo e tetro. Cominciò a vedere intorno a se e si accorse che non era più nella sua navetta, su Darkus: era a casa. Mark era contento di vedere finalmente che era riuscito a tornarci. Pieno di felicità, si diresse verso la camera da letto. Voleva rivedere Lula. Entrò nella stanza da letto e la vide lì, stesa, e non aspettava nient'altro che lui. -Ciao tesoro,- disse lei, con la sua voce calda e liscia come un lenzuolo di velluto -mi sei mancato tanto, lo sai? -Lo so, tesoro,- rispose lui -anche tu mi sei mancata: tutte le notti non facevo che pensare a te. Ti prometto che non andrò mai più via. Si sedette vicino a lei sul letto. -Adesso sono qui, e non ti abbandonerò mai.- disse lui -Ho tante di quelle cose da raccontarti e. Lula posò la punta del suo indice destro dolcemente sulle labbra di Mark. -Avrai tempo per raccontarmi tutto:- disse lei, bisbigliando -adesso.voglio solo te. Si baciarono entrambi, stringendosi l'uno con l'altra e facendosi le carezze. Mark annusava il profumo dei suoi capelli lisci e setosi, che profumavano di lavanda e menta. Lei continuava a baciarlo, passando dalla sua bocca al suo viso. Lui cominciò a baciarle il collo perfetto. Ma si accorse di uno strano particolare: il suo collo aveva una lieve cicatrice sulla base. Mark smise di baciarla e la scostò leggermente per guardarla in faccia. -Lula, come hai fatto a farti questa cicatrice? Cosa vuol dire?- chiese Mark, sospettoso e preoccupato. -Non è niente, tesoro, non ti fermare.- disse lei. Mark riprese la ragione: Lula non parlava in modo così suadente e disinvolto. Non l'aveva mai fatto in vita sua. C'era qualcosa che non andava. -Non mi convinci: dimmi cosa ti è successo.- continuò a chiedere lui. Lula si scostò leggermente da lui e volse lo sguardo dietro la sua schiena. -Ho incontrato qualcuno.- disse lei. -Qualcuno? Chi?- disse lui. -Il suo nome è impronunciabile.ma ti assicuro che è stato meglio di copulare con il faraone in persona! A quelle parole si voltò e mostrò il suo vero aspetto: era Carminia. -Cosa!?! TU!- disse Mark, indietreggiando. -Sorpreso, vero? Non ti aspettavi di trovarmi anche qui.- disse lei. -Dov'è Lula? Che cosa le hai fatto??? -Guarda dietro di te. Mark si voltò: dietro di lui, steso a terra, c'era il corpo di Lula che giaceva esangue, con gli occhi aperti a fissare il vuoto. -Maledetta! COSA LE HAI FATTO?- gridò Mark, al colmo dell'ira. -Io?- disse lei, facendo uno sguardo di falsa sorpresa -Ti sbagli, caro il mio piccolo echidna nero: sei tu la causa della sua morte. L'hai lasciata sola, amava solo te, e il saperti lontano da lei le aveva spezzato il cuore, ed è morta. -Non ti credo! -Non credermi, allora. Se non sarò io a convincerti saranno quei piccoli graffi sui suoi polsi. Si è suicidata, Mark, e non è valso neppure l'intervento dei tuoi "fratelli" per salvarla. -Non è possibile. Mark si avvicinò a lei, barcollando come un ubriaco, e si gettò in ginocchio per tastarle i polsi: erano tagliati. -Nemmeno tu potrai fare un miracolo per riportarla in vita,- continuò a dire lei -nemmeno una trasfusione del tuo sangue potrà rianimarla. Avrei voluto arrivare prima, cosicché avrei almeno potuto darle il dono dell'immortalità, ma era troppo tardi. Tutto quel sangue sprecato.mi veniva da piangere per la frustrazione. -No, no, no, no, ti prego no, non può essere.- fece Mark, al colmo della tristezza più profonda. -Succede a tutti, prima o poi, caro.- Carminia si portò la mano alla bocca -Ops! Volevo dire "quasi" tutti! -Vattene.- mormorò Mark. -Andiamo, non fare così! Sapevi che sarebbe successo, presto o tardi. Lei non era come te, non poteva cambiare forma o fermare le pallottole con le mani.sai com'è, a certe cose va dato un taglio netto, non so se l'hai capita. Carminia rise. Una risata senza cattiveria, quasi innocente. -Smettila.- continuò a mormorare Mark. -Oh! Ora smetti di autocommiserarti e tira fuori l'uomo che sei!- disse lei, con tono di rimprovero -Fattene una ragione! Non potevi farci niente: dovevi partire, sentivi dentro di te il desiderio di allontanarti da casa per qualche tempo, non è colpa tua se lei era così passionale da dissanguarsi per te. -Basta!- la voce di Mark era come un sibilo. -Quanto pensi che sarebbe durato? Altri cinquant'anni? Altri sessanta? E poi? Te lo dico io: polvere, e se non quella la tortura di un ricordo improvviso o di una foto di lei trovata per caso nel cassetto dei tuoi indumenti. Credimi, è inutile menarsela quando ne il tempo e ne la morte possono toccarti. Consolati, perché ci sono tante ragazze e tanti amici come te nell'universo, puoi sempre ricominciare. Mark si alzò rapidamente e si voltò, puntando una pistola contro Carminia. -Oh, vedo che ti sei deciso a mostrare un po' di palle!- disse lei, con voce carezzevole come una lingua di gatto -E adesso che vuoi fare? Vuoi spararmi? -Vattene da qui, tu e i tuoi stupidi giochetti mentali:- disse Mark, con la voce che somigliava a un ringhio di lupo -non diventerò mai una bestia come te, non mi nutrirò di sangue, ne andrò a scoparmi tutte le donne che incontrerò nel mio passaggio. Voglio stare solo, quindi vattene all'inferno o in qualunque altro posto, ma lontano dalla mia vista! -Su, non fare così!- disse lei, con tono di una donna che cerca di ammansire il proprio uomo -Hai solo perso una persona che, prima o poi, sarebbe scomparsa, solo che adesso ti sei risparmiato una lunga agonia. Non ti senti più liberato? Mark sparò. Il colpo atterrò in mezzo al petto di lei. -Credo che questo sia un no.- disse Carminia, senza battere ciglio -Sai, ti credevo un tipo con nervi d'acciaio, uno che non si faceva smuovere neppure dal pianto di una donna, ma dal momento in cui tu, perché mi hai sentito parlare di ciò che succedeva al Kinky Leather, ti sei sciolto, ti sei ammosciato come un pezzo di burro al sole ed eri quasi pronto a fare qualunque cosa per me. -Non è vero!- ruggì Mark. -Ma dai! Ti sono bastati un paio di lacrimoni per cadere ai miei piedi: "Mark, mi puoi abbracciare come abbracci la tua ragazza? Solo questo?". Se non fosse che tu sei un tipo tutto d'un pezzo, direi proprio che sei patetico. Mark sparò ancora, questa volta centrò il lobo sinistro del cranio, aprendogli un foro sanguinolento. -Sei una puttana!!!- gridò Mark. -Ah! Ma allora non mi sbagliavo!- disse lei, senza cambiare tono di voce -Tutti gli uomini lo pensano di me, ormai non ci faccio neppure caso.aspetta, forse è perché sei disperato per il tuo amor perduto, o forse è perché hai scoperto cosa nascondo in realtà.e ci sei rimasto male dal fatto di averla presa nel... Mark non era più in se: cominciò a sparare altri colpi, prendendola alle gambe e alla testa. Carminia cadde a terra. -Credi che mettermi a tacere risolverà qualcosa, killer?- disse lei -Non puoi fare nulla, solo rassegnarti al tuo cupo destino di non morto e, se non lo farai ora, lo farai comunque, quando vedrai che tutti coloro che sono intorno a te appassiranno come fiori e moriranno, mentre tu non potrai fare altro che stare a guardare. Carminia stese la testa a terra e la voltò di lato, rimanendo in silenzio a fissare il vuoto. Mark continuò a puntarle addosso la pistola, attendendo che si rialzasse per colpirla ancora, poi la lasciò cadere a terra con un tonfo sordo. Si chinò sul pavimento e alzò il corpo di Lula, stringendola a se, e fece una cosa che da molto tempo aveva disimparato a fare: pianse. Mark si alzò di scatto dal letto come se fosse uscito da un lago di sangue per riprendere fiato, poi si rese conto che era sveglio e intorno a se c'erano le mura metalliche della sua stanza nella navetta: aveva avuto un incubo. Si prese la testa fra le mani, che gli pulsava al ritmo sconnesso del suo cuore. Era fradicio di sudore freddo e si sentiva male. La fortuna era che la sua stanza era insonorizzata: si era risparmiato una penosa scena di consolazione da parte di Maria. Era triste, ma non voleva essere consolato da nessuno.
Nell'ufficio della suite royal del Central Palace, il telefono cominciò a squillare. Don Sonny prese rapidamente la cornetta e rispose. -Pronto.- disse. -Don, sono io, Steve.- disse una voce dall'altro capo del filo. -Stefano, dove minchia eri finito? Sei scomparso nel nulla senza nemmeno una telefonata! Sei riuscito a trovarli? -Ho avuto un breve scontro con lui e un suo amico, poi sono spariti, ma adesso so dove si trova. -Si? Dov'è? -Ancora non posso rivelarlo: la fonte dell'informazione non era certa della verità. Vado a fare un sopralluogo e poi vi faccio sapere: faccia conto di avere la sua testa sulla sua scrivania. -Così ti voglio, Stefano. -Ellie come sta? -La tua signorina? Sta bene, sta bene, non ti preoccupare. La faccio sorvegliare dodici ore su dodici e ti assicuro che sta bene. Tu portami quel figghio di bottana qui morto e io te la restituisco, parola d'onore.anzi, no, se ci riesci portalo vivo: voglio farci una bella chiacchierata con questo rotto in culo, va bene? -Come desidera, boss. -Bene. Fammi sapere al più presto se ce l'hai davanti. Il Don riattaccò. Premette un tasto dall'interfono e attese una risposta. -Si, boss?- rispose una voce. -Annulla tutto: Stefano si è fatto sentire.- disse il Don. Ci fu una pausa dall'altra parte dell'interfono. -Ehm.sicuro?- disse la voce. -Come sicuro?!? Non ti azzardare a toccarla o ti affetto io, a cominciare dalle palle!!!- disse il Don, inferocito. -Uh.certo boss! La comunicazione s'interruppe. Il Don si accomodò meglio sulla sua sedia di pelle e prese un sigaro. Nonostante il suo sguardo torvo, dentro di sé sentiva di aver già vinto.
-Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare: vascelli in fiamme nei bastioni di Orione.e raggi B balenare sulle porte di Tan Hausen.ma tutti questi ricordi si perderanno nel tempo.come.ungh.lacrime.nella pioggia. Roy Batty spirò, poggiando la sua testa tra le ginocchia. La sua mano esanime lasciò la colomba che stringeva, che spiccò il volo verso un raggio di luce. Rick Deckard rimase a fissarlo per un'attimo che parve un'eternità. Maria e Shadow stavano guardando le ultime scene di Blade Runner: delle lacrime rigavano il volto di lei mentre il viso impassibile di lui non mosse neppure un muscolo. Maria si strinse a lui fino al punto in cui l'agente Rick Deckard dell'Unità Replicanti chiuse le porte del suo ascensore e apparvero i titoli di coda. Entrambi si alzarono e lei spense entrambi gli apparecchi come Mark le aveva indicato. Nel momento in cui si spensero, la luce della stiva si accese. Il portello si aprì e apparve Mark. -Beh?- chiese -Che ne dite? Vi è piaciuto? -È stato bellissimo, Mark, ti ringrazio.- disse Maria, asciugandosi una lacrima -Questa cosa.questa T.V. .è quasi meglio del cinema. -Beh, non litighi per il posto e non devi sorbirti i rumori di sottofondo degli altri spettatori che mangiano, ma ti assicuro che il cinema è migliore. Maria rise: una cosa che non faceva da un po' di tempo. -Senti Mark,- disse lei -volevo chiederti se hai un posto dove dormire in questa tua "navetta": sono un po' stanca e ho voglia di dormire. -Puoi usare il mio letto, se la cosa non t'infastidisce più di tanto.- disse Mark, indicandogli la stanza. -Ti ringrazio. Maria entrò nella stanza di Mark e la porta a scorrimento verticale si chiuse dietro di lei. -Tu non ti senti stanco?- chiese Mark a Shadow, che fissava il pavimento come inebetito. Shadow si svegliò letteralmente da quello che sembrava uno stato di torpore e guardò Mark. -Eh? Cosa?- fece lui -Ehm.no, non ho sonno, grazie. -Allora non ti scoccia se restiamo qui a farci una chiacchierata.- propose Mark. -Per me va bene. Mark fece un altro dei suoi fischi modulari e dal pavimento della navetta si alzò un tavolino. Una volta sollevato del tutto, si aprirono due sedie sotto di esso, l'una di fronte all'altra, entrambe saldate al ripiano. Entrambe le sedie erano abbastanza larghe per farli sedere e, all'apparenza, dovevano essere in grado di ospitare un fondoschiena abbastanza ampio e pesante. Mark e Shadow si sedettero. -Che ti prende?- chiese Mark. -Cosa?- fece Shadow, come se cascasse dalle nuvole. -Non me la nascondi, tu stai pensando a qualcosa e questa qualcosa ti preoccupa: cosa pensi? -Beh, stavo pensando a quel film. -Ah.non ti è piaciuto molto, vuoi dire questo? -No, niente affatto, il film è stato di mio gradimento, e la storia che mi ha fatto un po' pensare. -Cosa ti ha fatto pensare? -Pensavo a quel discorso sui replicanti, sul fatto che la loro vita durasse solo 4 anni e al fatto che loro avessero quei.come si chiamano.ricordi artificiali? -Innesti di memoria, si ho capito. -Pensavo a una cosa: riguardando indietro nel mio passato, ho visto che la maggior parte della mia vita l'ho passata su una colonia spaziale in orbita sulla Terra e che sono stato creato in un laboratorio. Ora mi viene in mente una domanda: e se tutti i miei ricordi (o presunti tali) fossero solo degli."Innesti di memoria"? -Cosa te lo fa pensare che i tuoi ricordi non siano veri? -Il fatto di non essere un vero riccio, di essere un clone o, per rimanere in tema, un replicante. Tutto questo mi fa credere che la mia vita non sia altro che una specie di finzione, che tutte le mie memorie non siano altro che la trama di una storia creata solo per divertire o far passare il tempo a qualcuno. -Perché credi questo? -Ti farò una domanda, Mark, ma devi rifletterci attentamente prima di rispondere. -Dimmela. -Ti sei mai fermato a chiederti perché esisti? Che scopo ha la tua vita? Mark rimase attonito di fronte alla domanda di Shadow: pensando fra se e scavando nella sua memoria, Mark non si è mai posto una tale domanda. La sua vita gli è trascorsa davanti, ha visto tante cose, tanti posti, tanta gente, ha vissuto tante avventure, ha sofferto dolori indicibili e festeggiato vittorie con gioia trionfale, ha perduto e guadagnato amori, amicizie, persone.ma mai in tutta la sua vita si è mai chiesto il perché di tutto questo. Mark, che è sempre stato sicuro di se, stava vacillando di fronte a una piccola domanda. -No,- fece Mark, abbassando lo sguardo -non me lo sono mai chiesto. -Io me lo chiedo in continuazione e non so darmi una risposta che mi soddisfi.- disse Shadow. Mark rifletté sulla domanda altre due volte e cercò una risposta decente, ma nulla di tutto ciò che la sua mente gli proponeva era sensato abbastanza da poter rispondere. Stava per rinunciare a rispondere e cambiare argomento, quando gli sovvenne un pensiero: la sua vita non aveva mai avuto un senso per qualcuno, ma solo una persona era riuscita a darne uno. Quella persona era la sua ragazza: Lula. -Shadow, credi davvero che la tua vita non abbia un senso?- chiese Mark. -Non so, ma dentro di me qualcosa mi dice che un senso c'è.anche se non so quale.- disse Shadow. -Hai mai sentito da parte tua un legame nei confronti di qualcuno, talmente forte da rischiare la propria vita per non romperlo? -Beh.pensandoci bene.si. -E chi era dall'altra parte del filo? Shadow stette in silenzio per qualche secondo, poi voltò lo sguardo a terra, alla sua destra. -.Maria.- disse infine. -Maria?- disse Mark. -Si, ma non è la stessa Maria che conosciamo noi due, è un'altra. -Capisco. Qual è stato il legame che ti stringeva indissolubilmente a lei? -Una promessa. -Che promessa? -Di dare una possibilità a tutti gli abitanti della Terra di vivere felici. -Addirittura? Doveva starti a cuore per farti promettere una cosa del genere. -Venne uccisa da dei soldati terrestri dopo avermi spedito sulla Terra. -Oh.capisco.sei riuscito a mantenere la tua promessa? -Eh.se non lo avessi fatto, a quest'ora non sarei neppure qui. -Ecco la tua risposta. -Scusa? -Volevi sapere perché esisti? Ti sei risposto da solo. -Non ti seguo, Mark. -Ti sei chiesto qual'è il motivo della tua esistenza, quindi adesso lo sai. -Continuo a non capire. -Ti spiego: tu mi hai detto che eri molto legato a questa ragazza, questa Maria, a tal punto da prometterle e mantenere una promessa quasi impossibile da esaudire per qualcun'altro, giusto? -Si. -Ebbene, adesso prova a pensare: se tu non fossi mai esistito, chi avrebbe mantenuto la sua promessa? Shadow rimase di stucco dalla domanda di Mark: si rese conto che le sue domande interiori non avevano risposta perché non aveva mai provato a cercarla nei suoi ricordi. -.nessuno.- rispose infine Shadow. -Quindi cosa sarebbe successo se nessuno avesse mantenuto la sua promessa? Sarebbe morta senza una ragione e magari la sua vita non avrebbe avuto un senso, in questo modo. -Quindi vuoi dire che la mia esistenza ha un senso finché do un senso a un'altra esistenza? -Esatto. Ecco un'altra cosa: se tu non fossi mai esistito, chi altri avrebbe salvato Maria da quella banda di barboni ubriachi? -Non so. -Te lo dico io: nessuno avrebbe mosso un dito per aiutarla, neppure se l'avesse avuta davanti agli occhi. -Tu non l'avresti fatto? -Ehi, va bene che sono impenetrabile ai proiettili, ma non significa che io abbia anche la supervista e il superudito. Chi mai, nel mezzo del ghetto echidna, si sarebbe accorto di una riccia che veniva violentata nella periferia estrema? E poi, conoscendo Maria, non avrebbe neppure emesso il più debole gemito per chiedere soccorso. -Insomma sarebbe questo il motivo per cui io esisto. -Già. -Ma cosa c'entra il mio legame con Maria con il senso della mia esistenza? -C'entra eccome, Shadow: credo che tu finora non abbia rischiato la tua vita per niente. Chi ti spinge a buttarti nella mischia a combattere contro la mafia darktropoliana? -Maria.adesso ho capito! Si, hai ragione, sto facendo tutto questo perché ho fatto una promessa. -Come hai fatto con l'altra Maria. -Incredibile, tante domande e non avevo neppure pensato alla risposta. Ti ringrazio Mark. -E di cosa? Dovrei essere io a ringraziare te per avermi messo addosso un dubbio che, alla fine, ho svelato. Vuoi qualcosa da bere? -Si, grazie.
