La frase ti devo parlare ha sempre avuto il potere di sprofondare nel panico chiunque la riceva sia a voce che scritta, molto spesso dietro si celando argomenti delicati che necessitano di essere trattati con calma e tatto. Oppure, molto semplicemente, delle pessime notizie.
Tuttavia per Sasuke stavolta non era così, pur avendo ricevuto quella richiesta da Naruto tramite messaggio, era come se avesse visto il sorriso del biondo a distanza. Non c'erano motivi per temere delle cattive notizie, firme strane, avvocati, denunce o qualcosa di simile. Tra loro era nata una bellissima amicizia di quelle che il moro aveva sempre sognato sin da piccolo, quando era ancora invischiato in quella solitudine che pareva essere una ragnatela appiccicosa come colla e senza fine. Niente contrasti, nessuna incomprensione, quasi come se il mondo perfetto fantasticato dal Madara ragazzino fosse diventato realtà.
Il nostro gruppo è il mondo di sé stesso.
Sasuke era infinitamente riconoscente per quello che Naruto aveva fatto per lui durante l'estate di due anni prima, nonostante i guai che gli stava creando Temari in seguito ai contrasti con Neji e Hinata, il biondo aveva fatto il diavolo a quattro per evitare di firmargli il TSO a cui l'avvocatessa lo voleva costringere, intercedendo addirittura con il stimato e conosciutissimo giudice Hashirama.
Lo hai fatto nonostante tutte le apprensioni che attraversavi per Nagato in quel momento e a causa delle quali avevi deciso addirittura di lasciare la carica. Grazie, Naruto.
Tutti avevano trovato la loro pace e felicità, compresa Temari, accettare l'aiuto degli altri non è un disonore e finalmente anche Sasuke lo aveva capito.
No, non poteva esserci assolutamente niente di preoccupante dietro al desiderio di Naruto di parlargli, anche perché, se così non fosse stato, il biondo non avrebbe certo proposto quella splendida gelateria sul mare come luogo d'incontro.
A dire la verità so perché hai scelto quel posto, Naruto. Io detesto le valanghe di zucchero e lì fanno anche lo yogurt. Solo Sakura ha la capacità di farmi ingurgitare le peggiori schifezze del mondo!
L'amore, la famiglia, gli amici, la vita. Tutto perfetto.
Molte volte Sasuke si era interrogato su chi fosse il suo migliore amico all'interno di quel magnifico gruppo di cui faceva parte, un'esclusiva che aveva ardentemente desiderato da ragazzino senza mai averla potuta avere. Però giungeva sempre alla conclusione che questo monopolio tra di loro non c'era, non poteva esistere. Tutti erano i migliori amici di tutti in modo naturale.
Sasuke sorrise imboccando il lungomare con il suo motoscooter, tutto quello che aveva sempre desiderato adesso era lì, tra le sue dita. Non aveva più il timore di poterlo mandare in frantumi allungando la mano per prenderselo. Era lì, già suo perché semplicemente ne aveva il diritto.
Me lo merito.
Sasuke sorrise ancora lasciando che lo scintillio del sole sulle onde del mare riempisse l'ossidiana dei suoi occhi. Il vento gli gonfiava la camicia viola con il colletto sbottonato, giocava con le calde e profumate perline di legno della sua collana accarezzandogli come velluto la pelle candida. Gli venne in mente la somiglianza che aveva trovato Hinata tra quei riflessi e una distesa di diamanti. Pensare alla difficile estate di due anni prima non poteva più fare più male a nessuno, ormai.
Accedenti se Obito, da piccolo, aveva ragione rimproverando Madara per le sue fantasticherie del mondo senza dolore. Se non avessimo passato quella terribile estate io oggi non sarei qui ad apprezzare tutto questo, forse lo snobberei addirittura. Non potrei riconoscere la ricchezza che ho adesso se non avessi conosciuto il suo opposto.
Sasuke riusciva a godere di tutte quelle piccole meraviglie che la maggior parte della gente fa l'errore di considerare banali o scontate, si rendeva conto che era una fortuna riuscirci. Sentiva il solletico datogli dai ciuffi di capelli che sfuggivano dal casco mentre osservava il miracolo che Naruto era stato capace di compiere trasformando e valorizzando il bellissimo lungomare.
