Introduzione dell'autrice: Bene. Questo è l'ultimo capitolo. Spero che sia di vostro gusto, come lo sono stati i precedenti, anche perchè, sentendomi oggi particolarmente buona, ho deciso di non farvi aspettare un'altra settimana per leggere l'epilogo. Perciò rallegratevi, con oggi scoprirete come si è conclusa l'avventura romantica del caro vecchio Quatre e della glaciale(?) Dorothy.
Vi ringrazio per l'affetto che mi avete dimostrato fino ad ora e vi abbraccio con tutto il calore di cui sono capace. Grazie Mary, per tutto l'entusiasmo con cui mi hai sostenuta e grazie I-chan, per aver apprezzato Dorothy! Ma un grazie di cuore va anche a Stefy, a BlueIce, ad Aly-chan e a tutti quelli che hanno letto e replicato. Non sapete che gioia mi avete dato con i vostri commenti!
Ma ora basta chiacchiere. Buona lettura!
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Parte quintaDopo un'ora d'inferno passata a rigirarsi nel letto, finalmente Quatre si era addormentato. Naturalmente non stava dormendo beatamente rilassato, perciò non servì un rumore troppo intenso per svegliarlo nuovamente, solo poco più tardi. Il tintinnio delle drizze che sbattevano lungo gli alberi delle barche a vela e il sibilo del vento tra le sartie lo costrinsero nuovamente alla coscienza. Disgraziatamente con essa tornò anche il ricordo della discussione che avuta con Dorothy.
Aveva seguito il consiglio del pescatore e si era lasciato convincere che la scelta fatta era la migliore, ma non si sentiva affatto tranquillo. Probabilmente avrebbe dovuto agire di testa propria e correrle dietro. Magari avrebbero litigato ancora, ma almeno adesso avrebbe avuto le idee più chiare.
Si rigirò nel letto e si posò un braccio sulla fronte. Qualcosa non tornava in quello che aveva detto Dorothy. Poteva immaginare alla perfezione i sentimenti che la tormentavano, ma non capiva era perché non li avesse mai seguiti.
Anche ammesso che non avesse avuto il coraggio di uccidere nessuno, avrebbe avuto altri mezzi per distruggerlo. Come lei stessa aveva sottolineato, la sua fortuna era che solo pochissimi amici fidati erano a conoscenza del suo passato. Se avesse voluto annientarlo, le sarebbe bastato darlo in pasto ai giornali. La sua carriera imprenditoriale sarebbe crollata come un castello di carte in un battito di ciglia. Il suo solido impero economico si sarebbe liquefatto come neve al sole. Eppure non lo aveva fatto...L'indomani avrebbe dovuto chiarire.
La persiana della finestra sbatté contro il muro, spinta da una folata improvvisa di vento. Prima che la cosa potesse ripetersi, e svegliasse tutti gli altri ospiti della pensione, Quatre si affrettò ad alzarsi e a bloccarla. Sospirò. Visto che tanto non riusciva a dormire, decise che sarebbe rimasto un altro po' alla finestra. Magari alla fine gli sarebbe venuto sonno.
Si guardò attorno. In strada non c'era nessuno a quell'ora della notte, ma non c'era pace nell'aria. Il cielo era perfettamente stellato, ma un vento ostinato spingeva piccole onde spumose ad infrangersi contro la banchina. Le barche oscillavano e cozzavano le une contro le altre, riempiendo l'atmosfera di sinistri schiocchi metallici e sibili improvvisi. Come aveva detto Dorothy, sembrava che si stesse preparando un fortunale. Forse, tutto sommato, si sarebbe rilassato di più se avesse chiuso bene la finestra.
Stava già rientrando, quando una stonatura catturò la sua attenzione. Tra le barche allineate, ne mancava una. Anche nel buio si vedeva chiaramente, perché in quel punto il mare riusciva a raggiungere la passeggiata. Cercando di smentire il proprio sospetto, si sforzò di ricordare quale fosse il posto che gli avevano assegnato, ma dopo aver contato più volte le imbarcazioni, dovette rassegnarsi a cadere preda del panico. Il loro motoscafo non era in porto. Dorothy non era rientrata.