Mentre Mark e Shadow stavano chiacchierando, Steve era arrivato alle Dump Hills. Dopo aver parcheggiato ai confini della discarica, si avviò verso il luogo dove il guercio gli aveva detto di aver visto Mark: inceneritore n. 9. Si guardò in giro, alla ricerca di un possibile rifugio dove i tre si fossero nascosti, ma non riusciva a trovare un posto che potesse essere definito tale: tutto ciò che lo circondava erano mucchi di spazzatura fumanti e un fabbricato adibito a inceneritore con un 9 dipinto a carattere industriale con vernice bianca. Cominciò la ricerca all'interno dell'inceneritore. Cercò ovunque, senza riuscire a sentire neppure una voce o un rumore sospetto: loro non erano lì. Uscì dal fabbricato e cominciò a spazzare il panorama decadente e nauseabondo. Niente. Continuò a camminare in giro, cercando di trovare il posto con lo sguardo, ma la sua ricerca si rivelò infruttuosa. Dentro di se mandò un'imprecazione nei confronti del guercio e cominciò ad avviarsi verso la macchina. Continuò a correre, finché non sentì una forte botta diretta alla sua faccia. Steve si rannicchiò a terra, tenendosi il naso che gli sanguinava, poi alzò lo sguardo per vedere cosa lo avesse colpito, ma tutto ciò che vide fu solo aria. Si alzò di nuovo, camminando lentamente e guardandosi attorno, finché non sentì che una forza invisibile non gli permetteva di andare avanti. Pieno di stupore, Steve si allontanò di un passo e allungò un braccio davanti a se e, con enorme sorpresa, sentì che toccava qualcosa di concreto ma totalmente invisibile. Provò a dare un paio di colpetti su di essa con le nocche dell'indice e del medio, e sentì un sordo rumore metallico. Poggiò le dita su di esso e si spostò lateralmente, sentendo che l'oggetto invisibile era piuttosto grosso. Si fermò e tirò fuori una delle pistole ad energia della SS Gun e fece fuoco: il proiettile rimbalzò, provocando una leggera scossa elettrica che crepitò sulla superficie dell'oggetto. Si allontanò di qualche passo dall'oggetto e unì i polsi: una delle due pistole si unì all'altra, permettendogli di estrarre un braccio e poi l'altro, quindi smontò le due pistole, costruendo un fucile con l'imboccatura larga. Tenne premuto il grilletto dell'arma e dalla canna si formò un alone di energia che cominciò a caricarsi. Quando si caricò del tutto, Steve rilasciò il grilletto e il fucile rilasciò una grossa sfera di energia che colpì l'oggetto. La sfera venne assorbita e l'oggetto, coperto di elettricità, cominciò a prendere forma di fronte agli occhi stupiti di lui. La navetta di Mark riprese ad essere visibile. Steve rimase interdetto per qualche attimo alla visione della navetta di Mark: nonostante fosse abituato a vedere le diavolerie create dalla mente di Aldo e Ivano, non riusciva a credere che di fronte a se aveva una navetta interplanetaria proveniente da chissà quale luogo. Scosse la testa e girò intorno alla navetta, quindi vide un grosso pezzo di acciaio attaccato sconnessamente allo scafo, probabilmente il portello. Steve smontò nuovamente la sua arma e la trasformò in un fucile a canna corta. Dette un calcio al portello e arretrò di qualche passo, quindi il portello cadde davanti a lui, facendo da passerella per entrare. Puntò in avanti il fucile ed entrò dentro. Una volta dentro, fece fuoco all'impazzata in tutte le direzioni, trattenendo il fucile per evitare che il rinculo gli alzasse la mira. Quando terminò di fare fuoco si guardò attorno: le pareti erano costellate da bruciacchiature di proiettile, ma stranamente la navetta era vuota. Stava per pensare che era arrivato troppo presto quando un colpo improvviso dietro la nuca lo fece cadere a terra perdendo i sensi. Si risvegliò dopo alcuni minuti che gli parvero ore, quindi aprì gli occhi e si rese conto di essere legato a una sedia e di fronte a lui c'era Mark. Alle spalle di lui c'erano Maria e Shadow. -Ti sei svegliato, finalmente! Avevo creduto che saresti rimasto in coma per un'ora di fila.- disse Mark, che era seduto di fronte a lui, con lo schienale della sedia usato per poggiare i polsi e il mento -Sembra che tu sia un tipo molto ostinato, oltre che molto bene addestrato a combattere. Tu non sei uno degli uomini del Don, vero? -Vaffanculo.- rispose Steve. -Hm.e allora per chi lavori? -Và a farti fottere, echidna. -Hmph.ripetitivo, volgare, ostile.si, lavori per il Don, non c'è dubbio. E sentiamo, quanto ti ha pagato? Cinquemila? Diecimila? No, un esperto come te non si accontenterebbe neppure di cinquantamila pezzi. Forza, quanto ti ha dato? -Non ti rispondo! -Guarda che in ogni caso ti faccio parlare lo stesso, non allungare i tempi. -Cosa vuoi fare? Torturarmi? Fai pure, io ci piscio sopra: non sai neppure con chi hai a che fare. -Su questo hai ragione: comincia a dire il tuo nome. -Il mio nome non ha alcuna importanza, visto che tra poco morirete tutti e tre. -Ah si? Bene, allora è meglio che ci prepariamo, perché immagino che tu abbia qualche trucchetto in serbo per noi.tipo un coltello a scatto nascosto nella manica della giacca. Steve rimase in silenzio: nessuno, prima di quel momento conosceva i suoi trucchi per liberarsi e, soprattutto, tutti i suoi avversari abbassavano la guardia quando li minacciava di morte, perché si distraevano a insultarlo, ma sembrava che Mark fosse diverso da come se lo aspettasse, era più sveglio degli altri tizi con cui aveva avuto a che fare in passato e nessuno conosceva il suo trucco del coltello nascosto che neppure se lo avessero perquisito a fondo sarebbero riusciti a trovare. -Ho detto giusto? Hai un coltello nella manica?- incalzò Mark -Te lo chiedo perché ho controllato ovunque e non ho trovato altro che il fucile che avevi in mano, due pistole di grosso calibro e il tuo portafogli. Sei un tipo troppo sveglio per rimanere disarmato in queste condizioni. -Non ti rispondo.- disse Steve, con tono scontroso che malcelava una lieve esitazione. -E va bene, se non sarà la tua bocca a parlare, allora sarà qualcos'altro. -Te l'ho detto, anche se mi torturi, io non. Steve venne interrotto da un gesto improvviso di Mark, che pose la sua mano destra sulla sua fronte. Nella mente di Mark scorse la vita di Steve, una quantità indefinita di immagini che gli passarono davanti alla velocità di un treno ad alta velocità. Quando finì di vedere tutto, Mark Denhaim indietreggiò con la sedia di qualche passo, come spaventato da qualcosa, poi assunse un espressione seria e fissò il pavimento. Steve approfittò di questo momento di distrazione per liberarsi e saltò via dalle corde, poi fece una cosa di cui si sarebbe pentito in seguito: prese Maria come ostaggio, tenendola alle spalle con un braccio intorno al collo. Maria reagì quasi meccanicamente e colpì i quattro punti cardinali per abbattere un aggressore: lo colpì al naso con il dorso della mano, quindi, con lo stesso braccio, gli dette una gomitata nello stomaco e un pugno potente e deciso nell'inguine, infine culminò il tutto pestandogli le dita dei piedi. Steve lasciò la presa e cadde a terra, tenendosi i genitali con entrambe le mani: aveva le lacrime agli occhi e ci vedeva tutto annebbiato. -Stefano.- disse Mark -e così che ti chiami? Steve rimase stupito dal fatto che Mark sapesse il suo nome. -Come.?- chiese lui. -So tutto adesso, so perché sei un killer, so chi ti ha fatto smettere e so anche perché stai dando la caccia a Shadow. -Ma non. -Ascolta: sei un ragazzo nato e cresciuto nel ginepraio di Wreck City, vivevi una vita tranquilla, qualche volta facevi marachelle con tuo cugino, tipo spiare le ragazze più grandi di voi dal tetto del palazzo dove vivevate o fare tiro a segno con la fionda usando come bersagli le finestre del palazzo accanto; passò qualche anno e diventasti adulto e ti arruolasti nell'esercito per combattere nella battaglia della Latex Top, hai avuto una serie di incidenti in cui hai perso l'occhio e la coda, sei stato decorato sul campo e, per mancanza di ufficiali, sei diventato sergente maggiore e comandasti un assalto nel quadrante 7 dal quale ne sei uscito vittorioso; una volta finita la guerra sei tornato in città e hai riallacciato i rapporti con tuo cugino che, guarda caso, lavora per il nuovo boss di DT e ti offre un lavoro come sicario a pagamento; guadagni bene i tuoi soldi sporchi di sangue per un bel periodo, finché non ti raccattano per strada col cucchiaino e ti portano mezzo crepato all'ambulatorio per le emergenze del Angel Hospital; lì incontri quello che sarebbe divenuto il più grande amore della tua vita, Ellen Connor, primario dell'ambulatorio, che si innamora di te a prima vista, per lei lasci il tuo lavoro di killer prezzolato e ti trovi un onesto impiego come tassista, fai perdere le tue tracce e credi di riuscire a vivere il tuo sogno, ma una telefonata fa cambiare le carte in tavola a tuo sfavore e il Don, minacciando la vita della tua ragazza, vuole che tu gli porti Shadow, vivo o morto. Steve rimase in silenzio. -Lo so, fa un certo effetto sentirsi riassumere la storia della propria vita in poche parole ma se non te lo dicevo non avresti capito.- disse Mark. -Capito cosa?- disse Steve, che cercava di nascondere la sua tristezza, tenendo un tono di voce calmo. -Che siamo dalla tua parte. Mark gli offrì la mano per rialzarsi. -Avanti, lo so che sei nella merda fino al collo: l'unica cosa che puoi fare e seppellire l'ascia di guerra e allearti con noi, e noi ti aiuteremo.- gli disse. Steve spostò lo sguardo altrove. -E chi mi garantisce che tu non voglia imbrogliarmi?- disse infine. -Due motivi:- fece Mark -il primo è che non hai alternative, il secondo è che anch'io ho una ragazza e mi si gonfierebbe il fegato al solo pensiero di farti fuori e sapere cosa succederebbe alla tua.signorina, giusto? -Si. -Allora, ci stai? Steve ebbe un leggero tremito, poi tirò fuori la mano destra, con cui si stava coprendo i genitali doloranti, e la allungò verso quella di Mark, che lo rialzò da terra. -Sono contento della tua scelta:- disse Mark, sorridendo -benvenuto nel club dei disperati. -Grazie, spero solo che non stiate cercando di fregarmi.- disse Steve. -No, ma che dici? Se tutto quello che ho detto era vero, allora sei nel posto giusto. -Pensate davvero di potermi aiutare? -Amico stai parlando con un veterano di salvataggio prigionieri: saprei tirare fuori un vaso di vetro fine da un bunker imbottito di esplosivi senza fargli un graffio. -Allora potete davvero salvare la mia Ellie? -Senz'altro. -Non saprei davvero come ringraziarti. -Ringraziaci a lavoro finito, ok? -Aspetta, volete andare fino alla tana del Don? -L'idea era quella, stavamo giusto pensando a un piano. -Conoscete la planimetria dell'edificio? -Del Central Palace? No. -Io lo conosco, saprei disegnare il progetto a occhi chiusi. -Perfetto, così potremo organizzare un piano decente senza sprecare pallottole. -Allora vengo con voi. -Ne sei sicuro? -Si, anche perché senza di me non potreste neppure avvicinarvi al palazzo. -Allora comincia a studiare un piano che io mi occupo dell'artiglieria: sarà una festa col botto, ragazzi.
E qui si conclude la terza parte.
Chi è la misteriosa Candy che parla con il Don ma non rivela ancora il suo volto? Che ruolo ha nella storia? Cosa succederà a Ellie? Sam Hog riuscirà a incastrare il Don? Steve riuscirà a ricongiungersi con Ellie? Riusciranno i nostri eroi a farla franca? O sarà Franca a farsi in nostri eroi?
Non perdetevi la quarta parte delle Cronache di Darktropolis! Azione! Sangue! Armi pesanti! Sesso!(quanto basta per non sentirsi dire "Allo scandalo!!!") .e una rivelazione che vi lascerà tutti senza fiato!!!
Come ho detto all'inizio, ecco a voi il terzo capitolo delle Cronache di Darktropolis (AVVISO AI WEBMASTER E AI CONFUSIONARI: il titolo di questa serie si chiama CRONACHE DI DARKTROPOLIS, non Ombre Luminose. Ombre Luminose è solo il primo capitolo della serie, non il titolo la serie stessa, quindi fate le vostre correzioni sui link, per favore.)
Arrivando al punto:
TURF WAR
(Guerra di Quartiere)
Il punto della situazione: Il trio antimafioso (Shadow, Maria e Mark) era fuggito dalla Cracking Bones, dopo l'azione di rappresaglia nei confronti di Milo Potente, che aveva messo una taglia sulla testa di Maria e Shadow. A casa di Mark arriva Nicky La Punta, boss del Clan dello Smeraldo di Tenebra, accompagnato da un'affascinante quanto misteriosa ragazza, Carminia. Mentre Nicky, Maria e Shadow riposavano per riprendersi dagli effetti del fumo, Mark e Carmina conversarono assieme e lei parlò del suo ex lavoro nel Kinky Leather, un locale sadomaso gestito da uno dei sicari del Don, Leo il Cecchino, offrendogli quasi di proposito un nuovo bersaglio. Nel frattempo vediamo due nuove luci nell'oscura fogna di Darkus, Steve Power e Ellie Connor, lui un ex sicario del Don ritiratosi dal lavoro sporco per amore e lei la sua fidanzata, dottoressa dell'ambulatorio dell'Angel Hospital. Quando meno se l'aspettava, Steve si ritrovò tra capo e collo il suo passato: una telefonata del Don fece scomparire ogni frammento di pace che si era creato nella sua vita, dicendogli che la sua ragazza era nelle mani del boss e che sarebbe accaduto il peggio se non avesse fatto un lavoro per lui, uccidere Shadow. Nel frattempo i nostri eroi entrano nel Kinky Leather, catturano Leo e lo lasciano alla mercé delle sue ragazze, ma appare Carminia, che uccide barbaramente Leo dissanguandolo. Nella fuga vengono fermati da un altro scagnozzo del Don, Vittorio Squamadura. Mark ingaggia un combattimento con Vic, che gli dà del filo da torcere, mentre Maria e Shadow sono impegnati a respingere il seguito di assassini che lo accompagnavano. Riescono rocambolescamente a fuggire prima che la polizia li possa arrestare e si trovano in casa di Shara, che in quel momento si trovava sola a motivo dell'annullamento della taglia di Milo, che aveva costretto l'agente Ben Sandrelli a sorvegliarla. Dopo che Shara si era avviata verso il dipartimento, il trio prosegue nella fuga, ma vengono ostacolati dall'arrivo di Steve, che combatte contro Shadow, ma senza che nessuno dei due abbia la meglio. Vedendo che le cose si complicavano sempre di più, Don Sonny si rivolge a una ragazza misteriosa, tale Candy, che propone un attacco al ghetto per fare in modo che Nicky indirizzasse la sua ira nei confronti dei tre.
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Era mattina, o perlomeno avrebbe dovuto essere così se non fosse per il cielo eternamente oscuro di Darktropolis. Nel ghetto echidna, i nostri eroi antimafiosi erano in casa a riposarsi. Mark stava disteso nel suo letto a dormire, dopo diverse giornate insonni. Shadow e Maria erano stesi sul divano letto, l'uno dava le spalle all'altra. Dopo un pò, Maria si svegliò, sbadigliò, si stiracchiò e si alzò dal letto. Andò vicino alla finestra e vide fuori: le strade erano poco affollate, giusto qualche ragazzino echidna stava giocando fuori, ma ognuno fu subito richiamato dai propri genitori ed esortato a rientrare. Si allontanò da lì ed entrò nella cucina di Mark, aprì uno degli scaffali sopra i fornelli e cominciò a rovistare dentro, alla ricerca di una scatola di tè. Trovò una scatola di latta verde-grigiastro con su scritto, a caratteri militari: TÈ DI CEYLON - QUALITÀ FINE. Maria aprì la scatola, rivelando il contenuto sfuso. Abituata a fare infusioni con le bustine, lei non sapeva come fare. -Bisogno di una mano?- fece Mark, poggiato allo stipite della porta su una spalla con le mani in tasca e vestito di tutto punto. -Oh! Scusa se ti ho svegliato, Mark.- disse Maria. -Non importa, mi ero già svegliato: sei stata silenziosa. -Ok. Senti, volevo preparare un pò di tè, ma qui non vedo bustine: come faccio? -Ci penso io. Mark si avvicinò a lei e prese la scatola del tè, poi mise una mano nello scaffale e tirò fuori una pallina di alluminio bucherellata per filtrare il tè attaccata a una catenella e l'aprì, quindi prese un cucchiaino e mise un paio di dosi nella pallina e la chiuse. -Ecco fatto: usa la pallina come una bustina, penso che il resto lo sai.- disse Mark, passando la pallina a Maria. -Grazie!- disse lei. -Shadow è sveglio? -No, sta ancora dormendo. -Ok, meglio se non lo disturbiamo. Rimasero in silenzio, mentre Maria preparava il tè. -Stavo pensando a quel tizio con cui aveva combattuto Shadow.- disse Mark. -Quale dici? La volpe senza coda?- disse Maria. -Si, proprio quello lì. -Che aveva? -Aveva un'abilità che non avevo mai visto in un killer del Don, era troppo agile e veloce, quasi aggraziato oserei dire: di sicuro il suo stile non proveniva dalla strada. Abilità come quelle vengono da addestramenti militari e roba simile. Ci sono mai state guerre sul vostro pianeta? -Non tante, direi. -Quindi avete un esercito regolare? -Avevamo: adesso sono tutti poliziotti, medici, mercenari e baristi. -Allora mi sa che quel tizio era un mercenario. Abbiamo a che fare con una volpe con le palle quadrate e l'autoreverse. -Una bella rottura, insomma. -Ci mancava solo un sicario bastardo e assassino come me. -Tu...un bastardo? Fammi il piacere, Mark! In tutte le maniere ti sei potuto comportare meno che come un bastardo. -Non mi conosci bene, Maria: se non l'ho dimostrato adesso, sappi che so essere un bastardo implacabile quando è necessario, e poi non vorrei farti dimenticare quel che ho fatto a Leo. -Io quella non la definisco una bastardata, preferisco definirlo un favore. -A chi? -A quelle povere ragazze che lavoravano da lui e a questa città. -Mi chiedo che agonia atroce avrà subito dopo che me ne sono andato via. Secondo te cosa gli avranno fatto? -Come minimo gli avranno cacciato un bastone nel culo e hanno dato un calcio all'altra estremità...come minimo. -Se l'è meritato, dopo tutto quel che ha fatto. -Già. Maria fece finire di bollire l'acqua e mise il filtro da tè a mollo. Mark fece per prendere un paio di tazze e un vassoio, ma fu interrotto dallo squillare del telefono in soggiorno. -Che palle! Nemmeno la mattina si può stare tranquilli!- disse Mark, alzando le mani al cielo e correndo a rispondere -Chi cazzo sarà a quest'ora? Pronto! -Mark, sono io.- disse Nicky, dall'altro capo del filo. -Che c'è stavolta? -Devi venire subito all'Emerald...da solo! Il tono di Nicky sembrava autoritario: Mark se n'accorse. -Che è successo?- chiese Mark. -Muovi il culo e vieni qua di corsa!- fece Nicky. -Ok. La linea s'interruppe. -Chi era?- chiese Maria. -Nicky, e mi è sembrato piuttosto serio.- disse Mark, riattaccando il ricevitore. Mark corse verso la porta, prese la giacca e uscì.