Durante i tre mandati del sindaco più amato che la città avesse mai conosciuto, in mezzo al giardino di tamerici che costeggiava la strada erano sorti un sacco di nuovi bar, locali all'aperto e chioschi. Sia d'estate che d'inverno erano presenti giostre e giochi per bambini di cui Akira, naturalmente, era uno dei migliori clienti, riusciva sempre a trascinare lì qualunque persona con cui trascorresse la giornata. Quel bambino era davvero irresistibile. Sempre su quella strada, Sakura era capace di scovare i gusti di granite più strani, come mandorla, cocomero, e cocco. A qualunque orario si trovava sempre musica, Sasuke aveva sempre adorato la semplicità dei tavoli disposti direttamente sull'erba, un cocktail fresco, lampadine colorate, un disc jockey e il rumore del mare in sottofondo.
Non è poi così complicata la magia.
Persino il terribile giorno in cui l'angoscia per Itachi gli aveva fatto fare l'errore di colpire Madara alla testa con uno dei suoi boken, due anni prima, era andato a parlare con Sakura in un posto come quello. A dire la verità, nonostante la situazione terribile di quella sera, a Sasuke quel bar era rimasto impresso, gli era piaciuto un sacco e, naturalmente, ci era tornato in occasioni più liete.
Grazie a Naruto era stata installata anche una grossa ruota panoramica nella piazza che si trovava circa a metà del percorso, uno spazio che era sempre stato vuoto e inutilizzato prima che arrivasse lui. Artisti di strada, giocolieri e mangiafuoco rallegravano costantemente la passeggiata. La gente che affollava la via sempre allegra e sorridente mentre curiosava tra le bancarelle dei mercatini, ce n'era davvero per tutti i gusti. Naruto aveva riportato la città alla vita come d'altronde sapeva fare con il cuore di qualunque persona incontrasse.
Sasuke era arrivato, il bel sorriso di Naruto illuminò ogni cosa mentre lo salutava con la mano dal marciapiede. Il biondo era sempre il primo ad arrivare a qualunque appuntamento organizzasse, nonostante Sasuke fosse un tipo sempre puntualissimo, Naruto era riuscito a precederlo.
Ma come fa? Parte con delle ore di anticipo?
Naruto, sempre con le sue camicie con le maniche arrotolate che su di lui non erano mai stonate, quella era azzurro intenso uguale ai suoi occhi.
Sasuke parcheggiò felice sfoderando il suo incantevole sorriso e togliendosi velocemente il casco, non doveva preoccuparsi troppo per la forma dei capelli, siccome erano freschi di parrucchiere bastava sprimacciarli un poco per rimetterli in sesto.
Naruto lo salutò tutto pimpante e con un abbraccio; come previsto dal moro, quel Sasuke, ti devo parlare non prevedeva altro che positività. Entrarono abbracciati nella gelateria fermandosi davanti al bancone colorato come un arcobaleno, le narici di Sasuke furono investite dall'inconfondibile profumo del gelato artigianale, un'allentante combinazione di latte, panna, zucchero di canna e frutta. Il moro non fu per niente stupito della gigantesca coppa di gelato che chiese Naruto, gusti mai visti: confetto, zucchero filato con una montagna di panna e figurine croccanti di cioccolato multicolore.
"Tu cosa desideri, Sasuke?"
"Ehm… yogurt e ribes."
Il moro si sentì quasi in imbarazzo ordinando, in un posto del genere, la cosa meno dolce possibile.
Peccato che tu debba evitare i dolci, Nii – san, avresti fatto i salti mortali di gioia qua dentro.
Mentre attendeva di essere servito, Sasuke si guardava intorno con la coda degli occhi, non sarebbe stato affatto meravigliato di sorprendere gente a ridacchiare a quella richiesta. Tuttavia ognuno rimaneva tranquillo al proprio tavolo, molto probabilmente Naruto aveva già completato il suo consueto giro di autografi e foto. Può darsi che fosse quello il motivo per cui il biondo arrivava sempre molto in anticipo.
Anche se scoppiassero tutti a ridere non sarebbe niente di più terribile della ghigna beffarda di Shisui e Yahiko.
Mentre si sedevano a uno dei tavoli esterni, Sasuke non poté fare a meno di notare come anche il muro esterno dell'edificio fosse variopinto.
"Allora, Sasuke, come procedono gli allenamenti?"