Indossò il primo paio di bermuda e la prima maglietta che trovò ed uscì sul pianerottolo. Istantaneamente si bloccò. Non sapeva quale fosse la stanza di Dorothy.
"Accidenti!" Corse nella hall. Avrebbe controllato sul registro. Di certo non poteva mettersi a bussare ad una porta a caso nel cuore della notte.
Per la fretta urtò contro un tavolino, facendo cadere il posacenere che vi era sopra. Uno scoppio di cocci infranti risuonò tra le pareti, ma Quatre non lo sentì neppure. Era tanto intento a frugare il bancone che neanche si avvide di Tomislav e Dinko, che erano usciti dalle loro stanze allarmati.
"Quatre?" Dinko abbassò il bastone della scopa che aveva afferrato per scacciare il 'ladro'.
Il ragazzo non pensò neppure per un istante alla legnata che aveva rischiato di prendersi in testa. "Dov'è Dorothy? L'avete vista rientrare?"
Tomislav scambiò un'occhiata con lo suocero. "Veramente..." Si schiarì la voce imbarazzato. "Ecco, pensavamo che foste insieme."
"Lo eravamo, cioè...Non in quel senso." Quatre fece il giro del bancone e lo afferrò per le spalle. "Qual'è la sua stanza?"
"La sette, credo."
Il ragazzo corse immediatamente su per le scale. "Dorothy!" Bussò freneticamente.
Nessuno rispose.
Tomislav lo raggiunse. "Ma cosa succede?"
"Devo sapere se è qui."
Contagiato dallo sguardo sgomento di Quatre, anche Tomislav cominciò ad agitarsi. Corse a prendere una chiave di riserva e spalancò la porta. La stanza era in perfetto ordine. Il letto intatto.
Quatre si affondò le mani tra i capelli, girando per la stanza come un leone in gabbia. "Maledizione! Lo sapevo che non dovevo lasciarla andare!"
Dinko finalmente entrò a sua volta. "Ma cosa è successo?"
Parlando e pensando contemporaneamente al da farsi, Quatre continuò a girare per la stanza irrequieto. "Abbiamo avuto una discussione. Lei ha preso il motoscafo e non è ancora tornata." Infine si fermò di fronte a Tomislav. "Ho bisogno di una barca. Devo andare a cercarla."
Il marinaio scosse la testa. "E' impensabile iniziare una ricerca adesso. Il mare si sta alzando..."
Quatre lo afferrò nuovamente per le spalle. "E' proprio per questo che devo trovarla!" Agitò un dito indicando la finestra. "E' là fuori su un guscio di noce, da sola nel bel mezzo della notte, e come se non bastasse, si sta preparando una mareggiata. Non starò qui ad aspettare che la marea riporti a riva i pezzi."
I tre uomini rimasero in silenzio totale per alcuni secondi. Poi Tomislav annuì. "D'accordo. Andiamo." Si rivolse al vecchio. "Dinko, noi due usciamo con il Jezera, tu resta qui. Mi serve un contatto radio a terra. Mentre noi ci prepariamo a salpare, tu allerta la guardia costiera."
"Ma Tome..."
Il genero scosse la testa. "Quatre ha ragione. Se aspettiamo i soccorsi potrebbe essere troppo tardi. Il Jezera è l'unica barca del paese che può farcela perciò, se possiamo fare qualcosa, non staremo qui a perdere tempo."
Dinko annuì. "Buona fortuna allora e...Siate prudenti."
Prima che Tomislav potesse andarsene però, una tenera vocetta assonnata borbottò qualcosa ai suoi piedi. Evidentemente, con tutto il trambusto che avevano fatto, erano riusciti a svegliare la piccola Ivana, che ora voleva la sua dose di informazioni. Tirò i calzoni del padre e bofonchiò nel suo linguaggio incerto. Questi la prese in braccio e le sussurrò qualcosa in croato riuscendo evidentemente a tranquillizzarla, perché non protestò affatto quando la consegnò a Dinko affinché la rimettesse a letto.
"Noi andiamo allora." Annunciò Tomislav, prima di avviarsi verso le scale. "Invieremo un aggiornamento radio ogni quindici minuti."