Nel frattempo, in un monolocale sudicio di Wreck City, Steve si stava sistemando gli acciacchi. Dopo le botte che si era beccato aveva metà della colonna vertebrale spostata, una costola a rischio di essere spezzata e una gamba lussata. Era la prima volta che incontrava un killer più agile di lui ed era rimasto quasi spiazzato. Il Don aveva ragione: quel riccio, oltre ad essere veloce, era anche subdolo e senza scrupoli. Prese una corda che aveva sotto al letto della stanza e si legò un capo alla caviglia della gamba lussata, poi si alzò e passò l'altro capo alla maniglia della porta, si stese a terra e cominciò a tirare il capo sciolto. Una pugnalata nella giuntura gli affermò che la gamba era tornata al suo posto. Digrignò i denti per il dolore e cominciò a piangere, ma non per la gamba: pensava a Ellie, al fatto che lei era nelle mani del Don per colpa sua. Il killer più forte di tutta Darktropolis, messo alle strette dal boss mafioso più potente di Darkus. Era impotente, poteva solo uccidere di nuovo. Steve, ormai, aveva imparato una lezione di vita: non si sfugge al proprio passato, quando meno ci si aspetta ci si risbatte il muso e non c'è un cuscino a proteggerlo dall'urto.
Nel Central Palace, nella suite degli ospiti, qualcuno si stava svegliando. Nella stanza riccamente arredata, Ellie si alzò, svegliata dalla luce di Hesperia 5432. In tutta la sua vita non aveva mai visto la luce della stella su cui orbitava Darkus, fu uno spettacolo incredibile ai suoi occhi. Prese i suoi abiti e si rivestì: indossava ancora il camice dell'ambulatorio. Si sedette sul letto e rimase a guardare quello spettacolo meraviglioso. La vista fu interrotta dall'aprirsi immediato della porta: Milo Potente entrò nella stanza di Ellie e si mise a rovistare tra i cassetti dei comodini del letto. Continuò a rovistare, senza successo. Cominciò ad emettere ringhi di frustrazione e rabbia. -Cosa cerchi?- chiese Ellie. Milo non rispose, né si voltò a guardarla, continuò a cercare in tutti i cassetti della stanza. -Guarda che se mi dici cosa cerchi ti posso anche aiutare a trovarlo.- continuò a dire lei. Milo continuava ad ignorarla. Ellie si alzò e fece per mettere una mano sulla sua spalla, ma Milo la tolse bruscamente scansandola e alzando il braccio di scatto. -Non mi toccare! Hai capito? Non toccarmi!- disse Milo con tono scontroso. Ellie si allontanò lentamente: Milo era in preda a una crisi di astinenza e lei non voleva assolutamente farlo sbroccare più di quanto già non fosse. Nel frattempo lui stava rivoltando la stanza come un guanto, probabilmente alla ricerca di una siringa. Fallita la sua ricerca, lanciò dei versi inarticolati che dovevano essere imprecazioni e si voltò verso Ellie. Si avvicinò repentinamente a lei e la prese per il colletto. -Dov'è?- chiese lui, in tono minaccioso. -Cosa? Di che parli?- disse lei, spaventata. -Non fare finta di non aver capito, sai bene di che parlo! Dove sta? -N-non capisco, ma cosa...? -Dannazione, dimmi DOV'È! -Se tu mi dicessi che cosa stai cercando forse ti saprei rispondere! -Dov'è uno spillo? -Cosa? -Uno spillo, un ago, UNA FOTTUTA SIRINGA!!! DOVE STA??? -Non ne ho idea!!! -Porca troia, mi vuoi far incazzare? TIRALA FUORI! LO SO CHE CE L'HAI, DOTTORE! TU HAI SEMPRE UNA FOTTUTA SIRINGA! -Ti dico che non ce l'ho! Milo lasciò Ellie e indietreggiò di qualche passo. Senza che Ellie avesse il tempo di prepararsi, Milo sferrò un pugno sulla parete così forte da far tremare la stanza e ne sferrò un'altro contro uno specchio sulla parete, che si frantumò. Ellie si accucciò a terra, coprendosi le orecchie e stringendo gli occhi. Milo continuò a fracassare il mobilio della stanza, finché non si riaprì la porta e comparve Vittorio. -Cosa sta succedendo?- chiese. -NON LA TROVO! PORCA PUTTANA NON LA TROVOOOOO!!!- urlò Milo. -Te l'avevo detto io che quella roba un giorno ti avrebbe mangiato il cervello. Vittorio si avvicinò a Milo e si mise una mano nella giacca e tirò fuori una siringa di vetro. -Dammi la dose.- disse. Milo, prendendo miracolosamente la calma, cercò di prendere la fiala monouso dalla tasca interna della giacca. Le mani gli tremavano visibilmente e, nonostante avesse le dita sulla dose, non riusciva a prenderla. Dopo il terzo tentativo, la sua frustrazione salì a livelli di tolleranza minima. -Ho capito, faccio io.- disse Vittorio, che gli tolse la mano dalla tasca e prese la fiala. Spezzò con precisione chirurgica la punta e inzuppò l'ago dentro al liquido rosso, quindi lo aspirò: la precisione del gesto fu tale che non era neppure necessario che la scuotesse per togliere l'aria, la dose occupava il suo spazio e non c'era neppure una bollicina. -Togliti la giacca.- disse Vic. Milo si tolse la giacca, rivelando sotto di essa una fondina sottoascellare, alla quale era attaccato il suo fucile a quattro canne. Vic gli alzò il braccio e arrotolò la manica del maglione grigio che indossava, rivelandone la superficie martoriata e livida. Infilzò velocemente la punta dell'ago nella vena e iniettò la dose in meno di un secondo, quindi estrasse l'ago e lo incappucciò. Srotolò la manica del maglione, che faceva da laccio emostatico e si rimise la siringa in tasca. Ellie, che aveva visto tutta l'operazione, rimase allibita dalla precisione e l'accuratezza di Vic, che avrebbe fatto impallidire i migliori medici dell'Angel Hospital. Vic fece stendere Milo sul letto. -Le dispiace se lo lascio qui? Più tardi manderò un ragazzo a pulire e riordinare la sua stanza.- chiese Vic. -Va bene.- rispose Ellie. -Se comincia a dare di matto mi faccia un fischio: sarò qui in un secondo. -Grazie. Vic uscì dalla stanza. Ellie rimase seduta sul letto, accanto a Milo. Steve le aveva parlato sempre malvolentieri del suo cugino di primo grado, Milo Potente. Lei era meravigliata dalla forte somiglianza tra i due e si chiedeva se fossero anche uguali caratterialmente. Milo rimase inerte per qualche minuto, finché non voltò lo sguardo verso di lei. -Chi sei?- chiese con voce roca. -Sono Ellen.- disse lei. -Sono morto? -No. -Allora perché vedo un angelo? -Un angelo? -Tu non sei un angelo? Dopo una tale domanda, Ellie si rese conto che la dose di Synth aveva cominciato a fare il suo effetto: Milo delirava. -No.- rispose lei. -Peccato, mi sarebbe piaciuto incontrare un angelo.- disse lui. Ellie pensò di approfittare della situazione per sapere qualcosa in più. -Come hai fatto ad essere così?- chiese lei. -Così come?- fece Milo -Vuoi dire come ho fatto a diventare quel che sono? Come ho fatto a diventare un figlio di puttana tutto un pezzo? -Si. -È una storia lunga, ma visto che non ho un cazzo da fare e tu sei anche gentile, te la racconterò. Milo si schiarì la voce e sistemò il cuscino sotto la sua testa in modo da rialzare il petto ed avere una migliore respirazione. -Sono nato- disse -circa una ventina di anni fa, in un monolocale di Wreck City. Mia madre era una povera volpe che si guadagnava la vita pulendo i cessi delle case dei ricchi. Mio padre, invece, non l'avevo mai conosciuto: quel bastardo lasciò mia madre quando seppe che io ero pronto per essere sfornato e non lasciò nemmeno un soldo per aiutarla. Il giorno in cui nacqui mia madre era completamente sola, non aveva soldi per l'ospedale né i mezzi per andarci, fu un miracolo se riuscimmo a sopravvivere entrambi. Passò il tempo e io cominciai a crescere: avevo circa sette anni quando feci il mio primo lavoro sporco, rubacchiavo qua e là, taccheggiavo i passanti per strada, fino a che non cominciai a fare sul serio, come rapine a mano armata nei negozi e robe del genere. La prima volta che conobbi Sonny Lo Riccio, che all'epoca non era ancora il kingpin di Darktropolis, fu in un bar: stavo seduto al bancone, senza soldi e senza futuro, quando mi si presentò lui con un biglietto da venti pezzi e mi disse "Vuoi guadagnarteli? Vieni con me: ho una questione da risolvere con un grosso figlio di puttana baffuto e tu mi fai comodo."; io lo seguii, attratto da quel bigliettone, e finii in un giro bello grosso, abbiamo raggruppato insieme qualche altro tizio, tra cui anche mio cugino che era tornato dal fronte e non aveva un lavoro. Insieme abbiamo fatto fuori Don Roberto e abbiamo preso possesso della città. Io mi presi Wreck City, detti un lavoro migliore a mia madre, che adesso abita qui, al ventiseiesimo piano del Central Palace, e mi sistemai. Un giorno, due anni fa, mentre stavo uscendo dalla Cracking Bones dopo aver pestato uno stronzo su di giri che stava importunando i clienti, vidi un tizio seduto sulla strada, un barbone, mi avvicinai per vederlo meglio e mi accorsi che era una volpe, fradicio come una spugna e malconcio. Lo guardai bene in faccia e, anche se sembra incredibile, lo riconobbi: era mio padre, quel bastardo che aveva abbandonato la mamma perché dovevo nascere io. In quel frangente volevo tirare fuori il fucile, ficcarglielo nel culo e sparare fino al click del grilletto, ma mi trattenni: pensai che, nella condizione in cui si trovava stava già messo male e se l'era meritato, quindi lo ignorai e tornai al Palace. Milo si interruppe. -E questa è la mia storia.- disse lui -Adesso non ho più voglia di parlare. Ellie si alzò dal letto. Un riccio, vestito con una livrea rossa e bianca, entrò nella stanza. -Sono il ragazzo di servizio: devo sistemare la stanza.- disse. -Va bene. Devo uscire?- disse Ellie. -Non è necessario.
Intanto, nell'Emerald Inn, Mark era davanti alla porta dell'ufficio di Nicky. Davanti a essa c'erano due echidna rosso porpora vestiti con abiti scuri. -Ben arrivato, Mark: - fece uno dei due -Nicky ti stava aspettando. -Ok, fammi entrare.- disse Mark. L'echidna bussò alla porta. -Avanti!- esclamò Nick da dentro la stanza. La porta si aprì e Mark entrò nell'ufficio. Nicky era seduto dietro alla sua scrivania e dava le spalle alla porta. Una luce soffusa proveniente dal lampadario illuminava debolmente la stanza. -Eccomi qui, Nicky, c'è qualche problema?- disse Mark. -Problema?- disse Nick -E mi chiedi anche se c'è un problema? -Cos'è successo? -Non lo sai? Eppure dovresti saperlo. -Continuo a non capire, Nick. -Che tu fossi speciale, Mark, io lo sapevo bene, ma che tu sia un dannato animale- Nick si voltò e sbatté una copia del Dark Herald sulla scrivania -questo non lo sapevo affatto: leggi la prima pagina e dimmi se ti schiarisce le idee. Mark lesse il titolo di una delle notizie:
OMICIDIO CANNIBALICO AL KINKY LEATHER
Il famoso proprietario del locale sadomaso più conosciuto a Darktropolis, Leonard Fang detto il Cecchino è stato trovato in una delle stanze del medesimo privo di vita. Secondo la perizia del medico legale l'assassino, ancora ignoto, avrebbe aperto uno squarcio nell'addome e nella base del collo della vittima, lo avrebbe dissanguato e quindi cercato di mangiare le sue viscere. Il capo del dipartimento di polizia, Samuel Hog, ha ancora una volta rifiutato di fare nomi sul mandante dell'assassinio e del killer necrofago. Ci sono possibili sospetti che Leo il Cecchino fosse legato al boss della mafia darktropoliana, Don Sonny Lo Riccio.
-Legato una minchia!- urlò il Don, appallottolando il giornale e scaraventandolo nel cestino vicino alla sua scrivania di marmo nero. -Non riusciranno mai a trovare il legame tra lei e il carico di Syntheaven, Don.- disse Vic, che si trovava a distanza di sicurezza dal Don. -No? E tu che minchia ne sai, eh? Lo leggi il giornale o no? Quei figghi di bottana dei giornalisti lo sanno già, quel figghio de bottana di Samuel Hog lo sa! È a tanto così dal mettermi un bastone in culo e le manette ai polsi quello lì! -Vuole che gli elimini? Giornalisti e capo della polizia? -Che? Ho sentito bene? Stai dicendo che dovrei ammazzarli tutti? E tia che minchia hai al posto del cervello? Se li facessi fuori farei solo un casino peggio di quanto si sia già fatto, tutti i fottuti sospetti ricadrebbero su di me e gli sbirri mi verrebbero a mettere in un carcere, sezione Metteteglielo Nel Culo! No, niente rappresaglie contro le autorità, non fare una minchia finché non te lo dico io. Il Don fece una pausa. -Beh?- fece il Don, rivolto sempre a Vic -Che minchia fai ancora qui? Esci da questa minchia di ufficio, ora! Vic uscì dalla suite royal del Don senza dire una parola. L'interfono sulla scrivania suonò. Il Don premette un tasto. -Che c'è?- chiese. -Qualcuno vuole vederla, signor Lo Riccio, - disse una voce dall'interfono -una certa Candy. -Che minchia stai aspettando??? Falla salire!!! Ora!!!
-Credi che sia stato io a uccidere Leo in quel modo?- disse Mark -Anzi no, credi che sia stato io a ucciderlo? -Sei tu che sei andato là, Mark, ed eri l'unico che poteva avercela con lui.- disse Nicky. -E tu pensi che sia andato lì per farlo fuori? Senti Nick, lo sai bene che io... -Che tu cosa? Che tu sei un fottuto cannibale? No, questa mi è nuova e non mi piace affatto: un conto è fare fuori un tizio, un'altra è mangiargli le viscere una volta morto. -Nick, non sono stato io a far fuori Leo e tanto meno gli ho mangiato io le viscere. -E allora chi? Dammi una prova che tu sei innocente e io ti crederò, ma fino a quel momento continuerò a credere che tu sia una bestia e non un'echidna. -Ma cosa ti fa credere che sia stato io a fare questo? -Allora, ricapitoliamo: ti sei beccato migliaia di pallottole e non sei mai morto, hai un fiuto che altri non hanno, sei più forte, più veloce, hai capacità che nessun'altro echidna possiede. A pensarci bene mi sono sempre chiesto come tu sia capace di fare tutto questo e in qualche modo devi pur accumulare energie per farlo, in che modo lo fai? È probabile che tu sia un wemptiuber, ecco cosa. -Questi sono pregiudizi e superstizioni, Nick. -Con uno come te, Mark, si crede anche alle leggende. -In ogni caso, se fossi quello che tu dici, che mi vorresti fare? Uccidermi? -Oh, si, certo, come no! Uccidere te è come cercare di convincere il Don a dare i suoi soldi in beneficenza. No, troppo complicato. Facciamo così: tu cerca delle prove che ti discolpino e io non farò niente a i tuoi amici ricci, va bene? A Mark non sembrava vero che Nicky lo stesse ricattando in quel modo, perdipiù senza prove concrete nei suoi confronti. -Questo è un colpo basso, Nick, non mi piace per niente.- disse lui, con fare scontroso. -Non posso fare altro, Mark, mi spiace.- rispose Nicky. -Va bene, allora, cercherò delle prove per scagionarmi e, una volta trovate, la smetterai di minacciare i miei amici. Intesi? -Intesi. Puoi andare, ma attento a quel che fai. Mark uscì dalla stanza e si avviò verso l'uscita dell'albergo. La situazione non gli tornava, ma in ogni caso sapeva a chi rivolgersi per saperne di più.