Il moro quasi trasalì, Naruto sembrava leggergli nel pensiero come sempre. L'immagine di Shisui e Yahiko che ridacchiano della sua poca esperienza al pattinaggio acrobatico in cui avrebbe voluto coinvolgerlo Sakura, era come se fosse stata colta dal biondo direttamente sulla sua faccia.
"Tutto a gonfie vele, Naruto. Ho deciso però di concertarmi maggiormente sul bodybuilding, lo sai quali sono le esigenze di Genma, no?" Sasuke cercava di mantenere il suo viso perfetto impassibile, ammettere davanti a Naruto di essere stato colto in castagna sarebbe equivalso ad avere uno Shisui e un Yahiko sogghignanti sempre appiccicati dietro alla stregua di angeli custodi.
"Beh, peccato. Ero qui perché avrei voluto inserire anche te e Sakura nel palinsesto degli spettacoli estivi. Ma se la metti così…" Gli occhi di oceano si assottigliarono in un sorriso mentre Naruto sgranocchiava beato i variopinti confettini al cioccolato.
Sasuke sospirò abbassando gli occhi sullo yogurt ai ribes. Tutti avrebbero partecipato a quelle serate che Naruto aveva organizzato come una sorta di festa di addio alla sua carica di sindaco. Itachi e Sai ai loro tessuti aerei, Shisui, Yahiko, Izuna e Hinata come ballerini, Sasori, Sarana, Tayuya e Deidara con le loro innegabili doti. Persino Madara stava valutando di fare una dimostrazione di Taekwondo, in fin dei conti quando eseguiva le sue mosse sembrava danzare. Sakura si sarebbe comunque esibita anche da sola. Lui sarebbe rimasto l'unico escluso e questo avrebbe autorizzato certamente Shisui e Yahiko a non dargli più pace per il resto dei suoi giorni. No, Sasuke non poteva certo perdere l'occasione per dimostrare al cugino e al marito il suo valore.
Non c'è dubbio, Naruto, il più forte sei sempre tu.
"Va bene" l'espressione di Sasuke uscì a metà tra un sorriso storto e un sospiro rassegnato "Chiederò a Itachi di darmi qualche lezione. Ci sarò anche io, Naruto."
Avrei voluto farlo anche per farmi ammirare da te, Nii – san, per renderti orgoglioso. Purtroppo questo non sarà mai più possibile.
"Tu e quell'individuo, me lo avete ucciso!"
Negli ultimi due anni Itachi si era svegliato sempre più spesso con quella frase nella mente. Non era più accaduto che avesse terribili incubi di cingoli che slittano a vuoto sul terreno e del muro che si sgretola sul cofano di un trattore. Quelle immagini tornavano a volte nei suoi sogni, si trattava comunque del giorno più brutto della sua vita, tuttavia avevano perso la connotazione altamente angosciante che in passato lo aveva fatto svegliare tra lamenti, sudore freddo e palpitazioni. Era quella frase, adesso, che sgomitava per prendere il posto dei cingoli. I primi tempi della sua nuova vita era accaduto così raramente che anche lo stesso Itachi non ci aveva fatto caso classificando l'evento come un brutto sogno qualsiasi. Poi, progressivamente, quella frase aveva assunto un aspetto ricorrente. Inizialmente l'aveva sentita pronunciata normalmente e lontano come se il suo autore si trovasse all'interno di uno sconfinato hangar, in seguito si era fatta sempre più vicina e chiara fino a suonare come un grido disperato. Era terribile, agghiacciante. Chiunque pronunciasse quelle parole era in preda a uno sconforto senza rimedio, qualcuno che considerava finita la propria vita. Nonostante Itachi non riuscisse a riconoscere la voce di quella persona e, di conseguenza, attribuirle un'identità, le giornate che iniziavano con quelle parole a rimbombargli nella testa lo lasciavano frastornato per molte ore.
Data l'evidenza che non si trattasse di un sogno sporadico, Itachi ne aveva parlato con Kisame una mattina al tavolo della colazione mentre ancora sentiva molto presente nelle orecchie l'eco di quell'urlo disperato. Il moro aveva tra l'altro azzardato l'ipotesi che potesse trattarsi della scena di un film visto molti anni prima e poi dimenticato.
