Standard disclaimers: Sono nel primo capitolo.

Introduzione dell'autore: Si dice che chi tace acconsente. Voi tecete ed io vado avanti. In ogni caso...grazie a tutti voi che avete letto fino a qui. Voi sapete chi siete.

Avvertenze: Violenza esplicita. Scene di battaglia. Vivamente sconsigliato ai bambini.

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Ep. 2, Par. 4: "Chi mi incontra...purtroppo è destinato ad una fine prematura."

By Darkwing

Oceano Pacifico

Seconda Flotta Federale - Portaerei 'Chimaera'

'Vediamo se riesci a resistere ai siluri...Chiunque tu sia!' Il capitano si chinò su un monitor tattico ed osservò truce le posizioni che fino a pochi istanti prima erano state occupate dai suoi mobile suit.

In quell'istante un'altra coppia ti puntini si dissolse silenziosamente sotto i suoi occhi, annunciando la perdita di altre due unità. "Procedete con il piano di emergenza!" Gridò furioso. "Aprite il fuoco!"

Nonostante l'aria minacciosa del capitano, il secondo in comando azzardò una timida protesta. "Ma signore...il Typhoon è ancora in zona, rischiamo di colpirlo."

"Non me ne importa niente del Typhoon!" Sbraitò l'ufficiale più anziano. "Per quello che ne sappiamo potrebbe anche essere lui il nostro nemico! Ho detto di aprire il fuoco! E non discuta gli ordini!"

Il primo ufficiale guardò il suo superiore come se questi lo avesse appena preso a schiaffi. Lui personalmente non credeva che il desiderio di emergere dei membri di OZ arrivasse a tanto, ma effettivamente non avevano prove circa l'identità di chi stesse distruggendo le loro unità con tutta quella facilità. Con uno scatto si mise sull'attenti. "Subito signore!" Poi rivolgendosi agli altri membri dell'equipaggio alzò la voce a sua volta. "Avete sentito il capitano? Eseguite!"

Un istante più tardi, il rombo assordante delle batterie anti-som sovrastò il caos disciplinato delle voci sul ponte di comando. Una pioggia di siluri partì dalle batterie della Chimaera e delle due corazzate di appoggio che costituivano il resto della flotta, penetrando spietatamente tra le onde.

Appena terminato il frastuono, il capitano fece di nuovo udire la propria voce. "Rapporto!"

"Le prime testate sono esplose." Annunciò un tecnico.

"Stato del bersaglio?"

"Mi dispiace, signore. Non c'è modo di determinarlo." Il ragazzo fece una pausa a disagio. "In effetti non sappiamo quale sia esattamente il bersaglio..."

Il capitano sbuffò. Il problema era proprio quello. Non riuscivano a capire cosa diamine stesse succedendo laggiù. Inoltre, come se già non fosse stato abbastanza, le loro trasmissioni radio avevano cessato di funzionare immediatamente prima dell'attacco. "Le squadre di mobile suit riescono a comunicare adesso?"

Qualche secondo più tardi, il ragazzo deglutì a disagio. "Signore, la frequenza adesso è libera, ma...non ricevo niente." Dopo una pausa imbarazzata abbassò la voce in tono di scusa. "Non so come interpretarlo, signore."

Il capitano si ammutolì improvvisamente, incrociando lo sguardo teso del tecnico. Se le frequenze si erano liberate, ma non riuscivano ancora a comunicare c'era un'unica spiegazione possibile...

"Capitano!" La voce rotta del primo ufficiale fece sussultare l'anziano ufficiale come se fosse stato una corda tesa allo spasimo, tra le mani di un musicista impazzito. Si votò di scatto seguendo l'indice puntato del collaboratore per assistere all'evento più incredibile a cui avesse mai presenziato in tutta la sua vita.

La corazzata che copriva il fianco sinistro della formazione si stava incuneando nell'oceano smembrata in due tronconi, come se fosse stata tagliata a metà da un gigante invisibile. In pochi secondi, vittima della spinta dei suoi stessi motori, la nave e tutto il suo equipaggio scomparve fagocitata dalle onde con un raccapricciante stridore di lamiere contorte.

Un battito di ciglia più tardi la sua gemella, che navigava sul lato opposto, subì una simile sorte, sezionata dall'impalpabile potenza di un laser giallo-verde emerso silenziosamente dall'oceano, rapido come la folgore.