Intanto, nella rimessa dei taxi di Darktropolis, qualcuno aveva cominciato a prendere il proprio posto. Un riccio cremisi, con un sigaro che gli pendeva tra le labbra, stava controllando nel suo ufficio su una cartella i conducenti che avevano cominciato a prendere servizio quando senti bussare due volte alla sua porta. -Avanti.- disse lui. La porta si aprì e apparve Steve, vestito con la sua solita tenuta da lavoro, una giacca grigio scura e un paio di pantaloni grigi. -Ehi, sei venuto di buon'ora, Steve:- disse il riccio, prendendo il sigaro tra le dita e scotendolo dalla cenere con un gesto secco -se sei venuto per la busta paga sei in anticipo di due giorni. -No, - disse Steve -sono venuto qua per chiederti un favore. -Dimmi tutto. -Ho un piccolo problema che dovrei risolvere, ha a che fare col mio vecchio lavoro e mi servivano una macchina e una settimana libera. Puoi anche detrarli dal mio stipendio se vuoi, ma mi servono a tutti i costi. -Una settimana e un'auto? Non credo che avrei problemi, Steve: che devi farne? -Ho solo bisogno di quattro ruote per spostarmi, devo cercare un riccio. -Capisco. Non si tratterà di qualcosa che possa graffiare la vernice? -No, niente di azzardato, non avere timore, lo sai quanta cura ho per la mia auto. Il riccio ci pensò su per qualche minuto, tirò una boccata dal sigaro e sbuffò con fare pensieroso, poi aprì un cassetto dalla scrivania e tirò fuori un mazzo di chiavi che lanciò a Steve. Steve prese il mazzo al volo senza nemmeno scomporsi. -Ok, allora, vai, - disse il riccio -non lo detrarrò dallo stipendio, ma la benzina te la devi pagare tu e, se per caso vedo anche un solo microscopico graffio, anche sul parafango, mi risarcisci i danni e ti licenzio su due piedi, sono stato chiaro? -Chiaro.- disse Steve. -Perfetto, e adesso vai. Steve uscì dall'ufficio e si avviò verso la sua auto. Mise la chiave nella serratura della portiera e la aprì, entrò nell'abitacolo e mise la chiave nel cruscotto. La macchina si accese con un rombo sommesso. Steve innestò la prima e uscì dalla rimessa, infilandosi nella confusione del traffico cittadino e divenendo un anonimo numero nella massa.
Maria, nel frattempo, stava finendo di lavare la sua tazza da te nel lavandino della cucina di Mark. Shadow stava ancora dormendo. Fuori, un tuono lontano anticipava un temporale prossimo ad arrivare. Maria entrò nel soggiorno e si mise a scrutare fuori dalla finestra la strada. Rimase a guardare finché non fu distratta dal rumore delle coperte del divano letto che si scostavano. Shadow si alzò, si stiracchiò e sbadigliò, quindi gemette leggermente per il dolore lancinante che sentiva dietro la schiena a causa della botta presa durante lo scontro con Steve che lo aveva buttato contro una porta. -Ben alzato, Shadow.- disse Maria -Dormito bene? -A parte il mal di schiena si.- rispose Shadow, stropicciandosi gli occhi. -Hai fame? -No, grazie Maria, non ho voglia di mangiare. Maria si avvicinò al divano letto e sistemò le coperte. Shadow prese i suoi abiti, che erano piegati sullo schienale del divano, e si vestì velocemente. -Quel tipo ti ha fatto la festa, ieri sera.- commentò Maria. -Festa? Che festa? Quello lì mi ha pestato di brutto, altro che festa.- rispose Shadow. -Stenditi sul letto, a pancia in giù, così vedo quel che posso fare per farti stare meglio. Shadow fece come Maria chiese. Maria si mise cavalcioni su di lui, poggiandosi con le ginocchia al meglio per non sedersi sopra la sua coda, quindi alzò la maglietta di Shadow e controllò cosa non andava: la schiena di Shadow appariva senza problemi. -Dov'è che ti fa male?- chiese lei. -Qui.- disse lui, indicando l'area lombare, a due vertebre dall'osso pelvico. Maria cominciò a passare le dita con movimenti circolari sul punto dolorante. Shadow sentì brividi e scosse elettriche provenire da quel punto e si sentì fremere. Il dolore che sentiva cominciava lentamente a svanire. Nessuno dei due disse nulla durante il massaggio. Dopo qualche minuto, Maria smise di massaggiarlo. -Ti senti meglio?- chiese. -Si, molto meglio, ti ringrazio Maria.- rispose lui. Maria si alzò e si tolse da lì. Shadow fece lo stesso. -Certo che tu guarisci molto in fretta, Shadow, - disse Maria -sei veloce persino in questo. -Beh, ci provo.- disse lui -Dov'è Mark? -Non lo so, Shadow, se n'è andato via di corsa dicendo che lo aveva chiamato Nicky La Punta, poi non so altro. -Tu cosa credi che volesse da lui? -Non ne ho idea, ma penso che si trattasse di qualcosa di serio, vista la fretta con cui si è allontanato. -Spero che non si tratti di qualche problema. -Lo spero anch'io: un problema di Mark è anche un problema nostro, soprattutto per il fatto che siamo gli unici due ricci nel ghetto echidna. Comincio a sentirmi in colpa persino per questo. -Perchè? Cos'hai fatto? -Perchè?! Ho coinvolto anche Mark in questa storia e quel che gli succede è anche per colpa mia. -Non t'incolpare, Maria, lo sai che non sei stata tu a volere tutto questo. -Già, ma ciò non significa che dovevo coinvolgere persone che conosco nei miei problemi. Credi che ne usciremo vivi da questa storia? -Non lo so, Maria, ma farò in modo che a te non accada nulla, l'ho promesso. -Non mi lascerai mai? -Mai. Maria ripiegò il letto nel divano e si sedette. Shadow si mise accanto a lei. Lei guardò lui: lo sconosciuto che aveva raccolto dalla strada era diventato la sua speranza, il suo rifugio in caso di tempesta e temeva che non sarebbe riuscita ad andare avanti se lui fosse morto o, peggio ancora, sparito senza lasciare tracce. Mise le sue braccia intorno al collo di lui e poggiò la testa sulla sua spalla.
Per i vicoli malfamati di Wreck City, Mark si guardava intorno alla ricerca di una prova che lo scagionasse dall'accusa di essere un mostro cannibale: barboni che rovistavano tra le immondizie e prostitute dallo sguardo spento sembravano essere le sole cose presenti in quei posti. Continuò a camminare finché non incontrò un volto familiare: una lupa con il pelo grigio e una tuta di gomma che lasciava scoperti i seni gli si avvicinò. -Ehi, ragazzone!- disse lei -Hai voglia di divertirti? 200 pezzi e potrai fare di me quello che vuoi. -Non ti ho già visto da qualche parte?- fece Mark. -Non saprei. Perché me lo chiedi? -Non mi riconosci? La lupa si avvicinò di più, socchiudendo gli occhi. -Aspetta un minuto...ma tu sei quel tipo che ha preso a calci in culo Leo il Cecchino!- disse lei. -Già, sono proprio io, - fece Mark -e tu, invece, sei una sua ex dipendente, giusto? -Non sapremo mai come ringraziarti, ragazzone: tu non immagini nemmeno che favore hai fatto a noi ragazze. -Certo, ma ho un problema, riguarda proprio Leo. -Ah si? Cos'è successo? -Mi accusano dell'omicidio di Leo, mentre invece non sono stato io a scannarlo. La lupa cambiò espressione facciale, da sorpresa e contenta a seria e preoccupata. -Chi ti ha accusato? La polizia?- chiese lei. -No, il mio datore di lavoro, che crede che sia stato io a ucciderlo, dissanguarlo e mangiargli le viscere.- rispose Mark -Tu e le altre ragazze siete le uniche che sanno la verità, che sanno chi è il vero assassino, il mio boss non mi crede e due miei amici sono in grave pericolo per colpa mia... -...quindi hai bisogno del vero killer, giusto?- disse lei. -Beccato al primo colpo. Sai com'è andata lì, vero? -Certo, dal momento in cui eri andato via in poi. -Allora dimmi tutto. La ragazza raccontò ciò che accadde al Kinky Leather a Mark, che rimase stupefatto da una rivelazione. -Carminia ha ucciso, dissanguato e sbudellato Leo?- disse lui. -Parve strano anche a noi, anche se per me non era una novità.- disse lei. -In che senso? -Non saprei come spiegartelo, ma ogni volta che mi avvicinavo a lei sentivo una strana sensazione, come se delle voci sottili e penetranti come aghi mi entrassero nella testa e uscissero solo dal momento in cui mi allontanavo da lei e poi, quegli strani malori nei clienti...pareva che ogni volta che aveva a che fare con uno di loro, quelli tornavano indeboliti, senza forze... -Una vampira... -Come? -Niente, pensavo ad alta voce. Avevate chiamato la polizia? -Si, subito dopo essere fuggite. -Bene, spero di trovare qualcosa di interessante al dipartimento. -Lo spero per te e...a proposito... -Cosa? -Non credi che mi meriti qualcosa dopo averti rivelato quest'informazione? -E cosa vorresti? -Beh, potrei chiederti di venire a casa mia adesso: oggi non ho niente da fare, non arrivano clienti e non so come riempire la giornata. Che ne diresti se... -...se? -...se tu ed io... -...se tu ed io? -...se tu ed io ci mettessimo a fare un pò di "conversazione", non so se mi spiego... Quando la lupa disse "conversazione" si avvicinò a Mark, guardandolo negli occhi e si mise al suo fianco, poggiando una mano sul posteriore di lui. -Offerta allettante, ma non posso.- disse Mark. -Oooh...ma perché?- fece lei, in tono quasi lamentoso -Da quando ti ho visto mi fai venire voglia di farlo gratis, perché vuoi negarmi (e negarti) un piacere simile? -Sono impegnato, ecco tutto. -Proprio non vuoi? -Non posso, è più forte di me. -Nemmeno farmi vedere qualcosa? -Che vuoi dire? -Mi piacerebbe tanto vedere cosa c'è sotto a questi abiti...oppure non puoi fare neppure questo?
Nel bar echidna, nel frattempo, la situazione era di ordinaria amministrazione. Clienti abituali e non sedevano ai tavoli o a bancone, bevendo o conversando tranquillamente tra loro. Una coppia, ragazzo e ragazza, parlavano amorevolmente del loro futuro. -Insomma, - fece lui -lo vuoi tenere? -Si, sono decisa.- disse lei -Sei contento? -Tesoro, non immagini quanto sia felice di sapere che tra qualche giorno sarò padre. Ti amo. -Anch'io. I due ragazzi si baciarono. Mentre loro si scambiavano effusioni amorose, nel bar entrò un tipo che non sembrava affatto un cliente abituale. Uno scoiattolo, che indossava un paio di occhiali neri, un giubbotto di pelle nera con un disegno all'aerografo di un drago bianco e dorato sul pettorale sinistro, un paio di pantaloni neri e quattro orecchini, due all'orecchio destro e due all'angolo sinistro del labbro inferiore si avvicinò al bancone. Il barista si avvicinò al tipo. -Cosa vuoi?- chiese con tono basso. -Cerco un killer.- fece il tipo con fare flemmatico. -No, tu cerchi guai: i Dragoni non possono entrare nel ghetto. Sparisci, prima che la gente si accorga che tu sei entrato qui. -Sai dirmi dove posso trovare un echidna nero muscoloso che si fa chiamare Mark Denhaim? -Ascolta tipo, levati dai coglioni prima che ti faccia diventare io nero. -Non mi ascolti? Ti ho chiesto un'informazione e vorrei che tu mi rispondessi. -No, sei tu che non mi ascolti. Il barista fece un fischio in direzione dei tavoli e due echidna robusti si avvicinarono al bancone. -Qualche problema, Doug?- fece uno dei due. -Si: cacciate a pedate questo stronzo.- fece il barista, indicando lo scoiattolo. -Un Dragone, eh?- disse l'altro echidna -Non sei troppo lontano da casa, frocetto? Lo scoiattolo non rispose. -Ehi, stronzetto!- disse l'echidna con tono alterato -Ti ho fatto una domanda! Silenzio. -E va bene, l'hai voluto tu.- disse l'altro echidna. Fece per sferrare un pugno verso lo sconosciuto, ma il braccio venne bloccato da una presa a torsione dello scoiattolo, che rigirò l'avambraccio, provocando uno scricchiolio osseo nel gomito dell'echidna, strappandogli un urlo. -Brutto figlio di puttana!- esclamò l'altro, cercando di sferrare un pugno in faccia all'assalitore, ma il colpo venne fermato dalla mano aperta libera. Lo scoiattolo strinse il pugno, provocando un sonoro schiocco cartilagineo delle dita dell'echidna. L'echidna gridò. Con le mani occupate, lo scoiattolo alzò le gambe e colpì al mento i due echidna con il tacco dei duri anfibi che indossava, facendoli cadere a terra, incoscienti. Gli altri echidna nel bar, accortisi dell'intruso, cominciarono ad avvicinarsi minacciosamente. Prima che potessero prendersela con lui, nel bar entrarono altri scoiattoli, con giacche e giubbotti marchiati nello stesso modo, ad armi spianate. Gli echidna si fermarono. Lo scoiattolo che era entrato per primo si avvicinò al barista e lo prese per la collottola. -Allora, - fece lui -ti avevo fatto una domanda, vorrei una risposta che non sia "non lo so". -Fottiti!- fece l'echidna -Non puoi entrare nel mio bar e fare il padrone del cazzo! Lo scoiattolo fece una pausa di qualche secondo, poi prese l'echidna per la nuca e gli fece sbattere la faccia sul bancone usurato e pieno di schegge del bar, facendogli passare la faccia attraverso al legno. -Hai un'altra possibilità, - disse lo scoiattolo, sempre in tono calmo -se non mi dai la risposta giusta ti cavo gli occhi. L'echidna, con la faccia costellata di tagli e schegge, sputò uno sbocco di sangue contro il drago disegnato sulla sua giacca. Sempre mantenendo la calma, lo scoiattolo, con un gesto rapido della mano, ficcò indice e mignolo nelle orbite del barista, strappandogli un urlo agghiacciante. -Ora ti conviene rispondermi, altrimenti ti strapperò la trachea dal collo.- disse lo scoiattolo. -V-vicino al vecchio teatro, tre isolati.- rispose il barista, piagnucolando. -Grazie. -Spero che Mark vi strappi le palle quando arrivate da lui. Lo scoiattolo rilasciò la presa e uscì dal locale, passando in mezzo agli altri suoi compari. -Fate fuori la gente nel locale e piazzate le cariche.- disse loro, con noncuranza. Gli scoiattoli tirarono indietro gli otturatori delle loro armi e aprirono il fuoco sugli avventori. Echidna su echidna cascarono a terra, lasciando pozze di sangue a terra. Urla femminili e rantoli furono soppressi dal rumore delle armi. Quando finirono di sparare, uno di loro piazzò in mezzo al locale un pacco di esplosivi e premette un codice sulla tastiera numerica su di esso, quindi si allontanarono tutti insieme. Tra i cadaveri di echidna nel bar, un segno di vita. La mano tremante della ragazza si avvicinò a quella del suo ragazzo. Rendendosi conto che lui era ancora vivo, lei si alzò a fatica e vide il timer della bomba, regolato a trenta secondi. Prese il suo ragazzo per le braccia e, raccogliendo tutte le forze che le erano rimaste, lo trascinò fuori dal locale. Lo portò in un vicolo dietro al bar e attese. Un boato spazzò via il silenzio e il bar venne spazzato via dall'esplosione. La ragazza fece per svegliare il suo ragazzo. Lui aprì gli occhi: una ferita di striscio alla spalla grondava sangue. -Che.che è successo?- chiese lui. -Sono tutti morti.- disse lei, tremante, mettendosi a sedere a terra e raggomitolando le gambe con le braccia. Le lacrime le rigarono il volto.
Intanto, al Dipartimento di Polizia, Sam stava seduto dietro alla sua scrivania, con le braccia incrociate su di essa e la testa poggiata sugli avambracci. Le possibilità di prendere il Don in trappola si allontanavano sempre di più, scivolando come sabbia tra le sue dita. Senza la testimonianza di uno dei suoi scagnozzi non poteva incastrarlo. Non sapeva cosa fare. Prima che potesse rendersene conto, la finestra dell'ufficio si aprì. Si alzò e si voltò per vedere come mai si era aperta, ma non vide nulla: probabilmente era già aperta e una ventata l'aveva semplicemente spalancata. Fece per girarsi e rimettersi a sedere e si trovò faccia a faccia con Mark. Sam fece un salto per lo spavento e non riuscì a dire una parola perché il fiato gli si era strozzato in gola. -Buona sera, capo.- disse Mark. -Mi hai fatto prendere un colpo: che diamine ci fai qui?- chiese Sam. -Ho bisogno di prove e so che voi le avete. -Prove di cosa? -Omicidio cannibalico al Kinky Leather. -E tu che ne sai se noi.aspetta un secondo, tu eri là, è vero, dovresti essere tu a fornirmi una testimonianza o una prova. -Testimonianza? Contro chi? Non sei riuscito ancora a incastrare il Don? -No: l'unico testimone disposto a collaborare è sotto una dose massiccia di Synth. -Allora sei nella merda, è così? -Anche sotto, direi. -Bene, siamo in due: il capo clan del ghetto crede che sia stato io a commettere l'omicidio di Leo il Cecchino e ho bisogno di prove per discolparmi e voi, di sicuro, le avete. Ti propongo uno scambio: tu dammi le prove dell'omicidio a carico della vera assassina e io ti fornisco una prova sull'implicazione del Don nell'affare. Ci stai? Sam, dopo quella proposta, sgranò gli occhi, incredulo a ciò che aveva sentito. -Tu hai delle prove che mi permettano di incastrare il Don? Mark tirò fuori dalla tasca interna della giacca una cassetta audio. -Non è molto, ma è sufficiente a inchiodarlo: è una telefonata fatta da me mentre ero al Kinky Leather, al numero del Don. È tuo se mi dai le prove sulla colpevolezza di Carminia Fledermaus. -E tu come accidenti sai che l'assassina.? -Preferisco non dire come mi sono procurato quest'informazione, diciamo che la fonte era certa della veridicità. Sam guardò Mark negli occhi, uno sguardo serio, lo stesso sguardo di sua figlia quando era d'accordo su una cosa. Aprì lo schedario e cercò tra le cartelle e, dopo un paio di minuti, trovò la cartella del caso e la poggiò sulla scrivania, tenendoci sopra una mano. Mark fece lo stesso con la cassetta. Sam fece scivolare la cartella verso Mark e lui fece lo stesso con la cassetta. Entrambi agguantarono ciò di cui avevano bisogno. -Ti do un consiglio, capo:- disse Mark -se vuoi incastrare il Don devi aspettare che cada di nuovo in fallo, poi vallo a prendere. -Che occasione devo aspettare? Le prove le ho, posso anche andarci adesso a. -Sarebbe troppo rischioso andare lì ad armi spianate con un mandato di arresto, devi prenderlo quando è debole. -Allora quando? -Te lo dirò io, non temere, per ora prepara il mandato e io ti servirò il Don in un piatto d'argento. -Mi sembra tanto una cazzata, ma voglio fidarmi. Mark aprì la finestra dell'ufficio. -Appena avrò finito con questo te lo riporto, non aver paura.- disse. E saltò dalla finestra. Sam rimase a guardare la finestra aperta, poi guardò la cassetta. Richiuse la finestra e si mise a sedere dietro alla sua scrivania: aveva la prova, probabilmente schiacciante, per inchiodare il Don ma non poteva sprecarla, in fondo l'echidna aveva ragione sul fatto che non poteva azzardare.
