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Capitolo 2

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A te piega il cuore in solitudine,
esilio d'oscuri sensi
in cui trasmuta ed ama
ciò che parve nostro ieri,
e ora è sepolto nella notte…

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Il bambino conosceva bene la foresta di Little Heaven.
Ogni suo sentiero, ogni sua buca, ogni foglia caduta. Era lì che era cresciuto, lì che aveva cominciato a trascorrere i pomeriggi, da quando gli altri bambini si rifiutavano di avvicinarsi a lui, o lo prendevano in giro. Non aveva altri amici che le creature della foresta. Non altri compagni di giochi se non gli schivi unicorni dorati e i mitici centauri dall'aria austera, da cui aveva imparato a godere della compagnia delle stelle.
Mentre guidava Tom verso Little Heven, il bambino poteva percepirne i passi pesanti dietro di sé, mentre schizzava fango tutt'intorno al suolo coperto di foglie cadute.
D'un tratto, una nube scura oscurò il cielo, e la pioggia cominciò a cadere fitta.

Il bambino scivolò pericolosamente mentre stava tentando di superare un grande tronco caduto, e si sarebbe certamente fatto male se Tom non l'avesse afferrato per un braccio, aiutandolo a mantenere l'equilibrio. Rimasero entrambi immobili per alcuni secondi, sotto la pioggia scosciante. Il bambino arrossì improvvisamente, i capelli che gli ricadevano umidi lungo i tratti del viso. Tom cominciò a sentire crescere dentro di sé una strana sensazione, come se qualcosa di caldo gli avesse circondato il cuore, e.... Il bambino alzò lo sguardo. Ekans sibilò minaccioso, poco dietro di lui. Tom lasciò la presa, spingendolo a continuare in avanti.

Il bambino obbedì, mentre un terribile 'perché?' cominciava a farsi strada, indomabile, nella mente del ragazzo.

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Ci vollero almeno quindici minuti di cammino sotto la pioggia affinché Tom e il bambino riuscissero a raggiungere la villa. Erano bagnati fradici: nessuno dei due aveva pensato ad utilizzare un incantesimo.

Nessuno dei due... perché Tom era sicuro che il bambino ne fosse capace -.... e questo non gli piaceva affatto. Perché si sentiva così strano tutte le volte che si avvicinava a lui? Perché non si era semplicemente materializzato a Little Heaven, invece di perdere tempo, facendosi guidare da quel piccolo sconosciuto?... Avrebbe potuto ucciderlo quando l'aveva scoperto a spiarlo, poco tempo prima: "Lord Voldemort ripaga gli affronti subiti!"... ma allora perché non l'aveva fatto e, anzi, l'aveva aiutato quando era scivolato nella foresta?.... Tom non riusciva a trovare risposta alle sue domande. Sapeva solo che quel bambino lo faceva sentire dannatamente diverso....
Si rifugiò col bambino sotto il portico della piccola villa, disfacendosi del lungo mantello, reso ancor più pesante dal carico di acqua assorbita. Afferrò quasi distrattamente la propria bacchetta, mormorando l'incantesimo più congeniale; all'istante i suoi vestiti e quelli del piccolo si asciugarono in una ventata di innaturale calore.
Il bambino gli sorrise, grato. Tom voltò immediatamente lo sguardo in direzione della porta: suonò il campanello.

La porta s'aprì; un uomo di circa quarant'anni si presentò sull'uscio. Aveva i capelli completamente grigi, folti, profondi occhi color nocciola e una cicatrice gli solcava la guancia sinistra per tutta la sua lunghezza. Un Muggle, realizzò Tom.

L'uomo fissò corrucciato il ragazzo per alcuni secondi, prima di accorgersi della timida figura rannicchiata alle sue spalle.
"Dove sei stato?"
Chiese ansioso al bambino.
"Beh?..." Domandò ancora l'uomo.

Il bambino si fece ancora più piccolo di quello che era, stringendosi il attorno alle pieghe del mantello che ora Tom portava penzolante al braccio sinistro.

"Nella foresta…"

Rispose, con una voce piccola piccola.

Seguì un lungo silenzio.

Fino a quel momento, Tom si era limitato a passare velocemente lo sguardo da padre a figlio, con impercettibili movimenti del capo, ma allora prese a puntare gli occhi sulla testolina del bimbo rannicchiato dietro di lui, come cercando di trasmettergli… conforto?

