Standard disclaimers: Sono nel primo capitolo.
Introduzione dell'autore: Ciao a tutti e grazie ancora per essere qui, Un grazie particolare a Mary e ad I-Chan, per le tue entusiastiche review. Per rispondere alle tua domanda non sto seguendo il manga, perchè onestamente non mi è piaciuto per niente e ho smesso di leggerlo dopo tre battute. Sto effettivamente seguendo la scneneggiatura dell'anime, anche se ogni tanto sono costretta a qualche piccola licenza (che prendo a causa di 'buchi' nello script originale che mi sforzo di riempire, non so con quali risultati). Non ho una memoria formidabile, perciò uso le cassette che ho pazientemente registrato quando è stato trasmesso in TV. (Non ho neanche il lettore di DVD, perciò puoi smettere di invidiarmi ^_~).
Con questo ho detto tutto, Ora buona lettura!
Avvertenze: Nessuna.
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Ep. 1, Par. 6: "Piacere di conoscerti, Heero."
By Darkwing
Spazio aereo federale
Per il momento, Treize aveva ordinato di ignorare quanto era successo e gli aveva detto di tornare a concentrarsi sui suoi compiti ordinari, senza gettare scompiglio o generare allarmismi. Il tenente-colonnello Zechs Marquise era abituato a non mettere in discussione l'autorità del capo di OZ, perciò era diligentemente tornato sulla sua corazzata ed aveva continuato a pattugliare lo spazio aereo che gli era stato assegnato, come se nulla fosse mai accaduto.
Questo tuttavia non gli aveva impedito di provare una personale curiosità per l'incontro del giorno precedente.
Del resto non considerava una disobbedienza il fatto di essersi procurato le registrazioni in possesso del Servizio Segreto senza che gli fosse stato esplicitamente ordinato di farlo. Anzi, dal suo personale punto di vista si trattava di un suo preciso dovere, dato che presto il gioco sarebbe passato nelle sue mani. Conoscere l'avversario che ci si preparava ad affrontare era la prima regola che qualsiasi buon soldato avrebbe dovuto seguire per avere successo nelle proprie missioni.
Non aveva mai creduto che un esercito efficiente dovesse essere costituito da individui ignoranti, unicamente addestrati all'ubbidienza cieca e relegati al rango di semplici macchine da combattimento. A suo avviso l'arma più preziosa ed efficiente in possesso dell'uomo era la mente e nessuna macchina, per quanto sofisticata, avrebbe mai potuto sostituire l'intelligenza e lo spirito combattivo di un uomo.
Assorto nei propri pensieri, si avvide solo allora del discreto sguardo interrogativo che Otto gli stava riservando da alcuni minuti.
Sorridendo comprensivo, Marquise si alzò e si accostò alla postazione di pilotaggio.
"Dai un po' un'occhiata qui." Disse, lasciando cadere un plico tra le mani del secondo pilota.
Il tenente Meyers inserì il pilota automatico e si spore per osservare le fotografie che il suo compagno stava già osservando allibito.
"Non vi sembra simile a quello che abbiamo incontrato ieri?" Riprese Marquise, indicando un mobile suit bianco rosso e blu, immortalato tra le spire fumanti della portaerei che aveva appena sfondato con un potente braccio articolato.
"Ma...cos'è?" Chiese Meyers con occhi sgranati.
"Si chiama Gundam". Spiegò l'ufficiale superiore. "Queste foto ci sono state inviate da una coppia di ricognitori che stava sorvolando la zona durante l'attacco."
Dopo un'impercettibile esitazione proseguì in tono più grave. "I velivoli sono stati abbattuti dall'unità nemica in questione pochi istanti dopo."
Marquise lasciò che i due piloti assorbissero il concetto. Quando vide i loro volti pallidi e il loro sguardo fisso sulle fotografie, proseguì il proprio resoconto. "E non è tutto. Non abbiamo registrazioni dettagliate come queste, ma abbiamo ricevuto informazioni secondo le quali una fabbrica di mobile suit nel settore nordamericano, lo spazioporto di Dover, e una squadra di Leo impegnata in una missione di recupero nel settore medio-orientale, siano stati completamente annientati da unità non identificate simili a questa."