"Tesoro, probabilmente si tratta della tua immaginazione. Sei stato sempre una persona molto soggetta agli incubi e questa potrebbe essere una strategia della tua mente per elaborare il trauma di quando sei stato in coma. Anche se sei molto cambiato il tuo temperamento di base resta quello di tenerti tutte le emozioni dentro. Grazie per avermelo detto." Il bacio e la carezza con cui Kisame aveva accompagnato la spiegazione data in un modo così dolce, indussero Itachi a godersi la coccola senza tornare più sull'argomento.
La tenerezza di Kisame aveva avuto una lieve sfumatura di un tagliare corto strategico. Così tenue che lo stesso Itachi era finito col metterla in dubbio.
Una volta desideravi che io mi esprimessi di più con le parole. Adesso lo faccio ma a volte sembrano di troppo.
Itachi si rese a malapena conto di stare scuotendo leggermente la testa mentre stirava le sue camicie e quelle di Kisame. Era un periodo assolutamente perfetto per tutti, Kisame era eccezionale come non lo era mai stato, sarebbe stato stupido rovinare tutto quanto con delle supposizioni molto probabilmente infondate.
Il sospiro turbato di Itachi si fuse con l'ansimare del ferro da stiro, il moro avvertì uno sbuffo di vapore caldo sfiorargli il viso. I dieci occhi delle mani su cui brillava lo smalto viola, misero velocemente e in modo ineccepibile la stoffa nella giusta posizione prima di posarci sopra la piastra bollente. Itachi adorava l'odore del cotone caldo che si levava nell'aria fuso con le note floreali del detersivo accentuate dal calore. Un lavoro come quello in estate poteva essere accettabile solo la sera e con le finestre aperte, lo scroscio dell'acqua proveniente dal giardino non riusciva sovrastare il canto dei grilli e dell'assiolo, Kisame canticchiava sommessamente innaffiando le piante.
Una verità modificata.
Kisame aveva parlato di una eventuale rielaborazione della mente dei giorni di coma. Decisamente un'esperienza altamente traumatizzante, Itachi aveva sfiorato la morte e questo lascia senza dubbio una traccia indelebile come se il corpo registrasse il rischio in ogni sua cellula. Come a dire: Sì, è vero, posso morire e adesso so cosa si prova.
Tuttavia quella frase era qualcosa di autentico. Le parole risultavano chiare e non indefinite o sfumate come accade in tutti i sogni, così come era tangibile l'angoscia di chi le pronunciava.
Se si trattava di un episodio realmente accaduto sicuramente Sasuke ne era al corrente. Itachi scosse ancora la testa, non era il caso di turbare il suo Otouto adesso che finalmente si era deciso a compiere un passo importante rendendo il suo Nii - san così felice e soddisfatto. Itachi sorrise tra sé rievocando i ricordi di due giorni prima.
Itachi aveva appena terminato il suo allenamento giornaliero ai tessuti aerei, un momento che lo faceva sempre sentire estremamente vivo. Adorava essere così vigoroso dopo una intensa sessione di sport, il sangue gli scorreva energicamente nelle vene senza più mancanza di respiro, debolezza e dolorose fitte al petto, i muscoli reagivano scattanti e con una forza mai sperimentata in precedenza. Sai era già sceso, Itachi volteggiò un'ultima volta godendosi l'ampio spazio leggero che aveva intorno, lo percepiva nella sua totalità, rispondeva come un radar a tutti i lievi rumori che Itachi emetteva. I cinque occhi pitturati di viola del piede destro afferrarono il nastro appena abbandonato da Sai, la gamba si piegò elegantemente permettendo a Itachi di arrotolarsi la seta rossa intorno alla coscia magra ma tonica. Il tenue profumo del borotalco che si applicava sulle mani per avere una presa migliore entrando in contatto con Sai. Delizioso. Itachi permise alla seta di srotolarsi lentamente intorno alla coscia per scendere, sentiva i capelli sollevarsi lievi nell'aria. A circa due metri da terra, Itachi si sentì afferrare da due braccia solide ma delicate al tempo stesso. Lo riconobbe all'istante dal profumo e dalla pelle vellutata. Un gesto affettuoso e aromatiche perline di legno.
"Grazie, Otouto" sorrise Itachi mentre il fratello lo posava a terra.
"Mi dispiace, Nii – san."
"Per cosa?" La voce di Itachi suonò amorevole mentre cingeva la vita del fratello con un braccio.
