Introduzione dell'autrice: *Anf anf*. Ce l'ho fatta. Pensavo di non riuscire a postare oggi questa parte ed invece ci sono. Come sempre ringrazio con tutto il cuore coloro che perdono il loro tempo leggendo le mie fantasticherie e che mi fanno pervenire i loro commenti. Anche questa volta il premio velocità è stato assegnato a Mary, che arrossisce tutte le volte che viene menzionata! Un abbraccio, pupa! E a tutti voi...Buona lettura! ^_^
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Parte quartaDire che avevano passato una giornata da favola sarebbe stato un eufemismo e per questo, l'unico modo accettabile per terminare in bellezza, sarebbe stata una bella cenetta.
Quatre si rilassò alla guida, lasciando che il vento gli corresse tra i capelli e che gli ultimi raggi del sole gli accarezzassero la pelle. Dorothy, al suo fianco, sembrava aver dato finalmente sfogo al proprio entusiasmo, e sedeva in silenzio, del tutto assorbita dal paesaggio arso e selvaggio della costa. La luce rosata della sera pareva creare un alone magico sui suoi capelli.
Quatre si sentì affondare il cuore. Era bellissima.
Ripensò alle ore spensierate che avevano trascorso insieme. Non avevano parlato di niente, per la verità, ma tra loro si era innescato facilmente un certo feeling. Cosa non scontata, dato che effettivamente tra loro non era mai nato un vero rapporto.
Ripensò con il sorriso sulle labbra a quando lei aveva insistito per fargli assaggiare le ostriche che avevano pescato. Lui non ne aveva mai mangiata una, e francamente, per quanto a detta dei buongustai fossero prelibate, ne avrebbe fatto volentieri a meno. L'idea di mangiare un animale praticamente vivo gli aveva fatto rizzare i peli alla base del collo, ma Dorothy non aveva voluto sentire ragioni. Aveva aperto il guscio e aveva versato direttamente nella valva del succo di limone - dicendo che per esaltarne il sapore non sarebbe servito altro - e poi gliela aveva offerta così, come se la conchiglia fosse stata un cucchiaio. Per essere sincero, anche dopo averla provata, non avrebbe saputo né smentire né confermare la dichiarazione della ragazza, perché l'aveva ingoiata praticamente intera.
Lei invece era riuscita a rendere sensuale anche la semplice operazione a cui lo aveva costretto. Aveva ancora di fronte agli occhi l'immagine delle sue labbra morbide mentre mordevano la polpa umida, racchiusa nella madreperla; la lingua rosea che accarezzava i denti perfetti; le dita affusolate ed agili che maneggiavano il pesante coltello da sub con inaspettata perizia...Ragazzi! Se per assistere ancora ad uno spettacolo simile, avesse dovuto mangiare un intero cesto di ostriche vive, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte! 'Oddio!' Rifletté Quatre, improvvisamente allarmato. 'Sto cominciando a pensare come Duo!'
"Ci siamo quasi." Dorothy ruppe il rilassato silenzio, indicando le prime luci del porto di Mürter città.
All'apparenza era solo poco più grande di quello di Jezera, ma già da quella distanza si capiva che la cittadina viveva secondo ritmi più mondani. Il lungo mare era popolato da turisti a passeggio e, nonostante non fosse ancora calata del tutto la sera, erano già numerose le luci dei locali aperti.
In pochi minuti varcarono l'imboccatura. "Adesso dobbiamo trovare un posticino per attraccare." Dichiarò Quatre, leggermente preoccupato per il traffico intenso.
"Là." Indicò Dorothy. Possiamo metterci in seconda fila.
Quatre alzò un sopracciglio. "Seconda fila?"
"Non preoccuparti. Nei porti si fa. Basta mettersi in modo da non danneggiare le altre imbarcazioni. Poi per scendere si fa la passerella, saltando da una barca all'altra. Nessuno si offende per questo. E' la prassi."
