Standard disclaimers: Di Gundam Wing posseggo solo le fantasie che ha creato dentro di me. Non traggo alcun profitto da tutto questo se non il piacere di condividere con gli amici il mio mondo di sogni, perciò non prendetevela con me se mi sono permessa la libertà di giocare con dei personaggi che non mi appartengono.

Introduzione dell'autore: Prima di dire qualunque altra cosa, voglio ringraziare di tutto cuore tutti coloro che hanno trovato il tempo di leggere il capitolo precedente. Scoprire che qualcuno si è accorto di me è stata una sorpresa che mi ha riempita di gioia (sto ancora viaggiando coi motori a repulsione sotto le scarpe -_-;; ). Perciò grazie, davvero!!!

Per quanto riguarda ciò che segue...confesso che scriverlo non era nelle mie intenzioni iniziali, ma alla fine non ho resistito. Come potevo dimenticarmi del mio personaggio preferito? E soprattutto, come potevo fingere che la mia controparte di celluloide non esistesse?!?! *Sigh*

Perciò...è con grande onore e sommo piacere (e incommensurabile fifa ^.^''), che vi presento la seconda parte della mia introduzione alla serie animata, perciò...Allacciatevi le cinture di sicurezza e preparatevi ad un breve viaggetto su L2!!

*                     *                     *                     *                     *

Capitolo Zero

by Darkwing

Parte seconda: La nascita della Morte

Lungo la parete arrugginita del corridoio di servizio in disuso, un'ombra scura e sfuggente strisciò rapida e silenziosa; si fermò per un breve momento e poi riprese furtivamente a muoversi nel dedalo di condotti e stretti passaggi che si snodava nelle viscere della colonia L2. Era poco probabile che qualcuno lo avesse seguito, ma Duo Maxwell non voleva correre alcun rischio, perciò cambiò più volte direzione prima di dirigersi verso la propria meta.

Anche gli angoli più nascosti e meno frequentati della città per lui non nascondevano misteri - del resto quelle strade erano state la sua unica casa per buona parte della vita - quindi, anche se si fosse concesso qualche deviazione non si sarebbe certamente perso. Al contrario, se qualcuno lo avesse pedinato a quest'ora avrebbe perso del tutto il senso dell'orientamento.

Un sorrisetto obliquo gli curvava le labbra mentre proseguiva a farsi strada nell'oscurità di quell'ambiente familiare. Pensò che questo sarebbe stato certamente il più divertente tra tutti i suoi furti e che, per di più, sarebbe stato un vero e proprio gioco da ragazzi.

Si avvicinò ad una serratura elettronica e digitò rapidamente il codice d'accesso. La saracinesca si alzò, accompagnata dal sibilo dei pistoni idraulici, e si richiuse non appena i sensori ebbero rilevato il passaggio del giovane uomo. Prima di accendere la torcia che aveva con sé portò istintivamente una mano sulla pistola che nascondeva sotto la camicia perfettamente nera; in realtà sapeva che l'arma non poteva essere altrove che lì, ma le precauzioni non erano mai troppe in certi casi. Tuttavia contava di non doverla usare; non in quel luogo, almeno.

L'oscurità e il silenzio assoluti in cui era immerso l'hangar rendevano l'atmosfera irreale e carica della tensione che prelude ad una tempesta; nessuno si trovava al lavoro a quell'ora della notte dato che il lancio era stato programmato per il giorno seguente, ciononostante, con i sensi all'erta, accese la torcia con circospezione e al minimo della sua intensità.

Non voleva in alcun modo segnalare la propria presenza prima del tempo, e del resto non aveva bisogno di molta luce per muoversi all'interno del laboratorio. Aveva lavorato e vissuto lì per gli ultimi sei anni, da quando era stato assunto come pilota, e conosceva quel posto come le proprie tasche.

