Standard disclaimers: Sono nel primo capitolo.

Introduzione dell'autrice: Spero di non avervi tenuti troppo sulla corda, ragazzi, ma anche se la storia è finita ogni capitolo necessita di una revisione e ultimamente la vita reale è un po' implacabile con me e mi lascia poco tempo per i miei hobbies. Nonostante tutto, sono certa che qualche errore di battitura e di grammatica mi sia sfuggito, perciò spero continuiate ad essere disposti al perdono come lo siete stati fino ad ora.

Un grazie speciale a Mary, la lettrice più veloce della storia, e a tutti quelli che hanno perso il loro tempo su queste pagine.

Spero che le avventure/disavventure sentimentali di Quatre possano tenervi una piacevole compagnia anche questa settimana, perciò adesso basta chiacchiere e buona lettura!

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Lo aveva apertamente sfidato. Questo Quatre era perfettamente in grado di capirlo nonostante, per qualche ragione al lui non chiara, non fosse mai riuscito a comprendere Dorothy del tutto. Era forse questa eccezione a stuzzicarlo?

Prese fiato e si immerse nuovamente nell'acqua limpida, con la speranza di chiarirsi le idee. Ma perché, se era sempre stato tanto bravo a capire le emozioni degli altri, non riusciva a farlo proprio nel momento in cui gli interessava di più?

'Dannazione!' Con un moto di stizza, sfogò la propria frustrazione sulle onde, aggredendole con un'energica nuotata. Lasciò che lo sforzo lo assorbisse completamente e gli sgombrasse la testa, e si fermò solo quando i muscoli protestarono per la carenza di ossigeno. Paradossalmente rinvigorito dalla fatica fisica, decise che era arrivata l'ora di tornare a riva.

Salì sugli scogli e si stropicciò i capelli sericei con l'asciugamano. Dopodiché lo piegò con cura e vi si sedette sopra, finalmente rilassato.

Non passò molto tempo senza che i suoi pensieri ribelli gli riproponessero dinanzi agli occhi l'immagine di Dorothy mentre usciva dall'acqua, proprio lì, nel punto in cui era risalito lui poco prima. Accidenti se era bella! Era ancora più bella di come se la ricordasse. Era cresciuta, naturalmente...Beh, più che altro si era fatta più donna. In soli due anni qualcosa in lei era cambiato, eppure era sempre la stessa: lo stesso fascino, lo stesso mistero. Era ancora come se una coperta bagnata la tenesse prigioniera...

Quatre chiuse gli occhi un istante. Il ricordo del duello a cui lo aveva costretto era ancora vivissimo. Ciò che si era impresso nella sua mente non erano stati tanto i gesti cha avevano compiuto o la successione degli eventi. Piuttosto erano state le emozioni che erano esplose in quel momento ciò che lo aveva marchiato a fuoco. La vitalità, l'energia, la violenza delle passioni di quei pochi minuti in cui avevano incrociato le loro lame, gli avrebbero infestato la memoria per sempre. Come avrebbe potuto dimenticare l'unico istante in cui, sotto l'influenza scarna e spietata dello Zero System, Dorothy aveva lasciato trapelare un po' di quella parte di sé che aveva sempre nascosto? A lui era bastato un attimo per vedere quanto la sua bellezza interiore superasse quella fisica; una frazione di secondo, per superare le gelide barriere che si era costruita intorno e che la separavano dalla vita, dalla gioia di vivere, dal mondo.

'E' come una sirena che non ama il mare.' Pensò amaramente. 'Chissà se finalmente ha imparato a piangere...?'

Quatre si alzò per tornare alla pensione e si avviò lungo il sentiero. Una sensazione di velata malinconia si era impadronita di lui. Si era sempre chiesto se anche Dorothy finalmente avesse smesso di camminare sul ciglio del burrone e avesse deciso se vivere o lasciarsi morire. La guerra aveva lasciato a tutti loro delle cicatrici da guarire. Avrebbe dato qualunque cosa per sapere se lei avesse concesso alle proprie ferite di rimarginarsi o se, come lui, ci stesse almeno provando.

