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Capitolo 8

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Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così e mi tormento.

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Tom aveva lasciato il piccolo Remus svenuto, ai margini della foresta, dove si erano da poco smaterializzati, nella speranza che non fosse d'intralcio nel suo operato.

Da quella posizione, il ragazzo poteva osservare la crescente avidità con cui l'incendio ingigantiva la sua potenza, inglobando la villa come fosse una semplice goccia d'acqua in mare in burrasca. Non avrebbe saputo dire quanto tempo le fiamme avrebbero impiegato a portare a termine il loro terribile piano – e di Elisewin ancora nessuna traccia.

Stranamente, però, non era alla strega che in quel momento erano rivolti i pensieri di Tom: era Jeanne di cui Lord Voldemort bramava notizie, il Muggle che l'aveva accolto solo poche ore prima a Little Heaven... il padre di Remus.

Riportò il suo sguardo verso il corpo disteso a pochi passi di lui. Il bambino pareva dolcemente addormentato, quando Tom sapeva perfettamente che incantesimi del sonno come quello che aveva appena utilizzato su di lui non lasciano tali libertà di sfogo - sognare. Le labbra di Remus si piegarono in un leggero sorriso, quando un soffio di vento ne accarezzò le sembianze, e le ombre degli alberi vennero proiettate al dì là della luna. "Romulus", sussurrò, ancora avvolto in quella coltre misteriosa. Tom si sentì come scosso da un fremito, ed una paura irrazionale s'impadronì di lui [1]; i suoi occhi divennero nuovamente teatro di scontro – e fu il tepore del corallo a prevalere sull'offuscato chiarore del rubino, questa volta.

Tom portò mano alla fronte del bambino, inginocchiandosi su di lui e scostandogli i capelli dalla fronte, in un inaspettato gesto d'affetto. Gli depositò un casto bacio sulla fronte, lasciando che le sue labbra assaporassero ogni istante dell'affetto che riuscirono a donare, e poi sparì, portando Ekans con sé in quello che era ormai diventato un inferno di fuoco.

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Ekans strisciava lento lungo il pavimento della casa, roteando all'indietro i piccoli occhi neri, per ripararsi dal fumo dell'incendio. Tom lo seguiva a pochi metri di distanza, bacchetta alla mano; non aveva ancora rischiato ad utilizzare la magia per soffocare le fiamme: sarebbe stato tremendamente stupido da parte sua far accorrere gli uomini che l'avevano appiccato (sicuramente complici di quelli che avevano preparato l'imboscata nella foresta), e perdere tempo con loro, prima di poter tornare ad occuparsi dei genitori di Remus.

Arrancò nel fumo e nella polvere per diversi minuti, prima di imbattersi nel piccolo corpo di Elisewin. La donna era disteso sul pavimento della camera da letto, priva di sensi, il volto teso in una smorfia di dolore.

Tom le si avvicinò lentamente, sollevandole il capo per assicurarsi respirasse ancora. Mormorò un incantesimo; Elisewin tossì, aprendo due fessure, all'altezza degli occhi.
"Vold... e... mort..." Biascicò. [2]
Tom la prese in braccio, intenzionato a portarla fuori da lì, quando intravide il corpo di Jeanne, immobile, poco oltre la porta del piccolo bagno al piano superiore. Posò Elisewin a terra, assicurandosi di proteggerla con un incantesimo Freddafiamma, prima di dedicarsi al marito. Contrariamente dalla moglie, il Muggle non sembrava dare segni di ripresa alle sue cure. Tom sentì come un peso nello stomaco.
"Un'altra prova della superiorità della razza dei maghi?..." Sorrise amaramente, mentre trascinava i due corpi al di fuori della casa.

Quando raggiunsero la distesa erbosa al di fuori della villa Elisewin era nuovamente caduta preda dell'oblio e Jeanne, libero del fumo e grato alle cure di Tom, aveva finalmente riacquistato parte del suo colorito naturale.
Una folata di vento, e le fiamme, a pochi metri di distanza, parvero farsi più dense e maestose. Tom osservò casa Plassont (una parte di lui si rifiutava di additarla come 'casa Lupin') ridursi a un cumulo di macerie, interpretandone la misera fine come quella di Little Heaven stessa: la fine del sogno di libertà di Remus – e del suo.
Calde lacrime gli scesero lungo i tratti del volto, mentre l'incendio continuava ad avanzare, contrastando coi raggi del tiepido sole mattutino.
- e l'anima di Tom Riddle cominciò a non credere più nei sogni.

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Note:

[1] Se incantesimi come quello che Voldy ha scagliato a Remus nn lasciano possibilità di 'sfogo', ovvero di sognare, allora come è possibile che il bambino, nel sonno, mormori il nome del fratello morto?... Tom viene colto da un terribile dubbio: davvero Remus, nonostante l'apparenza, vive solo di incubi, o, forse, i poteri del bambino sono così *forti* da poter contrastare perfino i suoi? In fondo, era per colpa di Remus, che lui sognava spesso, che poteri di Voldemort si stavano indebolendo (motivo per cui, tra l'altro, Tom si era recato a Little Heaven in ricerca di Elisewin).

[2] A questo punto Elisewin ha assunto piena coscienza del fatto che Tom Riddle ha cominciato a perdere la battaglia contro la parte oscura della sua anima. E' quindi inutile continuare a fingere...