Si diresse con sicurezza verso la centralina di controllo al piano superiore ed inserì i propri permessi nel computer centrale. Il monitor immediatamente rispose al suo tocco tornando alla vita e illuminando la stanzetta con una spettrale luce verde-azzurra. Duo non impiegò molto a trovare i dati che il professor G gli aveva promesso.

Già, il professor G. Non aveva mai capito perché quello strano vecchietto dal naso adunco come un uccello e dagli occhietti maliziosi, sempre nascosti dietro quella massa esagerata di capelli bianchi, non volesse far sapere in giro il proprio nome. Aveva sempre pensato che fosse un po' paranoico, ma non poteva negare che fosse un genio. Un genio cinico e spietato, perfino un po' contorto, ma pur sempre un genio. Non poteva essere niente di meno l'uomo che aveva progettato e costruito un simile gioiello di tecnologia.

Duo rimase un istante in contemplazione dei progetti del mobile suit da battaglia che, a detta del suo creatore, era il migliore che fosse mai stato costruito. Come una blasfema opera d'arte, era un degno portavoce della sinistra personalità che lo aveva concepito e lo aveva battezzato con arrogante orgoglio Gundam XXXG-01D Deathscythe. Gli occhi del giovane pilota, dall'insolito colore blu-violetto, si accesero di perversa soddisfazione al pensiero che un tale terrore tecnologico fosse stato messo a punto su misura per lui.

"Ci aspetta un bel viaggetto, vecchio mio." Disse, rivolgendosi al gigante di metallo nero che giaceva immobile nel carapace della capsula spaziale sottostante.

Un brivido di eccitazione gli percorse la spina dorsale al pensiero dell'imminente viaggio sulla Terra. Presto avrebbe avuto la sua occasione. Avrebbe finalmente ottenuto vendetta contro OZ e avrebbe fatto giustizia per tutte le vite innocenti che erano state stroncate durante l'occupazione.

Dopo che avesse terminato la propria missione non ci sarebbero più stati altri orfani di guerra come lui; nessun bambino avrebbe più dovuto vivere per le strade, nè avrebbe più dovuto rubare per vivere, e soprattutto nessun altro sarebbe stato costretto a combattere e a sporcarsi le mani di sangue.

Caricò in fretta su un disco tutti i dati che un giorno sarebbero potuti tornargli utili e se lo cacciò in tasca; poi convertì i permessi in modo tale che i portelli della camera di decompressione e i pattini del montacarichi fossero pilotabili dalla cabina di controllo del mobile suit. Non appena ebbe terminato, procedette alla cancellazione di tutto il database del computer centrale e spense il terminale. Ora senza quei progetti, la cui unica copia era nel disco che aveva fatto, non sarebbe stato possibile costruire un altro Gundam come il suo.

Ancora una volta sorrise divertito dall'arguzia del vecchio scienziato e dall'ironia della situazione. Duo non conosceva tutti i dettagli, ma sapeva che G aveva ottenuto in segreto i fondi per la costruzione del Deathscythe da qualcuno di molto ricco e potente legato in qualche modo a OZ.

L'ingegnere se ne era servito per quindici lunghi anni, ma quando era stato completato aveva ripreso in mano le redini del proprio lavoro. Poche ore prima lo aveva contattato e gli aveva annunciato che era arrivato il momento di fare ciò per cui si erano preparati fino ad allora. Gli aveva ordinato di 'rubare' il Deathscythe, condurlo sulla Terra, ed usarlo contro OZ in una guerriglia di logoramento.

Duo sospettava che, con ogni probabilità, quella missione sulla Terra per lui sarebbe stata un viaggio di sola andata, ma non gli importava, la morte non lo spaventava. Non aveva legami affettivi di alcun genere e perciò nessuno avrebbe sentito la sua mancanza se non fosse tornato; inoltre se fosse piuttosto rimasto su L2, che vita sarebbe stata sotto l'egemonia della Federazione? Erano trattati come schiavi e lui certamente non avrebbe avuto niente da perdere in quel tentativo. Non potevano certo togliergli più di quanto non gli avessero già sottratto.