Seguendo il consiglio della ragazza, Quatre si sforzò di approntare un ormeggio efficace. Era certo che un marinaio si sarebbe messo a ridere per il modo in cui aveva legato la barca, ma tutto sommato 'per uno che aveva visto il mare sì e no due volte nella vita' era convinto di non essersela cavata troppo male.
Precedette Dorothy a terra, per aiutarla a saltare sul molo. Lei accettò il gesto, nonostante Quatre fosse certo che sarebbe stata perfettamente in grado di balzare a terra da sola.
"Dove andiamo, allora?" Le chiese. "Hai qualche preferenza?"
Lei si rassettò il leggero vestito estivo, guardandosi poco convinta. "Magari è meglio qualcosa di rustico. Non vedo dove altro potrei andare, vestita così."
"Credo che nessuno potrebbe smentirmi se dicessi: ovunque." Azzardò Quatre, con inconsueta audacia.
Lei sorrise, abbassando lo sguardo. Finalmente per una volta era lei a sentirsi a disagio e Quatre a sforzarsi di ignorarlo. Le offrì il braccio. "Vogliamo andare?"
Lei esitò, prima di accettare, poi sorrise e acconsentì. "Credo che domani non sarà bello come oggi." Cominciò, cercando di portare il discorso su argomenti impersonali.
Quatre alzò lo sguardo al cielo. "Perché dici così? Non c'è una nuvola."
Lei si strinse nelle spalle. "E' solo una sensazione, ma sono sempre stata un po' meteopatica."
"Davvero?" Quatre si sorprese solo parzialmente. "Anch'io, sai? Non so come spiegarlo, ma quando stavo nel deserto con Rashid e gli altri ragazzi, riuscivo sempre a prevedere le tempeste di sabbia. Non so, me lo sentivo nelle ossa."
Lei lo guardò di sottecchi. "Devo riconoscere che faccio fatica ad immaginarti in tenuta da 'battaglia nel deserto'. Credevo fossi più il tipo da 'strategia a tavolino'."
"In effetti sono sempre stato più portato per la riflessione che per l'azione diretta, ma spesso le circostanze non ci lasciano molta scelta e richiedono una certa flessibilità." Confessò lui.
Con una punta di rammarico lei annuì. "Già."
La vena di malinconia che le aveva incrinato impercettibilmente la voce lo mise sul chi vive. Non voleva che Dorothy si rattristasse per qualche ragione a lui imputabile. Si sforzò di pensare in fretta.
"Hey, guarda là." Le indicò un palco che era montato lungo la passeggiata, in un punto dove questa si allargava in una piccola piazzola. C'era una certa folla davanti e i tavolini più vicini erano già occupati. Un invitante profumino di barbecue aleggiava nell'aria. "Sembra che stiano preparando qualcosa. Chiediamo informazioni?"
Lei annuì, lasciando che Quatre si allontanasse per domandare ad un signore dell'organizzazione. Un minuto più tardi tornò da lei. "E' una festa paesana. Il menù è a base di pesce alla griglia e poi c'è uno spettacolo di musica locale. Che ne dici?"
Dorothy alzò le sopracciglia sorridente. "Direi che non potevamo essere più fortunati di così."
"Perfetto, allora." Mentre accompagnava Dorothy ad un tavolo, Quatre sperava che la propria contentezza non fosse ridicolmente evidente.
* * * * *
Mezz'ora dopo stavano sorseggiando un vino bianco locale, dopo aver fatto onore ad una generosa porzione di pesce fresco arrostito. Un sottofondo di flauti e tamburelli creava un'atmosfera allegra, in perfetto accordo con l'umore di Quatre in quel momento.
"Allora, non mi dici niente di te, Quatre? Cosa hai combinato per tutto questo tempo nello spazio?" Dorothy passò un dito perfettamente curato sul bordo del proprio bicchiere.
Di fronte ad una domanda tanto diretta, Quatre non poté evitare gli argomenti personali che aveva eluso per tutto il giorno. Cercò di mantenersi sul vago. "Nulla di speciale. Immagino che il mio si possa considerare un lavoro noioso, dopotutto."