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Capitolo 9

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Piange dentro il mio cuore
come piove sulla città.
Che cos'è questo languore
che mi sta penetrando?…

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Remus riprese coscienza tra le braccia di Tom, pochi minuti più tardi. Allungò la mano in direzione del volto del ragazzo, socchiudendo appena le labbra, e sorridendogli timidamente. Tom ricambiò quel semplice gesto, stringendo le piccole dita alle sue, più pallide e sottili, poi alzò lo sguardo al cielo.

Il riflesso argenteo della luna illuminava un angolo azzurro di quell'immensità, delineando Little Heaven con riflessi di speranza. Serrò le palpebre, e percepì i battiti del proprio cuore aumentare di intensità; i sibili malvagi di Ekans gli annebbiarono la mente. Riportò l'attenzione al bambino: non sembrava memore degli avvenimenti della notte precedente, ma era sicuro che di lì a poco i ricordi sarebbero riaffiorati.... Tom decise di non aspettare oltre: con un rapido gesto del braccio, sollevò il fragile corpo di Remus da terra, poggiandolo contro il proprio petto, e passandogli una mano tra i soffici capelli castani. Il bambino sembrò scuotersi a qual contatto; la mano di Tom prese a muoversi sopra la sua testa, cullandolo dolcemente con quei lenti gesti, fino a che,...

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La sfera di cristallo si era fatta completamente nera: l'inchiostro ne aveva ricoperto l'intera superficie, ed ovunque lui guardasse non erano altro che tenebre. Incurvò leggermente il capo, notando una piccola increspatura in quella superficie liscia e compatta; una strana luce azzurra ne scaturì, non appena le punta delle sue dita la sfiorarono. Remus indietreggiò, impaurito, ma subito un calore etereo l'avvolse, e l'inchiostro lo circondò, trasformando il suo corpo in un composto di nubi e polvere di stelle.

Il bambino sbatté più volte le palpebre, trovandosi di fronte a un grande specchio antico, in una stanza di pietra. Subito, gli occhi riflessi di Remus presero a vorticare e a cambiare di tono, divenendo dello tesso color del cielo, e lunghi capelli d'ebano si materializzarono in quel ritratto, riquadrando l'etereo volto di un adolescente: era lo stesso ragazzo che aveva sognato la notte precedente.

Provò a parlare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca: un serpente era legato attorno alla sua vita, e la stretta era talmente salda che quasi non gli permetteva di respirare. Guardò di nuovo di fronte a sé, allarmato: l'immagine del ragazzo dai capelli corvini era sparita, ed era un'argentea luna piena a presentarsi lui, adesso. Poi, come in un boato, quella luminosità si tinse di rubino, e poi – sussurri. Il pianto di un neonato nell'ombra, e una gelida risata ad echeggiare nella sua mente, mentre il serpente prendeva a risalire lungo i sui tratti, giungendogli infine al collo.... Un morso, un solo piccolo ed innocente morso....

E sarebbe stato suo per sempre....
Fino alla fine del tempo....
~ Risalendo alle origini della vita... fin'anche a sfiorare l'acre profumo della morte, pur senza mai cedere al suo dolce abbandono.... ~
Un solo piccolo morso... che quegli occhi non avrebbero permesso venisse dato.

Il serpente venne avvolto nelle fiamme, sibilando odio a quell'intuizione, per poi svanire in un nuvolo di polvere.
Remus prese a piangere, mentre alzava il capo in direzione dello specchio.
Il ragazzo dai capelli corvini era tornato.

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Remus respirò pesantemente, o piuttosto effettuò il suo primo respiro di neonato nel mondo, mentre Tom lo stringeva nel gelido calore del proprio mantello. Il bambino non si muoveva ancora, sospeso tra il mondo del sogno e quello della realtà, quando due sottili gocce di sale gli sfiorarono la rotondità delle guance, dissolvendosi al primo soffio di vento. Serrò le palpebre, allungando il capo in direzione di quello di Tom; tutto quello che vide quando le riaprì furono solo due orbite vuote e glaciali, che lo scrutavano come facesse parte di un universo completamente estraneo al suo. Si passò una mano sul volto; i tratti di Riddle erano tornati ad essere quelli di sempre, tiepidi ed indifferenti allo stesso tempo.

Ekans si avvicinò alle due figure abbracciate sul prato, risalendo lungo la gamba sinistra di Tom, che subito scostò da sé il corpo di Remus, lasciandolo libero alla terribile vista con cui si sarebbe dovuto confrontare.
"Mamma..." mormorò il bambino, annaspando attorno all'immagine di sua madre.
Tom lo spinse in direzione del corpo esanime della donna.
"Mamma!" Ripeté Remus, più forte. "Papà..." S'accasciò al suolo, di fronte alle figure dei genitori incoscienti, scosso da terribili brividi; nemmeno i sibili che Ekans lanciava contro di lui con la violenza del fulmine riuscirono a distoglierlo dalle sue preoccupazioni.
Tom si alzò in piedi, brandendo la bacchetta nella mano sinistra.
"Gelae" Mormorò, volgendola in direzione dell'incendio. In un battito di ciglia, le fiamme divennero del colore dell'ametista e si dissolsero in una scia di polvere argentea, preannunciando l'arrivo di un nuovo giorno.