'Chissà, forse è per questo che G ha scelto proprio me. Perché sono sacrificabile'. Pensò. Per qualche strana ragione, trovò che tale consapevolezza fosse più confortante che spaventosa. L'idea di poter esercitare un controllo su una situazione drammatica di cui fino a quel momento era stato una semplice vittima, era una sensazione che lo riempiva di temeraria sicurezza. Lo faceva sentire come se fosse stato in grado di annientare OZ da solo.

La sua esistenza fino a quel momento non aveva avuto alcun valore per nessuno - del resto a chi mai poteva interessare il destino di un insignificante ladruncolo che viveva ai margini della società? Ma a bordo del Deathscythe sarebbe stato qualcuno, e se non era stato ancora in grado di dare un senso alla propria vita, combattendo ne avrebbe dato uno alla propria morte.

Si strinse nelle spalle e controllò l'orologio per verificare la tabella di marcia.

Il professore gli aveva raccomandato di essere fedele al programma, anche se non aveva detto perché fosse tanto importante farlo. Probabilmente lo scienziato aveva calcolato che in quel momento il lancio sarebbe passato più facilmente inosservato, o che per le pattuglie di federali sarebbe stato più difficile intercettarlo. Duo annuì a se stesso. Tutto stava andando come da manuale.

Indossò la tuta anti-g e si calò nella cabina di pilotaggio; fece chiudere con cura i portelli della capsula e del mobile suit e, prima di indossare il casco, si predispose a fare un rapido ma accurato controllo dei sistemi di bordo e degli armamenti.

Sotto le sue dita esperte monitor e console di controllo si rianimarono e lo circondarono con una familiare costellazione di led colorati e pannelli fluorescenti. Quando il computer ebbe finito tutti i cicli diagnostici, comunicò i risultati con un rassicurante lampeggiare di lucette verdi: il livello del carburante e l'efficienza del supporto vitale erano ai massimi livelli, così come le munizioni dei cannoncini e dei mitragliatori. Si assicurò che le celle di alimentazione delle armi laser fossero cariche e che i dispositivi di occultamento fossero operativi. Alla fine tutto risultò in ordine perfetto. Poteva partire.

Fece scorrere sul monitor principale una mappa della regione nordamericana e tracciò una rotta in modo che l'impatto sulla Terra avvenisse in prossimità del suo primo obiettivo: una fabbrica di mobile suit.

Un'altra finestra si aprì sul monitor di sinistra ed indicò un puntino lampeggiante lungo la costa del Pacifico. Quella sarebbe stata la seconda tappa, ovvero la sua base operativa fintanto che fosse rimasto sulla Terra.

"Howard...Chissà che tipo è? Se è come G, sarà un altro pazzo scatenato." Si disse, osservando la carta topografica e ricordando ciò che aveva detto il professore a proposito di quel tipo, quando gli aveva lasciato le ultime istruzioni. Aveva ancora davanti agli occhi il viso sfregiato del vecchio scienziato, mentre parlava con quella sua vocetta insinuante.

"Sulla costa del Pacifico troverai una piattaforma galleggiante. E' di un vecchio amico, si chiama Howard. Presentati a lui come il Signore della Morte, potrà darti una mano." Aveva fatto una pausa e poi aveva ripreso a parlare in modo vagamente minaccioso e sinistro. "Un'ultima cosa. Ricordati, Duo, in questa operazione non ci sono regole. Uccidi, se non vuoi essere ucciso e distruggi OZ. Questo è tutto quello che posso dirti."

Al pensiero di quella conversazione gli vennero i brividi. G non gli piaceva per niente; era un uomo pericoloso ed infido e, per certi versi, disgustoso e corrotto. Il giovane pilota sghignazzò e si infilò il casco nascondendo dentro la tuta la lunga treccia castana in cui era solito raccogliere i capelli selvaggi. Non che lui stesso non sapesse essere pericoloso - OZ ne avrebbe avuto un assaggio - ma non gli piaceva prendere ordini dal professore. Avrebbe agito di testa propria.