"Non mentire." Asserì lei, come fosse un evidente dato di fatto. "Non posso credere che il CEO [3] della Winner Corporation trovi noioso il proprio lavoro."
Quatre si strinse nelle spalle. "Non è molto emozionante in realtà. Devo dire che sarei bugiardo, se negassi i risvolti economici, ma troppo spesso mi trovo a rimpiangere alcune situazioni concrete che ho dovuto affrontare in passato."
Dorothy rise. "Sei un pessimo bugiardo. Ti si legge in faccia che vai orgoglioso della tua azienda. E poi..." Fece una pausa per sorseggiare un altro po' di vino. "Non dirmi che ti stai allargando al mercato marziano solo perché ti manca l'avventura, perché tanto non ti crederei."
Il ragazzo sgranò gli occhi. Come faceva Dorothy a sapere degli accordi che stava cercando di raggiungere con la Mars Mining Enterprise? Fino ad allora avevano mantenuto le trattative su un livello strettamente confidenziale, per evitare le inevitabili oscillazioni sulle quotazioni delle materie prime che un'alleanza del genere avrebbe provocato.
"Non fare quella faccia, Quatre. Il mondo è più piccolo di quanto tu non creda e quello degli avvocati lo è ancora di più, o non saremmo tutti costretti ad andare in ufficio con gli artigli affilati."
'Avvocati?' Quatre assunse un atteggiamento più consono. "Spero vorrai concedermi la sorpresa, Dorothy. Non mi aspettavo che la faccenda fosse di così larga diffusione."
Lei agitò una mano con noncuranza. "Non preoccuparti, non lo è infatti. Ma tra colleghi a volte si chiacchiera."
"Vuoi dire che anche tu sei nel settore della finanza?" Quatre era veramente stupito, visto che non l'aveva mai sentita nominare.
Lei scosse la testa. "No. Esercito come civilista ma, come ti dicevo, tra colleghi a volte si chiacchiera e...Beh, lo 'scapolo d'oro' di L4 è spesso oggetto di pettegolezzi."
Quatre sapeva bene di costituire una preda appetitosa per rotocalchi di varia natura, che variavano da testate specializzate in economia e finanza; a riviste rosa, farcite di pettegolezzi. Talvolta gli era capitato di venire a conoscenza dai giornali di dettagli scabrosi della sua vita sentimentale dei quali era il primo a non essere a conoscenza. Era piuttosto curioso di sapere a quale categoria appartenessero le voci giunte alle orecchie di Dorothy. "Indiscrezioni o maldicenze?"
"Da quando ti interessa il parere della gente?" Domandò Dorothy schietta. "Mi pare che tu abbia sempre agito senza curartene molto."
Quatre annuì. "Devo darti atto che è così, ma frequentando un certo tipo di ambiente si impara ad essere prudenti." Sfoderò un mezzo sorriso che su un altro viso sarebbe apparso impudente. "Soprattutto quando si parla con degli avvocati." Aggiunse.
Al che la ragazza rise di gusto. "Touché!" Ammise, mimando un brindisi.
Quatre fece tintinnare il proprio bicchiere contro il suo e bevve il liquido dolce e frizzante.
"E così tu riesci là dove io fallisco miseramente." Riprese. "Confesso che, l'ultima cosa che ho fatto prima di uscire dall'ufficio, è stata maledire la classica clausola scritta in piccolo in fondo al contratto. Alla fine, dopo aver litigato inutilmente con me stesso per tutto il giorno, ho deciso che era arrivato il momento di partire per una vacanza." Dichiarò, evitando di menzionare la lettera di Duo.
"E' solo questione di esperienza..." Dorothy parve liquidare la faccenda, e Quatre non aggiunse altro.