Lo sguardo a terra e l'imbarazzo di Sasuke non sfuggirono al maggiore: "Per essermi arrabbiato con te quando mi hai proposto di darmi una mano con gli allettamenti ai pattini. Perdonami ma Shisui e Yahiko mi avevano fatto perdere le staffe."
"Lo so, sono terribili quei due quando ci si mettono" Itachi rise sinceramente divertito "Questo significa che accetti il mio aiuto?"
"Non posso non farlo" Sasuke risollevò lo sguardo rincuorato "Naruto vorrebbe inserirmi nel palinsesto dei suoi spettacoli di addio."
"Questo è il mio Otouto" Itachi lo abbracciò forte al colmo della gioia.
"Allora farai volare Zia Saku!" la vocina squillante di Akira mentre zampettava allegramente verso di loro. Quel furbacchione aveva ascoltato tutto il discorso senza farsi notare.
"Sì, hai tanti zii volanti e molto bravi, hai visto?" Sasuke lo prese in braccio ridendo.
"Voglio volare anche io!"
"Ti insegnerò appena sarai più grande" Itachi lo baciò sulla fronte.
"Nii – san, quando cominciamo?"
"Subito. Sei talmente scansafatiche che volevi aspettare ancora, Otouto?"
Così fu per la felicità di Akira che ebbe l'onore di essere il loro primo spettatore. Batteva le manine ogni volta che vedeva Zio Tachi saltare e volare. Rideva ogni volta che Zio Sasu lo faceva schiantare di sedere per terra. Dopo circa un'ora Akira era letteralmente a bocca aperta, quei due erano già quasi perfetti.
"Fortunatamente sei velocissimo a imparare, Otouto, così evito di tornare a casa pieno di lividi. Ma sappi che da domani il mio ruolo è finito, ti metti i pattini e sali su quella piattaforma."
La risata più fragorosa di tutte Akira la fece vedendo Sasuke sbiancare.
"Ti adoro quando sei sudato."
Il sussurro soffiato nell'orecchio tirò fuori Itachi dal bellissimo ricordo. Il respiro bollente di Kisame fu sostituito dalle labbra carnose che si posarono sul collo del moro. Itachi si sentì sfilare il ferro da stiro dalle mani, subito dopo il suono della spina che usciva dal muro. Le grosse e delicate mani del marito spostarono la lunga coda di capelli corvini sulla spalla destra di Itachi, le labbra tornarono a lasciare piccoli baci sul collo fine mentre le braccia di Kisame cinsero completamente il corpo magro e tonico di Itachi. Il moro mandò un lieve mugolio godendosi il piacere inaspettato, reclinò la testa per rendere i movimenti più agevoli a Kisame. La bocca bollente di Kisame si posò sulle scapole bianche che l'ampia canottiera grigia di Itachi lasciava scoperte, il moro barcollò sentendosi infiammare il bassoventre.
"Kisame…"
Itachi ansimò mentre il marito gli sfilava la canottiera lasciandolo solo con addosso i pantaloni aderenti di cotone neri e la collana regalata da Sasuke. L'abbraccio si sciolse per pochi secondi mentre Kisame si denudava il busto possente a sua volta. Le mani di Kisame, decise ma garbate, fecero voltare Itachi per averlo di fronte e iniziare a baciarlo, il vellutato labbro inferiore del moro fu leggermente mordicchiato. Di un eccitante pazzesco. Il respiro di Itachi aveva sempre avuto un profumo inebriante, Kisame tremò di desiderio, il moro si sentì premere l'erezione di roccia del marito improvvisamente sul ventre. Le mani di Itachi sulle spalle larghe di Kisame a seguire ogni forma dei muscoli d'acciaio rivestiti di quella fantasistica pelle levigata, spessa e leggermente gommosa.
"Itachi…"
Le mani di Kisame scivolarono sulla vita e sui fianchi del moro fino ad arrivare ad afferrargli i glutei resi perfetti dallo sport. Kisame quelle natiche le ghermì caricandosi in braccio Itachi. Il moro rise mandando un'esclamazione divertita, subito dopo tornò serio sentendo il suo sesso entrare in contatto con gli addominali di Kisame attraverso la stoffa dei pantaloni attillati, la scarica di intenso piacere gli fece inarcare la schiena mentre allacciava le gambe slanciate al busto di Kisame.