Il capitano ingoiò il groppo che gli stringeva la gola e sgranò gli occhi atterrito quando onde alte e ribollenti si alzarono improvvisamente alla loro destra e mandarono una montagna d'acqua ad infrangersi contro la fiancata della nave. Chiudendo istintivamente gli occhi di fronte all'improvvisa ondata che li aveva travolti, tutti i membri dell'equipaggio li riaprirono istantaneamente, quando il fragore selvaggio dell'oceano fu sovrastato da un altro rombo più grave e di gran lunga più potente.

La natura artificiale del tuono che li aveva quasi assordati in breve fu chiara a tutti quando la sagoma antropomorfa di un imponente mobile suit nero emerse dalle onde, eruttando fiammate azzurrognole dalle turbine sovraccariche. Il gigante di metallo balzò sul ponte di volo della Chimaera con sorprendente agilità, facendo sbandare la nave su un lato con l'irruenza del proprio impulso.

Il capitano trasalì. Se quello era il loro nemico, non era certo ciò che si era aspettato di dover affrontare. Era un Gundam, non c'era dubbio, ma non poteva credere che fosse quello che stavano cercando. 'Allora sono due!' Realizzò improvvisamente.

Quando lo sguardo artificiale del mobile suit si volse verso la plancia, le lenti allungate delle telecamere anteriori si accesero di un'aspra luce verdognola, conferendo al mostro umanoide un'aria minacciosa e predatoria.

"Abbandonare la nave." Disse il capitano, con un involontario singhiozzo. "Prepararsi all'evacuazione." Ordinò con scarsa convinzione. In realtà si rendeva perfettamente conto che non avrebbero mai avuto il tempo per evacuare seimila uomini con quel mostro sul ponte, ma senza le unità d'appoggio e il supporto dei mobile suit erano totalmente indifesi. Cos'altro avrebbe potuto fare?  Tuttavia, paralizzati dalla sorpresa e dalla paura, gli altri membri dell'equipaggio non diedero segno alcuno di aver udito il suo comando e rimasero a fissare il misterioso mobile suit, immersi in un silenzio greve ed innaturale.

Anche il nemico rimase immobile, continuando a studiarli con quell'imperscrutabile sguardo velenoso e magnetico, in attesa di chissà che cosa. 'Ma perché fa così?' Si domandò brevemente il capitano, sentendo crescere il panico dentro di sé. 'Perché non fa niente?'

Fu proprio allora che, con un movimento fluido e rapido dell'enorme mano metallica, il nemico finalmente si mosse. Sulla sommità della lunga asta che brandiva come una lancia si accese l'accecante bagliore verde di una lama laser, che per forma e proporzioni ricordava vagamente un'enorme falce. Il suit modificò leggermente il proprio assetto, acquisendo una posizione di equilibrio stabile sul ponte inclinato della nave. Era pronto all'attacco.

Il capitano sospirò e chiuse gli occhi. Per l'ultima volta.

La potente lama d'energia del Deathscythe attraversò diagonalmente la torre di controllo della portaerei con la stessa facilità con cui un coltello caldo avrebbe inciso un pane di burro. La parte superiore scivolò sulla sezione inferiore, abbattendosi sulla coperta e sfondando il ponte, prima di collassare, inghiottita dalle onde. Alcuni marinai, miracolosamente sopravvissuti, si tuffarono in mare nella speranza di fuggire, ma il risucchio vorticoso, provocato dal relitto affondato e dai motori ancora in funzione, completò l'opera che il Signore della Morte non era stato in grado di compiere.

Duo osservò vagamente deluso i resti fumanti della torre che aveva appena abbattuto. 'Troppo facile.' Pensò. 'Non hanno opposto la minima resistenza. Se continua così, questi terrestri mi uccideranno facendomi morire di noia.'

Le labbra curvate in un insolente quanto inopportuno sorrisetto, il giovane pilota si concentrò sul da farsi, cercando di pianificare le proprie mosse, per ottenere il massimo risultato con il minimo dispendio di energia. Data la mole, cercare di fare a pezzi quella nave così come aveva fatto con le due unità d'appoggio sarebbe stato inefficace, perciò decise che avrebbe dovuto usufruire di tutte le risorse che la circostanza aveva da offrire.

Percorse il ponte in tutta la sua lunghezza fino al settore di poppa e cercò il punto adatto. Agendo sui controlli degli arti superiori del Deathscythe, brandì la falce laser con consumata perizia, affondandola tra le lamiere della nave nemica fino a raggiungere i serbatoi del carburante. Una fiammata improvvisa eruttò dalla profonda lacerazione, avvolgendolo in una coltre nera ed oleosa di fumo incandescente. Duo non si lasciò distrarre e procedette con meticolosa cura alla sua opera di distruzione. Il fuoco evanescente del carburante incendiato lo circondava ormai da ogni lato ma, dato che il calore non era sufficiente ad intaccare la corazza del suo Gundam, una volta tanto aveva tutto il tempo per potersi permettere calma e precisione.