Poteva assolutamente immaginare Dorothy esercitare un'attività forense. Una professione che le si addiceva alla perfezione e che evidentemente le dava la possibilità di continuare a confrontarsi con i propri avversari. Un perfetto campo di battaglia sul quale dare sfogo alla sua indole battagliera. Era sicuro che fosse un'oratrice formidabile.
"Di esperienza...e di necessità." Aggiunse Dorothy, quasi parlando a se stessa.
Alla sensibilità di Quatre non sfuggì il tono amaro della ragazza e si accigliò. "Qualcosa non va, Dorothy?"
Lei lo guardò con l'aria di chi stava facendo i salti mortali per non lasciarsi andare, ma stava fallendo nell'impresa. Gli venne voglia di prenderle la mano, ma si trattenne.
"No, è tutto normale."
Quatre evitò di dire che, se la normalità della sua vita comprendeva quel senso di contrarietà, non doveva affatto essere piacevole, perciò si limitò a guardarla. Non voleva spingerla a parlare di argomenti sgraditi.
Lei parve leggergli nella mente. "Non è che sia piacevole, ma non è certo un mistero il fatto che la necessità aguzzi l'ingegno, no? Non ho scelto questo mestiere per passione." Confessò.
Quatre annuì comprensivo. "Beh, neanche io ho scelto il mio. Pensa che in origine avrei voluto fare il musicista!" Sorrise con amarezza. "Come vedi, posso capirti perfettamente."
Si accorse con un secondo di ritardo di aver detto qualcosa di sbagliato: lo sguardo grigio di Dorothy era diventato improvvisamente più duro del gundanio.
"Tu cosa?" La voce pacata della donna lo mise istantaneamente con le spalle al muro. Non capiva cosa avesse detto per urtarla. Aveva la spiacevole sensazione che quella calma fosse il preludio di una tempesta.
"Capirmi?" Dorothy quasi ansimò incredula. "Come diavolo pensi di poter pretendere, anche solo lontanamente, di capirmi?"
Quatre avrebbe voluto avere la facoltà di rimpicciolirsi. Continuava a non capire le ragioni di quella reazione. "Mi dispiace. Non avevo alcuna intenzione di suonare offensivo."
La ragazza agitò una mano disgustata. "Sempre questa tua dannata gentilezza! Non ti sembra un atteggiamento ipocrita? Prima ferisci e poi chiedi scusa come se questo fosse sufficiente a cancellare tutto!"
Quatre, che continuava a non capire cosa avesse scatenato quella furia, non riuscì a far altro che scusarsi nuovamente. "Non mi sembra affatto ipocrita aver detto la verità. Non so cosa abbia detto o fatto per ferirti. Ma ti assicuro che non era mia intenzione farlo."
"Non lo sai, eh?" La voce di Dorothy si mantenne pacata, ma gelida. Apparentemente sembrava consapevole di non aver bisogno di alzare il tono per intimidire i propri interlocutori. I suoi occhi di ghiaccio erano più che sufficienti. "Se non lo sai, te lo dico io in cinque parole: mi hai rovinato la vita, Quatre Winner. E adesso, dopo che tu ed i tuoi amici avete devastato la mia esistenza, vieni a dirmi che capisci la mia posizione?"
Quatre rimase di stucco. Non avrebbe saputo riconoscere quanta parte di sé era rimasta scioccata, addolorata o delusa. "Io...Io non so cosa dire." Riuscì a balbettare.
"Bene." Dichiarò lei. "Allora taci e ascolta, così forse capirai veramente qualcosa." Non attese una replica e cominciò. "Quando mio padre è stato ucciso, ero solo una bambina. Mia madre se ne era già andata a causa di un tumore e questo significava che ero rimasta completamente sola.
