Capitolo 8

ChaDo: questo è un capitolo molto speciale… le apparizioni continuano!

Queenie: apparizioni? A dir la verità, quella ad avere allucinazioni sei tu, Charlotte…

ChaDo: non ho detto allucinazioni!

Soren: ma le hai, ammettilo!

ChaDo: e va bene, va bene, non c'è bisogno di insisterci tanto!

Dorothy Jane: perché non inizi?

ChaDo: d'accordo… in questo capitolo, parla Neville… *inizia a leggere*

[Dove Neville fa un triste incontro]

Non mi divertivo affatto a vedere Ron e Harry nervosi, soprattutto perché se la prendevano con me, in quel tipo di occasioni.

No, non che mi picchiassero o che; le loro pressioni erano mali molto più sottili di qualsiasi pugno o minaccia.

- Neville, vai immediatamente a identificare questo Willow!

Scherzo, scherzo. Scherzano tutti, io non posso? Ma Willow lo si cercava davvero.

Willow, o come si chiamava, perché non ricordavo bene il nome del compagno di Malfoy.

- Ma Willow non è un nome da ragazza? – chiese Harry, tutto d'un tratto.

Ron mi guardò.

-Era una ragazza?

- No, no! – risposi – l'ho detto, che era un ragazzi, e aveva una voce bassa, e, e profonda!

- Può darsi che si sono sbagliati all'anagrafe e l'hanno chiamato con un nome da ragazza – ipotizzò Ron.

Certo che erano proprio ragazzi insensati, a volte, e senza Hermione, poi! Forse esagererò un po' nel dirlo, non che io sia tutto questo che alla fin fine, ma c'è sempre un limite a tutto.

- Che cosa strana – commentò Harry, pensieroso.

- Malfoy, in effetti, prenderebbe in giro un ragazzo con un nome del genere, e senza tanti scrupoli, bastardo com'è.

Puoi dirlo forte, Ron, pensai. Quello continuò.

- E anch'io, in effetti, dico, se tu ti fossi chiamato Mary Sue, invece che Harry, be'…

- Mary Sue? – fece Harry, perplesso.

- Be', anch'io ti avrei preso in giro. Sì, Mary Sue, ma anche Jessica o Cathy, se ti donano di più.

- Ho una faccia da Jessica? – mi chiese Harry, preoccupato.

Demenziale.

Pensai che no, le Jessica non portano gli occhiali, ma non lo dissi, non era proprio il caso di fare una figura di m***a del genere.

Fu invece Ron a parlare.

- Ma no, hai una faccia da schiaffi e basta.

Harry ridacchiò.

Con tutto rispetto, ma a me non pareva proprio un complimento.

Ora mi chiedo se in momenti come questi quei due potessero oltrepassare la soglia della stupidità (aggiornata ogni anno dalla McGranitt in relazione alla media di stupidità di persone come Tiger e Goyle).

- Ma riguardo a Willow, c'è ben poco da dire – riprese Ron poi – però può darsi che è un travestito.

Harry rise di nuovo.

Macché Tiger e Goyle. Quelli erano Calì e Lavanda.

- Scusate – cercai di parlare, ma fu inutile, non mi ascoltavano minimamente.

- Ma no, no, non può essere – disse poi Harry, convinto.

- E allora magari si tratta di un fantasma.

- Scusate – provai di nuovo, e intanto il mio solito mal di testa aumentava a dismisura.

- E che c'entrano i fantasmi con i travestiti e Willow?

- Allora era un soprannome!

- Sì, e Malfoy come veniva chiamato? Drackie?

- OHI! – gridai.

I due si voltarono verso di me, finalmente.

- Eh? – fecero all'unisono.

No, non c'era nulla da fare.

- Niente – dissi, sconsolato – pensavo solo che Willow poteva essere un cognome, magari. Malfoy chiama sempre tutti per cognome.

Ecco il fantasma, eccolo, avete visto le loro bocche spalancate?