"D'accordo, amico," disse infine, rivolgendosi al proprio mezzo come se questo fosse stato in grado di rispondergli. "Con il tuo aiuto diventerò la Morte in persona. Grazie a te porterò quei vigliacchi di OZ dritti all'inferno con me."

Digitò rapidamente i codici di comando che attivavano il montacarichi e, con una leggera scossa, la capsula si mise in moto e fu trascinata rapidamente nella camera di decompressione. Non appena i portelli stagni si furono richiusi e l'aria aspirata via del tutto, la saracinesca che dava verso lo spazio esterno si aprì scorrendo in due direzioni opposte, come la bocca di un gigantesco mostro metallico. Il tenue bagliore delle stelle salutò il pilota in partenza.

Perfettamente a proprio agio, Duo strinse tra le mani i joystick di controllo e, non appena ricevette il via libera dal computer di bordo, li spinse in avanti con fermezza. All'interno della cabina di pilotaggio si udirono immediatamente i propulsori della capsula ruggire e salire di tono, finché non si innescò l'iniezione nelle camere di combustione e dagli ugelli posteriori eruppero le fiamme dei gas propellenti.

Duo fu schiacciato contro il sedile dalla forte accelerazione e socchiuse gli occhi, assaporando la sensazione di euforia che gli dava sempre l'improvviso aumento della pressione sanguigna durante il decollo. Prese un respiro profondo e tornò a rilassarsi non appena la gravità si annullò, segnalando la fine della fase di spinta. Finalmente era in viaggio. Un sorrisetto arrogante gli curvò le labbra.

"Chissà come sranno contenti di vederci!" Esclamò, caricandosi di adrenalina. "Un ospite inatteso non può che movimentare la festa...Sono certo che ci divertiremo un mondo, vecchio mio!"

Accarezzò affettuosamente i controlli di tiro. I sensori ottici del suo alter ego artificiale rilevarono immediatamente la presenza della mano guantata e risposero ubbidienti al tocco del padrone. Si orientarono automaticamente nella posizione che meglio si adattava alla presa del pilota e confermarono l'attivazione con un breve trillo elettronico.

Duo sospirò e allentò le dita. Non era ancora il momento purtroppo, ma non mancava molto. Presto il mondo intero avrebbe imparato a rispettare lui e tutte le colonie spaziali.

Richiamò sul monitor principale l'immagine della Terra ripresa dalle telecamere esterne e contemplò il panorama mozzafiato. Curvò dolcemente le labbra osservando la scintillante bellezza che gli si parava davanti, e per un breve momento si illuse di poter trarre piacere da quella vista, così come tutti gli altri uomini avevano il diritto di fare.

'La luce...Bella, ma non fa parte del mio mondo.' Riflettè con un'amara freddezza in aperto contrasto con il suo atteggiamento rilassato. Spense lo schermo e l'impianto di illuminazione, lasciando che fosse soltanto il bagliore velenoso dei pannelli di controllo a rischiarare l'abitacolo.

Il suo sguardo mutevole tornò ad indurirsi. "Non è il momento di fare i turisti. Per quello ci sarà tempo dopo..." Disse a voce alta. Dopo un'istante di esitazione alzò un sottile sopracciglio, ammiccando cinicamente a se stesso. "...forse".

TBC...

AN: Eccoci alla fine di questo paragrafetto. Medaglia numero due per tutti quelli che sono arrivati in fondo anche a questo!!!

Non nascondo che i miei dubbi al suo riguardo non sono pochi. Ma non ve li sto ad elencare, altrimenti vi toglierei il piacere della vendetta. Sfogatevi pure. Anche le pomodorate sono ben accette, la pomarola mi è sempre piaciuta...ma anche le lasagne, gli spaghetti allo scoglio, le penne all'arrabbiata...insomma metteteci pure tutti gli ingredienti che vi pare. Sono di bocca buona!!

Ok, per oggi basta così...arrivederci alla prossima abbuffata!!! ^___^