Mio padre era un uomo molto facoltoso e, alla sua morte, fondi e possedimenti diventarono miei di diritto, anche se allora non ero affatto consapevole di cosa significasse. In quel momento quello che desideravo veramente erano soltanto un nido ed una famiglia. Tutte cose che il denaro non poteva comprare. Tuttavia, partenti che non avevo mai visto prima, cominciarono a fare la fila davanti a casa per contendersi la mia adozione, ma mio nonno materno impedì a tutti di avvicinarsi e si assunse l'onere della mia tutela. A dispetto dell'età avanzata era un uomo molto energico e fu l'unico a difendermi senza chiedere nulla in cambio.
Nel mio cuore non prese mai il posto dei miei genitori, ma col tempo costruimmo un rapporto formidabile. Con lui ritrovai la mia felicità, anche se ormai avevo conosciuto il sospetto. Poi, come già sai, è stato ucciso anche lui..."
Quatre trovò il coraggio di intervenire. "Ma non siamo stati noi, Dorothy. Sono stati quelli di White Fang."
Lei lo fissò con odio. "Stai cercando di dire che, se vi fosse capitato a tiro il capo della fondazione Romefeller, vi sareste limitati a stringergli la mano?"
Quatre tacque un momento. Sapeva fin troppo bene che, all'epoca in cui si erano svolti i fatti, le questioni non si sarebbero mai potute districare con un pacifico negoziato. Del resto, anche se di questo doveva ringraziare solo il caso, la morte del duca Dermail non gravava sulla sua coscienza. "Dovresti sapere meglio di me che nessun tribunale del mondo sosterrebbe un processo alle intenzioni."
"Quello è stato solo l'inizio della fine" Lo rimbeccò lei. "Con la sua morte ho perso tutto. Gran parte dei beni di famiglia erano ancora intestati a lui e, approfittando della confusione per la guerra in corso, le banche e gli sciacalli non hanno perso tempo. Non ci hanno messo molto a mettere nel sacco una donna sola, giovane e sprovveduta. Per questo non ho avuto altra scelta che abbandonare la Terra. OZ e tutta la fondazione stavano andando a rotoli ed io compresi che sarebbe stato meglio cercare sostegno altrove."
"Zechs." Interruppe Quatre, ormai del tutto incuriosito dal racconto.
"Esattamente. Milliardo era più vecchio di me, ma da bambini giocavamo spesso insieme. Era uno dei pochi che forse potevo ancora permettermi di chiamare amico."
Quatre si permise di interrompere ancora. "E' stata mossa rischiosa da parte tua. In fondo lui era il capo di White Fang all'epoca." Tralasciò di ricordarle la contraddizione insita nel suo gesto. In fondo erano stati loro ad abbattere lo shuttle del duca.
Dorothy abbassò lo sguardo. "Non avevo più niente da perdere. Se mi avesse uccisa me ne sarei andata sul campo di battaglia, come mio padre e mio nonno prima di me. Se invece mi avesse accettata con sé, avremmo condiviso gli onori della vittoria."
"Ma le cose non sono andate come avevi previsto."
La voce di Dorothy tornò a farsi minacciosa. "E' stata tutta colpa vostra!"
Quatre decise che in quel momento non sarebbe servito a molto ribadire che, se Zechs avesse portato a termine il suo piano, adesso non avrebbero potuto godersi quel bel cielo stellato. Perciò tenne la considerazione per sé. "La guerra è finita tanto tempo fa, Dorothy."
"La tua forse. Da quando mio padre è morto, la mia non si è interrotta un solo giorno." Lo sguardo vagamente feroce della ragazza lo ammutolì. "E, tornando alla domanda iniziale, vuoi sapere come sono finita a fare questo lavoro? Eccoti servito. Quando sono tornata sulla Terra, ed ho scoperto che davvero non avevo più nessun posto dove andare, ho dovuto lottare con tutte le mie forze per rientrare in possesso di una minima parte di ciò che era appartenuto alla mia famiglia. Non avevo nessuno che potesse aiutarmi, e così mi sono aiutata da sola. Ho finito di studiare e ho immediatamente cominciato ad esercitare la professione, senza neppure passare attraverso un periodo di tirocinio. Non avevo tempo da perdere. Quello che non si erano mangiati gli squali dopo la morte di mio nonno lo aveva confiscato la ESUN ad un defunto 'criminale di guerra', come risarcimento per i danni morali e materiali perpetrati contro l'umanità. Non è stato facile raccogliere prove concrete circa i miei diritti. Non tutte le cause sono andate bene, ma almeno su quel fronte ho vinto qualcosa. Se non altro, mi sono fatta un buon nome nell'ambiente."