In casa di Mark, nel frattempo, Shadow e Maria erano rimasti a sedere sul divano, senza dirsi niente. Lei con il mento poggiato sulla spalla di lui e lui con un braccio sulle spalle di lei, gli occhi chiusi e la testa bassa. Fuori dalla casa, a distanza di sicurezza, una elegante auto nera lucida si parcheggiò davanti. Uscì uno scoiattolo nerboruto, armato di un lanciarazzi AL-50, che si poggiò sul cofano e prese la mira verso la casa di Mark. Shadow aprì repentinamente gli occhi, alzò la testa e si rese conto di vedere il tempo intorno a se rallentato: guai in arrivo, e grossi. -Maria?- disse lui. -Che c'è?- fece lei. -Alziamoci, adesso, prendi il borsone con la roba e saltiamo dalla finestra. -Cosa? -Fa come ti dico: qui c'è qualcosa che non va. Lo scoiattolo premette il grilletto. Maria prese il borsone, che era ancora poggiato a terra accanto al divano. Shadow si alzò, prendendo Maria con un braccio intorno alla sua vita. Il razzo partì in direzione della finestra. Shadow saltò verso la finestra chiusa, parandosi il volto con l'avambraccio e la sfondò. Il razzo gli passò rasente alla schiena. Maria e Shadow rotolarono a terra. Una deflagrazione li spinse via dalla casa, che esplose. Shadow si mise addosso a Maria, parandola con il suo corpo dalle schegge e i pezzi di calcinacci. Si rialzarono e corsero via. -Cosa è stato?- chiese Maria -Chi ha fatto questo? -Non ne ho idea, ma se non ci sbrighiamo ci faranno fuori.- rispose Shadow. Dietro di loro gli scoiattoli tirarono fuori le loro armi e cominciarono a fare fuoco contro loro due. Shadow si affrettò a buttare Maria dietro al muro di un vicolo e nello stesso tempo si rigirò e si buttò all'indietro, tirando fuori una Beretta e facendo fuoco verso gli aggressori. Le pallottole, che a lui sembravano muoversi lentamente, colpirono tre scoiattoli, ferendoli mortalmente. L'auto si accese e cominciò a correre verso di lui, che si era alzato in piedi con uno scatto da ballerino classico. L'auto lo prese in pieno e lo scaraventò a terra, facendolo strisciare sul pavimento stradale. Uno degli scoiattoli uscì dall'auto e si avvicinò lentamente a Shadow, che giaceva sull'asfalto. Prima che potesse reagire, Shadow lo colpì da terra con un calcio nello stomaco, poi si alzò con una giravolta e lo colpì nuovamente con un altro calcio che lo fece atterrare contro il paraurti dell'auto. Lo scoiattolo cadde incosciente. Altri due scoiattoli uscirono dall'auto e si diressero verso di lui. Cercarono di colpirlo con serie di pugni ma senza risultato: Shadow deviava i colpi con una mano sola. Roteò la gamba e li colpì al volto, facendoli cadere a terra. L'autista accelerò di nuovo per investirlo. Shadow fece un salto laterale ed evitò la carica, rifugiandosi nel vicolo con Maria. -Tutto ok?- disse lei, che lo aveva visto investito dall'auto. -Nessun problema.- fece lui, mostrando il pollice alzato. Shadow uscì dal vicolo. L'auto compì un freno a mano e girò di 180°, rivolta verso di lui. Shadow rimase fermo, la faccia rivolta verso l'auto e il corpo di profilo. Le ruote scivolarono e presero aderenza all'asfalto. L'auto si lanciò verso Shadow. Shadow gli corse incontro. Quando entrambi furono vicini, lui saltò, poggiando le mani sul cofano e spingendo i piedi uniti verso il parabrezza. Entrò nell'auto, sfondando il vetro, e colpì con un pugno l'autista, facendolo uscire dal finestrino. La vettura si fermò e Shadow scese, prese l'autista, un altro scoiattolo, per la collottola. -Chi siete?- chiese. L'autista non rispose. -Parla se non vuoi che ti stacchi la testa dal collo, patetico essere vivente!!! -Siamo del clan del Dragone, nemici del Clan dello Smeraldo di Tenebra: siamo guerrieri senza timore, non conosciamo la paura.neppure della morte. Con un gesto improvviso, senza che nemmeno Shadow potesse reagire, lo scoiattolo mosse le braccia verso il proprio collo e se lo spezzò. Shadow lasciò il corpo esanime, inorridito dal gesto suicida. In lontananza, si sentiva il rumore di spari attutiti. -Shadow, dobbiamo scappare: questa è una guerra tra bande e noi siamo i ricci sbagliati nel posto sbagliato.- disse Maria. -Non ne sono sicuro, Maria:- fece Shadow -questi tipi sono venuti solo a cercare noi. -E tu che ne sai? -Lo sento e basta. Andiamo ad aiutare gli echidna. -Ok. Shadow tirò fuori dalla cintura la sua seconda Beretta e corse verso gli spari, cercando di farsi seguire da lei.
Dall'altra parte del ghetto, intanto, si era scatenato l'inferno. Un fuoco incrociato tra un gruppo di echidna e alcuni Dragoni infuriava per la strada. -Stiamo finendo le pallottole.- fece uno degli echidna, riparato con gli altri dietro a un cassonetto dell'immondizia -Perché Mark non c'è mai quando ne hai bisogno??? -Stà zitto, Cole: possiamo anche fare da soli in questo momento.- disse un'altro echidna. Una pallottola vagante colpì uno degli echidna al petto, che cadde a terra. -Cazzo, hanno preso Lefty!!!- disse Cole. Un'altra pallottola colpì di striscio la spalla di un'altro echidna. -Merda!- esclamò. -Non possiamo continuare così: quei bastardi ci ammazzeranno!!!- fece Cole. -Non è mai successo che i Dragoni vincessero una battaglia, Cole, e non accadrà neppure oggi!- fece l'echidna ferito. Una scarica di mitra falciò altri tre echidna. Rimasero Cole e il ferito. -Siamo fottuti, non c'è speranza.- fece Cole. I Dragoni, vittoriosi, si tolsero dal loro rifugio e avanzarono verso i due echidna rimanenti. Per Cole e il ferito sembrava tutto perduto quando tre colpi di Magnum esplosero, colpendo i tre Dragoni e uccidendoli. I due si voltarono e videro Mark, con la pistola alzata e la canna fumante. -Mark! Fratello, sei arrivato in tempo!- fece Cole. -Che cazzo sta accadendo qui?- chiese Mark. -I Dragoni ci hanno attaccato, Mark, pare che cercassero te.- fece il ferito. -Me? E cosa possono volere da. Mark si interruppe. -Oh merda!- esclamò -se mi cercano vuol dire che.oh no, no, no, fa che non sia così!!! Mark corse verso casa sua: temeva che Shadow e Maria fossero stati uccisi.
Intanto, al dipartimento di polizia, Shara chiacchierava con Ben, seduto alla sua scrivania. -Allora tesoro,- fece lei -quanto manca ancora alla fine del turno? -Ancora qualche minuto, Shara, non vedo l'ora di uscire.- disse lui. -Spero che Maria e i suoi amici non abbiano combinato qualche casino nel mio appartamento. -A proposito di loro tre, rispiegami come avrebbero fatto ad apparire in mezzo al tuo soggiorno. -Te l'ho detto, sono apparsi dal nulla, un secondo prima non c'erano e poi puff! Eccoli là! -Succedono parecchie cose strane da quando è arrivato in città quel riccio nero. -Eh si, Shadow è proprio un tipo particolare, per non parlare di quell'altro amico di Maria, quel Mark: hai presente quel riccio verde che mi ha accompagnata qui? -Si, ho presente. -Era lui, che si era trasformato in quel modo per non dare nell'occhio! Incredibile, vero? -Così quell'echidna è in grado di trasformarsi a suo piacimento in qualunque cosa egli voglia. -Già. Ben dette uno sguardo all'orologio: era ora di andarsene. -Ok, piccola,- disse lui -dammi il tempo di cambiarmi abito e sono subito da te, così ce ne torniamo a casa. -Ok, ti aspetto qui.- disse lei. Ben si avviò verso gli spogliatoi, entrò e si avvicinò al suo armadietto, lo aprì e cominciò a togliersi la divisa. Un altro poliziotto, un riccio cremisi, era davanti al suo armadietto, che era a due porte da quello di Ben. -Ehi Ben!- fece il poliziotto -Chi è la tipa con cui parlavi prima? -Lei è la mia ragazza, Rod.- disse Ben, continuando a cambiarsi d'abito. -Carina la tua ragazza. -Lo so. -Immagino che inzuppi il biscotto tutte le sere con quella, eh? -Bada a come parli, Rod, io non sono un porco come te. -Ehi, scusa, Mr. Sensitive, non sapevo che tu fossi così premuroso! -Beh, adesso lo sai. Ben finì di mettersi i suoi soliti abiti, un paio di pantaloni grigi, una maglietta bianca, un gilet scuro e una giacca di pelle nera che gli arrivava fin sotto ai fianchi. -Ci si vede, Rod.- disse Ben, avviandosi verso l'uscita. -Al prossimo turno, Ben.- rispose Rod, con la testa ancora infilata nell'armadietto a rovistare tra le sue cose. Ben si avviò verso la porta, pensando che avrebbe passato una bella serata con Shara, quando vide che qualcuno la stava importunando. La cosa che lo infastidiva di più era che chi la importunava non era un delinquente di quelli che si trovano abitualmente in custodia nel dipartimento in attesa di una cella o di un chiarimento, ma era uno dei suoi colleghi. -Andiamo, piccola,- disse il poliziotto, un riccio giallo più grosso e più alto di Ben -non fare la timida, vedrai che con me ti divertirai. -Non ho alcuna voglia di seguirti,- diceva Shara, con tono acido -so cosa vuoi da me e, credimi, non ne ho alcuna voglia. -Fai la difficile, eh? Non ti preoccupare, ti faccio cambiare idea. Il poliziotto fece per allungare una mano sul petto di Shara. -Togli le tue schifose manacce da lei, Sandusky.- disse Ben. -E tu che vuoi, Sandrelli? Levati dalle palle, bello, questa l'ho vista prima io.- disse il riccio. -No, tutto il contrario, levati tu dalle palle. -Altrimenti? -Altrimenti ti fracasso quel grugno di merda che hai. -Cosa vorresti fare tu? Il riccio spintonò Ben e lo fece cadere a terra. -Non sei nemmeno capace a stare in piedi, perdente!- lo insultò. Ben si rialzò. Intorno ai due il pubblico di poliziotti e malviventi facevano il tifo per entrambe le parti. -Fatti sotto, stronzo!- disse Ben. Sandusky si avvicinò a Ben per tirargli un pugno, ma Ben fu più veloce e gli sferrò una testata sul naso, che gli fece schizzare un rivolo di sangue dalla narice. Ben, fece due passi indietro, tenendosi la testa con le mani: gli era sembrato di aver preso un muro con la fronte -Brutto figlio di puttana, questa volta non la passi liscia.- disse Sandusky, asciugandosi il sangue con il dorso della mano. Il riccio caricò un pugno e lo sferrò nella porta dello stomaco di Ben, che si inginocchiò a terra, tossendo. Gli faceva male e la vista gli si era annebbiata, tanto che la botta era forte. Il riccio unì i pugni e li alzò per colpire Ben mentre era a terra, ma rimase fermo per registrare un acuto dolore al cavallo. Shara gli aveva sferrato un sonoro calcio nei testicoli. -Non provare a toccare il mio ragazzo, brutto bastardo!!!- esclamò lei. Sandusky cadde a terra, tenendosi i gioielli di famiglia e gemendo. Nel dipartimento si fece silenzio. Shara corse verso Ben e lo prese per mano, poi si avviò verso l'uscita con lui. Entrambi si incamminarono verso la casa di lei. Ben si teneva una mano allo stomaco, che gli doleva come se gliel'avesse colpito un maglio da demolizioni. -Ti fa ancora male, tesoro?- chiese Shara. -Un pò, non ti preoccupare tesoro.- disse Ben, con un filo di voce. Nessuno dei due disse altro. Arrivarono a qualche isolato dalla casa di Shara. -Ben?- disse lei. -Si, tesoro?- disse lui. -Lo sai che nessuno mi ha mai difeso come hai fatto tu? -Dovevo farlo: non sopportavo che qualcuno ti importunasse, soprattutto quel. -Ti amo. -Anch'io, amore.
Nel frattempo, per le strade del centro, Steve girava a vuoto, per cercare di rilassarsi il più possibile ed essere pronto mentalmente e fisicamente a battersi di nuovo con Shadow. Dai finestrini osservava la fanghiglia animale della città: barboni che urlavano, ubriaconi che vomitavano nei vicoli, prostitute che adescavano i loro clienti, drogati synthomani che sedevano sul marciapiede o che si scaldavano a un fuoco di fortuna. Steve odiava la città, odiava tutto quello che c'era dentro e tutto ciò che aveva a che fare con essa. Un giorno sarebbe andato via da quel posto e si sarebbe definitivamente buttato alle spalle tutto il suo passato, i suoi guai, i suoi problemi. Pensò a una via di fuga, ma il suo pensiero si rese vano: dove poteva andare? Il pianeta era limitato, Darktropolis ne occupava un terzo, il resto era deserto e giungla semi inesplorata e sapeva che fuori da quel pianeta non c'era via di fuga, nonostante gli scienziati avessero ipotizzato che c'erano altri pianeti abitabili al di fuori dell'orbita di Darkus. Non aveva speranze. Strinse le mani sul volante e continuò a guidare.