Nella caotica devastazione che aveva scatenato, Duo non si avvide di un gruppetto di superstiti che gli erano sfuggiti finché uno degli elicotteri che erano ancora intatti sul ponte di prua non decollò in tutta fretta.

"E tu dove credi di andare?" Duo si accigliò contrariato. "Non crederai di poter abbandonare la festa così!"

Fece ruotare elegantemente il Deathscythe su se stesso e puntò contro il velivolo in fuga il braccio sinistro del mobile suit. Il triangolo di un crocicchio giallo fosforescente si disegnò sul monitor principale, sovrapponendosi alle immagini riprese dalle telecamere. Non appena il sistema di acquisizione del bersaglio ebbe confermato l'identificazione dell'obiettivo, il pilota premette con decisione i controlli di tiro.

Lo scudo corazzato che era applicato sull'arto del mobile suit si staccò dal suo alloggio sotto la spinta delle due potenti turbine che vi erano incorporate e sfrecciò verso il velivolo in fuga. Contemporaneamente due affilati alettoni gemelli, opportunamente orientati, scattarono aprendosi sui lati dello scudo, imprimendo al proiettile un momento elevatissimo e liberando tutta la potenza del laser nascosto al suo apice.

Raggiunto dal letale proiettile, l'elicottero si incendiò sotto l'azione del laser proprio un istante prima di venire sbriciolato tra gli alettoni dello scudo.

Dopo aver completato l'opera, il sistema di guida integrato dello scudo lo ricondusse verso il suo padrone che, dopo essersene nuovamente impadronito, lo ricollocò nel consono alloggiamento. Nell'arco di qualche minunto sarebbe stato nuovamente carico e pronto per essere riutilizzato.

Duo rimase in istante ad osservare i resti sparsi dell'elicottero abbattuto mentre galleggiavano silenziosi sulla superficie scura dell'oceano. Poi sospirò e scosse la testa con un leggero sorriso a metà tra l'amaro ed il beffardo. "Mi dispiace per voi, ragazzi." Disse, rivolgendosi alle proprie vittime o forse parlando solo a se stesso. "Chi mi incontra...purtroppo è destinato ad una fine prematura."

Dimenticandosi in fretta del velivolo che aveva appena distrutto, Duo tornò a dedicare la propria attenzione alla nave su cui ancora si trovava. Costatando che ormai non c'era rimasto molto altro da fare, assestò un altro paio di fendenti allo scafo per facilitarne l'affondamento e poi azionò i retrorazzi, facendo balzare il Deathscythe nell'acqua.

"E adesso andiamo a vedere se riusciamo a farci degli altri amici." Esclamò il pilota con cinico entusiasmo. "Che ne dici, vecchio mio?"

Il mobile suit naturalmente non offrì risposta, come era normale aspettarsi da quella ingegnosa, ma ottusa macchina di distruzione che era, ed obbedì ciecamente al comando del proprio padrone, violentando le onde con la sua sagoma spigolosa.

*                   *                   *                   *                   *

Oceano pacifico

Sottomarino di OZ 'Typhoon'

"Sembra che l'attacco sia terminato, signore." Annunciò il tecnico alla postazione sonar, visibilmente più rilassato. "È da alcuni minuti che non si verificano esplosioni."

"Temo che questo non significhi nulla." Precisò il tenente-colonnello Zechs Marquise. "Qualunque cosa sia stata, si è rivelata in grado di sbaragliare come se niente fosse due corazzate ed una portaerei. Ed è ancora là fuori da qualche parte." Aggiunse infine, quasi parlando tra sé.

"Beh, almeno i federali hanno smesso di spararci addosso." Commentò il tecnico al suo fianco.

Marquise lo osservò con la coda dell'occhio per un istante, per capire se la battuta nascondesse un macabro tentativo di umorismo, ma quello che scorse sul volto del ragazzo gli parve sincero sollievo.

Zechs sorrise indulgente. "Non è ancora il momento di abbassare la guardia. Non dobbiamo dimenticare perché siamo qui. Non abbiamo ancora completato la missione e, visto che i federali non sono più in grado di farlo, il resto del lavoro toccherà a noi."