Quatre sospirò mortificato. "Non avevo idea che fossi passata attraverso tutto questo. Mi dispiace davvero. Vorrei solo che tu sapessi che non è mai stata mia intenzione farti del male."
Lei si morse un labbro, probabilmente più per trattenere un fiume di insulti che per altro. "Di nuovo con le scuse! Non so che farmene delle tue scuse. Quel che è fatto è fatto. Solo...Non credo proprio che tu possa capire. Non puoi sapere quante volte ho sognato di uccidere te ed i tuoi amici con le mie mani. Non puoi sapere quanto ti ho odiato, Quatre Winner! Tu e tutti i tuoi compagni!
Dei ribelli, ex terroristi, se ne tornavano pacificamente a casa, mentre io rimanevo con un pugno di mosche...E come se non fosse bastato, mentre tu hai potuto mantenere segreto il tuo passato, io ho trascorso mesi sulla bocca della gente, per la quale ero semplicemente la nipote di un uomo malvagio, che ha contribuito ad una guerra sanguinosa."
Dal punto di vista di Quatre, Dorothy vedeva certi episodi attraverso una lente deformante, ma francamente non poteva darle torto. Poteva comprendere benissimo l'origine dei suoi sentimenti. C'era comunque qualcosa di profondamente ingiusto nell'odio che coltivava ancora dentro di sé.
"Non puoi continuare così, Dorothy. Le tragedie del passato non devono dominare la tua vita. Hai un futuro di successi di fronte a te.
Tuo padre se ne è andato e tuo nonno pure. E' vero, sei rimasta sola, ma hai anche dimostrato di essere straordinariamente forte. Non permettere che l'odio ti consumi e intacchi la tua anima. Lascia che per te il tempo torni a scorrere, ti prego." Gli spezzava il cuore vederla tanto tormentata. Aveva creduto che il tempo avesse guarito qualche ferita anche a lei. "Ti prego, Dorothy. Sei troppo buona per poter cedere così..." Non sapeva se fosse il momento giusto per farlo, ma il desiderio di stringere tra le dita la sua mano contratta ebbe la meglio. Attraverso il tavolino, Quatre allungò il braccio, posando delicatamente la propria mano sul pugno chiuso di lei.
Dorothy si ritrasse bruscamente. "Te l'ho già detto una volta, Quatre. Sapere di essere buona, non mi rende affatto felice! La bontà, come la chiami tu, è del tutto inutile quando devi lottare per vivere." Detto questo si alzò.
"Dove vai?" Quatre si allarmò immediatamente.
"Sono stanca. Non ho intenzione di proseguire questa conversazione." Dichiarò risoluta. "E non disturbarti ad alzarti. So trovare da sola la strada di casa." Aggiunse voltandosi.
"Dorothy!" Quatre si affrettò a raggiungerla, ma quando le posò una mano sulla spalla, lei se la scrollò di dosso e proseguì per la propria strada, senza voltarsi. "Grazie per la bella giornata." Gli disse in un soffio. Poi corse via, seguendo la banchina buia del porticciolo.
Quatre rimase per qualche ragione pietrificato. Stava piangendo. Non aveva voluto voltarsi per non farsi vedere piangere da lui. Se avesse potuto, si sarebbe preso a pugni da solo. Dorothy, la glaciale, imperscrutabile Dorothy, era letteralmente fuggita da lui in lacrime.