Doveva incontrarla di nuovo. Parlarle. Voleva sapere di lei, come stava, che vita faceva...E magari scoprire quale fosse la natura della partita che voleva vincere contro di lui. Personalmente aveva sempre pensato che fosse lei ad essersene andata con il trofeo in mano, quel giorno. Lo aveva sfidato e poi lo aveva quasi ucciso. Cos'altro le serviva per dichiararsi vincitrice? Voleva per caso completare l'opera? Ma a che scopo, ormai? Non c'erano più fazioni per cui combattere. Non c'era più alcun motivo per trovarsi su fronti diversi. Lui ne aveva fin sopra i capelli di lottare, perché lei aveva ancora tanta voglia di misurarsi con lui?

Tutto preso nei suoi pensieri varcò l'ingresso della veranda della pensione, senza guardarsi attorno. La sua apparizione tuttavia non passò inosservata. La piccola Ivana gli corse incontro radiosa e lo prese per mano, accogliendolo con una gioiosa pioggia di parole incomprensibili.

"Sembra che tu abbia fatto colpo su di lei, figliolo." La voce gioviale del vecchio Dinko lo raggiunse divertita da un angolo poco illuminato, sotto il pergolato di vite.

Quatre si grattò la nuca, scompigliando i capelli ancora umidi. "Uh! Credo anch'io. Anche se non so esattamente in che modo ci sia riuscito."

"Penso che ti consideri una sorta di Principe Azzurro." Rivelò il vecchio, strizzandogli l'occhio.

"Oh, ma allora non si può contrariare una principessina così carina." Scherzò il giovane, lasciandosi condurre al tavolo a cui il nonno era seduto insieme ad un uomo che poteva essere suo figlio.

Questi gli offrì una sedia e passò alle presentazioni. "Mio genero Tomislav." Disse.

"E' un piacere." Quatre strinse la mano forte del proprio ospite, contraccambiando il gesto di benvenuto in tutta sincerità. Doveva essere il padre di Ivana, perché la somiglianza era evidente. Gli stessi capelli biondi, gli stessi occhi, la stessa limpidezza nello sguardo.

"Bevi un goccio con noi." Offrì Dinko. Dico a mia figlia di portare un altro bicchiere." Non volle sentire ragioni da parte di Quatre e chiamò la donna, che era ancora in cucina.

Una voce rispose qualcosa, ma non comparve nessuno.

"E' impegnata con la piccola, ma arriva subito." Tradusse Tomislav, con il suo forte accento slavo.

"Dunque Ivana ha una sorellina." Quatre sorrise, accarezzando la testolina della bimba che nel frattempo gli era salita sulle ginocchia.

"Da sei mesi." Dichiarò il padre, orgoglioso. "Si chiama Tonka."

"E' bello avere una famiglia."

Dinko e Tomislav si scambiarono un'occhiata interrogativa di fronte allo sguardo improvvisamente malinconico del ragazzo, ma non posero domande che avrebbero potuto suonare indiscrete. "Allora cosa te ne pare del posto, ragazzo?" Chiese invece Dinko.

Gli occhi verde-azzurro di Quatre tornarono a sorridere. "Incantevole. Siete fortunati a vivere qui."

L'orgoglio era evidente nel sorriso del vecchio, ma nonostante l'amore per la propria terra smorzò i toni entusiastici del ragazzo. "Non farti ingannare dell'apparenza. E' bello, ma nasconde i suoi pericoli. Noi lo sappiamo bene, vero Tome?"

Il genero annuì, con l'aria di chi aveva tutte le ragioni per affermare la propria opinione. Poi, visto lo sguardo interrogativo del proprio ospite, spiegò cosa intendesse lo suocero. "Il mare qui è buono per la pesca, anche se in estate dobbiamo andare più lontano dalla costa, ma è imprevedibile per chi non lo conosca bene. Il vento è capace di alzarsi da un momento all'altro e di portare il mare da zero a forza otto in meno di tre ore."

Quatre ne restò impressionato. "Non credevo che un mare così chiuso soffrisse di simili fenomeni."

Tomisalv annuì. "Durante l'inverno la velocità del vento può superare i centosessanta chilometri orari. Ma anche in estate capitano giornate di vento forte. Può essere molto pericoloso rimanere sorpresi da una burrasca lontani da un porto sicuro."

Quatre era sinceramente ammirato. "E voi come fate?"

Tomislav sorrise. "Immagino che per noi andare per mare sia come per voi andare nello spazio. Lo faccio da quando sono nato. Ora vorrei anche incrementare l'attività con un peschereccio nuovo e più grande, più adatto alla pesca d'altura."

