SESTO ANNO

Victoria e Draco attraversarono insieme la barriera che separava il binario 9 e ¾ dal resto della stazione. Ecco che ci risiamo commentò Victoria vedendo alcuni Serpeverde lanciare al suo compagno di viaggio sguardi che definire "di puro odio e paura" è usare un delicato eufemismo. Draco non disse niente. Fece un unico commento mentre entravano nell'atrio del castello: "Lasciate ogni speranza voi ch'entrate" Benvenuti all'inferno. Victoria era estremamente sconfortata: dalla sera precedente non aveva fatto altro che guardare l'allegria di Draco spegnersi a poco a poco. Era come guardare un fiore appassire per mancanza d'acqua. Avrebbe tanto voluto farlo sentire meglio, ma non sapeva come fare.

C'è un detto che dice: "Quando si tocca il fondo, si comincia a scavare". Victoria ci pensò spesso durante quell'anno, quando le cose cominciarono ad andare anche peggio del solito. Voldemort era tornato, non era un mistero così come non lo era che stava riacquistando forza. Se possibile, i membri delle altre Case cominciarono a trattare ancora più freddamente i Serpeverde, i quali se la prendevano immancabilmente con Draco, il quale non solo portava male, ma era anche figlio di un Mangiamorte. E come se questo non bastasse, Victoria era sicura che ci fosse ancora qualcos'altro che tormentava il suo amico: Draco era sempre stato molto chiuso riguardo alla sua vita familiare, ma già negli anni precedenti, grazie a frasi che si era lasciato sfuggire di bocca, aveva intuito che il rapporto che aveva con i suoi genitori non era dei migliori, specialmente con suo padre. Le cicatrici che gli aveva visto sulla schiena quel giorno d'estate non avevano che confermato le sue peggiori ipotesi, ma ora c'era dell'altro. Lo intuiva chiaramente, poteva avvertirlo nell'aria che si respirava attorno a lui ma non riusciva a capire di cosa si trattava. E lui non ne parlava. Anzi, a dire il vero ormai parlava appena. Aveva cominciato ad estraniarsi da quello che lo circondava, ad allontanarsi sempre di più da tutti loro perdendosi nei suoi pensieri: di sicuro non era una buona cosa, ma quel che è peggio era che questo non gli impediva di provare dolore per quello che gli altri continuavano a dire e a fare. Un giorno d'inizio Ottobre, lui e Victoria parlarono sulla riva del lago…Ma forse parlare non è il verbo esatto. La fanciulla cercò di capire cosa lo tormentasse, ma tutto quello che riusciva a ottenere erano frasi oscure e enigmatiche. Hai mai avuto l'impressione di essere sul punto di romperti? le chiese dopo un lungo silenzio. È così che ti senti?. Io sono un Malfoy rispose I Malfoy non cedono mai. Non esiste nulla che non si possa rompere o spezzare gli fece presente. La suo risposta fu un'alzata di spalle: il suo sguardo si perse nelle profondità delle acque del lago: È un maledetto affare volersi arrendere e non poterlo mai fare. Restare intrappolati a vita in un modello che non si è scelto…. Puoi sempre ribellarti. Cercare di fuggire suggerì Victoria. No scosse il capo Non posso. Qualunque strada prendessi, significherebbe la morte. Victoria inghiottì a vuoto: Io…non capisco cosa vuoi dire, Draco. La sua voce tremava. Per la prima volta in più di un'ora, Draco alzò la testa per guardarla: Io credo che tu abbia capito molto bene, invece. Victoria rabbrividì e non per la dolce brezza che soffiava: aveva compreso. Se Draco si fosse mai rifiutato di unirsi al Lato Oscuro, suo padre l'avrebbe ucciso, ma ubbidire significava prima o poi trovare la morte per mano degli Auror o degli uomini di Silente combattendo per un'idea che non condivideva. In un modo o nell'altro, il suo destino era segnato. Non…. iniziò Victoria, ma Draco rispose alla sua domanda prima ancora che finisse di formularla: No, non c'è modo di scamparla. Potresti diventare una spia di Silente propose la ragazza strappando fili d'erba dal terreno. Non mi crederebbero mai mormorò il ragazzo fissando il lago. E la cosa triste era che aveva ragione. Quando avverrà la tua… "iniziazione"? chiese esitante. Draco sospirò: Dopo che avrò compiuto diciassette anni. Il che significa dopo il 26 Maggio mormorò Victoria Dovranno aspettare che tu abbia finito la scuola. Beh… disse Draco cercando di sembrare ottimista Il che mi lascia ancora un po' di tempo per tirarmi fuori da questo casino. Da solo aggiunse lanciandole un'occhiata