Acqua dal cielo
acqua dagli occhi.
Acqua davanti a me,
piccolo lago che avvolge la pioggia.
Chi accoglierà il mio dolore?
Non guardatemi
questa stranezza è la vostra natura,
non badate a me
voi che nascondete le lacrime sotto false risate
o le affogate
la sera, seduti sotto le stelle
tra le luci di una strada.
Quel raggio di sole che buca il coperto
fa brillare tutta quest'acqua
di una luce più intensa
di quella di un giorno sereno.
Illumina le gocce
con la promessa
di asciugare quelle che scorrono sul mio viso.
Non voltatevi,
non badate a me
perché anche io sono acqua
e come lei trasparente.
Non fermatevi
quello che vedete sul mio viso
è solo acqua,
l'acqua del dolore.

"L'acqua del dolore" di Shisui Uchiha.

C'era stato un tempo un cui Konan aveva creduto di avere il diritto di piangere solo nascondendosi. Infinite volte si era lasciata andare solo sopo aver messo il viso sotto la pioggia o essersi tuffata nel mare. Le capitava quando, bambina e adolescente, era stata costretta a tenersi per sé le iniziative, le proposte, l'entusiasmo esplosivo della giovinezza, ma soprattutto, le emozioni negative al fine di evitare le sempre esagerate reazioni della madre. Se all'epoca Konan nascondeva i propri sentimenti perché considerati una sorta di fine del mondo dalla famiglia, adesso sentiva la necessità di farlo per non ferire le persone che non avevano colpa. Pur volendole innegabilmente bene, non avrebbero potuto fare niente per aiutarla, non esisteva soluzione per quel problema, il solo risultato sarebbe stato quello di turbarle e rattristarle ingiustamente, soprattutto Neji. Dal momento che solo una macchina del tempo avrebbe potuto risolverle la situazione, ancora una volta era meglio tenersi ogni cosa per sé.

Quando l'acqua del dolore si mescolava con quella della pioggia, del mare o della doccia, chiunque dall'esterno non avrebbe notato la differenza. Konan provava un immenso sollievo in quei momenti, gli unici in cui non era costretta a mandare giù la sofferenza come una medicina amara e con solo gli effetti collaterali.

Quasi io fossi contenta di piangere. Come se mi piacesse.

Prese coscienza, ancora una volta, di come il silenzio forzato le avesse fatto desiderare quelle occasioni in modo insano, era arrivata addirittura al punto di ricercarle e programmarle.

Non avrebbe saputo dire da quanto tempo stava lì con la fronte appoggiata alle piastrelle bianche e lisce, l'acqua del rubinetto scrosciava intorno a lei mimetizzando e portandosi via quella del dolore. In mezzo alle piccole nuvole di vapore erano presenti entrambe fuse insieme.

Hai ancora valore adesso che sei libera? Il dolore te lo porti dietro o lo lasci sulla terra?

Le punte dei capelli blu elettrico, schiacciati dall'acqua, le gocciolavano sul viso e sul collo confondendo le lacrime, il fatto che la doccia fosse calda svolgeva un efficace camuffamento anche sulla temperatura. L'acqua del dolore è tiepida. Avrebbe risistemato con cura il caschetto bombato vagamente in stile anni Sessanta e il trucco per essere di nuovo impeccabile almeno esternamente, ma per adesso no. Ora era libera di immergersi anima e corpo in quella tristezza che, in un modo o nell'altro, lei era sempre stata condannata a considerare un tabù. Le mani premute sulle mattonelle ai lati del viso, la fede e l'anello di giada bianca che teneva al medio destro non li toglieva mai, così come il piercing a pallina sul labbro inferiore, erano anni che tutti i gioielli non si muovevano dal suo corpo. Sulla punta dei gomiti si erano formate due cascate, quasi lei si fosse tramutata in una statua in attesa di essere lentamente consumata dall'erosione, come accade nelle fontane dopo tanto tempo.

Se fossi di marmo almeno non soffrirei. Non avrei desideri. Non sognerei.

La pelle della schiena era talmente liscia e levigata che pareva tornare subito asciutta una volta abbandonata dai rivoli storti che la percorrevano in modo casuale. Soffocare i singhiozzi faceva parte di quelle cose che Konan aveva dovuto assolutamente imparare e oltretutto velocemente, le lacrime si potevano anche nascondere ma i suoni no.

Tra tutto il trasparente che la avvolgeva, però, esisteva qualcosa di colorato. Era quella la ragione della disperazione della donna. Il rosso.

Le macchiava leggermente la pelle bianca all'interno delle cosce, Konan non aveva il coraggio di guardare l'ennesima rinuncia del suo ventre. Era vuoto, ancora una volta.

