La perfetta occasione che mi era stata donata ma che non ho saputo sfruttare, forse un chiaro segno del destino, era arrivata per farmi capire quanto avesse bisogno di me.

Ci trovammo a operare insieme nel Team Ro. Combattemmo sempre a stretto contatto durante la missione di sorveglianza del gruppo traditore Prajna. Scoprii così che non era soltanto la sua bellezza ad essere pericolosa. Mentre lo guardavo trafiggere i nemici con la spada in quella che sembrava una danza elegante e letale, attraversai per la prima volta in vita emozioni così contrastanti che non avrei mai immaginato potessero esistere. Amavo quella creatura così aggraziata e spietata, ma provavo anche un immenso dolore per quanto si era tolto per donarlo al mondo a all'avvenire di gente che nemmeno conosceva. Non si trattava solo del futuro di Sasuke, se così fosse stato non lo avrebbe certo costretto ad assistere all'autodistruzione dell'adorato fratello maggiore.

Nei momenti di calma gli insegnavo come scoprire le più lievi tracce del nemico e, contemporaneamente, le tecniche per non rendere visibili le nostre. Molto probabilmente le mie spiegazioni dovevano essere una noia mortale per lui, sempre talmente avanti su chiunque che avrebbe potuto assumere lui il ruolo di insegnante, tuttavia mi ascoltava ogni volta con ligio interesse.

Una notte, complice l'improvviso calo della temperatura e la forte umidità che andava addensandosi sotto le chiome degli alberi in un intenso banco di nebbia, fummo costretti a infilarci sotto la stessa coperta per mantenerci caldi a vicenda. Con gli occhi fissi in quel denso bianco senza fine che nascondeva il cielo stellato, pur non dicendo niente per l'ennesima volta, mi deliziai ascoltando il suo respiro, un suono così dolce che certamente rispecchiava tutto quello che nascondeva nell'anima. Non mi ero mai sentito così perfettamente in pace con me stesso e con il mondo intero. Scivolando lentamente nel sonno, improvvisamente me lo ritrovai rannicchiato addosso. Era profondamente addormentato, le ciglia abbassate, così lunghe da sfiorargli gli zigomi. Si era mosso inconsciamente emettendo un lieve gemito.

"Cosa c'è?"

Se avesse sentito la mancanza di casa, dei genitori o del fratellino non lo avrebbe mai detto. Lo strinsi piano fino a fargli posare la testa sul mio petto, il suo respiro mi sfiorava il collo, caldo come la sua pelle. Forse non era il freddo esterno a farlo soffrire, ma quello che aveva nel cuore. Mentre lo accarezzavo liberandogli il bel volto dai capelli, sembrò rilassarsi socchiudendo le labbra vellutate. Sentivo un vuoto indefinito nello stomaco, violento ma bello, non riuscii a smettere di guardarlo rimanendo così per l'intera nottata.

Volevo proteggerlo, se solo si fosse affidato a me io per lui avrei fatto di tutto. Desideravo che capisse per queste ragioni a me così chiare, che comprendesse come anche lui fosse degno di essere amato e rispettato. Volevo che si ritenesse meritevole di tutto quell'amore che avrebbe naturalmente attirato se si fosse reso conto di avere un immenso valore. Erano questi i motivi per cui desideravo accarezzare i suoi splendidi e lunghi capelli, magari ascoltando quelle parole ed emozioni che lui si ostinava a tenere chiuse pensando che non potessero interessare a nessuno.

Ancora una volta, le parole non uscirono mai dalla mia testa. Lui non diceva niente innalzando un trasparente muro di silenzio tra noi.

Quei giorni che avrei potuto sfruttare per stringere un legame più profondo con lui, mi furono strappati senza preavviso quando ottenne la promozione a capo della Squadra Speciale. Aveva tredici anni e questo lo portò, per forza di cose, fuori dal Team Ro.

"Sono orgoglioso di te" gli dissi posandogli una mano su una spalla e sentendo il mio cuore fermarsi dolorosamente.

Solo in seguito capii che avrei dovuto dirgli tutt'altro.