Il ragazzo guardò ammirato il proprio comandante. "Sì, signore."

Marquise gli rispose con un cenno del capo. "Ci sono momenti in cui è necessario usare la massima prudenza." Spiegò. Poi alzò la voce. "Mantenere la posizione." Avvicinandosi all'intercom chiamò personalmente la sala macchine. "Mantenere i motori in stand-by, pronti a partire solo al mio comando." Il ricevuto gli giunse lievemente distorto da un leggero disturbo elettronico. 'Se usciremo vivi da questa missione dovrò far revisionare l'impianto di comunicazione. Probabilmente quel colpo che abbiamo preso ha danneggiato qualche centralina.'

"Signore." Chiamò un addetto radio. "Cancer ci sta contattando."

Immediatamente Zechs si accostò al vid-com su cui compariva il volto del suo secondo pilota. Nonostante l'immagine fosse un po' traballante era evidente che il ragazzo stesse sorridendo.

"L'abbiamo trovato, signore!" Esultò questi. "È ancora vicino a quel che resta del suo Leo, signore, ed è stupefacente. Sembra che non abbia subito neppure un graffio!"

Marquise annuì. "Bene. Devo ammettere che i nostri nemici hanno costruito un mobile suit davvero straordinario. Procedete con le operazioni di recupero, ma fate attenzione. Non sappiamo ancora che cosa sia successo laggiù."

"Ricevuto."

Terminata la comunicazione, Zechs non si allontanò troppo dalla console. In realtà non era affatto tranquillo e trovava frustrante dover restare nella relativa sicurezza del Typhoon senza poter gestire personalmente l'operazione. Talvolta le responsabilità del comando erano esageratamente avvilenti per un uomo d'azione come lui, perciò non trovava soddisfacente restare semplicemente ad ascoltare gli scambi di battute dei piloti ed osservare le immagini che trasmettevano. In ogni caso in quel momento era tutto ciò che gli era concesso di fare.

Proprio allora udì Cancer impartire alcuni ordini al resto della squadra. "Occupatevi del recupero. Io sorveglierò il settore."

Immediatamente dopo aver dato il ricevuto, le altre unità si misero in azione. L'occhio elettronico di uno dei Pisces si mise a fuoco sul relitto del mobile suit nemico, riverso sul fondo dell'oceano al centro del cono luminoso del loro riflettori.

Di tanto in tanto piccole creature marine attraversavano il campo visivo, sfrecciando davanti ai sensori, spaventate dalla presenza estranea. I minuscoli occhi di centinaia di invisibili crostacei, accorsi a banchettare attorno alla carcassa del Gundam, dove il fondo era stato smosso, ammiccavano abbagliati, riflettendo sulle loro iridi vacue le luci moleste che indugiavano sulla loro nuova casa.

Anche sotto il velo di fanghiglia e sedimenti che il mare vi aveva rapidamente depositato, il Gundam aveva un aspetto veramente magnifico. Zechs osservò con l'occhio critico del pilota la struttura perfettamente proporzionata, le turbine dorsali dall'aria potente e le articolazioni compatte ma non grossolane. Ammirato ne studiò l'eleganza perversa e l'armatura intatta, annerita e ammaccata solo nel punto in cui il suo lanciarazzi lo aveva colpito qualche giorno prima. Avrebbe dato qualunque cosa per poterlo provare.

"Procedo con l'aggancio." Annunciò uno dei piloti dei Pisces.

Un'appendice snodata si allontanò dall'inquadratura della telecamera, protendendosi verso il mobile suit affondato, ma poco prima di potersi agganciare al suo obiettivo, il Gundam emise uno squillo acutissimo. Colto di sorpresa, il pilota del Pisces interruppe bruscamente la manovra.

"Ma che succede?" Esclamarono quasi all'unisono i membri della squadra di recupero. La sirena insistente di un allarme, proveniente dall'unità abbattuta, li aveva quasi assordati, avendoli colti impreparati.

"Cosa sta facendo?" Domandò sospettoso uno dei piloti, osservando le luci rosse intermittenti che il Gundam emetteva al ritmo dell'allarme. "Non starà per saltare in aria!"

"Allontanatevi." Ordinò prudentemente il caposquadra.

Tenendo lo sguardo incollato sul monitor, Marquise si rivolse alla squadra di ricerca. "Cosa sta succedendo? Cancer a rapporto." Ordinò.

Il caposquadra prese immediatamente la comunicazione, ma inaspettatamente solo poche sillabe risultarono comprensibili alle orecchie di Zechs. Un'improvvisa pioggia di statiche eruppe dalla radio soffocando la trasmissione.