Quatre esitò un istante, guardando Dinko negli occhi, mentre la bambina lo fissava con quel suo sguardo pulito e fiducioso. "Saremo prudenti. Lo prometto."
Il vecchio accettò la dichiarazione con un cenno del capo. "Correte adesso. Ogni minuto è prezioso."
* * * * *
Quando Quatre raggiunse Tomislav al posto di comando del peschereccio, notò che questi non aveva perso tempo per cambiarsi. Era vestito esattamente come quando si era buttato giù da letto, e cioè, quasi nudo. Indossava soltanto un paio di calzoncini corti ma, nonostante l'aspetto discinto, riusciva ad irradiare un'aria autoritaria e risoluta. Ai comandi della sua barca era decisamente il comandante. "Occupati degli ormeggi. Appena hai mollato dammi il 'libero'." Ordinò.
Quatre corse sul ponte, affrettandosi ad eseguire. Non appena ebbe mollato le cime e dato il via, il Jezera si staccò dal molo, obbedendo al controllo di Tomislav, che lo condusse rapidamente fuori della baia. Quando Quatre lo raggiunse in plancia, stava già ricevendo il primo aggiornamento meteo da Dinko.
"...Mare: forza quattro; Velocità del vento: sedici nodi, in rapido aumento. Direzione: nord-nord-est." Fece una breve pausa, assumendo un tono meno formale. "Ho parlato con la guardia costiera. Hanno detto che non potranno cominciare le ricerche prima di un paio d'ore perché sono già impegnati più a nord, per la scuffia di un cabinato a vela. Siete soli, Tome"
"Ricevuto. Ti comunicherò le nostre coordinate ogni quarto d'ora. Passo e chiudo."
Quatre scoccò un'occhiata colpevole a Tomislav. "Mi spiace che siate stati coinvolti in questa storia. Se le avessi impedito di prendere la barca..."
Tomislav lo mise a tacere. "Non è il momento. Dimmi piuttosto dove pensi sia meglio cominciare a cercare."
* * * * *
Dopo un'ora di ricerche in mezzo all'oscurità più totale, Quatre e Tomislav avevano raggiunto il tacito accordo di tenere per sé qualsiasi tipo di pronostico. Come aveva detto Dinko, il vento era cresciuto notevolmente di intensità ed ora le onde erano così alte che si frangevano sul ponte del peschereccio, inondandolo completamente. Il Jezera avanzava lento, ma inesorabile, sbandando ad ogni colpo del mare.
Avevano già fatto il giro dell'isola una volta e non avevano trovato nulla. Tomislav aveva cercato di consolare Quatre, citando la possibilità che, per sfuggire alla risacca della costa, Dorothy avesse cercato di spostarsi più al largo. Aveva spiegato che talvolta era una mossa consigliabile, ma che di solito veniva praticata in zone di mare aperto, dove era scarsa la possibilità di trovare un insenatura in cui ripararsi.
Quatre aveva finto di accettare la consolazione, ma intimamente non aveva mai smesso di credere che Tomislav non lo ritenesse possibile. Del resto lui stesso non pensava che Dorothy si fosse allontanata dalla costa. Anche lei sapeva bene quante piccole isole disabitate e quanti scogli affioranti costellassero quella zona. Spostarsi a caso sarebbe stato un suicidio.
"Perché non facciamo un altro giro?" Propose. "In fondo con questo buio non si vede niente. Potrebbe esserci sfuggita."
L'altro uomo annuì e si predispose alla manovra.
"Cos'è quello?" Quatre indicò una luce isolata lungo la costa che prima non aveva notato.
"Un ristorante. Ma a quest'ora è certamente chiuso."
"Perché non andiamo a dare un 'occhiata ugualmente? Dorothy potrebbe aver cercato un riparo."
Tomislav alzò un sopracciglio scettico. Infine si strinse nelle spalle. "Tentare non costa niente." Concesse.
L'approdo si rivelò piuttosto impegnativo, sia a causa del mare grosso che della scarsa illuminazione, ma Tomislav accostò al pontile senza troppi problemi. Quatre balzò immediatamente a terra, ma prima di seguirlo, il comandante del Jezera contattò Dinko, lo informò della loro posizione e ricevette un altro nefasto aggiornamento delle condizioni meteo.