Il giovane secondo pilota non poté trattenere un'esclamazione di sorpresa. "Cosa? Ma ciò significa che ci sarebbero quattro Gundam sulla Terra!"
"Cinque." Corresse Marquise. "Dobbiamo contare anche quello che abbiamo abbattuto noi ieri."
"Ma come? Cinque Gundam?" Zechs notò che Meyers era tanto sorpreso da non riuscire a capacitarsi di quanto vedeva. Naturalmente non poteva dargli torto. Lui stesso aveva stentato a credere ai propri occhi quando aveva letto i rapporti. Come le colonie avessero potuto tenere nascosto un progetto simile per tutto quel tempo aveva dell'incredibile, ma dopotutto a lui personalmente non dispiaceva che l'Intellicence della Federazione avesse fatto una simile brutta figura.
"Esatto, Otto, cinque Gundam. E a quanto pare noi possiamo anche considerarci fortunati per essere sopravvissuti ad un incontro ravvicinato con uno di loro." Disse con un sorrisetto sardonico. "Sembra proprio che chi vede un Gundam sia destinato ad una fine prematura. Potrebbe essere una bella leggenda moderna!" Scherzò cinicamente.
I due piloti ammutoliti rimasero impalati quando il loro superiore raccolse nuovamente gli incartamenti e tornò a sedersi al proprio posto con la grazia silenziosa che contraddistingueva ogni suo movimento.
Marquise chinò nuovamente lo sguardo sulle fotografie e si concesse un arrogante sorriso. Non aveva mai creduto alle leggende. Le cose erano andate in quel modo solamente perché i ribelli avevano potuto contare su un prezioso elemento sorpresa. Si era già confrontato con uno di loro ed era sopravvissuto. In fondo, per quanto sofisticati, i Gundam erano semplici macchine e i suoi piloti semplici uomini.
Lo spirito ardente che si nascondeva dietro la sua apparente calma ponderata gli mandò un brivido di eccitazione a correre lungo la spina dorsale. Confrontarsi nuovamente con loro sarebbe stata una sfida molto stimolante. Una sfida che ancora una volta, naturalmente, avrebbe vinto.
* * * * *
St. Gabriel Academy
La fresca brezza dell'autunno aveva cominciato solo da qualche giorno a spazzare le cime degli alberi ancora verdeggianti che circondavano il parco dell'istituto. L'esclusivo collegio ecclesiastico, dove i figli degli uomini più ricchi e potenti della terra potevano attendere alle loro lezioni, era perciò ancora immerso nel fulgore lussureggiante dell'ampio parco che lo isolava dal resto del mondo. In questo modo, in una cornice raffinata e protetta, i ragazzi e le ragazze che frequentavano l'Accademia potevano godere di tutta la pace e la tranquillità che serviva per affrontare con la giusta concentrazione l'impegno che veniva loro richiesto.
Nelle intenzioni del fondatore, l'Accademia era stata creata appositamente per plasmare le menti dei giovani che un giorno avrebbero dovuto prendere nelle loro mani le redini del mondo, perciò nessun dettaglio era stato lasciato al caso. Tutto aveva un preciso scopo ed una ragione di essere. Anche i momenti di riposo dovevano essere pianificati con cura, e naturalmente erano organizzati nel modo che più si conveniva all'elevato rango degli ospiti.
Quel pomeriggio tre giovani donne avevano scelto di trascorrere le loro ore libere sulla terrazza più soleggiata, chiacchierando e sorseggiando té, così come un giorno avrebbero dovuto fare nei ricchi salotti delle loro madri.
"Qualcuna di voi ha notizie di Relena?" Chiese timidamente una di loro. "Le lezioni sono già cominciate da diversi giorni, ma lei non è ancora arrivata. E poi presto sarà il suo compleanno. Comincio a preoccuparmi."
"Oh, no. Non è necessario, Martha," proseguì la vivace biondina al suo fianco. "È partita per un viaggio nello spazio con suo padre. Vedrete che non tarderà ad arrivare." Poi assunse un'aria complice. "Un'importante missione diplomatica. Davvero non lo sapevate?"