"Buona fortuna, allora."

Tomislav annuì. "Grazie. Ne avrò bisogno. Anche perché prima devo trovare i soldi per comprarlo e magari vendere contemporaneamente quello che ho adesso."

Quatre annuì educatamente, quando Dinko interruppe allegramente la conversazione. "Ecco mia figlia Angela!" Salutò, indicando qualcuno alle spalle di Quatre.

Il ragazzo si alzò per salutare la donna, lasciando che Ivana corresse dal padre. Era alta e longilinea ed il mite sguardo nocciola pareva nascondere un carattere risoluto. Prima di stringere la mano di Quatre posò sul tavolo un vassoio con tre bicchieri.

'Tre? E chi altri c'è?' Poi, alle spalle della padrona di casa comparve un'altra figura, che portava in braccio un'infante.

Anche nella penombra, la luminosità eterea della nuova arrivata era inconfondibile. "Dorothy?"

La ragazza sorrise, inarcando le sopracciglia. "Allora hanno ragione, quando dicono che il mondo è piccolo." Dichiarò lei, mentre la piccola giocherellava con una delle sue liquide ciocche dorate.

"Il mondo non lo so, ma Jezera lo è senz'altro." Rise il vecchio Dinko. "Vi conoscete?"

"Sì." Disse Quatre, non del tutto certo circa la sincerità della propria affermazione. Si poteva davvero dire di conoscere Dorothy? Offrì la propria sedia alla ragazza e ne procurò un'altra per sé, che sistemò al suo fianco.

"Siamo amici di vecchia data." Rivelò la giovane. "Ma è stata una sorpresa per tutti e due esserci incontrati qui, questa sera."

Era un'impressione di Quatre o aveva sottolineato la parola 'amici' in modo un po' equivoco? Si sforzò di non trarre conclusioni affrettate. "E così questa signorina è la piccola Tonka!" Disse invece. Le accarezzò una guancia paffuta con un dito che la bambina afferrò prontamente, con l'intento di usarlo come succhiotto. "Hey, che presa! Com'è forte!"

"Vuoi prenderla in braccio?"

La proposta di Dorothy lo lasciò di stucco. "Mah, veramente io non so. Non mi intendo di bambini..."

"Oh, andiamo. E poi dovrai pur fare pratica, giovanotto. Prima o poi verrà anche il tuo turno, no?" Il vecchio Dinko lo stuzzicò con innocenza, ma riuscì a fargli cambiare colore anche senza volerlo.

Sconfitto, Quatre si risolse a sorridere timidamente. "Cosa devo fare?"

"Siediti." Ordinò Dorothy. "Te la metto in braccio io."

La giovane si alzò e si chinò su di lui, posandogli in grembo la piccola. Tonka aggrottò le sopracciglia perplessa, quando le forti braccia di Quatre presero il posto di quelle morbide e confortevoli della ragazza.

"Non stare così rigido." Lo rimproverò Dorothy.

"Ho paura di farle male." Confessò Quatre, a disagio. Stava sudando.

Tutti risero tranne lui e la piccola, che era sull'orlo delle lacrime.

"Guarda, tieni questa mano così e rilassati." Lo istruì Dorothy. "Non è una bottiglia di nitroglicerina, è una bambina. Non le fai male, ma se non la tieni con sicurezza lei se ne accorge e non le piace." Gli prese una mano e la guidò sotto il corpicino, facendo la gioia di Tonka e incrementando il battito cardiaco di Quatre.

Il ragazzo respirò profondamente, nel tentativo di annullare l'effetto elettrizzante che quel contatto gli aveva provocato, ma ottenne l'effetto esattamente opposto. Da quella distanza, il profumo agrodolce di frutta che emanava dai capelli di Dorothy era intossicante. Era vicina...Troppo vicina. E poi quel leggero vestitino a fiori che indossava! Le dava un'aria così ingenua...Non gli pareva possibile che si stesse divertendo a stuzzicarlo apposta, ma quei suoi occhi da gatta lo facevano impazzire!

"Vedi," gli illustrò lei, guardandolo dritto negli occhi. "Ci vuole gentilezza e fermezza...e sono entrambe doti che non ti mancano..." Concluse, lasciando in sospeso la frase, come se il significato del seguito fosse stato ovvio. Quatre non riuscì a capire.