penetrante. E quella fu praticamente l'ultima volta in cui Draco e Victoria parlarono veramente insieme: da quel giorno Draco cominciò ad allontanarsi sempre di più. Victoria diceva che "andava via con la testa": era come chiuso in una specie di trance. Provò a parlargliene, ma fu come parlare al muro: Draco cercava di darle a intendere che andava tutto bene, ma non poteva accettare quelle bugie inutili. Victoria non poteva fare a meno di pensare a un palloncino che i suoi genitori le avevano comprato in una giorno di festa, quando era bambina: lei a terra, lui che volava nel cielo, ma non tanto in alto. Lei era la sola cosa che lo teneva ancorato al suolo tramite un filo sottile annodato al suo posto. A un certo punto il nodo che tratteneva la cordicella si era sciolto e il palloncino era volato via, tra le nuvole. Draco era come quel palloncino e il filo che lo teneva ancora legato alla Terra e a lei era il loro rapporto…Ma per quanto avrebbe retto il nodo?  Quell'anno le cose andavano talmente male che Draco preferì tornare a casa durante le vacanze di Natale. Quando tornò, se possibile, era peggiorato ancora. Così come erano peggiorate le voci sul suo conto. Uno dei più accesi sostenitori dell' "aura maligna di Malfoy" era Ron Weasley, ben deciso a fargli ingoiare quattro anni di prese in giro. Un giorno, in un corridoio, Victoria assistette ad un confronto particolarmente duro tra i due: era raro ormai che Draco rispondesse per le rime alle provocazioni. Va' all'inferno, Malfoy! gli gridò a denti stretti Harry Potter mentre tratteneva il suo amico Ron dal lanciarsi contro di lui, dopo che Draco aveva fatto uno dei suoi soliti commenti sulla situazione economica dei Weasley. Quello che sorprese tutti fu la reazione di Draco: guardò i tre Grifondoro che gli stavano davanti e si lasciò sfuggire uno di quei sogghigni che erano stati il suo marchio di fabbrica. Ci sono già, Potter. Ci sono già ripeté una seconda volta a voce più bassa. Poi si allontanò ridendo. Victoria rimase raggelata sia dalla sua sgradevole risata di testa sia dal tono con cui aveva pronunciato la sua risposta. E dai suoi occhi mentre pronunciava quella frase: lontani, freddi…persi. Quello che non poteva sapere era che anche Blaise Zabini aveva assistito alla scena.

Blaise Zabini si guardò intorno per la centesima volta: nessuno. Doveva decidere in fretta: poteva andare o tornare, basta che lo facesse subito prima che qualcuno lo beccasse fuori dal letto. Con un sospiro partì di corsa attraversando il prato illuminato dalla luce della luna in direzione del lago. Attraversò alcuni cespugli e vide Draco Malfoy steso sulla schiena in una piccola radura, le mani intrecciate poste sul petto. Blaise rabbrividì: sotto quella luce pallida sembrava quasi morto. Il ragazzo voltò la testa verso di lui: Ah, sei tu… non fece nulla per mascherare l'evidente delusione nella sua voce. Ti sei perso la riunione di questa sera disse Blaise, che era nella squadra di Quidditch come Cacciatore. Stavo seduto qui a pensare… mormorò Draco fissando il cielo sopra di loro …a cercare di capire se potesse davvero essere colpa mia!. Zabini si fissò i piedi, vergognandosi profondamente. Forse… aggiunse Draco con la voce rotta dalle lacrime …Forse avete ragione. Forse dovrei buttarmi giù dal tetto, che ne dici? Non sarebbe forse la cosa migliore per tutti?. Ecco… disse Zabini imbarazzato Forse…Ecco, io volevo solo dire che forse questa cosa della sfortuna è…andata un po' fuori controllo, ecco. Un po' fuori controllo? ripeté Draco disgustato Oh, non preoccuparti, Zabini…Mi hai solo rovinato ulteriormente la vita, ma non preoccuparti, va tutto bene. Io…volevo chiederti scusa. Draco si alzò in piedi e si avvicinò all'altro ragazzo: Direi che è un po' tardi sibilò con voce gelida. Forse essere il figlio di Lucius Malfoy mi rende un buon bersaglio per questo genere di cose…Ma io sono stufo. Non ci sto più. E in un modo o nell'altro mi tiro fuori, è chiaro Zabini?. Passò oltre il compagno di Squadra e si diresse verso il castello. Zabini cadde sull'erba con la testa tra le mani: Dio mio, che cosa abbiamo fatto? mormorò tenendo gli occhi chiusi. Ma neanche così riusciva a eliminare l'immagine degli occhi disperati e quasi spiritati di Draco dalla sua mente. Era il 7 Marzo: due mesi e diciannove giorni al diciassettesimo compleanno di Draco.  