Il cuore gli affondò ulteriormente nel petto, ma questa volta per la disperazione. Avrebbe voluto correrle dietro, stringerla a sé, dirle che non aveva alcuna ragione di vergognarsi di lui, perché era solo un idiota che aveva trasformato una giornata meravigliosa in un inferno. Ma cosa avrebbe ottenuto? Cosa mai avrebbe potuto importarle delle sue opinioni, se l'unica cosa che la legava a lui era il rimpianto per non essere riuscita ad ucciderlo?
Il rombo sordo di un motore in partenza lo destò dallo stato di trance. 'Dorothy?'
Corse sulla banchina scarsamente illuminata, seguendo la direzione del rumore. Un paio di lucette rosse e verdi occhieggiavano sul mare nero come petrolio, segnalando la partenza imminente di una piccola imbarcazione.
"Dorothy!" Chiamò. La chioma bionda della ragazza si voltò verso di lui. "Ti prego, Quatre. Ho bisogno di stare sola." Per impedirgli di rispondere, fece salire di giri il motore e partì, conducendo il motoscafo fuori dal porto alla massima velocità consentita.
"Dannazione, Dorothy! Non fare pazzie!" Si guardò freneticamente intorno. Aveva bisogno di qualcosa per andarle dietro...
"Ti ha scaricato, eh?"
Quatre sussultò, colto di sorpresa. Poi notò la sagoma scura di un uomo seduto sulla banchina. Stava pescando.
Il ragazzo ignorò il commento. "Ho bisogno di una barca. Lei può aiutarmi?"
Il pescatore si voltò verso di lui. Il mozzicone rovente di una sigaretta oscillò nel buio, seguendo i movimenti delle sue labbra. "Potrei, ma non servirebbe a niente. Fidati, ragazzo mio. Conosco le donne da più tempo di te." Detto questo tornò a rivolgere la propria attenzione alla lenza.
Quatre non si diede per vinto. "Lei non capisce. E' la fuori da sola...E se le accadesse qualcosa?"
L'uomo ridacchiò. "Con tutto il rispetto, figliolo, ma visto il modo in cui hai ormeggiato, non hai l'aria di essere un capitano di lungo corso. Invece, non ti offendere se ti dico che la signorina mi è sembrata perfettamente capace di sbrigarsela. Secondo me è meglio che ti prendi un taxi e ci dormi sopra."
"Lei non capisce..."
Il pescatore ridacchiò ancora. "No, non capisco. Ma chi può dire di capire le donne? L'unica cosa che ho imparato dopo quasi quarant'anni di matrimonio è che, quando sono veramente arrabbiate, l'unica strategia vincente è la loro. Dammi retta, se le corri dietro adesso, peggiorerai la situazione. Quando domani le sarà passata, allora le regalerai un mazzo di fiori e tutto tornerà come prima."
Di certo neppure con un campo di rose avrebbe risolto il problema, ma probabilmente il consiglio del pescatore era più saggio di quanto gli fosse apparso a prima vista. Quatre dovette riconoscere a malincuore che, anche se l'avesse raggiunta, non avrebbe potuto fare nulla, se lei non glielo avesse concesso.
"Forse ha ragione." Ammise con un sospiro.
"Ma certo che ho ragione." Lo rassicurò l'uomo. "Comunque lascia che ti dica anche questo, ragazzo. Ti sei scelto una bella gatta selvatica, sai? Non mi meraviglia che tu ci perda il sonno."
Per fortuna la notte nascose il rossore che gli salì alle guance. "Beh...Cercherò di seguire il suo consiglio." Disse Quatre, salutando in fretta.
Lo sguardo rugoso del pescatore lo seguì divertito. "Ah, l'amore...La più nobile delle debolezze!" Si disse, ridacchiando.
TBC...
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[3] Chief Executive Officer. Direttore generale di un'azienda.
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AN: Darkwing: "AH! Le donne. Chi le capisce è bravo!"
Folla di lettori: "Hey, ma tu sei una donna! O.o"
Darkwing: "E' per questo che parlo a ragion veduta. ^_^;;"
Baci e abbracci,
Darkwing