Neanche a dire che sono un genio della logica, non avrei mai questa presunzione, o meglio ancora, non sarei mai così bugiardo: ve ne sarete accorti anche voi, è una cosa talmente elementare che anche il mio rospo potrebbe capire.

Ma ero stanco e scocciato di stare in mezzo a quei due.

- Scusatemi – dissi – vado in infermeria a prendere qualcosa per il mio mal di testa.

Pronti ad accompagnarmi? Certamente, come no?

Mettiamo gli amici davanti a qualsiasi problema personale e accompagniamoli in infermeria, forza!

Giustamente non c'è molto da dire, ho analizzato un po' meglio la situazione poi…

Io non ero loro amico.

Ma non per questioni di antipatia o che, no. Insomma, non siamo tutti Malfoy e Potter in questo mondo, ma semplicemente io, io solo, non ero davvero il tipo che si fa gli amici facilmente.

Ero in effetti non il massimo dell'intelligenza, né dell'attenzione, né tantomeno dell'allegria.

Un clown triste, forse.

E comunque, una persona pesante indubbio, in molte delle situazione. Posso ridere agli scherzi, sì, ma in realtà devo ridere, altrimenti verrei criticato e deriso.

Ma non ho niente da ridere, in realtà, non ho mai avuto niente da ridere.

Meglio ridere che piangere, comunque, ed a questo pensavo entrando in infermeria, già pronto a subire i rimbrotti di Madama Chips, sulla mia tendenza a farmi male da solo, e pronto anche a bollire nel brodo dei miei pensieri per un lungo tempo mentre aspettavo che l'infermiera si facesse viva.

Ma l'infermeria non era vuota. Una ragazzina biondo cenere, il capo abbassato, le gambe ciondolanti, sedeva su una sedia nella saletta d'aspetto, e quando arrivai, alzò la testa e mi guardò bene in faccia.

Sorrise debolmente.

- Ciao – disse – Madama Chips sarà qui in dieci minuti, mi sta prendendo qualcosa per la gola.

La voce, la voce era spezzata, ma non dal pianto, era una cosa strana, roca e sconnessa, e pensai che parlare così era troppo anche per dire di problemi alla gola, tanto che capii appena cosa disse.

Improvvisamente, quella voce, il volto, il sorriso, mi furono famigliari, e in modo incredibile. L'avevo già incontrata, da qualche parte. Pensiero decisamente stupido, per uno che vive in un collegio e vede sempre le stesse persone, ma in effetti non mi sbagliavo.

Ecco, l'avevo incontrata al San Mungo, durante una visita ai miei genitori.

Okay, non c'era mica bisogno di fare una così lunga pausa di requiem, ormai avrei dovuto esserci abituato.

Ma adesso la ricordavo bene.

Ero seduto davanti a lei, e questa improvvisamente interruppe il breve silenzio che si era creato dopo il mio scarno saluto.

- Come… come stanno i tuoi?

Sembrava una delle classiche domande di cortesia che tanta gente mi faceva, eppure c'era qualcosa di vero, di sentito, e faceva molta differenza per me, anche se non sapevo bene come rispondere.

- Insomma… - feci.

Vedete, non che ci fosse molto da dire davvero, né di nuovo di vecchio, tanto che le loro condizioni erano sempre state le stesse negli ultimi tredici anni.

Lei sospirò.

- Che brutta cosa – disse.

Annuii, e poi mi venne altro in mente su quella ragazzina.

Lei aveva la madre lì, non era forse vero? Sì, era proprio la figlia, le somigliava.

L'avevo vista sua mamma, io, e non stava bene davvero, non certo meglio dei miei.

Un giorno era fuori e mi si era accucciata accanto, gli occhi pieni di lacrime, l'espressione un po' vuota, un po' disperata, e allo stesso tempo così dolce, come se fosse mia madre.

Lo ricordo distintamente quell'attimo, anche se allora avevo solo sette anni.

Lei mi aveva parlato.