I giorni cominciarono a susseguirsi sempre più velocemente: presto fu Maggio. La sera dell'undici Maggio, quindici giorni prima del compleanno del suo migliore amico, Victoria scivolò nella stanza di Draco, ovvero il dormitorio dei ragazzi del sesto anno, così ribattezzato poiché era rimasto l'unico a dormire lì: gli altri non volevano stare nella stessa stanza con lui. Le luci erano spente e le tende aperte: la stanza era immersa nella penombra. Le sagome dei mobili e degli oggetti si distinguevano a stento: non tanto da poterci inciampare dentro, ma abbastanza perché assumessero un aspetto completamento diverso grazie alla poca luce. La ragazza si diresse verso uno dei letti senza aspettare che i suoi occhi si abituassero alla debole luce: era abituata a trovare la stanza in quello stato. A Draco piaceva la penombra: lei era l'unica a saperlo, ma nella penombra si sentiva sicuro. Né luce, né ombra… le disse il giorno in cui le confessò questa "debolezza" Presa di mezzo. Proprio come me. Dev'essere per questo che mi ci trovo tanto bene. Il ragazzo che aveva pronunciato quelle parole ora stava steso sul letto con gli occhi chiusi, ma non dormiva. Victoria si sedette sul letto accanto a lui: Draco le afferrò una mano e la strinse forte. Torey… Drac…. Aprì gli occhi per guardarla: Soltanto quindici giorni. Non so più dove sbattere la testa. La scuola non finisce fino a Giugno…Hai ancora tempo cercò di incoraggiarlo. Non molto. Ma tu volevi dirmi qualcosa? chiese tirandosi a sedere. Ecco…Ti ricordi quando io ero al primo anno e tu al secondo…E mi hai fatto capire che avrei dovuto farmi mettere a Grifondoro?. Draco annuì nella semioscurità. Ecco…Volevo solo dire che sono contenta di essere qui. Essere a Serpeverde è una sfida…e io ho sempre amato le sfide…E poi, se fossi stata un Grifondoro…Beh, non ti avrei mai conosciuto. Prendila come vuoi, ma ti giuro che non saprei, né vorrei immaginare la mia vita senza di te. Questo suona terribilmente vicino ad una dichiarazione, Torey… commentò sorridendo Draco. Forse lo è… mormorò la ragazza senza guardarlo in volto. Il sorriso gli morì sulle labbra. Victoria si alzò per andarsene, ma Draco la afferrò per un braccio: Parliamone, vuoi? domandò dolcemente costringendola a sedersi di nuovo. Non c'è molto di cui parlare…. Invece c'è replicò Draco visibilmente a disagio Speravo che non accadesse, Torey…Perché adesso è più difficile. Cosa è più difficile? chiese la fanciulla senza comprendere. Trattenermi dal fare questo sussurrò prima di baciarla. Si scostò da lei dopo qualche secondo: Mi dispiace, Torey…Tu sei bellissima, sei la ragazza migliore del mondo però…Non posso essere quello che entrambi vorremmo che fossi mormorò con gli occhi bassi. Perché? Non ha senso…. Oh, sì invece. Ti ho già causato abbastanza problemi essendo tuo amico, non voglio pensare a quello che accadrebbe se fossi il tuo ragazzo non poté soffocare un tremito. Ma tu vorresti esserlo? chiese cercando i suoi occhi. Più di ogni altra cosa al mondo. Allora siilo. Scosse la testa: Non posso. Sì che puoi. Per una notte soltanto… si avvicinò a lui, sfiorandogli una gamba con la sua e toccandogli appena il volto con una mano. No. Non sarebbe giusto. Ti farò del male, Torey…. No invece sussurrò iniziandolo a baciarlo sulle guance e sul collo Ti ricordi la canzone che abbiamo ballato a casa mia, l'ultimo giorno prima di tornare qui? Diceva "Don't think about tomorrow/Tonight's a night we borrow/Let's make it a memory, a night of our own/A thing to remember when we're all alone". Possiamo fare così anche noi. La luce era poca, eppure lo vide chiudere gli occhi: Per una volta tanto, fregatene degli altri e di quello che può succedere sussurrò prima di sfiorare le sue labbra Ti amo. Draco cominciò a baciarla sul volto, senza riuscire a fermarsi: Anch'io ti amo, Torey sussurrò contro la sua bocca Ti amo. Nella stanza avvolta nella penombra, non esistevano altro che loro e il loro amore.