Scusa. Era questa l'unica parola che la mente di Konan riusciva ad elaborare.

Avrebbe voluto chiedere perdono a Neji per non essere stata capace di dargli quello che stavano desiderando ardentemente e progettando da quasi due anni con infinite speranze.

Avrebbe voluto chiedere scusa ad Akira, era anche per causa sua che qual bambino stava crescendo in mezzo ad un gruppo di soli adulti. Non gli mancava niente, aveva tutto l'amore e le attenzioni del mondo, ma era come se fosse il figlio unico di tutti e Konan sapeva benissimo cosa significasse svilupparsi senza l'alleanza di un fratello o di una sorella. Come fosse difficile ascoltare e capire le parole dei grandi, a quell'età, senza nessuno con cui parlare di quelle che, invece, sarebbero state piacevoli e interessanti.

Avrebbe voluto discolparsi con i genitori per averli condannati a non conoscere mai il vero significato della parola nonni. Con l'età si erano ammorbiditi, non erano più severi e rigidi come una volta e avrebbero avuto tanto da dare.

Quanto a sé stessa, era combattuta tra il fustigarsi per aver permesso agli anni di trascorrere invecchiando senza combinare niente di buono, e l'essere indulgente con quella ragazzina che aveva avuto una vita tanto difficile.

Eppure appena due giorni prima, in quello stesso posto, la fiamma della speranza era arsa al massimo del suo vigore. Konan alzò la testa per prendersi il getto direttamente in faccia, come se questo potesse spazzare via gli ultimi rimasugli di quel bellissimo giorno andato in frantumi. Quella era una donna diversa, impossibile che fosse lei. Non può accadere di schiantarsi così in basso in poche ore, è completamente fuori da ogni logica.

I bellissimi occhi di Neji erano apparsi ammorbiditi dalla cornice dell'acqua nebulizzata, sembravano composti dello stesso materiale di un limpido fondale marino. Lo scroscio era freddo dato il caldo e visto che non aveva niente da mimetizzare. Konan non se lo aspettava di certo, avevano fatto l'amore appena un quarto d'ora prima e lei era lì per togliersi il sudore dalla carne ancora bollente. La donna sorrise a quella bellissima e inaspettata sorpresa del marito scoprendo i denti di perla e perfetti.

"Sei straordinario" commentò Konan allacciando le braccia al collo fine del marito.

"Sei tu quella eccezionale, non lo vedi che effetto mi fai?"

Neji fece un passo avanti permettendo che l'acqua gli inzuppasse i lunghi capelli, si strinse Konan al corpo iniziando a baciarla mordicchiandole il piercing. Avvertiva i seni prosperosi e turgidi premuti contro il petto, i capezzoli talmente eccitati da essere di pietra. Le mani di Neji seguirono la rara forma a clessidra della moglie fermandosi sui fianchi morbidi.

Konan avvertì l'erezione del marito farsi ancora strada, le sfiorava l'ombelico, una posizione casuale ma che ebbe il potere di incendiarla come un fiume di lava. I capelli bagnati di Neji le si appiccarono alle braccia mentre lui la spingeva verso le piastrelle. Niente di forzato solo perché desideravano un figlio, avveniva come se fosse la prima volta per entrambi.

Tu sei ancora giovane, io no. Spero che anche per te lo spirito conti di più dei documenti.

La schiena e le natiche di Konan si attaccarono al freddo delle mattonelle, la pelle di Neji, resa fresca dall'acqua, la premeva dolcemente sul ventre. La donna gemette sentendo le dita del marito farsi strada dentro la sua carne ardente, lo penetrò anche lei con le mani ben curate dopo avergli accarezzato le natiche di marmo mantenute perfette dai quotidiani allenamenti.

Konan non era più costretta a reprimere le idee e le iniziative adesso, Neji gradì quella novità notevolmente stimolante, mandò in sospiro deliziato senza smettere di baciare la moglie. La sua erezione ebbe una scarica improvvisa che non sfuggì alla pelle di Konan, con la mano libera iniziò a massaggiarla mentre avvertiva i muscoli di Neji iniziare a fremere. Stava diventando più bello adesso di quando avevano fatto l'amore comodamente stesi nel letto poco prima.