Sbatté più volte le palpebre.
Il padre trasse un profondo respiro, mentre il figlioletto arrossiva furiosamente da dietro la slanciata figura del ragazzo che gli stava di fronte.
"Va bene..."
Sospirò, levando la mano in aria, con gesto improvviso. Il bambino si contrasse, serrando ferocemente lo sguardo; Tom ebbe l'impulso di afferrare la bacchetta.
"Tua madre è un cucina... fatti preparare una tazza di tè...
La testa del bambino spuntò veloce da dietro la sagoma di Tom. Il padre gli sorrise, dolce come la sua voce era stata poc'anzi, e gli scompigliò i capelli, benevolo.
"Sì!"
Urlò d'un tratto il bambino, schizzando entro la porta di casa alla velocità d'un fulmine, quasi inciampando nel mantello di Tom: sparì dietro la prima curva.
Riddle e il Muggle rimasero soli, sulla soglia.

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Capitolo 3

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Il Futuro è qualcosa che si supera
Non bisogna subirlo, ma crearlo.

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Tom fissò il Muggle con crescente interesse. A giudicare dal suo comportamento non doveva mai essere stato arrabbiato col figlio... d'altra parte l'aveva appositamente spaventato, pochi attimi prima, apparendo sulla soglia come a quello che al piccolo doveva essere sembrato un orco. Certo, era chiaro: aveva voluto insegnargli a stare al suo posto. Molto astuto, si disse Tom. Voltò il capo in direzione della foresta: Ekans si era rifugiato a poche centinaia di metri dalla villa, sotto un grande masso.
Stava ancora diluviando.

"Le ha dato dei fastidi?..."
"Come?"
Tom si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri.
"Mio figlio... Le ha dato dei fastidi?..."
Ripeté l'uomo, dolcemente.
"...No".
Rispose semplicemente Tom, e poi, senza conoscerne il motivo...
"Mi ha aiutato a venire qui".
L'uomo inarcò un sopracciglio, lanciandogli occhiate sospettose. Tom cominciava a sentirsi a disagio; serrò la stretta del pugno attorno alla bacchetta.
"Sei un mago, vero?..." Domandò il padre del bambino, indicando il suo insolito abbigliamento.
Tom annuì fermamente.
"Sì: sto cercando Elisewin Plassont" Spiegò, allungando il collo verso l'interno dell'abitazione.
Sentì una voce femminile provenire dalla cucina, e il bambino che spostava una pesante sedia, prendendo posto a un'immaginaria tavola.
L'uomo si scansò dall'uscio, facendo segno a Tom di entrare; lui, dal canto suo, l'avrebbe fatto anche se il Muggle avesse cercato di impedirglielo. Il ragazzo si fermò nel centro del salotto, dove l'uomo gli disse di attendere per qualche minuto. Acconsentì.

Tom si guardò attorno, riconoscendo nell'abitazione più elementi Muggle di quanti se ne sarebbe aspettati.
"Quale spreco" mormorò, muovendo le dita sulle tele i cui personaggi non accennavano a muoversi. S'avvicinò al camino; il davanzale era pieno di foto di un bambino che giocava, solo, sulle rive del fiume. Era primavera, la neve risplendeva sullo sfondo di un prato fiorito.
vTom percepì d'improvviso il rumore di una teiera che bolle, e assaporò l'odore di biscotti appena sfornati, entrambi provenienti dalla cucina. Riportò la sua attenzione alle foto.
Pochi istanti dopo, il Muggle faceva ritorno per condurlo verso la cucina.

***

Tom rigirò più volte la tazza nelle mani, mischiando lentamente la sostanza contenuta al suo interno. Si alzò in piedi, appoggiandosi al davanzale della finestra, senza mai dare le spalle ad Elisewin, che sorseggiava il suo tè a poca distanza da lui.
"Jacques, Remus, lasciateci soli per favore".
Disse la donna, rivolgendosi al marito e al figlioletto.
"Ma..."
Provò a ribattere il bambino, che in quel momento stava ancora assaporando i suoi dolci preferiti (chocolate frogs mix) [sei una fogna! NdAngel] seduto di fronte e lei.
"Remus...".
Elisewin alzò leggermente la voce. Il bambino afferrò di malavoglia la mano tesa del padre (anch'egli piuttosto riluttante alla richiesta della donna), avviandosi poi verso il salotto. Tom notò appena lo sguardo di curiosità che lanciò in sua direzione, prima di lasciare la stanza.