"Dove mi porti?" ansimò Itachi sulla bocca del marito.
"A toccare il cielo con un dito."
Con lo sguardo adorante, Kisame iniziò a baciare Itachi senza più staccarsi mentre si incamminava in direzione della camera da letto, non aveva bisogno di guardare, ormai conosceva ogni centimetro della casa a memoria. Itachi si scioglieva, era estasiato dalle forti braccia di Kisame che gli sorreggevano il sedere senza cedere di un millimetro.
Kisame posò Itachi seduto sul cassettone davanti al letto, iniziò a sfilargli i pantaloni neri come se scartasse un pacco regalo, mentre la pelle delle gambe del moro veniva alla luce gli occhi di Kisame brillavano. Si tirò dietro anche i boxer liberando il sesso teso di Itachi. Kisame si inginocchiò sul pavimento, accarezzando la tutta la lunghezza delle gambe sottili e aggraziate di Itachi con entrambe le mani, posò le labbra sul sesso del marito. Itachi mandò un gemito sentendosi girare la testa, si appoggiò con la schiena allo specchio dietro di lui facendo traballare l'immagine. Posizionandosi le cosce di Itachi sulle spalle, Kisame gli afferrò i fianchi iniziando a baciargli ritmicamente e delicatamente la punta del pene. Itachi si sentì impazzire di piacere, ansimava forte con le guance arrossare e in capelli che gli scendevano sulla spalla destra; i dieci occhi dei piedi scalzi sfioravano le natiche muscolose di Kisame, i dieci delle mani accarezzavano i capelli blu oltremare. Quando Kisame iniziò a sentirsi le labbra bagnate dalle prime goccioline di piacere di Itachi, senza smettere di concedergli i suoi eccitanti baci si fece strada con la mano destra tra le natiche sode del moro. Le dita iniziarono a preparare l' apertura bollente, prima massaggiando e poi iniziando ad entrare in quell'incendio che Itachi sembrava avere all'interno. Sentendo che il corpo di suo marito era diventato morbido come burro, Kisame si alzò in piedi spogliandosi completamente. Afferrandolo dai fianchi, fece scivolare il sedere di Itachi fino a portarlo nel vuoto, iniziò a sostenerlo con entrambe le mani mentre il moro gli allacciava di nuovo le gambe alla vita. Kisame scivolò lentamente sopra il corpo di Itachi, si soffermò a lasciargli teneri baci sulla cicatrice che aveva al centro del petto ormai sbiadita e mimetizzata tra le forme dei pettorali appena accennate, Itachi non era robusto e non lo sarebbe mai diventato nonostante gli allettamenti. Il calore avvampò sulla pelle del moro, adorava quel dolce gesto che Kisame faceva spesso. Kisame ricominciò a risalire, nello stesso momento in cui le loro bocche si toccarono entrò anche dentro il corpo di Itachi. Kisame gemette nella bocca del marito mentre le vene del collo gli si gonfiavano nel piacere. Le mani di Itachi abbarbicate alle spalle di Kisame. Quelle di Kisame reggevano il sedere si Itachi tenendolo bene attaccato al suo corpo.
I movimenti erano dolcissimi, Itachi manovrava leggermente il bacino tenendo Kisame dentro di sé e strofinandogli il sesso sulle forme degli addominali. Kisame si sentiva avvolto dall'intenso calore di quel corpo perfetto e flessuoso. La stanza fu invasa solo dai loro sospiri e dal lieve scricchiolio del legno. Kisame si sentì tremare addosso il corpo del marito, subito dopo il suo piacere gli colò sulla pelle.
"Amore mio…"
Kisame si liberò dentro di lui fremendo forte e ansimando nell'incavo della clavicola sporgente di Itachi. Baciò quella parte del corpo del marito che adorava prima di riadagiare le sue natiche di nuovo sul legno. Restarono abbracciati finché il loro respiri non tornarono regolari.
"Ti amo, Kisame."
Il viso di Itachi appoggiato sul petto di Kisame, il quarzo opalino, l'unico oggetto che adesso indossava, trasmetteva la sua sensazione di fresco alla pelle di Itachi.
Ho paura adesso che cambi qualcosa. Non deve, è tutto perfetto. Lotterò per impedirlo.
"Ti amo anche io, Itachi."