Quando Victoria riaprì gli occhi la mattina dopo vide Draco che la fissava. Avanti, dillo… borbottò alzandosi a sedere e stringendo al petto le lenzuola …Dillo che è stato solo un errore. Ce l'hai scritto in faccia. Hai ragione… sussurrò Draco avvicinandosi ..È stato un errore tremendo… le sue labbra sfiorarono la spalla della ragazza …perché non credo che possa tornare tutto come prima, né di potermi accontentare di una sola sera. Vorrei continuare a sentirmi così tutti gli altri giorni. Così come? chiese incerta Victoria. I loro sguardi si incontrarono: Come il tuo ragazzo. Victoria si avvicinò a baciarlo: Allora da questo momento lo sei. Si scambiarono altri baci e poi cominciarono a prepararsi per il nuovo giorno che fuori dalla finestra stava cominciando. Prima di uscire ad affrontare il mondo, Draco strinse Victoria tra le braccia: Non so cosa succederà quando tornerò a casa, né so dove ci porterà questa storia, ma una cosa la so…. Victoria lo fissava in attesa con i suoi occhi viola e lui fece un mezzo sorriso, che in qualche modo pareva diverso dai soliti …ti amo così tanto che non so trovare le parole per dirtelo e non permetterò a nessuno di separaci tanto facilmente. Gli occhi di Victoria brillavano: Ti amo…Non so cos'altro dire. Un altro dei mezzi sorrisi di Draco: Non devi dire altro e si chinò a baciarla. Pronta ad affrontare il resto del mondo? le chiese mentre si apprestavano ad uscire. La ragazza annuì: Non mi fanno paura.             

Il diciannove Maggio si tenne l'ultima partita della stagione: ancora una volta Serpeverde contro Grifondoro, a lottare per la Coppa del Quidditch e quella delle Case. Ancora una volta Malfoy contro Potter. A Draco non importava, non più. Ancora una volta, i compagni lo lasciarono per ultimo nello spogliatoio: non se ne accorse nemmeno. Quando rialzò gli occhi, Victoria era in piedi davanti a lui. Come va? gli chiese. Per tutta risposta, il ragazzo si alzò e l'abbracciò più forte che poteva: Meglio, adesso che ho abbracciato il mio portafortuna. Gran bel portafortuna si schermì lei Contro Grifondoro non ho mai funzionato. Né contro quelle stupide voci. Contro i Grifondoro e gli imbecilli non c'è nulla da fare commentò con rassegnazione. Coraggio gli disse appoggiandogli una mano sulla spalla. Draco si riscosse: Meglio che vada. Però… si voltò e la prese tra le braccia ancora una volta, questa volta baciandola con passione. Ti amo, Victoria sussurrò Sei la mia regina. La baciò ancora: Guthlac lo chiamò da fuori, ma lui non se ne curò. Anch'io ti amo, Draco sussurrò Victoria. Senza aggiungere altro, il ragazzo si sciolse dal suo abbraccio e si avviò verso la porta che si apriva sul campo da Quidditch, dove gli altri lo aspettavano. Sulla soglia, si voltò ancora a mandarle un ultimo bacio e sussurrarle ancora una volta Ti amo. Ci vediamo dopo la sconfitta ehm la partita.  Victoria lo salutò con un cenno della mano e un ultimo Ti amo prima che si allontanasse per raggiungere il resto della squadra, poi anche lei si diresse al suo solito posto sulle gradinate. Era un ottimo posto: poteva seguire ogni mossa dei Cercatori (o, nel suo caso, del Cercatore) sia che salissero ad alta quota sia che si tuffassero al centro dello stadio. Quella partita l'avrebbero ricordata in molti come una delle più combattute della storia di Hogwarts…Ma soprattutto per un altro motivo. Le squadre giocavano da un paio d'ore ed erano alla pari: ottanta a ottanta. Il Boccino era stato avvistato già tre volte, ma né Draco né Harry Potter erano riusciti ad acchiapparlo. In compenso, Draco volava peggio del solito: Victoria non gli staccava gli occhi di dosso e aveva meccanicamente fatto a pezzi un fazzoletto senza nemmeno accorgersene. Alla fine, dopo due ore e venti di gioco, entrambi i Cercatori si tuffarono verso la palla dorata, che per sfuggir loro discese praticamente in verticale sul campo: Draco la seguì in picchiata con una manovra