"Quatre!" Chiamò infine.
"Qui non c'è traccia del motoscafo!" Rispose il ragazzo.
"Dobbiamo andare!" La voce si disperse nel vento e giunse attutita alle orecchie di Quatre che dovette risalire a bordo per capire cosa avesse urlato Tomislav.
"Dobbiamo andare." Ripetè questi. "Il vento sta aumentando di intensità. Da qui, con il tempo buono, ci vuole almeno mezz'ora per tornare a casa. Con il mare in queste condizioni però, non me la sento di fare una previsione. E' pericoloso restare qui."
Quatre abbassò lo sguardo, pensando. "Sì. Sì, capisco."
"Rischiamo di affondare anche noi, se le cose continuano a peggiorare con questo ritmo." Continuò Tomislav, quasi a voler convincere anche se stesso di quanto sarebbe stato imprudente proseguire.
Infine Quatre annuì, notando che il pescatore riteneva scontato il naufragio di Dorothy. "Hai ragione, Tome." Disse infine, posandogli una mano sulla spalla. "Per questo continuerò da solo."
Tomislav impiegò qualche istante prima di digerire il significato delle parole del ragazzo. "Cosa?"
"Ho deciso." Quatre lo guardò con lo sguardo di chi non avrebbe ammesso repliche. "Tu scendi qui."
"Ma è una follia!" Protestò l'uomo che, tra le altre cose, non era entusiasta di lasciare la propria barca nelle mani di un neofita.
"Per questo tu scendi qui." Dichiarò Quatre, risoluto. "Tu hai una famiglia che ti aspetta a casa e che ha bisogno di te. Mentre io...Io ho già abbastanza vittime sulla coscienza."
Tomislav ammiccò sorpreso. "Non so di cosa tu stia parlando, ma non puoi andare solo. Te lo impedirei a qualunque costo."
Quatre si accigliò. "Ti prego Tomislav. Non costringermi ad usare la forza. Ho deciso che andrò, anche se sono d'accordo con te che sia una follia. Tuttavia non sono ancora abbastanza pazzo da rischiare anche la tua vita."
"Tu tornerai a casa con me." Ribadì l'altro, con pari determinazione.
Un intero minuto passò prima che alcuno dei due muovesse un solo muscolo. Il Jezera continuava ad ondeggiare, sbattuto dal mare, mentre sopra le loro teste il vento ululava furibondo. Entrambi rimasero impalati a fissarsi, studiandosi a vicenda.
Tomislav infine fece la prima mossa, attaccando Quatre di destro. La potenza fisica del croato caricò il pugno di un impulso non comune, ma il ragazzo non si lasciò cogliere impreparato e bloccò la mano dell'avversario nella propria.
"Tomislav!" Gridò, tenendo salda la presa. "Non rendere le cose più difficili!"
"E tu non fare pazzie!" Ruggì l'altro attaccando con l'altra mano.
Questa volta, sotto l'impatto del pugno, Quatre perse l'equilibrio e rovinò pesantemente a terra, trascinandosi dietro l'avversario. La caduta costò a Quatre un immediato svantaggio, anche perché, nonostante fosse evidente che Tomislav non avesse idea di come condurre una lotta, era pur vero che disponeva di una non comune massa muscolare e di un buon palmo di altezza in più.
Il ragazzo non si diede per vinto e continuò a lottare. Era un po' arrugginito dalla vita sedentaria e di certo non era mai stato particolarmente brillante nel corpo a corpo, ma Tomislav era del tutto scoordinato, perciò non fece troppa fatica ad individuarne un punto debole.
Con un repentino gioco di leve Quatre riuscì a capovolgere la propria sorte, avvantaggiandosi del peso stesso del proprio avversario.
Un grugnito sfuggì alle labbra di Tomislav, quando improvvisamente si ritrovò con la faccia a terra ed un braccio ritorto dietro la schiena. "Lasciami andare, Quatre." Ansimò.
"Mi spiace. Non posso."
L'uomo cercò di divincolarsi, ma Quatre lo colpì alla base del cranio, facendogli perdere i sensi.