Le due amiche scossero dolcemente la testa e tornarono a sorseggiare educatamente il loro té, ma presto l'irruenza della loro giovane età ebbe le meglio sull'etichetta.
"Ragazze! Ma ci pensate? Un viaggio nello spazio!" Esclamò l'ultima, battendo eccitata le mani l'una contro l'altra. "Non so cosa darei per fare un viaggio così! Relena è proprio fortunata!" Con lo sguardo sognante alzò lo sguardo al cielo facendo cadere dietro le spalle le morbide trecce scure in cui aveva raccolto i capelli.
Con un sospiro tornò a rivolgersi alla compagna che sembrava essere tanto informata. "Dai, Sabine, racconta! Cosa ti ha detto Relena?"
"Uh! Beh...non è che mi abbia detto un gran che. Solo che partiva con suo padre..."
Martha soffocò una risatina. "Dai Laura, lo sai com'è fatta Sabine! Per sapere come è andata veramente dovremo aspettare Relena!"
La diretta interessata inarcò le sopracciglia con un misto di sorpresa e disappunto. "Cosa vorresti dire con...Hey! Ma è arrivata!" Esultò invece, alzandosi improvvisamente in piedi ed indicando la Limousine che era appena entrata nel cortile. "Relena è arrivata! Forza ragazze, andiamo a salutarla!"
Lo stupore per la reazione dell'amica si tramutò rapidamente in sincera felicità, quando anche le altre riconobbero l'inconfondibile auto della loro amica. Non potevano sbagliarsi dato che non c'erano molte Limousine rosa in giro. Nonostante Relena non avesse la patente di guida, il padre le aveva regalato quella macchina ma, per quanto fosse stato un dono apprezzato, Relena aveva trovato che la vettura fosse troppo formale per lei, e così aveva chiesto che venisse tinta di un colore stravagante, più adatto alla sua giovane età.
"Sì, andiamo!" Esclamò Laura trascinando con sé l'amica più timida che era ancora seduta. "E per farsi perdonare non solo dovrà raccontarci tutto per filo e per segno, ma dovrà anche dirci in anticipo chi inviterà alla sua festa!"
Con il coro di risate spesso immotivate che accompagna sempre i gruppi di giovani, le ragazze si allontanarono rapidamente all'interno per accogliere la loro amica. Nonostante non fosse stata assente per molto tempo, Relena mancava molto a tutte loro. Era il cuore del gruppo, e senza di lei nulla era la stessa cosa.
* * * * *
Non appena Peygan ebbe arrestato l'auto nel parcheggio dell'istituto, Relena abbassò il finestrino e prese una boccata d'aria fresca e limpida, tipica di quella regione immersa nel verde. L'odore carico e speziato dei pini le inondò la mente di ricordi. Aveva trascorso molto tempo in quel luogo, ed erano molti gli eventi della sua brave vita che la legavano all'Accademia. Non tutti però erano piacevoli.
Le mura dorate che la attendevano a braccia aperte suscitavano in lei emozioni contrapposte. Se da un lato le davano un confortevole senso di protezione familiare, dall'altro tendevano a soffocarla. Riflettendoci meglio, Relena si rese conto che non erano affatto le mura dell'antico edificio a suscitarle quel fastidioso disagio, ma piuttosto la gente che vi abitava.
Con un sospiro la ragazza chinò lo sguardo. Presto sarebbe stata circondata ancora una volta dai sorrisi educati ma poco sinceri degli insegnanti e dei compagni di corso, e sarebbe stata costretta ad indossare nuovamente quella maschera che la dipingeva di fronte a tutti come la studentessa modello e la ragazza perfetta. Era una fatica a cui ormai era abituata, ma ciò non significava che trovasse la cosa piacevole.
"Va tutto bene, signorina Relena?" La voce profonda e bassa dell'anziano autista che le aveva appena aperto la portiera, la distolse dalle sue meste riflessioni.