rischiosa. Harry Potter, più prudente, era rimasto indietro di poco e stava cercando di rimontare. Victoria strinse convulsamente tra le mani la sua sciarpa con i colori di Serpeverde senza staccare gli occhi dal Cercatore biondo. Improvvisamente, però, un altro oggetto entrò nel suo campo visivo: balzò in piedi lanciando un grido, ma era troppo tardi. Impegnato nella difficile manovra, Draco non si accorse di nulla. Non sentì l'urlo di Victoria, né avvertì il sibilo del bolide finché quello non lo colpì in pieno, scaraventandolo giù dalla scopa. Ebbe appena il tempo di rendersi conto che stava cadendo prima di scontrarsi con il suolo. Cadde da quattro metri d'altezza – pochi, troppo pochi perché qualcuno potesse intervenire. L'ultima cosa che vide fu il cielo sereno sopra di sé. Victoria Cross corse in prima fila, saltò giù dalla tribuna e cominciò a correre verso di lui, ma venne bloccata dal professor Piton. L'urlo di gioia dei Grifondoro quando Seamus Finnigan, il nuovo commentatore, aveva annunciato la vittoria della loro squadra si era spento, così come quello di delusione dei Serpeverde: lo stadio ronzava dei mormorii degli studenti, i quali ormai avevano compreso che qualcosa non andava. Sta fingendo borbottò Ron Weasley alla sua ragazza, Hermione Granger Quel furetto iettatore vuole attirare l'attenzione su di sé un'altra volta. Harry Potter aveva preso il Boccino d'Oro mentre Draco cadeva e ora restava bloccato lì in aria, fissando l'eterno rivale caduto come ipnotizzato mentre gli insegnati cominciavano ad avvicinarsi. Avanti, alzati mormorava a voce bassissima, come una preghiera Forza, Draco, lo so che non ti sei fatto niente stai fingendo come al solito avanti alzati lo so che stai fingendo lo so…. Pochi metri più in là Blaise Zabini sussurrava pressappoco la stessa preghiera. Madama Chips e la Professoressa Sinistra furono le prime a raggiungere il ragazzo: l'infermiera si inginocchiò accanto a lui e gli appoggiò una mano sul petto, poi alla base del collo. Rialzò il volto: il suo sguardo incontrò quello della professoressa di Astronomia, anche lei inginocchiata accanto al Cercatore sedicenne e scosse il capo. Draco Malfoy era morto. Selene Sinistra si chinò in avanti e gli chiuse gli occhi con le punte delle dita: da quel semplice gesto, tutti compresero che Draco Malfoy non si sarebbe rialzato mai più. Hermione Granger lasciò cadere il binocolo. La professoressa McGranitt si coprì la bocca con le mani. Victoria Cross smise di lottare contro il professor Piton e si accasciò a terra, con un singhiozzo. Nello stadio era disceso un silenzio mortale: tutti sembravano congelati ai loro posti. L'unico suono nell'aria erano i singhiozzi di Victoria Cross. Il volto completamente nascosto dai capelli scuri e la nera uniforme scolastica la facevano sembrare un fagotto di stracci. Era il diciannove Maggio. Una settimana dopo, Draco Malfoy avrebbe compiuto diciassette anni e nel suo baule, nel dormitorio delle ragazze del quinto anno, Victoria Cross aveva nascosto il regalo che gli aveva comprato e che aspettava solo di essere incartato.

Quella sera, Harry Potter sedeva fissando il fuoco nella Sala Comune dei Grifondoro. Non prendertela, Harry: non è stata colpa tua sussurrò Hermione sedendosi al suo fianco Si è rotto l'osso del collo, non ha sofferto. Non si è nemmeno accorto di morire.  E tu come fai ad esserne sicura? chiese voltandosi per un attimo a guardarla prima di tornare a fissare il fuoco Potevo prenderlo… disse il Ragazzo Sopravvissuto con voce spenta e lontana Gli ero proprio accanto…Potevo prenderlo. Avrei solo dovuto allungare una mano. Non è stata colpa tua insistette Hermione appoggiandogli una mano sulla spalla. Cerca di vederla così…È un nemico di meno, no? disse Ron guadagnandosi un'occhiataccia da Hermione: Victoria Cross non la pensa al tuo stesso modo scosse la testa Povera ragazza. Era innamorata di Malfoy, lo sapevano tutti. Harry non parlò.