"Typhoon a Cancer, rispondete, passo. Marquise aggrottò le sopracciglia sottili e ripeté il richiamo senza ottenere risposta. Quando un istante dopo il monitor cominciò selvaggiamente a sfarfallare, la sua frustrazione raggiunse il limite. Sbatté un pugno guantato sulla console. "Cancer! Rispondete!"

L'addetto radio lo interruppe timidamente. "È inutile, signore. Le trasmissioni sono disturbate."

Il colonnello degli Specials si voltò bruscamente verso l'altro militare; una domanda implicita nello sguardo inintelligibile.

Il tecnico si sentì in dovere di giustificarsi. "Non siamo in grado di filtrare il segnale in tempo reale, signore. Sembra che l'elettronica di bordo abbia subito un qualche tipo di danno. Il nostro sistema operativo mostra pesanti segni di instabilità e..."

Marquise tornò a voltarsi verso il monitor. Il suo silenzio controllato mandò un brivido a scorrere lungo la schiena dell'altro soldato. La furia gelida che animava l'ufficiale di OZ in quel momento risultava sempre più minacciosa di una sfuriata un piena regola. "Mi dispiace, signore." Balbettò infine.

Continuando a dare le spalle al resto dell'equipaggio, Marquise alzò una mano di scatto, mettendo a tacere il proprio interlocutore. Non era il momento per delle futili scuse.

"Ci sono mutamenti da segnalare riguardo all'obiettivo?" Domandò asciutto all'ufficiale seduto alla postazione sonar.

Quest'ultimo si affrettò a rispondere. L'incertezza era evidente nel tono della sua voce. "Signore...non capisco cosa stia succedendo in realtà. Fino a pochi istanti fa tutto stava funzionando perfettamente, ma adesso il SAAS risulta operativo soltanto al dieci percento e..."

" Ed io le sto ordinando di darmi quel dieci per cento di informazioni di cui dispone, tenente." Sibilò Marquise, mantenendo la sua regale compostezza. "Adesso mi dica. Lo stato dell'obiettivo è mutato?"

L'altro deglutì. "No, signore. L'unità nemica emette un segnale acustico bitonale che suggerisce l'innesco di un qualche tipo di allarme o dispositivo, ma non ho altri dati che possano far presumere un mutamento delle sue condizioni."

Marquise annuì pensieroso. Dati. Il problema era ancora una volta la mancanza di dati. Doveva sapere con precisione cosa stava succedendo là fuori prima di prendere una qualsiasi decisione, e poi doveva trovare un modo di comunicare con la squadra di ricerca. "Voglio parlare immediatamente con l'ingegnere capo." Esordì. "Prima di fare qualunque altra cosa dobbiamo mettere una pezza a..."

Un lacerante scroscio di statiche indotte rimbombò attraverso tutti i diffusori acustici collocati sui vari dispositivi del ponte di comando e sovrastò la voce stessa del colonnello.

Un grido di sorpresa e dolore sfuggì all'addetto sonar che gettò via le sue cuffie prima che il frastuono elettronico arrivasse a danneggiargli i timpani.

"Ma che diavolo sta succedendo?" Ringhiò Marquise, con la voce leggermente incrinata.

Uno degli ufficiali al suo fianco alzò la voce per farsi sentire nonostante il rumore. "Non lo so signore. Sembra quasi che l'elettronica sia disturbata da un segnale elettromagnetico indotto dall'esterno..."

Marquise si voltò verso l'uomo che aveva appena parlato come se al suo fianco si fosse appena materializzato un mostro con tre teste.

Non sapendo come interpretare la reazione improvvisa del proprio superiore, l'altro ufficiale di OZ si affrettò a giustificarsi. "Lo so che è assurdo." Disse, abbassando lo sguardo e non osando guardare apertamente il volto del proprio comandante, seminascosto sotto il suo distintivo casco cromato.

Infine, dopo un istante di riflessione, Marquise posò una mano sulla spalla del giovane, invitandolo a rilassarsi. "Temo sia meno assurdo di quanto tu non creda." Disse grave, ignorando le formalità che legavano abitualmente superiore e sottoposto. Improvvisamente la dinamica dei fatti che si erano appena svolti gli parve drammaticamente evidente e semplice. "Là fuori c'è un altro Gundam."

TBC...

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AN: Nessuna nota. Solo un caloroso abbraccio! Ciao e alla prossima! ^__^