"Sì, Peygan, grazie. Stavo solo cercando di ricordare se avevo dimenticato qualcosa a casa." Mentì. Sorrise con affetto e cercò di tranquillizzare l'apprensivo maggiordomo che le stava vicino fin da quando era ancora una bambina. Peygan era sempre stato al suo fianco in tutte le occasioni importanti della sua vita, e non riteneva giusto allarmarlo quando non c'era alcuna ragione di preoccuparsi. Non voleva riversare il suo malumore su chi le voleva sinceramente bene.
"Non si preoccupi, signorina. Se dovesse mancarle qualcosa me lo faccia sapere. Provvederò al più presto. Ora lasci che sia io ad occuparmi del suo bagaglio."
Relena annuì prima di scendere dalla vettura. "Grazie, Peygan. Sei sempre molto gentile con me."
Con il cenno di un inchino l'uomo le sorrise socchiudendo i piccoli occhi, seminascosti sotto le folte sopracciglia bianche. "È mio piacere esserlo."
Con il portamento elegante che le era stato insegnato ad assumere in pubblico, Relena si allontanò dalla macchina e varcò la soglia dell'Accademia.
Come si era aspettata, fu rapidamente accolta da uno sciame di studenti che non conosceva, ma che evidentemente conoscevano lei. Tutti la salutarono con deferenza e rispetto. Una deferenza ed un rispetto che proprio non sentiva di meritare, ma ai quali non poteva sottrarsi. Per questo rispose garbatamente a ciascuno di loro, con la perfetta educazione che tutti si attendevano.
Avrebbe tanto voluto scappare da lì e precipitarsi nella tranquilla sicurezza della propria stanza, ma apparentemente non aveva scampo. Aveva già perso ogni speranza di salvezza quando vide una testa dorata farsi largo tra la folla.
"Relena!"
La familiare voce della ragazza parve a Relena una musica celestiale. "Sabine! Non sai che piacere sia vederti." Replicò in tutta sincerità. "Non sapete che piacere sia vedere tutte voi!" Si corresse, quando le altre due amiche la raggiunsero.
Laura sorrise apertamente. "Non sperare di cavartela così!" Disse, agitandole un dito davanti agli occhi. "Dovrai raccontarci un enormità di cose per farti perdonare il tuo lungo silenzio. Vieni con noi, stavamo prendendo un tè sulla terrazza. Così potrai dirci tutto con calma!"
Relena sorrise. "Accetto con piacere. Sapete, ho la sensazione che una tazza di tè mi servirà davvero se dovrò veramente rispondere a tutte le domande che sembra vogliate farmi."
"Anche se si tratta di un interrogatorio siamo persone civili." Precisò Martha, sorridendo ed indicando la strada con un gesto della mano.
Ridendo, Relena si apprestò a seguirle. Tutto sommato, anche se non poteva comportarsi in modo troppo informale neppure in loro presenza, la compagnia delle sue amiche era quanto di più piacevole vi fosse lì al St. Gabriel. Certamente non era un divertimento eccitante o travolgente, ma era innegabilmente un modo pacato e rilassante di trascorrere le giornate. L'unico modo che le fosse concesso, per la verità.
* * * * *
Il mattino seguente Relena riprese a seguire le lezioni in modo regolare. L'odore del legno antico e l'eco dei suoni che rimbombavano nell'aula magna erano ormai un sottofondo a cui non sarebbe più riuscita a rinunciare durante una lezione. Creavano dentro di lei quell'atmosfera familiare e rilassante che le permetteva di concentrarsi sulle parole dei docenti senza distrarsi. Era contenta di trovarsi lì e di riprendere i ritmi precisi e rassicuranti a cui era abituata.
Controllò l'orologio mentre attendeva Sorella Clarice, la loro insegnate di filosofia, e notò con stupore che, forse per la prima volta da quando la conosceva, era in ritardo.
Quando la porta dell'aula si aprì pochi istanti più tardi, tutti gli studenti si sedettero compostamente ai loro posti e fecero istantaneamente silenzio, aspettando pazientemente che la loro insegnate facesse il suo ingresso.
Quella mattina però, Sorella Clarice non arrivò sola, ma accompagnata da un ragazzo.