Contemporaneamente, professor Piton entrava nella deserta Sala Comune dei Serpeverde e si sedeva su uno dei divani scuri. Quello stesso divano dove Draco amava sedersi a leggere. Udì dei passi e vide Victoria Cross entrare nella Sala stringendo al petto una scatola quadrata, fogli di carta da regalo color perla, un rotolo di nastro argentato, un paio di forbici e Magiscotch. Mise tutto su uno dei tavoli vicini al fuoco e cominciò a impacchettare la scatola. Sembrava non essere mai soddisfatta: rifece il pacchetto per cinque volte finché non le riuscì perfettamente. Legò il nastro attorno al pacchetto e cominciò ad arricciarlo le forbici. I suoi movimenti erano precisi e calcolati. Quando finalmente il pacchetto fu pronto, infilò sotto il nastro un cartoncino di auguri e ritornò al suo dormitorio. Il professor Piton la seguì con gli occhi, permettendosi una volta tanto di non mascherare la propria preoccupazione. 

La sera dopo, in una stanzetta dei sotterranei – la stessa che a suo tempo aveva ospitato Cedric Diggory – venne organizzata la veglia funebre. Erano presenti il Professor Silente, il professor Piton, la professoressa Sinistra e i Prefetti Hermione Granger di Grifondoro, Millicent Bulstrode di Serpeverde, Terry Boot di Corvonero e Justin Finch-Fletchley di Tassorosso. Nessuno parlava. Tre dei quattro prefetti cercavano di guardare l'orologio senza farsi vedere, compresa la Bulstrode. La porta si aprì ed entrò Victoria Cross. Stringeva al petto il pacchetto che aveva confezionato la sera prima: Piton riconobbe immediatamente la carta color perla e il nastro d'argento. Si avvicinò alla bara – una bara in mogano scura, pesante e sicuramente costosa, innaturalmente grande per l'esile ragazzo che vi era steso dentro – e vi depose dentro il pacchetto, poi andò a sedersi in un angolo lontana dagli altri. Alla luce delle candele, la scritta sul biglietto d'auguri scintillava di colori diversi. C'era scritto semplicemente: "26 Maggio 1996 Buon Compleanno, Draco". Passò più di un'ora prima che Victoria parlasse: tutti i Prefetti tranne Hermione erano tornati nei loro dormitori. Professo Silente, professor Piton… iniziò a voce bassa …La madre di Draco verrà domattina, vero?. I due uomini annuirono. Ora che ci penso, non ho ancora provveduto a far raccogliere le sue cose  mormorò Piton. Si tratta proprio di questo. Se per voi va bene, vorrei preparare io il suo baule le lacrime le affollarono gli occhi viola Non voglio che un estraneo tocchi la sua roba…. I due uomini si scambiarono un'occhiata: Penso non ci sia niente di male in questo disse Silente. Grazie tornò a sedersi e non si mosse più.