'Mi dispiace davvero. Non avrei mai voluto arrivare a tanto.' Osservò per un istante il corpo esanime che giaceva ai suoi piedi e poi se lo caricò in spalla con cura. Lo portò in fretta a terra e lo collocò in un posto elevato a ridosso degli scogli, dove la furia del mare non avrebbe potuto raggiungerlo. Dopodiché corse di nuovo al peschereccio e mollò gli ormeggi. Non riuscì a staccarsi dal molo con la stessa grazia con cui Tomislav aveva approdato, ma in un modo o nell'altro raggiunse il mare aperto. 'Sto arrivando, Dorothy. Ovunque tu sia, sto arrivando...Giuro che questa volta non ti lascerò sola.'
* * * * *
Dopo un'altra ora trascorsa in mezzo alla furia cieca della natura, Quatre cominciò a sperare che il detto 'la fortuna assiste gli audaci' fosse qualcosa di più di un semplice insieme di suoni. Aveva pensato di concentrare le proprie ricerche nella zona a sud dell'isola. Visto che il vento proveniva da nord, era ragionevole pensare che la ragazza avesse cercato un riparo in quella direzione. Tuttavia il mare stava assumendo connotati veramente pericolosi e per lui era già talmente difficile tenere il controllo del Jezera, che gli era quasi impossibile cercare. Come se poi fosse servito a qualcosa! Era talmente buio fuori che dubitava sarebbe riuscito a vedere una montagna se non ci fosse passato abbastanza vicino. Decise che avrebbe dovuto provare a segnalare la propria presenza e sperare di essere notato. Se Dorothy fosse stata ancora viva, e se avesse avuto ancora con sé l'equipaggiamento di soccorso e se lo avesse visto...Quatre deglutì. C'erano troppi 'se' in quella storia.
Ciononostante mise mano al segnalatore acustico. Sapeva che i marinai lo usavano per trasmettere messaggi ben precisi, secondo il codice del mare, ma lui lo avrebbe usato semplicemente per fare un po' di fracasso.
Iniziò la propria fanfara stonata, ripetendo il segnale man mano che procedeva lungo la costa.
Dopo quelli che gli parvero secoli, un razzo fumogeno accese una macchia di luce rossa sulla superficie dell'acqua, poco più a nord della posizione in cui si trovava. Immediatamente dopo si estinse.
"Dorothy!"
Non poteva essere che lei. Diede massima potenza ai motori del peschereccio, invertendo la rotta, ma il mare protestò, inondando il ponte. Per poco Quatre non cadde per l'impatto. Avrebbe dovuto procedere con più cautela.
Lentamente, cercando di non perdere di vista il punto in cui aveva visto accendersi la luce, avanzò contro vento. Finalmente vide qualcosa di bianco galleggiare sull'acqua. Cercò di avvicinarsi, ma era solo uno dei cuscini del motoscafo.
Si affacciò al finestrino e gridò. "Dorothy!"
Una risposta gli arrivò confusa dal vento.
Era viva! Era lì, ad un passo da lui, ma non riusciva ancora a vederla! "Dorothy!"
Un'altro richiamo dalla provenienza incerta.
Continuò a chiamarla finché finalmente non riuscì a distinguere una sagoma più chiara sulla superficie nera del mare. Il piccolo motoscafo era completamente in balia delle onde.
"Dorothy!"
"Quatre!"
"Non muoverti, sto arrivando!"
Con tutta la cautela di cui era capace, Quatre cercò di avvicinarsi il più possibile al motoscafo, ma presto fu costretto a lasciare i comandi per prestare soccorso alla ragazza. Prese una delle numerose funi che erano a bordo e si affacciò alla battagliola. "Ti lancio una corda! Cerca di prenderla e di legarla da qualche parte!"
"Sì!" La voce di Dorothy era incrinata dalla paura. "Sono pronta!"
"Vado!" Quatre lanciò la cima fuori bordo, ma il vento deviò la traiettoria.
"L'ho persa!" Si sgomentò la ragazza.
"Tranquilla. Ora riproviamo." Quatre riavvolse la fune e la lanciò nuovamente. Questa volta il tentativo andò a buon fine.