L'insolita apparizione calamitò immediatamente l'attenzione di tutti gli studenti e Relena si ritrovò lievemente protesa sul banco ad osservare il nuovo venuto.
"Buongiorno, ragazzi. Vi presento il vostro nuovo compagno di corso." Esordì l'insegnante in tono udibile da tutti. Poi fece un cenno al giovane uomo al suo fianco che al segnale prese la parola.
"Buongiorno a tutti." Disse questi, senza alcun calore, ma con timbro risoluto. "Il mio nome è Heero Yuy."
Nell'udire il suono familiare di quella voce, Relena sgranò gli occhi incredula e si protese ancora di più per osservarlo meglio. Quel timbro basso e profondo, in qualche modo freddo e distaccato, ma nello stesso tempo carico ed energico...Quella massa di capelli scuri e spettinati che nascondevano senza riuscirvi i più penetranti occhi che Relena avesse mai visto... 'Ma non è possibile...È lui!'
No, doveva necessariamente essersi sbagliata. Non poteva essere il ragazzo della spiaggia... Eppure gli somigliava così tanto!
Il cuore le prese la rincorsa quando, per un momento troppo lungo per poter essere definito casuale, incontrò il rovente sguardo di ghiaccio del ragazzo. Era lui. A questo punto ne era certa. Anche lui doveva averla riconosciuta.
Per pochi liquidi secondi i loro occhi rimasero incatenati, impegnati in un mutuo, silenzioso ed incomprensibile dialogo. Poi la voce limpida di Sorella Clarice interruppe l'intensità di quella muta comunicazione, incendiando con una nuova fiamma il cuore già elettrizzato della ragazza.
"Vai pure a sederti laggiù, Heero." Disse, indicando il seggio vuoto accanto a Relena. "E per qualsiasi cosa chiedi pure a Relena."
La ragazza seguì con lo sguardo i movimenti silenziosi del nuovo venuto, che le si avvicinò e si sedette al suo fianco senza degnarla di un'altra occhiata.
"Piacere di conoscerti, Heero." Gli disse con voce un po' incerta, sperando che l'emozione che provava non fosse troppo evidente.
Fu con soggezione e disappunto che non ricevette alcuna risposta.
Lo sguardo fiero del ragazzo rimase impassibile e rivolto verso la loro insegnante come se questa fosse stata l'unica persona presente nella stanza. Neppure il più impercettibile sorriso di saluto gli contrasse la mascella, rigidamente serrata in una maschera di roccia. La postura perfetta ed eretta lo faceva apparire più simile ad una statua che ad un essere umano.
'Ma perché?' Si chiese Relena. Non aveva mai incontrato nessuno che non avesse risposto al suo saluto. Tutti, anche se solo per educazione, si erano sempre rivolti a lei in tono rispettoso e gentile. Perché questo ragazzo era diverso? Chi era?
Le parole di Sorella Clarice le risuonarono nella testa senza alcun significato. Non riusciva a concentrarsi con tutte le domande che continuavano ad affollarle i pensieri. Per qualche ragione, la sola presenza del ragazzo che sedeva immobile al suo fianco era sufficiente a distrarla.
Era un tipo troppo misterioso perché la curiosità non le accendesse la fantasia e, cercando di non farsi notare, si ritrovò a studiarlo di tanto in tanto con la coda dell'occhio, nel tentativo di carpirgli chissà quali segreti.
Qualche seggio più in basso Relena incontrò brevemente lo sguardo complice e curioso di Sabine, la quale a sua volta stava prestando scarsa attenzione alla lezione del giorno. Evidentemente anche l'amica aveva le sue curiosità da tenere sotto controllo e Relena era certa che, non appena ne avesse avuta la possibilità, l'avrebbe letteralmente sommersa di domande.
Gettò un'ultima discreta occhiatina alla sua destra, sperando di cogliere anche solo un minimo mutamento nell'espressione del compagno, ma come si era aspettata nulla era cambiato in lui sin dal momento in cui si era seduto. Relena si strinse nelle spalle e si rassegnò all'inevitabile delusione che sarebbe seguita. Se avesse continuato così, avrebbe avuto ben poche risposte da dare.