Il mattino dopo, Victoria Cross non andò a lezione: dopo colazione, la ragazza tornò al sotterraneo dei Serpeverde e mentre tutti si preparavano per andare a lezione entrò nella stanza di Draco – non sarebbe mai riuscita a riferirsi a quel posto come "dormitorio dei ragazzi del sesto anno" – chiudendosi la porta alle spalle. Come sempre, la stanza era in perfetto ordine, sia grazie agli elfi domestici che alla naturale accuratezza di Draco. Victoria aprì il baule e cominciò a riporre la roba del suo ragazzo con cura. Fu un compito molto penoso, ma non l'avrebbe fatto fare a qualcun altro per nessuna ragione al mondo. Cominciò dai vestiti, ma persino metter via le uniformi scolastiche, identiche a quelle di decine e decine di altri Serpeverde, era difficile. Perché quelle non erano delle uniformi qualunque, erano le sue uniformi. Quando poi cominciò a piegare il vecchio abito da cerimonia – la signora Malfoy aveva scritto di mettergli l'abito nuovo, che non aveva avuto occasione di indossare – non poté non ripensare al Ballo del Ceppo del quarto anno, quella sera perfetta ormai lontana…Una lacrima cadde sul tessuto nero. Le divise di Quidditch – la tunica e il maglione verdi con i pantaloni bianchi – furono forse gli abiti più difficili da sistemare: continuava a rivederlo con quei vestiti addosso, sulla soglia della porta che portava in campo mentre le diceva "Ti amo" e "Ci vediamo dopo…", il mezzo sorriso che gli ornava le labbra, la luce del caldo sole primaverile che lo circondava e si rifletteva sui suoi capelli biondi le aveva fatto pensare non per la prima volta ad un angelo. E poi lo vedeva cadere, steso al suolo, vedeva la professoressa Sinistra che gli chiudeva gli occhi…Scosse la testa scacciando quelle immagini. Passò ad impacchettare i suoi oggetti personali: si sentiva il cuore pesante mentre il baule inghiottiva la Girotrottola, i dischetti con la musica d'opera che ascoltava sempre e i suoi libri preferiti, che non avrebbe più potuto rileggere. Le lacrime le appannavano la vista ma lei sbatteva le palpebre e si aggrappava al suo medaglione per non piangere. Finché, dopo molte esitazioni, non aprì il terzo cassetto del comodino: sapeva che Draco ci teneva le sue cose più care, ma non sapeva con precisione cosa aspettarsi. Lui le aveva detto dove nascondeva la chiave ma non le aveva mai mostrato il contenuto, né lei aveva chiesto: ora aveva paura di violare la sua intimità. Ma non aveva scelta, così fece scattare la serratura e tirò la maniglia. La prima cosa che attirò la sua attenzione fu una scatola di latta riempita con almeno una cinquantina di immagini di Torino tra foto e cartoline. Divise in quattro mucchietti, ognuno legato da un nastro verde, c'era la sua parte di uno scambio di lettere durato quattro estati. La ciocca di capelli che gli aveva dato quando lei era al primo anno e lui al secondo fermata da un nastrino lilla e chiusa in una scatolina di vetro perché non si rovinasse. Un paio di album di fotografie con foto di paesaggi, di loro due insieme o uno dei due da solo. Non una sola foto di suo padre o sua madre. Trovò una sua foto piuttosto recente in una cornice d'argento. E in una scatolina di legno trovò le tre spille del Torino Calcio, la squadra italiana di calcio di cui lei era tifosa e di cui l'aveva nominato "Tifoso Ad Honorem" perché perdeva sempre contro i Grifondoro così come i suoi amati Granata perdevano con la Juventus. Ricordò la cerimonia di consegna delle spille che si era svolta un pomeriggio di Agosto nel giardino di casa sua l'estate prima e smise di trattenere le lacrime. Si sedette sul letto di Draco a e scoppiò a piangere con il volto nascosto contro il copriletto verde. Tre giorni dopo seppellirono Draco Malfoy nel cimitero di famiglia. C'erano poche persone, per lo più adulte e amiche dei suoi genitori. Gli studenti di Serpeverde e delle altre Case, dopo quello che avevano fatto, avevano almeno avuto la decenza di non farsi vedere. L'unica persona sotto i trent'anni era Victoria Cross, nella sua divisa nera con la cravatta a strisce verdi e argentate. Accanto al simbolo della sua Casa ricamato sul petto a sinistra aveva appuntato la sua spillina del Torino. Accanto a lei c'era il professor Piton, che si era offerto di accompagnarla poiché anche lui avrebbe partecipato al funerale. Le uniche due persone a cui era veramente importato qualcosa di Draco stavano fianco a fianco in nell'ultima mattina di Maggio sotto il sole splendente. Victoria non poteva fare a meno di osservare i due Malfoy: non sembravano addolorati, né tristi, né pentiti per il modo in cui avevano sempre tratto il loro unico figlio, quel ragazzo meraviglioso che adesso non c'era più. Piuttosto annoiati e seccati per l'ennesimo fastidio che quel "piccolo idiota incapace" aveva creato loro. Si alzò un po' di vento e la luce solare improvvisamente si spense: Victoria