La donna si sentì afferrare saldamente dalla vita sottile, concedendole ancora un bacio Neji la fece voltare. La bocca del marito non interruppe il contatto con lei spostandosi ora sulla sua nuca. Konan si sentì la coscia destra artigliata e sollevata verso l'esterno, sentendo aumentare la pressione del bacino del marito, si alzò istintivamente sulla punta del piede sinistro inarcando la schiena. L'incastro perfetto dei loro corpi li rese automaticamente uniti. Konan chiuse gli occhi di ambra mandando un gemito, la guancia sul freddo delle piastrelle, i palmi delle mani premuti sulla parete. Si abbandonò competentemente ai gesti del marito che la teneva ben salda dalla vita. Gli affondi dentro la sua carne erano energici, la loro pelle impattava ritmicamente facendo capire ad entrambi quanto fosse invitante il caratteristico suono. Quella posizione mai sperimentata prima li fece sentire entrambi estremamente vivi. Konan si scoprì a sorridere ad un passo dall'orgasmo.

Quando l'amore è vero non può non lasciare un segno.

Un gemito più acuto e le morbide contrazioni che Neji avvertì intorno al suo sesso, lo lasciarono libero di salire fino in cima la scalinata del piacere per raggiungere la moglie. Poi le permise di posare di nuovo il piede destro a terra e scendere dalla punta del sinistro.

"Meraviglioso…" mormorò Neji traballando sfatto dalla passione mentre Konan si girava di nuovo per abbracciarlo.

Il segno, invece, non era rimasto.

Non sono più buona a nulla.

La Konan del presente premette più forte la fronte sulle mattonelle desiderando di scomparirci dentro.

"Tesoro, sono tornato" la voce di Neji dal salotto.

Il tono era sereno, segno che il servizio fotografico che aveva in programma con la cugina Hinata era andato a gonfie vele.

"Arrivo subito." Konan rispose sorridendo per camuffare le lacrime anche nel suono della voce.

Chiuse il rubinetto, l'acqua mandò un sibilo acuto arrestandosi. Era finito il suo diritto di piangere. Konan uscì dalla cabina di plastica afferrando gli slip e applicandoci un assorbente, i suoi gesti non potevano essere rassegnati come avrebbero voluto, non poteva permettersi di distruggere la gioia e il meritato successo di Neji. Infilò l'accappatoio bianco stringendosi i capelli bagnati in un asciugamano, uno sguardo veloce allo specchio per sincerarsi di non avere gli occhi rossi. Una lieve passata di mascara ed era di nuovo pronta per la vita.

Nella palestra di Kisame non volava una mosca mentre Sasuke si avvicinava alla piattaforma circolare del pattinaggio acrobatico su cui lo stava aspettando Sakura. Il moro scivolava sulla pista in parquet assolutamente sciolto, elegante e sicuro di sé. Il body da allenamento blu gli lasciava scoperto praticamente tutto il corpo di marmo e perfetto. La moglie lo attendeva con l'abito di scena rosso scuro e cosparso di paillettes molto brillanti, ad ogni movimento sembrava mandare il fulgore di uno strato di polvere di diamanti. Il body attillato sovrastato da una corta gonnellina trasparente e leggera, la manica destra lunga mentre la sinistra era assente, la spalla su quel lato scoperta. Gli occhi verde smeraldo scintillanti di orgoglio nei confronti del marito. I capelli rosa tenuti in ordine da una fascia ottenuta dallo stesso materiale del vestito, era stretta, segno che le acrobazie in cui stava per cimentarsi avrebbero avuto una certa potenza. Il trucco vistoso ma senza essere esagerato, rossetto rosso, ombretto dello stesso colore sfumato con il nero a conferirle uno sguardo da gatta. Nonostante non fosse il suo stile abituale, si era preparata completamente da sola davanti allo specchio dello spogliatoio.

Nii – san, sia i frutti del tuo impegno con me che questo tripudio di bellezza non potranno mai deliziarti. Mi dispiace.

Quel pensiero inchiodò Sasuke sul parquet per pochi attimi, Sakura fu l'unica a notarlo, dischiuse leggermente le labbra. Il moro si riprese all'istante, raggiunse Sakura sulla piattaforma prendendole entrambe le mani. Si sorrisero guardandosi a vicenda negli occhi.

Dal momento che Shisui e Yahiko quel giorno parevano due statue di cera, dovette muoversi Sai per andare ad accendere lo stereo pronto con la colonna sonora dell'esibizione. Passò davanti ai due sorridendo di sottecchi.

Akira, in braccio a Nagato, mandò un gridolino eccitato mentre smetteva di giocherellare con le punte dei capelli rosso vinaccia, batté le manine contento sentendo le prime note ritmate di Maniac, il celeberrimo brano di Michael Sembello.

La velocissima rotazione di Sasuke e Sakura partì priva di esitazioni, senza slacciare le mani, la ragazza inserì le gambe magre all'interno delle braccia di Sasuke volando a testa in giù. La scena andava curata in ogni dettaglio e non poteva mai mancare il sorriso, quello di Sakura splendette di più delle paillettes sull'abito.