Nel frattempo, nel ghetto echidna, uno scontro a fuoco si era scatenato nell'Emerald Inn. Una barricata di fortuna, costruita con tavoli, sedie e divani accatastati, copriva Nicky e i suoi fidati dal fuoco ostile dei Dragoni. -Ma si può sapere perché quei rotti in culo dei Dragoni sono venuti a rompere il cazzo nel ghetto?- chiese Nicky a uno dei suoi uomini che cercava di colpire a fucilate gli assedianti. -Ho sentito alcuni dei nostri che sono stati attaccati per primi: dicono che cercavano Mark.- rispose. -Dovevo immaginarlo. Cazzo, da quando Mark si è messo a fare il giustiziere dei miei coglioni per quei ricci ci troviamo nei casini fino al collo! Il fuoco incrociato impazziva sempre di più, fino a che non smise di colpo: i Dragoni avevano smesso di sparare. Segui una serie di colpi di pistola fuori dall'albergo, ma nessuno dei Dragoni aveva fatto fuoco. Con grande sorpresa da parte di Nicky e i suoi, gruppi di scoiattoli caddero a terra, a seguito di quei colpi e solo uno rimase in piedi. Si levò un silenzio tombale e una fitta nebbia di cordite bruciata. -Ma cosa.?- provò a dire Nicky. La nebbia artificiale si diradò e apparve Shadow, con le pistole scariche, seguito da Maria, con le canne delle sue pistole fumanti. Il Dragone sopravvissuto, lo stesso che aveva fatto massacrare la gente al bar del ghetto, fronteggiava i due. -Non so come tu sia riuscito a uccidere i miei uomini, riccio,- disse -ma stai certo che la tua abilità e la tua vita terminano qui. -Fatti avanti,- disse Shadow, rinfoderando le pistole -non ho paura di te. Lo scoiattolo buttò a terra le sue armi scariche e raccolse l'invito di Shadow: corse incontro a lui e saltò, cercando di colpirlo con una serie di calci in faccia, che Shadow parò con il palmo delle mani aperte. Fulmineamente, Shadow agguantò una delle caviglie e lo scagliò contro un muro della hall, ma lo scoiattolo fu tempestivo e camminò sul muro, facendo tre passi e ricadendo a terra in piedi. Lo scoiattolo sferrò un calcio a rotazione verso la faccia di Shadow, ma il suo piede venne respinto dal gesto immediato dell'avambraccio di lui. Continuarono a colpire e a pararsi senza sosta, finché Shadow non fu abbastanza veloce da sferrare un colpo con il taglio della mano e a rompere una lente dei suoi occhiali da sole. Entrambi indietreggiarono. Lo scoiattolo si tolse lentamente gli occhiali rotti. -Non male come mossa, riccio,- disse -peccato che morirai tra poco, con le vertebre del collo fuori posto e un aculeo conficcato nel tuo cuore. Lo scoiattolo corse incontro a Shadow, con il pugno serrato. Shadow era pronto a fronteggiarlo. Con enorme sorpresa lo scoiattolo, anziché andargli addosso, volteggiò in aria con una capriola e atterrò dietro alla spalle di Shadow, colpendolo con un calcio nei reni. Shadow volò letteralmente contro il muro e ricadde a terra dopo l'impatto. Il dolore lancinante dietro la schiena, testimonio dell'incontro con Steve, riprese a fargli male, come se qualcuno lo stesse pugnalando con un coltello dalla lama rovente. Shadow si rialzò a fatica da terra, tenendosi la schiena con una mano. Voleva gridare per il dolore ma la schiena gli impediva persino di parlare. Lo scoiattolo lo guardò e rise della sua sofferenza. Maria andò a soccorrerlo. -Shadow, non puoi continuare così:- disse lei -nelle condizioni in cui ti trovi non puoi reggere un'altra botta del genere! -Ce la devo fare, Maria, non posso mollare proprio adesso.- rispose lui. Shadow si mise in posizione e fece un cenno con la mano verso lo scoiattolo. Maria si scostò da lui, per evitare di distrarlo. Lo scoiattolo corse verso di lui. Quando fu vicino sferrò un pugno, che Shadow agguantò e trattenne sotto l'ascella. Lo scoiattolo ci riprovo di nuovo con l'altra mano, ma sortì lo stesso effetto. Shadow approfittò della situazione, sferrandogli una ginocchiata e un calcio nello stomaco, facendolo cadere a terra strisciando sul pavimento. Lo scoiattolo si rialzò da terra, girò la testa e sputò un grumo appiccicaticcio di sangue a terra con noncuranza, poi rivolse lo sguardo verso Shadow, uno sguardo di ghiaccio senza espressività. Si mosse di nuovo vero di lui, saltando e cercando di colpirlo con dei calci in faccia, ma Shadow fu pronto a pararli con ambo le mani. Quando fu a terra si abbassò e roteò su se stesso, cercando di colpire Shadow con un calcio alle gambe per farlo cadere, ma fulmineamente lui saltò, ed evitò il colpo. Sorprendentemente, lo scoiattolo si rigirò e lo colpì a piedi uniti nello stomaco mentre era ancora in aria, facendolo ricadere a terra nuovamente di schiena. Shadow digrignò i denti per il dolore, ma si trattenne di nuovo dal lamentarsi. Era la seconda volta che lo prendeva alla sprovvista e non era neppure veloce come lui. Cosa poteva fare? Richiamare le Lance del Chaos? Non voleva ucciderlo e poi sarebbe stato troppo facile. Un colpo di pistola in mezzo agli occhi? Troppo sleale. Frugò nella sua mente, cercando un attacco da fargli, ma tutti quelli che gli venivano in mente erano troppo poco ortodossi. Nel frattempo lo scoiattolo stava saltando verso di lui per colpirlo con una ginocchiata. Quel colpo, se fosse andato a segno, lo avrebbe ucciso, e lui avrebbe chiuso per sempre. Niente più Darktropolis. Niente più combattimenti. Niente più mafia. Niente più violenza. Niente più Maria. Maria. Poteva perdere qualunque cosa, ma non lei. Al solo pensiero di non vederla mai più, Shadow aprì la bocca per urlare. Tutta la sua forza, tutta la sua rabbia, tutto il suo dolore, tutto il suo essere uscì fuori. Shadow fu ricoperto da un'aura di energia silenziosa e potente che lo avvolse completamente, in ogni singola fibra del suo corpo, in ogni singolo atomo. Il tempo si fermò. Shadow si rialzò da terra, battendo i pugni sul terreno. Nel momento in cui il tempo si rimise a scorrere e, improvvisamente, accadde una cosa che nessuno si seppe spiegare in quel posto. Shadow aveva assunto una colorazione del pelo che somigliava al giallo oro brillante e i suoi occhi divennero di un rosso sanguigno più vivo. Prese lo scoiattolo per il ginocchio con una mano e lo scaraventò a terra. -Tu!- disse lui -Come hai osato attaccare me, l'ultima forma di vita perfetta? Come hai osato attaccarmi, patetica, piccola, insignificante creatura? Lo scoiattolo si rialzò a terra, andò incontro a Shadow e sferrò un pugno, ma prima ancora che potesse vederlo, Shadow glielo bloccò con il palmo della mano e strinse. Lo scoiattolo digrignò i denti per il dolore. -Tu non sei neppure degno della mia pietà,- disse Shadow, al colmo dell'ira -tu dovresti inginocchiarti e chiedere perdono per quel che hai fatto! Shadow sferrò due pugni rapidi nella mascella e nel naso dello scoiattolo: per lui sembravano colpi deboli, ma per il Dragone era come se gli avessero dirottato due treni merci sulla faccia e cominciò a sputare sangue a fiotti. Shadow riprese a colpirlo ripetutamente nello stomaco e poi lo prese per la collottola. Lo scoiattolo respirava a fatica. -Creatura insignificante! Non sai con chi hai a che fare! Io sono l'Ultimo, ricordalo, io sono l'Ultimo!- gli urlò in faccia Shadow. Sollevò il Dragone e lo scaraventò contro la parete. Lo scoiattolo cadde riverso senza muovere un muscolo. -.sono l'Ultimo.- disse Shadow. Dopo qualche istante il suo pelo ritornò gradatamente a riprendere il suo colore originario. Shadow cadde a terra disteso, come se tutta la gravità del pianeta fosse aumentata di colpo e lo stesse opprimendo. Chiuse gli occhi. Intorno a lui sentiva una sensazione di benessere, di pace: era in un mondo dove non esisteva dolore ne consapevolezza di se stessi e di chi era intorno. Sentì la voce terrorizzata di Maria fare eco da lontano. Il suo corpo era come sospeso in aria. Si sentì trasportare, fino a che non toccò terra dolcemente. Intorno a lui era tutto nero. Dall'oscurità apparve una bambina che indossava una vestaglia da notte. Aveva i piedi nudi e i capelli lunghi biondi che le scendevano sulle spalle. Shadow la vide. -Maria!- disse lui -Perché sei qui? -Non aver timore, Shadow, sono qui per avvertirti.- disse la bambina. -Hai visto? Ho mantenuto la tua promessa! -Lo so Shadow, ma è ora che tu mantenga un'altra promessa. Ascoltami, sono qui per dirti che mi rivedrai di nuovo e, quando questo avverrà, forse tu non potrai tornare indietro. -Cosa vuoi dire, Maria? Perché non potrò tornare indietro? -Non posso dirti altro, Shadow, è ora che io me ne vada. Svegliati! -Maria! -Svegliati, Shadow! Shadow sentì la voce di Maria che lo esortava a svegliarsi, come se la sentisse da lontano. -Shadow, svegliati, ti prego! Alzati!- disse Maria, sull'orlo di una crisi di disperazione. Shadow aprì gli occhi. -Shadow! Sei vivo! Per un'attimo ho creduto che sarebbe accaduto di nuovo. -Cosa.che è accaduto? -Non lo so, Shadow: quel Dragone stava per farti fuori quando tu ti sei alzato da terra e.sei diventato biondo. -Biondo? -Si, ma non preoccuparti, sei di nuovo come prima. Shadow si alzò e si accorse di essere steso sul letto di una stanza dell'Emerald Inn. Sentì l'odore pungente dell'erba penetrare nelle sue narici: Nicky era seduto nell'unico punto oscuro della stanza a fumarsi uno spinello. -Come va, eroe?- chiese. -Ho la testa che mi gira, ma per il resto mi sento bene.- rispose Shadow, poggiandosi una mano sulla fronte, come per sentire se avesse febbre. -Come hai fatto a raggiungere la forma darkness? -La.forma darkness? -E la forma che assumono coloro che vengono a contatto con lo Smeraldo di Tenebra, solo che tu non l'hai neppure visto e sei diventato come se lo avessi avuto tra le mani. -Non lo so, non lo so proprio. -Io e i miei fratelli siamo in debito con te, riccio: ci hai veramente salvato il culo contro quei bastardi. -Non importa, ti ho solo fatto un favore. -Beh, allora è meglio che io ne faccia uno a te: come mai siete arrivati fin qui? -I Dragoni hanno cercato di farci saltare in aria, colpendo la casa di Mark,- disse Maria -quindi Shadow si è diretto da queste parti, pensando che voi foste in pericolo. -Mark non era con voi?- chiese Nick. -No, era sparito dicendo che lo avevi chiamato tu: pensavamo che fosse con te. Dove sta?- disse Maria. -Se è come penso io, a quest'ora è alla ricerca delle prove della sua innocenza sull'omicidio di Leo il Cecchino. -L'hai accusato dell'omicidio di Leo? Perché? -Ehi, se leggevo sul giornale che un pezzo di merda schiatta, io non faccio una piega, ma se vengo a sapere che oltre ad essere ucciso viene dissanguato e cannibalizzato m'insospettisco! -Tu credi che Mark abbia seccato quel.un momento! Cannibalizzato?!? -Già, hanno trovato le viscere di quel pervertito schizzate un po' ovunque sul luogo del delitto. -Mark non farebbe mai una cosa del genere, lo conosco troppo bene, e poi era rimasto con noi dopo averlo lasciato in mano alle sue dipendenti. -Che ha fatto? Ha lasciato Leo in balia delle sue ragazze? Questa non me l'aveva detta.comincio a capire come sia andata. Nicky venne interrotto dall'aprirsi della porta della stanza. Sulla soglia c'era Mark, con un dossier della polizia sottobraccio e una DE nell'altra mano. -Ho le prove che volevi, Nick, adesso puoi. ehi!- fece per dire Mark, poi volto lo sguardo verso Maria e Shadow -Voi due cosa ci fate qui? -Siamo scappati: hanno fatto saltare casa tua.- disse Maria. -Lo so: le disgrazie non vengono mai da sole. Almeno voi due state bene? -Io sono a posto, Shadow un po' meno. -Sto bene, non vi preoccupate.- disse Shadow. -La hall sembra un campo di battaglia: che è successo?- chiese Mark, rivolgendosi a Nicky. Nicky raccontò per filo e per segno tutto ciò che accadde nell'atrio, dallo scontro a fuoco allo svenimento di Shadow, il tutto sostituendo le virgole con boccate di fumo regolari dal suo spinello infarcito di Spikey. -E questo è tutto.- disse infine. -Shadow è diventato veramente biondo?- chiese Mark, inarcando le sopracciglia. -Come Maria, però più brillante.- -Ha sfruttato un potere di cui avevo sentito parlare solo su un altro posto.ma adesso non c'è tempo per pensare alle cazzate.- disse Mark, poi, rivolgendosi a Nick -Tieni le tue prove, noi ce ne andiamo. -Ve ne andate? E dove? Casa tua è ridotta in macerie, non hai nessun posto dove andare. -Invece sì: ho il mio rifugio segreto. -Ah si? E dove sta? -Se te lo dicessi non sarebbe più un segreto, non credi? -Già. -E meglio che io non mi faccia vedere da queste parti: ti ho procurato fin troppi guai, quindi è anche meglio che tu non sappia dove andrò a nascondermi. Addio, fratello. -Addio, Mark, buona fortuna. -Grazie.- Mark si rivolse a Maria e Shadow -Andiamocene. Entrambi si alzarono e seguirono Mark fuori dall'albergo.
Nel frattempo, mentre i nostri eroi si dirigevano verso il rifugio segreto nominato da Mark, un ex killer costretto di nuovo a uccidere camminava per strada, dopo aver parcheggiato le sue quattro ruote a due isolati. Si sentiva troppo nervoso per agire e quando era così gli tremavano le mani. Conosceva solo un modo per farsi passare il nervosismo: bersi una birra e fare quattro chiacchiere con Tom, il barista del Wolfpack. Arrivò di fronte al locale ed entrò, accolto nuovamente dalla solita musica e da una rissa tra lupi, che si sedò all'istante non appena gli avventori si accorsero della sua presenza. Steve si sedette al bancone ma, invece di trovarci dietro Tom, vide una lupa con il pelo grigio con un'ampia striscia di pelo nero che passava dalla testa e correva dietro alla schiena fino a terminare sulla punta della coda. -Catalina?- disse lui, riconoscendola. La lupa, che era di spalle, si voltò verso di lui: i primi particolari che saltavano agli occhi era il suo sguardo dolce, il suo sorriso bianchissimo e un seno prosperoso, intrappolato in un grembiule chiazzato di macchie di birra. -Ehi, ciao, querido:- disse lei -è un sacco di tempo che non ti fai vedere! -Lo so. Come mai ci sei tu dietro al bancone? -Tio Tom ha visto che me la cavo bene dietro al bancone, così mi ha messo al posto suo quando è troppo stanco o ci sono pochi clienti. Tu come te la passi? Ho sentito che sei di nuovo occupato a matar cavrones. -Mi hanno costretto, non potevo tirarmi indietro. -Quiere tomar una cerveza, querido? -Si, la solita. Catalina spillò un boccale di birra e lo posò lentamente di fronte a Steve, che lo prese e lo bevve avidamente, fino a terminarlo del tutto. -Sono ad un punto morto, Catalina: sto cercando un riccio ma sembra che sia introvabile.- disse Steve, riprendendo fiato. -Come si llama?- chiese Catalina. -Shadow. E un tipo piuttosto duro, mi ha quasi fracassato l'osso del collo l'ultima volta che ci siamo incontrati. La cosa che mi preoccupa è che non è solo, lo aiuta uno che non avevo mai visto, un echidna nero alto e robusto, un tizio ancora più tosto. -Echidna negro? Vuoi dire Mark? -Lo conosci?!? -Certo che lo conosco! Tu recuerda mi hermana Lupia? -Tua sorella che lavora al Kinky Leather? -Si, proprio lei: adesso non lavora più per quel ciancio di Leo. Mark l'ha aiutata a scappare da lui. -Tua sorella sa qualcosa di dove si trovi questo tizio? -Nada: mi hermana dice que esto echidna es como una sombra, compare y scompare continuamente. -Dannazione! Stavo quasi per sperare di trovarlo, e invece. -Ah, no te preocupe, querido, vedrai che lo troverai. -Lo spero. Catalina prese il boccale vuoto in mano. -Un otra mas?- chiese. -Si, grazie.- rispose lui. Catalina spillò un'altra birra e la passò a Steve, che la prese a brevimano. Stava per berla quando sentì un sibilo alle sue spalle che lo fece fermare. -Ehi, Steve! Vieni qui!- disse una voce sottile. Steve si voltò e vide una figura ingobbita, avvolta nell'unico punto d'ombra del locale. Si alzò e andò incontro al misterioso figuro. -Seguimi qui dietro.- gli bisbigliò, facendogli cenno con il dito. Steve lasciò il boccale sul bancone e seguì il tipo misterioso nel retro del bar, dove si trovava un vicolo sudicio e trascurato, illuminato da una lampadina prossima a fulminarsi che ballettava come un faro stroboscopio. La figura si voltò e si rivelò un lupo basso e gobbo con il pelo nero chiaro. Una vecchia cicatrice passava sopra il suo occhio sinistro, che era bianco opaco come una perla. -Cosa vuoi?- chiese Steve. -Ho sentito che cercavi l'echidna nero muscoloso, io so dove si trova.- rispose il guercio. -Cosa? Sei sicuro? -Sicuro, lo giuro sul mio occhio buono. -Parla, dimmi dove sta! -Frena, killer, non credi che dovresti prima darmi qualcosa? Steve rimase fermo, senza sapere cosa dire, poi si cacciò una mano nei pantaloni e tirò fuori un pezzo da dieci e lo dette al guercio, che lo fissò per un attimo e riportò il suo occhio vedente verso Steve. -Solo dieci? Guarda che la mia info ne vale almeno cinquanta!- disse il guercio, seccato. -Facciamo venti? -Non se ne parla, cinquanta e subito, prendere o lasciare. Steve non aveva tempo ne denaro da sprecare: prese il guercio per il bavero del cappotto sudicio che indossava e lo sbatté contro il muro, quindi lo tenne con una mano sola e con l'altra tirò fuori un lungo stiletto che puntò verso l'unico occhio buono che aveva il gobbo. -Ascoltami bene,- disse Steve, con tono calmo e pacato -so come ci si sente a perdere un occhio, quindi immagino che perdere anche l'unico buono sia molto peggio, perciò se non vuoi che lo scopra adesso dimmi quello che hai da dire: c'è in ballo la vita della mia ragazza e non voglio rischiarla per colpa di un ficcanaso gobbo del cazzo come te. Dimmi quello che sai! -V-va bene, va bene, te lo dico!- disse il guercio atterrito -Ti prego, non puntarmi quel coso sul mio unico occhio buono! Steve tolse lo stiletto e lo rimise a posto, ma continuò a tenere il guercio a qualche centimetro da terra. -S-secondo le voci che ho sentito l'echidna viveva nel ghetto.- cantò il guercio, con la voce tremante -Era il killer fidato del capoclan, un tipo bello tosto di cui ho sentito cose da brividi. Dicono che sia invulnerabile alle pallottole e che sia molto forte e.- -Dimmi l'info!- disse Steve, stringendo i pugni e avvicinandoselo di più. -Ehm.si si si! Insomma, c'è stato un'attacco da parte dei Dragoni, che gli hanno fatto saltare la casa e il bar dove andava abitualmente e poi. -Piantala di contar balle: dimmi solo dov'è e basta! -Dump Hills, inceneritore no. 9. -Grazie. Steve mollò la presa. Il guercio cadde a terra e strisciò via velocemente, per scappare da lui. Adesso sapeva dove andare a cercare il riccio veloce. Rientrò nel bar e si preparò ad andare nel posto dove gli aveva detto il guercio di andare.
Nel Central Palace, Ellie girovagava per i piani: ogni luogo era custodito da almeno due ricci armati che non facevano passare neppure uno starnuto senza imbottirlo a suon di piombo. Continuò a camminare in giro finché non si fermò di fronte a una porta di legno scuro non custodita. La porta era socchiusa e poteva sentire che c'era qualcuno la dentro. Riconobbe la voce del Don. -Hai saputo dov'è?- disse. -No, nessuna traccia: a casa non c'è, al Wolfpack mi dicono che non è passato, all'ospedale non risultano né degenti né decessi sotto il suo nome. Si è letteralmente volatilizzato.- disse un altro interlocutore a lei sconosciuto. Stavano parlando di Steve. -E ancora in caccia: probabilmente adesso sta girando la città come fa al suo solito e si sta avvicinando al nascondiglio di quei figghi di bottana.- disse il Don. -Cosa devo fare, boss?- chiese l'altro individuo. -Per il momento non fare niente: ho promesso che non avrei torto un pelo alla sua "signorina", sono un'uomo di parola, ma se fra tre giorni non si fa sentire, piglia un coltello e comincia a affettarla, per fargli ricordare che con me non si scherza. -Certo, boss, lo farò con piacere. Sentendo quelle parole e consapevole di una nuova minaccia, Ellie cominciò a sudare freddo e le sue pupille cominciarono a restringersi come piccole capocchie di spillo. Non poteva fare niente, era alla mercé del boss più potente della città: tutto quello che poteva fare era sperare in un miracolo.