Al termine di una mattinata senza altre sorprese, Relena si ritrovò nella sala da pranzo assediata dalle domande delle amiche ma, proprio come aveva temuto, non aveva niente da riferire.
"Ma com'è possibile che non ti abbia detto nulla?" Insistette Sabine.
Quando Relena si strinse nelle spalle, Laura si prese tra le dita una ciocca scura con fare sofisticato e rispose al posto dell'amica. "Se è un maleducato incivile è più che possibile, mia cara."
Martha avanzò cautamente una possibilità. "Magari è solo un po' timido e non sapeva cosa dire."
"Può darsi." Concesse l'amica, mantenendo comunque un atteggiamento risentito. "Ciò non toglie che non si sia comportato bene."
"Questo è vero." Riconobbe Sabine. "Però ad uno così si può perdonare qualsiasi cosa." Concluse con l'aria di chi la sapeva lunga.
Di fronte allo sguardo interrogativo delle altre ragazze, la biondina si accostò al tavolo e avvicinò il viso a quello delle amiche con fare cospiratorio e ammiccante. "Oh, suvvia! Non fate quelle facce! Non ditemi che non avete visto quanto è carino!"
Il colorito lievemente roseo sulle guance delle altre ragazze fu sufficiente a darle una risposta affermativa. "Ah! Lo sapevo!" Rise.
Relena si schiarì la gola imbarazzata. "Beh...non mi sembrava che il punto fosse questo."
"Infatti. Il punto è...Hai intenzione di invitarlo alla tua festa di compleanno?"
Colta impreparata dalla repentina domanda di Sabine, Relena dovette esercitare su se stessa un certo autocontrollo per evitare di balbettare. Per la verità la festa di compleanno era stato l'ultimo dei suoi pensieri nelle ultime ore, e certo non si era neppure posta il problema se invitare Heero o no.
Evidentemente, visto lo sguardo carico di aspettativa delle amiche, loro invece si erano poste quell'interrogativo fin dalla prima apparizione che il giovane sconosciuto aveva fatto in aula, e si aspettavano una risposta da parte sua. Naturalmente la curiosità che Heero aveva suscitato nei loro confronti non era della stessa natura della sua, ma non poteva certamente biasimarle. In fondo loro avevano visto soltanto lo studente straniero attraente ed introverso, e non il ferito arenato sulla spiaggia che aveva neutralizzato tre uomini in meno di un minuto ed era fuggito a bordo di un'autoambulanza rubata.
Dal suo punto di vista il problema ora non era invitare o no il nuovo compagno di corso, ma capire se fosse stato saggio farlo o meno. In meno di un battito di ciglia però, Relena realizzò che la tentazione di poterlo osservare più da vicino era troppo forte perché la prudenza potesse avere la meglio.
"Non vedo perché non dovrei farlo." Disse.
Un coro di stupore le giunse dalle altre ragazze. "Cosa?"
Relena assunse un'aria severa. "Vi ho detto ieri che avrei invitato tutti i miei compagni di corso. Non sarebbe corretto fare un eccezione."
"Credimi, Rellie, vorrei proprio avere la calma e la ponderazione che hai tu." Rispose Laura ammirata.
Le altre annuirono.
"Quando hai intenzione di dirglielo?" Domandò infine Sabine.
Visto che non aveva ancora preparato il biglietto di invito non poteva farlo immediatamente; sarebbe stata costretta a rimandare. "Pensavo di farlo questa sera, dopo le lezioni pomeridiane."
Con la sua vivacità distintiva, Sabine diede voce ai propri pensieri "Che emozione! Sono proprio curiosa di sapere cosa dirà!"
Un coro di assensi seguì l'entusiastica dichiarazione della ragazza, insieme ad altri commenti ed ipotesi sul modo in cui si sarebbero svolti i fatti. Le parvero tutte molto eccitate, ma quella volta Relena non riuscì a condividere la felicità goliardica delle amiche e non poté unirsi a loro nel consueto chiacchiericcio quotidiano del pranzo.