"... presumo fosse destino...".
Disse a mezza voce, posando la tazza sul tavolo, vicino a quella della donna. Elisewin gli lanciò uno sguardo interrogativo.
Tom sorrise sardonico, mentre si lanciava nella sua spiegazione.

"Romulus e Remus... i mitici fondatori di Roma...".
Elisewin restò in silenzio per alcuni secondi poi, dopo aver finito anch'ella la sua bevanda:
"Il destino?... No, non credo...".
Sorrise. Tom ammutolì.
"Imprevedibile... - continuò la donna - Siamo noi a creare il nostro destino, signor Riddle, e a renderlo imprevedibile, certo... questo dovrebbe saperlo, ormai...".
Gli puntò addosso i suoi occhi di ghiaccio.
"Come fa a conoscere il mio nome?...Chiese Tom.
Elisewin restò in silenzio per alcuni secondi, poi:
"Ci sono cose che sfuggono alla sfera del destino, Tom Riddle, avvenimenti che nessuno può prevedere – o controllare. Cose che sfuggono all'umana comprensione... che Essi siano Maghi oppure Muggles... Si soffermò su quell'ultima frase, fissando Tom con un'intensità di cui solo lei era capace." ... e questo è uno dei motivi che ti hanno spinto a venire da me... non è vero, Tom Riddle?..."
Tom fece un passo in avanti, tentando di articolare una frase che avesse senso logico, ma nulla uscì dalla sua bocca. Era come se la lingua gli fosse stata strappata, e la sua mente svuotata.
Fu solo quando Elisewin trasse respiro, che Tom riuscì ad annuire, miracolosamente. Il rombo del tuono fendette l'aria, espandendo la sua luce nella piccola stanza; al fine, furono le risate a riempire il vuoto lasciato dalla sua imponenza.
Tom seguì quel vago suono, incamminandosi verso una delle stanze del piano superiore, Elisewin dietro di lui, come un'ombra corporea.
Aprì la porta.

***

Era completamente diverso.
Era completamente diverso da suo padre.
"Completamente diverso...".

Questa era l'unica cosa cui Tom riusciva a pensare, osservando il piccolo Remus Lupin giocare col padre, sul pavimento della sua stanza.
Felicità.
Questo l'unica emozione... l'unico sentimento che quella scena suscitava in lui.
Felicità... e vuoto.

Lui non era mai stato amato in quel modo.... Lui non aveva mai provato l'affetto di un padre, ma solo la pietà di un mucchio di stupidi assistenti sociali. Solo l'ignoranza dell'appartenere a una vera famiglia.

Vuoto.
Invidia.
Incomprensione.
Odio.

"Tom...?"

Flash.

Era una notte di luna piena. Stava scendendo le scale, di corsa, veloce... C'era qualcuno dietro di lui, qualcuno che lo stava inseguendo. Uscì di casa. La porta sbatté violentemente dietro di lui. Risate, poi il grido di una donna.

"Tom?!"

Si voltò. Lo vide davanti a sé solo nel momento in cui spiccò il balzo. Gli artigli gli affondarono nella carne, poco al di sotto della spalla sinistra. Cadde a terra. L'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi fu il corpo di un bambino interamente coperto di sangue, al suo fianco.

"Tom!"

Una mano gli si posò dolcemente sulla spalla. fece appena in tempo a notare lo sguardo ambiguo di Lupin e quello ansioso del piccolo Remus, stretto tra le braccia del padre, prima che la porta si chiudesse con un tonfo sordo. Abbassò gli occhi su Elisewin. La donna sembrava preoccupata.
"Ti senti bene?"
Tom non rispose, continuando a fissare la porta davanti a lui, come ipnotizzato. Elisewin non fece nulla.
"Com'è morto?"
Chiese d'improvviso Tom, senza guardarla in viso. Elisewin sospirò.
"Non ha resistito alla prima trasformazione...".
Tom si voltò, incamminandosi verso la cucina; Elisewin lo seguì senza dire una parola.