Esclamazioni di sincero stupore, il roboante applauso di Choji fece tremare letteralmente le finestre. Con altrettanta agilità, Sakura posò di nuovo i piedi a terra rimettendosi dritta, attese la fine della rotazione per fermarsi a prendersi gli applausi dei presenti sempre tenendo Sasuke da una mano, sorrideva anche lui.

Seconda rotazione, ancora più veloce della prima, questa volta Sakura intrecciò entrambe le gambe al braccio sinistro di Sasuke affidandosi alla forza centrifuga crescente.

"Fantastico!" esclamò Obito abbracciando Rin "Il pulcino ce l'ha fatta!"

Le mascelle di Shisui e Yahiko parevano voler cadere in terra da un momento all'altro. Applausi ancora più fragorosi al termine della figura, sorrisi ancora più smaglianti da Sasuke e Sakura.

Sempre più complicato, stavolta Sakura le caviglie le allacciò direttamente al collo di Sasuke, le mani dei due si staccarono completamente mentre lei volava.

"Sublime…" Madara, nella sua divisa da Taekwondo, si lasciò sfuggire la parola in un sussurro udibile solo da lui stesso.

Altro boato di applausi, Shisui e Yahiko sembravano ormai diventati di pietra.

"Ora ammirerete l'esercizio finale" disse Izuna mentre Hinata consegnava ai due acrobati una morbida corda rossa dotata di due ganci.

Ancora silenzio assoluto mente Sasuke e Sakura formavano due cappi intorno al loro collo. Partirono, le mani allacciate finché la velocità non divenne davvero elevatissima, così rapidi che l'immagine si sfumò davanti agli occhi dei presenti, solo lo scintillio dell'abito di Sakura rimase ben nitido. Nessuno fiatò nel momento in cui Sakura, privata della presa delle mani di Sasuke, unì le gambe iniziando a roteare rapidissima su sé stessa appesa unicamente dal collo.

"Incredibile, sono più esplosivi di me!" esclamò Deidara con gli occhi sgranati stringendo Karin così forte da farle quasi male, la rossa afferrò al volo gli occhiali prima che rovinassero a terra.

I complimenti sembrarono scoperchiare l'edificio solo dopo che Sasuke e Sakura si furono tolti trionfanti la corda rossa dal collo. Li udirono distintamente persino dalle vicine abitazioni. Yahiko ancora pietrificato, Shisui che cercava di disintegrare la pietra in cui si erano trasformate le sue braccia per applaudire il cugino, silenzioso e con la mascella ancora molle.

"Itachi, devo ammettere che hai compiuto un vero e proprio miracolo" si complimentò Naruto abbracciandolo "Loro saranno il pezzo forte della mia festa di addio."

"In realtà il prodigio è tuo" sorrise il moro "Come hai fatto a convincere Sasuke?"

"Diciamo che l'ho colpito nei suoi tasti più sensibili" il biondo sogghignò massaggiandosi la nuca con il braccio destro.

Itachi sorrise ancora intuendo che uno dei tasti sensibili di Sasuke aveva soffici boccoli neri mentre l'altro era pieno di piercing.

"Naruto, sarai sempre il fuoriclasse delle chiavi."

A parte Yahiko, un'altra persona non era riuscita ad unirsi all'applauso finale. Kisame, dopo aver seguito tutta l'esibizione restando in disparte sulla soglia della sala del bodybuilding, si era sentito definitivamente scendere il cuore sotto terra vedendo Itachi sereno applaudire il fratello insieme a Naruto. Si lasciò cadere sconsolato sulla sedia momentaneamente lasciata vuota da Karin, la testa tra le mani. Gli occhi gli bruciavano, se fosse scesa una lacrima adesso non sarebbe riuscito a trattenerla.

Avrei voluto vivere questa gioia con te, e anche Sasuke. Sono stufo di vederti condividere le emozioni solo perché sei empatico e altruista. Cosa ti rimarrà del successo di tuo fratello, Itachi? Nient'altro che buio. Da ora in poi proverai qualcosa solo perché trascinato da altri, non sarai più tu il primo a iniziare. Quanto va perso di te in tutto questo? Quanto lasci per la strada di ciò che eri destinato ad essere senza nemmeno rendertene conto?

Era assurdo non poter palare dei turbamenti con il proprio marito. Non perché Itachi non sarebbe in grado di comprendere, ma Kisame si rendeva conto che affrontare questo discorso con lui sarebbe stato ingiusto, avrebbe rischiaro di ferirlo inutilmente per puro egoismo.

Esisteva però un'altra persona empatica e comprensiva almeno quanto Itachi, qualcuno che Kisame conosceva da molto più tempo.