Assorta, si mise invece a giocherellare con la cera indurita, raccolta nel pesante candeliere d'argento che decorava il centrotavola, ma con un gesto disgustato ritrasse bruscamente la mano. Una farfallina notturna doveva essersi incautamente avvicinata al liquido viscoso quando le candele erano state accese la sera precedente, e così era rimasta intrappolata senza alcuna possibilità di fuga. 'Ecco cosa può succedere a chi gioca con il fuoco senza riconoscerne il pericolo.' Si disse, non del tutto certa che la propria riflessione fosse ispirata unicamente dalla visione dell'incauta farfallina.
Relena cercò di ignorare la sgradevole visione data dai resti dell'insetto morto, ma ormai uno strisciante senso di nausea le aveva rovinato l'appetito. Si scusò con le amiche e si alzò da tavola, adducendo come scusa il fatto che si fosse appena ricordata di dover fare alcune commissioni prima dell'inizio delle lezioni pomeridiane.
In verità, aveva un bisogno disperato di riflettere un po' da sola.
* * * * *
Le sfumature rosee della sera avevano appena cominciato a velare il cielo terso dell'autunno quando Relena finalmente trovò l'oggetto delle proprie ricerche accanto al parapetto della terrazza grande.
Heero sembrava completamente assorto nei propri pensieri, e l'unica traccia di movimento percepibile attorno a lui era il morbido ondeggiare dei suoi folti capelli ribelli alla fresca brezza proveniente dalla valle. Il freddo pareva non turbarlo minimamente.
Con passo leggero, Relena gli si accostò con discrezione. Non voleva disturbarlo, ma era venuta lì per invitarlo al ricevimento e non aveva intenzione di andarsene senza essere riuscita a parlargli. Le sue amiche, che evidentemente subivano più di lei la soggezione che il ragazzo incuteva con il proprio silenzio, erano rimaste in disparte, e la osservavano da una prudente distanza di sicurezza da dove avrebbero potuto osservare la scena senza dovervi partecipare.
Nonostante si fosse mossa in grande silenzio, Heero si voltò verso di lei, senza apparentemente sorprendersi per la presenza estranea alle sue spalle.
Relena risolse che, se voleva che quel silenzio imbarazzante si dissolvesse, avrebbe dovuto fare lei la prima mossa. Perciò estrasse da una tasca della propria divisa scolastica una piccola busta bianca elegantemente decorata in oro e la porse al ragazzo.
"Ecco," disse, sorridendo e sforzandosi di apparire rilassata. "È un invito per la festa del mio compleanno. Mi farebbe piacere se trovassi il tempo per venire."
Heero osservò per un breve momento la bustina che aveva appena ricevuto come se fosse stata la prima che avesse mai visto in vita sua. Poi, se la rigirò brevemente tra le dita e la stracciò in due, senza nemmeno aprirla.
Scioccata, Relena rimase letteralmente senza parole e, per alcuni interminabili istanti, non riuscì a far altro che fissare sbalordita i due frammenti di carta sospinti dal venticello capriccioso dell'autunno.
"Ma...ma perché?" Riuscì infine a dire, mentre silenziose lacrime di rabbia e frustrazione cominciavano a salirle agli occhi.
Lo sguardo incomprensibilmente feroce di Heero le parve addolcirsi per un breve momento, quando questi le si accostò al viso e, con un gesto inaspettatamente affettuoso, le asciugò una lacrima con un dito.
"Perché io ti ucciderò, Relena." Le sussurrò con infinita dolcezza. Poi si allontanò.
TBC...
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AN: WoW! Incredibile! Il primo episodio è finito!!! Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate! I personaggi soddisfano le vostre aspettetive? Non abbiate timore di parlare liberamente. Mi piace conoscere i punti di vista dei miei amici.
Comunque mi sto divertendo molto a scrivere questa storia, perciò spero che voi vi stiate divertendo a leggerla.
Un bacione e a presto!! ^_______^
P.S. Beh...non so quanto presto. Ieri mi sono rotta un dito nella portiera della macchina (che maleeeee!! T_T ) e sono un po' negata a scrivere con questo ditone corazzato. ^_^;;;;