alzò gli occhi al cielo e vide che il sole era stato coperto da delle nubi grigie. Una goccia d'acqua le cadde sulla fronte e presto scoppiò un temporale: i Malfoy e gli altri presenti si strinsero nelle loro giacche e fecero comparire degli ombrelli, sbuffando che le previsioni non annunciavano temporali e sperando che il prete si sbrigasse. Victoria non prestò più attenzione alla cerimonia e si allontanò di un paio di passi dal riparo offertole dall'ombrello di Piton, guardando il cielo coperto di nubi grigie. Lasciava che la pioggia le scorresse addosso guardando in alto e sorridendo al cielo. È un segno disse al professor Piton quando notò la sua espressione stupita. Il professore apparve ancora più confuso, ma lei non se ne curò. Lui non sapeva. Non sapeva che Draco aveva sempre amato la pioggia. Venne sistemato il monumento funebre, una donna che piangeva appoggiata alla lapide su cui c'erano la foto, il nome e le date di nascita e morte del giovane defunto. E qualcos'altro: l'epigrafe funeraria scritta nelle tre lingue che Draco aveva maggiormente amato, cioè Inglese, Italiano e Latino. Le tre traduzioni erano scritte una accanto all'altra:

Known by many,                                   Conosciuto da molti                        Multis notus Understood by few                               Capito da pochi                               A paucis cognitus Taken from the evil to come                Strappato dal male a venire            A malo futuro ereptus A week before turning seventeen         Una settimana prima                       Prope inito septimo                                                                      di compiere diciassett'anni       - septem dies aberant -                                                                                                                       anno decimo Le parole erano di Victoria Cross, tranne la terza riga: aveva preso quel verso dalla poesia preferita di Draco, "Johnnie Sayre" de  "L'antologia di Spoon River". Dal cielo cadeva la pioggia e più di mezz'ora dopo, quando  Piton, Silente e la fanciulla lasciarono il Campo Santo, non aveva ancora smesso. Victoria cercò di trattenere un sorriso – il primo da giorni – alla vista di Lucius e Narcissa Malfoy bagnati fino alle ossa. Sei tremendo, Draco sussurrò guardando il cielo. Il suo sguardo tornò triste: Mi mancherai… aggiunse asciugandosi una lacrima. Tornò a Hogwarts accompagnata dai due professori più anziani: la scuola non era ancora finita. Dopo la morte di Draco nessuno aveva il coraggio di parlare della sua maledizione. In fondo al cuore e nelle loro coscienze tutti gli studenti sapevano bene che la morte del loro compagno, più che un incidente, era stato un suicidio e che a spingerlo in quella direzione erano stati loro. Nessuno aveva il coraggio di guardare Victoria Cross negli occhi, eppure tutti avvertivano il peso dei suoi sguardi d'accusa.

Giunse l'ultimo giorno di scuola e anche quell'anno nel discorso di commiato venne ricordato uno studente deceduto. Eppure, al contrario del giorno in cui era morto Cedric Diggory, tutto aveva un'atmosfera falsa: Victoria fissava disgustata le facce contrite e serie. Persino lo stesso discorso di Silente suonava artificioso e falso. Non riuscì a reggere fino alla fine: balzò in piedi e fuggì via dalla Sala Grande, da tutta quella ipocrisia. Corse senza fermarsi finché non raggiunse il rifugio preferito di Draco sulla riva del lago, quasi si aspettasse di trovarlo lì. Ma la radura era vuota. Victoria si lasciò cadere a terra e scoppiò in lacrime. Non udì il professor Piton avvicinarsi finché non le mise una mano sulla spalla. L'uomo notò che la fanciulla piangeva stringendo tra le mani una fotografia che ritraeva lei e Draco insieme, su un grande ponte con alle spalle un largo fiume. Era stata scattata a Torino l'estate prima. Il professore ricordò improvvisamente dove aveva già visto una fotografia quasi identica: qualcuno l'aveva messa tra le mani di Draco, in modo che la stringesse al petto per l'eternità. L'unica differenza tra le due foto erano le dediche scritte sopra: "A Draco Flavio, perché so che anche senza questa non dimenticherà mai me o Torino. Per sempre, Victoria" sull'una e "Alla mia adorata Victoria – la mia piccola Torey – che avrà sempre un posto speciale nel mio cuore. Per sempre, Draco Flavio M." sull'altra. Un nodo gli strinse la gola e non seppe cosa dire alla fanciulla in lacrime. Se ne andò senza far rumore, così come era venuto. Victoria continuò a piangere. Con le mani che tremavano, aprì il medaglione portafotografie che portava appeso al collo: Draco gliel'aveva regalato a Natale due anni prima. Non l'aveva mai saputo, ma dentro quel medaglione Victoria custodiva gelosamente una sua foto e la ciocca di capelli che le aveva dato in cambio della sua tanti anni prima. Le lacrime sgorgarono più copiose.