- Meglio non sapere mai, meglio non conoscere – aveva sentenziato, singhiozzando – meglio non ricordare… vedi che tanto dolore se ne va, se rimani ignorante.

Non sapevo cosa volesse dire, mia nonna chiamò ben presto medimaghi e infermieri a portarla via, mentre continuava a piangere.

E io che potevo dire a quella ragazzina? Non ero così capace alla fin fine nelle forme di circostanza.

Ma in quel momento irruppe nella sala un ragazzo alto dallo sguardo deciso, piuttosto seccato.

- Sorellina, vieni, devo parlarti di cose importanti.

Sì, ricordai che in effetti c'era anche un fratello. Ed era, probabilmente, proprio quel ragazzo alto e dallo sguardo deciso, con una voce bassa e profonda, una voce… quella voce!

Willow!

- Ma Orsy – protestò debolmente la ragazzina – devo prendere le gocce.

- Possono aspettare! Ti prego, Dol, seno affari urgenti davvero.

Nel dire questo, si voltò verso di me e mi guardò con fare circospetto.

Non c'erano dubbi, era sempre Malfoy, che c'era di mezzo.

La ragazzina si alzò, mi lanciò un cenno di saluto e seguì il fratello verso l'uscita.

Orsy, Dol, dovevo ricordarmelo.

Orsy, poi. Era ancor peggio di chiamarsi Willow.

Attesi solo qualche minuto nella stanzetta, da solo, poi arrivò Madama Chips.

- Paciock! – esclamò – di nuovo tu? Che hai stavolta?

Mormorai timoroso qualcosa riguardo i miei disturbi alla testa, e Madama Chips sospirò.

- Vorrei proprio capire come mai sei un ragazzo così disastrato, Paciock – borbottò.

A saperlo.

In fondo tutti lo sapevano, comunque, solo che non volevano tenerne conto.

Alla fin fine, si dicevano, anche Potter non ha i genitori, eppure, supposizioni della Skeeter a parte, è a posto.

Be', una cosa è perdere i genitori, pensai.

Un'altra, i genitori che si perdono da sé.

E non mi riferisco, ovviamente, alla società degli aspaziali della madre di Lavanda Brown.

Certo che pure qui potevano arrivarci tutti, ma magari non ci volevano pensare, e meglio per loro, hanno tutto il diritto di sorvolare. A chi piace pensare a questo genere di cose?

Una volta avevo parlato un po' con quella ragazzina, al San Mungo, e lei d'improvviso aveva detto "Mia madre non è pazza".

Ecco, dunque, pensai che in fondo la madre di quella ragazzina non era veramente pazza.

Almeno, aveva ragione.

Tanto meglio non sapere, che il dolore se ne va.

Allodola del ricordo

È il tuo sangue che scorre

È il tuo e non il mio

Allodola del ricordo

Ho stretto il pugno mio

Allodola del ricordo

Gentile uccello finito

Non saresti dovuto venire

A beccare nella mia mano

I semi della dimenticanza.

(Jacques Prévert, Sangue e piume)

[/Dove Neville fa un triste incontro]

Dorothy Jane: non mi avevi detto che sarei comparsa pure io…

Francine: devi aspettarti tutto da Charlotte… toh, ha messo in mezzo pure tuo fratello!

Dorothy Jane: poi a chiamarmi Dol…

ChaDo: tuo fratello ti chiama Dol!

Dorothy Jane: okay, ma… parlare della mia mamma…

Ray: Charlotte sempre a impicciarsi degli affari altrui!

ChaDo: be', non mi pare di aver scritto nulla di male…

Dorothy Jane: no, no… in effetti, no. Come andiamo con il prossimo capitolo?

ChaDo: prossimo capitolo… Harry convince Ron a fare la pace!

Blaise: meno male, non ne potevo più di tutti quel pianti dietro la Granger…

ChaDo: devi aspettarti di tutto, Blaise…

Fine Capitolo 8