Finalmente Dorothy si allontanò e tornò a sedersi. "Ma che bel quadretto!" Scherzò.

Quatre alzò lo sguardo scettico.

"Non hai mai pensato di mettere su famiglia, figliolo?" Il vecchio Dinko lo inquisì con fare indifferente.

Quatre ammiccò impreparato. "Io beh...Veramente non è che abbia avuto molto tempo per pensarci, fino ad ora. E poi, come si dice, non credo di aver ancora incontrato la persona giusta."

Angela lo guardò di sottecchi. "Ma come? Un così bel giovanotto. Sono sicura che le ammiratrici non ti mancano."

Quatre sospirò, di certo le occasioni non gli erano mancate, ma ora gli pareva di sentire parlare la signora Bates e Rashid. Ognuno a modo proprio non vedevano l'ora che si sistemasse e mettesse su casa. Se la signora Bates voleva un cucciolo da coccolare, Rashid continuava a ripetere che uno nella sua posizione aveva il dovere di prendersi 'almeno' una moglie. Personalmente non si sentiva portato per la poligamia e poi, non ne aveva incontrata neppure una! Come poteva pensare di trovarne una moltitudine? Per di più c'erano aspetti della sua vita e del suo passato che trovava difficile condividere.

Aggrottò le sopracciglia. Pensandoci, forse il problema era proprio lì. Poteva essere che il senso di colpa per aver distrutto centinaia di famiglie durante la guerra lo rendesse incapace di concedere a se stesso la gioia che aveva sottratto agli altri?

Guardò la piccola Tonka. Un sorriso tanto smagliante che avrebbe liquefatto un lingotto di gundanio le illuminò le guance paffute. Non poté fare a meno di restituirle il sorriso, ma sentì una goccia di quel metallo che gli aveva fuso dentro bruciargli l'anima. Quanti padri e quante madri avevano perso i loro figli per causa sua? E quanti bambini innocenti non avrebbero mai più rivisto i loro genitori? Quanti altri Heero, Duo e Trowa aveva creato?

Si morse un labbro e Tonka si accigliò. Non volendo riversare il proprio malumore sulla piccola, si alzò per affidarla alla madre. Lei non oppose resistenza finché non si rese conto che la stava depositando in un altro paio di braccia, e allora cercò un appiglio. Con le piccole dita gli afferrò la leggera peluria che aveva sul petto ancora nudo e tirò a sé con tutte le forze.

"Ahi!" Esclamò Quatre. "Cos'è? Una specie di vendetta perché non so tenerti in braccio?"

Di fronte alla faccia sorpresa del ragazzo, la bambina si lasciò andare in una risata gioiosa, intramezzata da festosi gorgoglii, e si lasciò abbracciare dalla madre.

"Non credo sia una vendetta." Spiegò la donna. "Penso piuttosto che tu le piaccia. Di solito non sorride a chi non la sa prendere per il verso giusto." Accarezzò la schiena della figlioletta e gli sorrise, notando il suo sguardo perplesso. "Gli occhi dei bambini non mentono. Evidentemente ha visto nel tuo cuore qualcosa che non tutti hanno il privilegio di possedere."

Quatre si ritrovò a trattenere il respiro, sotto shock. Se c'era una cosa che non voleva che Tonka vedesse, era proprio ciò che aveva relegato nell'angolo più profondo e dimenticato di se stesso. Non avrebbe mai potuto perdonarsi se la piccola avesse subito un influenza negativa a causa delle sue colpe. Sorrise educatamente e poi si rivolse a tutti i presenti. "Vi prego di scusarmi, ma ho avuto un viaggio molto faticoso. Credo di aver bisogno di un po' di riposo."

"Ma certo! Non c'è bisogno di scusarsi!" Salutò il vecchio Dinko.

Gli altri augurarono la buona notte, anche Dorothy. Quatre salutò garbatamente e si voltò, allontanandosi. Non poté accorgersi del paio di occhi grigi che lo seguirono curiosi.

TBC...

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AN: Se siete sopravvissuti anche a questo capitolo, non mancate di farmi avere le vostre opinioni, per me sono molto utili. Ma questo lo sapete già, perciò...Grazie in anticipo e alla prossima settimana!

Baci,

Darkwing