Mark, Shadow e Maria, dopo tanto peregrinare (e qualche mezzo rubato) arrivarono nel luogo dove Mark diceva di avere il suo rifugio segreto, la zona decaduta della città: Dump Hills. Montagne immense di rifiuti, colonne di fumo e odori acri e penetranti di varia immondizia marcia dettero loro il benvenuto. Maria cominciò a sentire la mancanza del suo piccolo, seppur accogliente appartamento nella periferia estrema. -Dove si trova questo rifugio, Mark?- chiese Maria, portandosi le dita al naso a mò di pinze per non sentire la puzza di rifiuti in decomposizione. -Qui.- disse Mark, indicando un punto vuoto in mezzo ai cumuli di immondizia. -Qui? Vuoi dire che hai un rifugio dentro un cumulo di schifezze? -No, è qui davanti: ora ve lo mostro. Mark si portò le dita sulle labbra e lanciò uno dei suoi fischi modulari. Dal nulla si materializzò una grossa navetta plutarchiana da trasporto di colore viola scuro. Lo scafo era coperto di ammaccature per l'impatto subito e addirittura c'erano pezzi di vegetazione mobiana ancora incastrati tra i motori e gli alettoni. -E questa cos'è?- disse Maria, stupita, indicando la navetta di Mark. -La mia navetta con cui sono arrivato qui per caso:- disse Mark, incrociando le braccia -sarà il nostro rifugio segreto provvisorio. Maria si avvicinò alla navetta, ancora stupita: non aveva mai visto un mezzo di trasporto interplanetario prima di quel momento e credeva che tutte quelle storie sugli abitanti dello spazio fossero solo favole per bambini, raccontate dai genitori per spaventare i propri figli. Toccò la superficie calda e pulita dello scafo e si rese conto che non stava sognando. -Tu.sei venuto dal tuo pianeta.con questa?- chiese Maria, sempre più stupita. -Si: è un vero catorcio, ma per fortuna è facilmente riparabile.- rispose Mark. -Se la puoi riparare, allora perché sei rimasto qui? -Perché il danno che ha ricevuto nell'impatto può essere riparato solo sostituendo una componente, e questa componente la posso trovare solo in due posti, cioè Plutarco e la Terra. -Quindi sei proprio bloccato. -Già, e adesso persino senza casa. -Ehm.si può entrare?- chiese Shadow -L'odore di questo posto mi da la nausea. -Sicuro, Shadow.- rispose Mark. Si avvicinò allo scafo della navetta e dette una forte botta su di esso: si aprì un portellone con una scala per salire. Entrarono subito dentro e Mark richiuse il portello. L'interno della navetta era fresco e ben illuminato e profumava di menta e lavanda. Migliaia di piccole lucine si illuminarono sulla console di comando e lo schermo protettivo si rischiarò, permettendo di vedere l'esterno. Maria si guardava intorno, come una bambina curiosa che entra nella casa di uno sconosciuto per la prima volta: qualcosa che non avrebbe mai immaginato nei suoi più reconditi sogni era reale e ci stava camminando dentro. -E bellissima!- esclamò lei, e poi aspirò con il naso -E ha anche un buon profumo! -Ti ringrazio.- disse Mark -Avreste dovuto sentire che puzza emanava il primo giorno che la rubai: un misto di sudore di ascelle, piedi non lavati e pesce marcio. Per i primi proprietari era un profumo sublime. -Non mi ispirerei di conoscere gente del genere.- disse Shadow, facendo una smorfia di disgusto. -Spero per te di si, a meno che non si rifacciano vivi e cerchino di conquistare questo pianeta: ci stanno già provando su Mobius.forse a pensarci bene farebbero a meno di un posto come questo, una volta vista la cappa di smog che lo copre. -Il mio pianeta fa schifo persino a una razza di alieni puzzolenti.c'è di che vantarsene.- disse Maria, con ironia amara. -Beh, da una parte è meglio così, se nessuna faccia di pesce cerca di entrare in quest'orbita.- disse Mark, provando a consolarla. -Si, ma se dall'altra ci siamo noi, che ci dobbiamo vivere? Diciamocelo: questo posto mi fa vomitare anche gli occhi. -Ti capisco.sentite, visto che non abbiamo niente da fare, che ne dite di vedere un po' di T.V. nell'attesa di pianificare il prossimo attacco? Maria guardò Mark con la faccia di una bambina che ha sentito una parola nuova. -Che cos'è una T.V.?- chiese lei, incuriosita. -Ah, dimenticavo, qui a Darktropolis non esistono le emissioni televisive. Hai presente il cinema? -Si, certo! -Ecco, la T.V. è simile, solo che lo schermo è un po' più piccolo. -Hai anche un cinema in questa astronave? -Beh, ti ho detto che gli somiglia, ma non che è uguale.e prima che tu possa chiedermelo te lo dico io: ho solo film terrestri. -E come sono? -Giudica tu: ti piace la fantascienza? -Un po'. -Allora spero che ti piaccia questo film che ti voglio far vedere. Mark aprì il portello della stiva ed entrò. Si accesero delle luci simili a neon, che inondarono ogni angolo del posto di luce bianca. In cima a una cassa c'era un televisore, un piccolo 11 pollici alimentato a batteria autonoma, usato e abusato, pieno di ammaccature. Sotto di esso era montato un videoregistratore, un vecchio modello a testina singola. Mark accese i due apparecchi e prese una cassetta da una scatola di legno vicina ad essi. La videocassetta era quella di uno dei film favoriti da lui: Blade Runner, di Ridley Scott. Mise la cassetta nel video registratore e riavvolse il nastro. Dopo alcuni minuti di riavvolgimento, il videoregistratore si fermò con uno scatto e Mark premette il tasto Play. Sullo schermo, che prima mostrava una nebbia grigio bianca, apparvero i titoli di entrata e il testo introduttivo del film. -Bene,- disse Mark -voi guardatevi il film, mentre io vado nella mia stanza a riposare. Quando finisce il film basta che premete il tasto On\Off su entrambi gli apparecchi. Il televisore cominciò a dare segni di insofferenza, mostrando delle linee sullo schermo. Mark assestò una manata decisa su di esso e la situazione tornò normale. -E dategli una crocca se vi crea problemi del genere.- disse Mark, con tono di rimprovero nei confronti dell'elettrodomestico. -Ok, Mark, buon riposo.- disse Maria, che si sedette a terra insieme a Shadow. Mark spense le luci della stiva e uscì da essa, quindi entrò nella sua stanza e si stese sul letto, ancora sfatto dal primo giorno in cui approdò a Mobius. Aspirò con il naso e sentì un odore strano a cui non aveva mai fatto caso prima: profumo di gelsomino. Probabilmente era l'odore di Julie Su, che aveva dormito nel suo letto quel secondo giorno a Mobius. Chiuse gli occhi e cercò di portare la sua mente altrove, possibilmente lontano da Darkus, lontano dalla realtà. Si rendeva conto che gli mancava casa ma, più di ogni altra cosa, gli mancava Lula. Gli mancava tutto di lei, il suo profumo, il suo respiro, l'odore dei suoi capelli, la sua voce calda, il sapore della sua saliva. Era lontano da lei e non poteva raggiungerla. Dentro di lui, però, tornò una strana speranza: sentiva che sarebbe riuscito a tornare, e lo avrebbe fatto molto presto. Uno strano pensiero, che non gli apparteneva, gli mise in testa che poteva tornare a casa, ma non sapeva da dove venisse, ne perché lo pensasse in quel momento. Si girò su un fianco e la sua mente cedette lentamente al sonno. I suoi pensieri cominciarono a turbinare, come coppie di ballerini smorti e grigi che ballavano un valzer dal ritmo funereo e tetro. Cominciò a vedere intorno a se e si accorse che non era più nella sua navetta, su Darkus: era a casa. Mark era contento di vedere finalmente che era riuscito a tornarci. Pieno di felicità, si diresse verso la camera da letto. Voleva rivedere Lula. Entrò nella stanza da letto e la vide lì, stesa, e non aspettava nient'altro che lui. -Ciao tesoro,- disse lei, con la sua voce calda e liscia come un lenzuolo di velluto -mi sei mancato tanto, lo sai? -Lo so, tesoro,- rispose lui -anche tu mi sei mancata: tutte le notti non facevo che pensare a te. Ti prometto che non andrò mai più via. Si sedette vicino a lei sul letto. -Adesso sono qui, e non ti abbandonerò mai.- disse lui -Ho tante di quelle cose da raccontarti e. Lula posò la punta del suo indice destro dolcemente sulle labbra di Mark. -Avrai tempo per raccontarmi tutto:- disse lei, bisbigliando -adesso.voglio solo te. Si baciarono entrambi, stringendosi l'uno con l'altra e facendosi le carezze. Mark annusava il profumo dei suoi capelli lisci e setosi, che profumavano di lavanda e menta. Lei continuava a baciarlo, passando dalla sua bocca al suo viso. Lui cominciò a baciarle il collo perfetto. Ma si accorse di uno strano particolare: il suo collo aveva una lieve cicatrice sulla base. Mark smise di baciarla e la scostò leggermente per guardarla in faccia. -Lula, come hai fatto a farti questa cicatrice? Cosa vuol dire?- chiese Mark, sospettoso e preoccupato. -Non è niente, tesoro, non ti fermare.- disse lei. Mark riprese la ragione: Lula non parlava in modo così suadente e disinvolto. Non l'aveva mai fatto in vita sua. C'era qualcosa che non andava. -Non mi convinci: dimmi cosa ti è successo.- continuò a chiedere lui. Lula si scostò leggermente da lui e volse lo sguardo dietro la sua schiena. -Ho incontrato qualcuno.- disse lei. -Qualcuno? Chi?- disse lui. -Il suo nome è impronunciabile.ma ti assicuro che è stato meglio di copulare con il faraone in persona! A quelle parole si voltò e mostrò il suo vero aspetto: era Carminia. -Cosa!?! TU!- disse Mark, indietreggiando. -Sorpreso, vero? Non ti aspettavi di trovarmi anche qui.- disse lei. -Dov'è Lula? Che cosa le hai fatto??? -Guarda dietro di te. Mark si voltò: dietro di lui, steso a terra, c'era il corpo di Lula che giaceva esangue, con gli occhi aperti a fissare il vuoto. -Maledetta! COSA LE HAI FATTO?- gridò Mark, al colmo dell'ira. -Io?- disse lei, facendo uno sguardo di falsa sorpresa -Ti sbagli, caro il mio piccolo echidna nero: sei tu la causa della sua morte. L'hai lasciata sola, amava solo te, e il saperti lontano da lei le aveva spezzato il cuore, ed è morta. -Non ti credo! -Non credermi, allora. Se non sarò io a convincerti saranno quei piccoli graffi sui suoi polsi. Si è suicidata, Mark, e non è valso neppure l'intervento dei tuoi "fratelli" per salvarla. -Non è possibile. Mark si avvicinò a lei, barcollando come un ubriaco, e si gettò in ginocchio per tastarle i polsi: erano tagliati. -Nemmeno tu potrai fare un miracolo per riportarla in vita,- continuò a dire lei -nemmeno una trasfusione del tuo sangue potrà rianimarla. Avrei voluto arrivare prima, cosicché avrei almeno potuto darle il dono dell'immortalità, ma era troppo tardi. Tutto quel sangue sprecato.mi veniva da piangere per la frustrazione. -No, no, no, no, ti prego no, non può essere.- fece Mark, al colmo della tristezza più profonda. -Succede a tutti, prima o poi, caro.- Carminia si portò la mano alla bocca -Ops! Volevo dire "quasi" tutti! -Vattene.- mormorò Mark. -Andiamo, non fare così! Sapevi che sarebbe successo, presto o tardi. Lei non era come te, non poteva cambiare forma o fermare le pallottole con le mani.sai com'è, a certe cose va dato un taglio netto, non so se l'hai capita. Carminia rise. Una risata senza cattiveria, quasi innocente. -Smettila.- continuò a mormorare Mark. -Oh! Ora smetti di autocommiserarti e tira fuori l'uomo che sei!- disse lei, con tono di rimprovero -Fattene una ragione! Non potevi farci niente: dovevi partire, sentivi dentro di te il desiderio di allontanarti da casa per qualche tempo, non è colpa tua se lei era così passionale da dissanguarsi per te. -Basta!- la voce di Mark era come un sibilo. -Quanto pensi che sarebbe durato? Altri cinquant'anni? Altri sessanta? E poi? Te lo dico io: polvere, e se non quella la tortura di un ricordo improvviso o di una foto di lei trovata per caso nel cassetto dei tuoi indumenti. Credimi, è inutile menarsela quando ne il tempo e ne la morte possono toccarti. Consolati, perché ci sono tante ragazze e tanti amici come te nell'universo, puoi sempre ricominciare. Mark si alzò rapidamente e si voltò, puntando una pistola contro Carminia. -Oh, vedo che ti sei deciso a mostrare un po' di palle!- disse lei, con voce carezzevole come una lingua di gatto -E adesso che vuoi fare? Vuoi spararmi? -Vattene da qui, tu e i tuoi stupidi giochetti mentali:- disse Mark, con la voce che somigliava a un ringhio di lupo -non diventerò mai una bestia come te, non mi nutrirò di sangue, ne andrò a scoparmi tutte le donne che incontrerò nel mio passaggio. Voglio stare solo, quindi vattene all'inferno o in qualunque altro posto, ma lontano dalla mia vista! -Su, non fare così!- disse lei, con tono di una donna che cerca di ammansire il proprio uomo -Hai solo perso una persona che, prima o poi, sarebbe scomparsa, solo che adesso ti sei risparmiato una lunga agonia. Non ti senti più liberato? Mark sparò. Il colpo atterrò in mezzo al petto di lei. -Credo che questo sia un no.- disse Carminia, senza battere ciglio -Sai, ti credevo un tipo con nervi d'acciaio, uno che non si faceva smuovere neppure dal pianto di una donna, ma dal momento in cui tu, perché mi hai sentito parlare di ciò che succedeva al Kinky Leather, ti sei sciolto, ti sei ammosciato come un pezzo di burro al sole ed eri quasi pronto a fare qualunque cosa per me. -Non è vero!- ruggì Mark. -Ma dai! Ti sono bastati un paio di lacrimoni per cadere ai miei piedi: "Mark, mi puoi abbracciare come abbracci la tua ragazza? Solo questo?". Se non fosse che tu sei un tipo tutto d'un pezzo, direi proprio che sei patetico. Mark sparò ancora, questa volta centrò il lobo sinistro del cranio, aprendogli un foro sanguinolento. -Sei una puttana!!!- gridò Mark. -Ah! Ma allora non mi sbagliavo!- disse lei, senza cambiare tono di voce -Tutti gli uomini lo pensano di me, ormai non ci faccio neppure caso.aspetta, forse è perché sei disperato per il tuo amor perduto, o forse è perché hai scoperto cosa nascondo in realtà.e ci sei rimasto male dal fatto di averla presa nel... Mark non era più in se: cominciò a sparare altri colpi, prendendola alle gambe e alla testa. Carminia cadde a terra. -Credi che mettermi a tacere risolverà qualcosa, killer?- disse lei -Non puoi fare nulla, solo rassegnarti al tuo cupo destino di non morto e, se non lo farai ora, lo farai comunque, quando vedrai che tutti coloro che sono intorno a te appassiranno come fiori e moriranno, mentre tu non potrai fare altro che stare a guardare. Carminia stese la testa a terra e la voltò di lato, rimanendo in silenzio a fissare il vuoto. Mark continuò a puntarle addosso la pistola, attendendo che si rialzasse per colpirla ancora, poi la lasciò cadere a terra con un tonfo sordo. Si chinò sul pavimento e alzò il corpo di Lula, stringendola a se, e fece una cosa che da molto tempo aveva disimparato a fare: pianse. Mark si alzò di scatto dal letto come se fosse uscito da un lago di sangue per riprendere fiato, poi si rese conto che era sveglio e intorno a se c'erano le mura metalliche della sua stanza nella navetta: aveva avuto un incubo. Si prese la testa fra le mani, che gli pulsava al ritmo sconnesso del suo cuore. Era fradicio di sudore freddo e si sentiva male. La fortuna era che la sua stanza era insonorizzata: si era risparmiato una penosa scena di consolazione da parte di Maria. Era triste, ma non voleva essere consolato da nessuno.
Nell'ufficio della suite royal del Central Palace, il telefono cominciò a squillare. Don Sonny prese rapidamente la cornetta e rispose. -Pronto.- disse. -Don, sono io, Steve.- disse una voce dall'altro capo del filo. -Stefano, dove minchia eri finito? Sei scomparso nel nulla senza nemmeno una telefonata! Sei riuscito a trovarli? -Ho avuto un breve scontro con lui e un suo amico, poi sono spariti, ma adesso so dove si trova. -Si? Dov'è? -Ancora non posso rivelarlo: la fonte dell'informazione non era certa della verità. Vado a fare un sopralluogo e poi vi faccio sapere: faccia conto di avere la sua testa sulla sua scrivania. -Così ti voglio, Stefano. -Ellie come sta? -La tua signorina? Sta bene, sta bene, non ti preoccupare. La faccio sorvegliare dodici ore su dodici e ti assicuro che sta bene. Tu portami quel figghio di bottana qui morto e io te la restituisco, parola d'onore.anzi, no, se ci riesci portalo vivo: voglio farci una bella chiacchierata con questo rotto in culo, va bene? -Come desidera, boss. -Bene. Fammi sapere al più presto se ce l'hai davanti. Il Don riattaccò. Premette un tasto dall'interfono e attese una risposta. -Si, boss?- rispose una voce. -Annulla tutto: Stefano si è fatto sentire.- disse il Don. Ci fu una pausa dall'altra parte dell'interfono. -Ehm.sicuro?- disse la voce. -Come sicuro?!? Non ti azzardare a toccarla o ti affetto io, a cominciare dalle palle!!!- disse il Don, inferocito. -Uh.certo boss! La comunicazione s'interruppe. Il Don si accomodò meglio sulla sua sedia di pelle e prese un sigaro. Nonostante il suo sguardo torvo, dentro di sé sentiva di aver già vinto.
-Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare: vascelli in fiamme nei bastioni di Orione.e raggi B balenare sulle porte di Tan Hausen.ma tutti questi ricordi si perderanno nel tempo.come.ungh.lacrime.nella pioggia. Roy Batty spirò, poggiando la sua testa tra le ginocchia. La sua mano esanime lasciò la colomba che stringeva, che spiccò il volo verso un raggio di luce. Rick Deckard rimase a fissarlo per un'attimo che parve un'eternità. Maria e Shadow stavano guardando le ultime scene di Blade Runner: delle lacrime rigavano il volto di lei mentre il viso impassibile di lui non mosse neppure un muscolo. Maria si strinse a lui fino al punto in cui l'agente Rick Deckard dell'Unità Replicanti chiuse le porte del suo ascensore e apparvero i titoli di coda. Entrambi si alzarono e lei spense entrambi gli apparecchi come Mark le aveva indicato. Nel momento in cui si spensero, la luce della stiva si accese. Il portello si aprì e apparve Mark. -Beh?- chiese -Che ne dite? Vi è piaciuto? -È stato bellissimo, Mark, ti ringrazio.- disse Maria, asciugandosi una lacrima -Questa cosa.questa T.V. .è quasi meglio del cinema. -Beh, non litighi per il posto e non devi sorbirti i rumori di sottofondo degli altri spettatori che mangiano, ma ti assicuro che il cinema è migliore. Maria rise: una cosa che non faceva da un po' di tempo. -Senti Mark,- disse lei -volevo chiederti se hai un posto dove dormire in questa tua "navetta": sono un po' stanca e ho voglia di dormire. -Puoi usare il mio letto, se la cosa non t'infastidisce più di tanto.- disse Mark, indicandogli la stanza. -Ti ringrazio. Maria entrò nella stanza di Mark e la porta a scorrimento verticale si chiuse dietro di lei. -Tu non ti senti stanco?- chiese Mark a Shadow, che fissava il pavimento come inebetito. Shadow si svegliò letteralmente da quello che sembrava uno stato di torpore e guardò Mark. -Eh? Cosa?- fece lui -Ehm.no, non ho sonno, grazie. -Allora non ti scoccia se restiamo qui a farci una chiacchierata.- propose Mark. -Per me va bene. Mark fece un altro dei suoi fischi modulari e dal pavimento della navetta si alzò un tavolino. Una volta sollevato del tutto, si aprirono due sedie sotto di esso, l'una di fronte all'altra, entrambe saldate al ripiano. Entrambe le sedie erano abbastanza larghe per farli sedere e, all'apparenza, dovevano essere in grado di ospitare un fondoschiena abbastanza ampio e pesante. Mark e Shadow si sedettero. -Che ti prende?- chiese Mark. -Cosa?- fece Shadow, come se cascasse dalle nuvole. -Non me la nascondi, tu stai pensando a qualcosa e questa qualcosa ti preoccupa: cosa pensi? -Beh, stavo pensando a quel film. -Ah.non ti è piaciuto molto, vuoi dire questo? -No, niente affatto, il film è stato di mio gradimento, e la storia che mi ha fatto un po' pensare. -Cosa ti ha fatto pensare? -Pensavo a quel discorso sui replicanti, sul fatto che la loro vita durasse solo 4 anni e al fatto che loro avessero quei.come si chiamano.ricordi artificiali? -Innesti di memoria, si ho capito. -Pensavo a una cosa: riguardando indietro nel mio passato, ho visto che la maggior parte della mia vita l'ho passata su una colonia spaziale in orbita sulla Terra e che sono stato creato in un laboratorio. Ora mi viene in mente una domanda: e se tutti i miei ricordi (o presunti tali) fossero solo degli."Innesti di memoria"? -Cosa te lo fa pensare che i tuoi ricordi non siano veri? -Il fatto di non essere un vero riccio, di essere un clone o, per rimanere in tema, un replicante. Tutto questo mi fa credere che la mia vita non sia altro che una specie di finzione, che tutte le mie memorie non siano altro che la trama di una storia creata solo per divertire o far passare il tempo a qualcuno. -Perché credi questo? -Ti farò una domanda, Mark, ma devi rifletterci attentamente prima di rispondere. -Dimmela. -Ti sei mai fermato a chiederti perché esisti? Che scopo ha la tua vita? Mark rimase attonito di fronte alla domanda di Shadow: pensando fra se e scavando nella sua memoria, Mark non si è mai posto una tale domanda. La sua vita gli è trascorsa davanti, ha visto tante cose, tanti posti, tanta gente, ha vissuto tante avventure, ha sofferto dolori indicibili e festeggiato vittorie con gioia trionfale, ha perduto e guadagnato amori, amicizie, persone.ma mai in tutta la sua vita si è mai chiesto il perché di tutto questo. Mark, che è sempre stato sicuro di se, stava vacillando di fronte a una piccola domanda. -No,- fece Mark, abbassando lo sguardo -non me lo sono mai chiesto. -Io me lo chiedo in continuazione e non so darmi una risposta che mi soddisfi.- disse Shadow. Mark rifletté sulla domanda altre due volte e cercò una risposta decente, ma nulla di tutto ciò che la sua mente gli proponeva era sensato abbastanza da poter rispondere. Stava per rinunciare a rispondere e cambiare argomento, quando gli sovvenne un pensiero: la sua vita non aveva mai avuto un senso per qualcuno, ma solo una persona era riuscita a darne uno. Quella persona era la sua ragazza: Lula. -Shadow, credi davvero che la tua vita non abbia un senso?- chiese Mark. -Non so, ma dentro di me qualcosa mi dice che un senso c'è.anche se non so quale.- disse Shadow. -Hai mai sentito da parte tua un legame nei confronti di qualcuno, talmente forte da rischiare la propria vita per non romperlo? -Beh.pensandoci bene.si. -E chi era dall'altra parte del filo? Shadow stette in silenzio per qualche secondo, poi voltò lo sguardo a terra, alla sua destra. -.Maria.- disse infine. -Maria?- disse Mark. -Si, ma non è la stessa Maria che conosciamo noi due, è un'altra. -Capisco. Qual è stato il legame che ti stringeva indissolubilmente a lei? -Una promessa. -Che promessa? -Di dare una possibilità a tutti gli abitanti della Terra di vivere felici. -Addirittura? Doveva starti a cuore per farti promettere una cosa del genere. -Venne uccisa da dei soldati terrestri dopo avermi spedito sulla Terra. -Oh.capisco.sei riuscito a mantenere la tua promessa? -Eh.se non lo avessi fatto, a quest'ora non sarei neppure qui. -Ecco la tua risposta. -Scusa? -Volevi sapere perché esisti? Ti sei risposto da solo. -Non ti seguo, Mark. -Ti sei chiesto qual'è il motivo della tua esistenza, quindi adesso lo sai. -Continuo a non capire. -Ti spiego: tu mi hai detto che eri molto legato a questa ragazza, questa Maria, a tal punto da prometterle e mantenere una promessa quasi impossibile da esaudire per qualcun'altro, giusto? -Si. -Ebbene, adesso prova a pensare: se tu non fossi mai esistito, chi avrebbe mantenuto la sua promessa? Shadow rimase di stucco dalla domanda di Mark: si rese conto che le sue domande interiori non avevano risposta perché non aveva mai provato a cercarla nei suoi ricordi. -.nessuno.- rispose infine Shadow. -Quindi cosa sarebbe successo se nessuno avesse mantenuto la sua promessa? Sarebbe morta senza una ragione e magari la sua vita non avrebbe avuto un senso, in questo modo. -Quindi vuoi dire che la mia esistenza ha un senso finché do un senso a un'altra esistenza? -Esatto. Ecco un'altra cosa: se tu non fossi mai esistito, chi altri avrebbe salvato Maria da quella banda di barboni ubriachi? -Non so. -Te lo dico io: nessuno avrebbe mosso un dito per aiutarla, neppure se l'avesse avuta davanti agli occhi. -Tu non l'avresti fatto? -Ehi, va bene che sono impenetrabile ai proiettili, ma non significa che io abbia anche la supervista e il superudito. Chi mai, nel mezzo del ghetto echidna, si sarebbe accorto di una riccia che veniva violentata nella periferia estrema? E poi, conoscendo Maria, non avrebbe neppure emesso il più debole gemito per chiedere soccorso. -Insomma sarebbe questo il motivo per cui io esisto. -Già. -Ma cosa c'entra il mio legame con Maria con il senso della mia esistenza? -C'entra eccome, Shadow: credo che tu finora non abbia rischiato la tua vita per niente. Chi ti spinge a buttarti nella mischia a combattere contro la mafia darktropoliana? -Maria.adesso ho capito! Si, hai ragione, sto facendo tutto questo perché ho fatto una promessa. -Come hai fatto con l'altra Maria. -Incredibile, tante domande e non avevo neppure pensato alla risposta. Ti ringrazio Mark. -E di cosa? Dovrei essere io a ringraziare te per avermi messo addosso un dubbio che, alla fine, ho svelato. Vuoi qualcosa da bere? -Si, grazie.
Mentre Mark e Shadow stavano chiacchierando, Steve era arrivato alle Dump Hills. Dopo aver parcheggiato ai confini della discarica, si avviò verso il luogo dove il guercio gli aveva detto di aver visto Mark: inceneritore n. 9. Si guardò in giro, alla ricerca di un possibile rifugio dove i tre si fossero nascosti, ma non riusciva a trovare un posto che potesse essere definito tale: tutto ciò che lo circondava erano mucchi di spazzatura fumanti e un fabbricato adibito a inceneritore con un 9 dipinto a carattere industriale con vernice bianca. Cominciò la ricerca all'interno dell'inceneritore. Cercò ovunque, senza riuscire a sentire neppure una voce o un rumore sospetto: loro non erano lì. Uscì dal fabbricato e cominciò a spazzare il panorama decadente e nauseabondo. Niente. Continuò a camminare in giro, cercando di trovare il posto con lo sguardo, ma la sua ricerca si rivelò infruttuosa. Dentro di se mandò un'imprecazione nei confronti del guercio e cominciò ad avviarsi verso la macchina. Continuò a correre, finché non sentì una forte botta diretta alla sua faccia. Steve si rannicchiò a terra, tenendosi il naso che gli sanguinava, poi alzò lo sguardo per vedere cosa lo avesse colpito, ma tutto ciò che vide fu solo aria. Si alzò di nuovo, camminando lentamente e guardandosi attorno, finché non sentì che una forza invisibile non gli permetteva di andare avanti. Pieno di stupore, Steve si allontanò di un passo e allungò un braccio davanti a se e, con enorme sorpresa, sentì che toccava qualcosa di concreto ma totalmente invisibile. Provò a dare un paio di colpetti su di essa con le nocche dell'indice e del medio, e sentì un sordo rumore metallico. Poggiò le dita su di esso e si spostò lateralmente, sentendo che l'oggetto invisibile era piuttosto grosso. Si fermò e tirò fuori una delle pistole ad energia della SS Gun e fece fuoco: il proiettile rimbalzò, provocando una leggera scossa elettrica che crepitò sulla superficie dell'oggetto. Si allontanò di qualche passo dall'oggetto e unì i polsi: una delle due pistole si unì all'altra, permettendogli di estrarre un braccio e poi l'altro, quindi smontò le due pistole, costruendo un fucile con l'imboccatura larga. Tenne premuto il grilletto dell'arma e dalla canna si formò un alone di energia che cominciò a caricarsi. Quando si caricò del tutto, Steve rilasciò il grilletto e il fucile rilasciò una grossa sfera di energia che colpì l'oggetto. La sfera venne assorbita e l'oggetto, coperto di elettricità, cominciò a prendere forma di fronte agli occhi stupiti di lui. La navetta di Mark riprese ad essere visibile. Steve rimase interdetto per qualche attimo alla visione della navetta di Mark: nonostante fosse abituato a vedere le diavolerie create dalla mente di Aldo e Ivano, non riusciva a credere che di fronte a se aveva una navetta interplanetaria proveniente da chissà quale luogo. Scosse la testa e girò intorno alla navetta, quindi vide un grosso pezzo di acciaio attaccato sconnessamente allo scafo, probabilmente il portello. Steve smontò nuovamente la sua arma e la trasformò in un fucile a canna corta. Dette un calcio al portello e arretrò di qualche passo, quindi il portello cadde davanti a lui, facendo da passerella per entrare. Puntò in avanti il fucile ed entrò dentro. Una volta dentro, fece fuoco all'impazzata in tutte le direzioni, trattenendo il fucile per evitare che il rinculo gli alzasse la mira. Quando terminò di fare fuoco si guardò attorno: le pareti erano costellate da bruciacchiature di proiettile, ma stranamente la navetta era vuota. Stava per pensare che era arrivato troppo presto quando un colpo improvviso dietro la nuca lo fece cadere a terra perdendo i sensi. Si risvegliò dopo alcuni minuti che gli parvero ore, quindi aprì gli occhi e si rese conto di essere legato a una sedia e di fronte a lui c'era Mark. Alle spalle di lui c'erano Maria e Shadow. -Ti sei svegliato, finalmente! Avevo creduto che saresti rimasto in coma per un'ora di fila.- disse Mark, che era seduto di fronte a lui, con lo schienale della sedia usato per poggiare i polsi e il mento -Sembra che tu sia un tipo molto ostinato, oltre che molto bene addestrato a combattere. Tu non sei uno degli uomini del Don, vero? -Vaffanculo.- rispose Steve. -Hm.e allora per chi lavori? -Và a farti fottere, echidna. -Hmph.ripetitivo, volgare, ostile.si, lavori per il Don, non c'è dubbio. E sentiamo, quanto ti ha pagato? Cinquemila? Diecimila? No, un esperto come te non si accontenterebbe neppure di cinquantamila pezzi. Forza, quanto ti ha dato? -Non ti rispondo! -Guarda che in ogni caso ti faccio parlare lo stesso, non allungare i tempi. -Cosa vuoi fare? Torturarmi? Fai pure, io ci piscio sopra: non sai neppure con chi hai a che fare. -Su questo hai ragione: comincia a dire il tuo nome. -Il mio nome non ha alcuna importanza, visto che tra poco morirete tutti e tre. -Ah si? Bene, allora è meglio che ci prepariamo, perché immagino che tu abbia qualche trucchetto in serbo per noi.tipo un coltello a scatto nascosto nella manica della giacca. Steve rimase in silenzio: nessuno, prima di quel momento conosceva i suoi trucchi per liberarsi e, soprattutto, tutti i suoi avversari abbassavano la guardia quando li minacciava di morte, perché si distraevano a insultarlo, ma sembrava che Mark fosse diverso da come se lo aspettasse, era più sveglio degli altri tizi con cui aveva avuto a che fare in passato e nessuno conosceva il suo trucco del coltello nascosto che neppure se lo avessero perquisito a fondo sarebbero riusciti a trovare. -Ho detto giusto? Hai un coltello nella manica?- incalzò Mark -Te lo chiedo perché ho controllato ovunque e non ho trovato altro che il fucile che avevi in mano, due pistole di grosso calibro e il tuo portafogli. Sei un tipo troppo sveglio per rimanere disarmato in queste condizioni. -Non ti rispondo.- disse Steve, con tono scontroso che malcelava una lieve esitazione. -E va bene, se non sarà la tua bocca a parlare, allora sarà qualcos'altro. -Te l'ho detto, anche se mi torturi, io non. Steve venne interrotto da un gesto improvviso di Mark, che pose la sua mano destra sulla sua fronte. Nella mente di Mark scorse la vita di Steve, una quantità indefinita di immagini che gli passarono davanti alla velocità di un treno ad alta velocità. Quando finì di vedere tutto, Mark Denhaim indietreggiò con la sedia di qualche passo, come spaventato da qualcosa, poi assunse un espressione seria e fissò il pavimento. Steve approfittò di questo momento di distrazione per liberarsi e saltò via dalle corde, poi fece una cosa di cui si sarebbe pentito in seguito: prese Maria come ostaggio, tenendola alle spalle con un braccio intorno al collo. Maria reagì quasi meccanicamente e colpì i quattro punti cardinali per abbattere un aggressore: lo colpì al naso con il dorso della mano, quindi, con lo stesso braccio, gli dette una gomitata nello stomaco e un pugno potente e deciso nell'inguine, infine culminò il tutto pestandogli le dita dei piedi. Steve lasciò la presa e cadde a terra, tenendosi i genitali con entrambe le mani: aveva le lacrime agli occhi e ci vedeva tutto annebbiato. -Stefano.- disse Mark -e così che ti chiami? Steve rimase stupito dal fatto che Mark sapesse il suo nome. -Come.?- chiese lui. -So tutto adesso, so perché sei un killer, so chi ti ha fatto smettere e so anche perché stai dando la caccia a Shadow. -Ma non. -Ascolta: sei un ragazzo nato e cresciuto nel ginepraio di Wreck City, vivevi una vita tranquilla, qualche volta facevi marachelle con tuo cugino, tipo spiare le ragazze più grandi di voi dal tetto del palazzo dove vivevate o fare tiro a segno con la fionda usando come bersagli le finestre del palazzo accanto; passò qualche anno e diventasti adulto e ti arruolasti nell'esercito per combattere nella battaglia della Latex Top, hai avuto una serie di incidenti in cui hai perso l'occhio e la coda, sei stato decorato sul campo e, per mancanza di ufficiali, sei diventato sergente maggiore e comandasti un assalto nel quadrante 7 dal quale ne sei uscito vittorioso; una volta finita la guerra sei tornato in città e hai riallacciato i rapporti con tuo cugino che, guarda caso, lavora per il nuovo boss di DT e ti offre un lavoro come sicario a pagamento; guadagni bene i tuoi soldi sporchi di sangue per un bel periodo, finché non ti raccattano per strada col cucchiaino e ti portano mezzo crepato all'ambulatorio per le emergenze del Angel Hospital; lì incontri quello che sarebbe divenuto il più grande amore della tua vita, Ellen Connor, primario dell'ambulatorio, che si innamora di te a prima vista, per lei lasci il tuo lavoro di killer prezzolato e ti trovi un onesto impiego come tassista, fai perdere le tue tracce e credi di riuscire a vivere il tuo sogno, ma una telefonata fa cambiare le carte in tavola a tuo sfavore e il Don, minacciando la vita della tua ragazza, vuole che tu gli porti Shadow, vivo o morto. Steve rimase in silenzio. -Lo so, fa un certo effetto sentirsi riassumere la storia della propria vita in poche parole ma se non te lo dicevo non avresti capito.- disse Mark. -Capito cosa?- disse Steve, che cercava di nascondere la sua tristezza, tenendo un tono di voce calmo. -Che siamo dalla tua parte. Mark gli offrì la mano per rialzarsi. -Avanti, lo so che sei nella merda fino al collo: l'unica cosa che puoi fare e seppellire l'ascia di guerra e allearti con noi, e noi ti aiuteremo.- gli disse. Steve spostò lo sguardo altrove. -E chi mi garantisce che tu non voglia imbrogliarmi?- disse infine. -Due motivi:- fece Mark -il primo è che non hai alternative, il secondo è che anch'io ho una ragazza e mi si gonfierebbe il fegato al solo pensiero di farti fuori e sapere cosa succederebbe alla tua.signorina, giusto? -Si. -Allora, ci stai? Steve ebbe un leggero tremito, poi tirò fuori la mano destra, con cui si stava coprendo i genitali doloranti, e la allungò verso quella di Mark, che lo rialzò da terra. -Sono contento della tua scelta:- disse Mark, sorridendo -benvenuto nel club dei disperati. -Grazie, spero solo che non stiate cercando di fregarmi.- disse Steve. -No, ma che dici? Se tutto quello che ho detto era vero, allora sei nel posto giusto. -Pensate davvero di potermi aiutare? -Amico stai parlando con un veterano di salvataggio prigionieri: saprei tirare fuori un vaso di vetro fine da un bunker imbottito di esplosivi senza fargli un graffio. -Allora potete davvero salvare la mia Ellie? -Senz'altro. -Non saprei davvero come ringraziarti. -Ringraziaci a lavoro finito, ok? -Aspetta, volete andare fino alla tana del Don? -L'idea era quella, stavamo giusto pensando a un piano. -Conoscete la planimetria dell'edificio? -Del Central Palace? No. -Io lo conosco, saprei disegnare il progetto a occhi chiusi. -Perfetto, così potremo organizzare un piano decente senza sprecare pallottole. -Allora vengo con voi. -Ne sei sicuro? -Si, anche perché senza di me non potreste neppure avvicinarvi al palazzo. -Allora comincia a studiare un piano che io mi occupo dell'artiglieria: sarà una festa col botto, ragazzi.
E qui si conclude la terza parte.
Chi è la misteriosa Candy che parla con il Don ma non rivela ancora il suo volto? Che ruolo ha nella storia? Cosa succederà a Ellie? Sam Hog riuscirà a incastrare il Don? Steve riuscirà a ricongiungersi con Ellie? Riusciranno i nostri eroi a farla franca? O sarà Franca a farsi in nostri eroi?
Non perdetevi la quarta parte delle Cronache di Darktropolis! Azione! Sangue! Armi pesanti! Sesso!(quanto basta per non sentirsi dire "Allo scandalo!!!") .e una rivelazione che vi lascerà tutti senza fiato!!!