"Ce l'ho!" Dorothy esultò ma, smentendola immediatamente, un'onda allontanò improvvisamente le due imbarcazioni, facendole perdere l'assetto.
Quatre la udì gridare e, con orrore, la vide cadere nell'acqua. "Dorothy!"
Non ci pensò due volte e si buttò a mare a sua volta. Nella foga del momento non pensò a nient'altro che a precipitarsi da lei. Lottando contro la potenza soverchiante del mare, riuscì ad avvicinarla. Per fortuna era riemersa.
"Dorothy! Stai bene?" La raggiunse e la aiutò a rimanere a galla. Aveva bevuto e stava tossendo.
"Sì...Sto bene. Credo." Tossì di nuovo. "Ma dobbiamo andare via di qui! La barca è incagliata! Ci sono degli scogli affioranti e..."
"Attenta!" Quatre la tirò a sé mentre il motoscafo, sbattuto da un'altra ondata poderosa, si rovesciò accanto a lei. "Ce la fai a nuotare fino al peschereccio?"
Boccheggiando lei annuì.
"D'accordo, allora. Vai avanti tu."
Con la spinta fornita loro dall'istinto di sopravvivenza, entrambi attinsero ad energie che non sospettavano di possedere. La lotta contro le onde incalzanti di un mare indifferente li prosciugò di ogni capacità di resistenza, ma alla fine la loro tenacia fu premiata.
"Come facciamo a salire, adesso?" Dorothy ansimò, aggrappandosi alla fiancata dell'imbarcazione da pesca.
Se la situazione lo avesse consentito, Quatre sarebbe scoppiato a ridere per la propria stupidità. Non aveva minimamente pensato a come avrebbero fatto a risalire! Non poteva dirlo a Dorothy, però. "Salgo prima io e poi di do una mano." Dichiarò, some se tutto fosse stato parte dello stesso brillante piano di salvataggio.
Con poche faticose bracciate raggiunse la poppa della barca e cercò un appiglio tra le varie attrezzature da pesca che pendevano fuori bordo. In qualche modo riuscì ad aggrapparsi a qualcosa e ad issarsi. Adesso doveva pensare a Dorothy.
Le lanciò in fretta una fune. "Aggrappati forte. Ti tiro su io!" Passò la cima attorno ad uno dei verricelli delle reti e, non appena la ragazza si fu aggrappata, la tirò a bordo.
Immediatamente si precipitò da lei. Appena aveva messo piede sul ponte era crollata esausta in ginocchio. "Stai bene?"
Lei annuì, incapace di parlare per lo spavento e la fatica.
"Forza, allora. Non è finita. Dobbiamo ancora rientrare."
Dorothy si rialzò su gambe malferme. Quatre cercò di aiutarla, per quanto il mare grosso rendesse l'equilibrio veramente precario anche per lui.
Non riuscirono che a fare pochi passi verso la plancia di comando, quando il ponte si inclinò paurosamente sotto i loro piedi, accompagnato da un raccapricciante clangore di lamiere.
Dorothy cacciò un grido, sentendosi sbalzare fuori bordo.
"Dorothy!" Quatre seguì unicamente il proprio istinto e saltò, abbracciandola al volo.
Precipitarono insieme, nel buio.
* * * * *
Qualcosa gli impediva di respirare. Provava un forte senso di nausea e avrebbe dato qualunque cosa per avere la forza di vomitare, ma gli pareva di essere sospeso senza tempo nel corpo di qualcun altro.
Perché non riusciva a muoversi? Non riusciva neppure ad aprire gli occhi. O forse aveva già gli occhi aperti e il buio che vedeva era ciò che effettivamente lo circondava?
Un forte senso di oppressione al petto lo fece improvvisamente sentire come se qualcosa lo stesse trascinando a velocità vertiginosa verso l'alto. O forse era verso il basso? Non avrebbe saputo dirlo. Era completamente disorientato ed impotente. Sentiva di aver perso il controllo del proprio corpo - ammesso che ne avesse ancora uno.
Forse era semplicemente così che ci si sentiva da morti: scollegati, molli, sordi, ciechi...Era meno sgradevole di quanto avesse pensato.
La contrazione involontaria del diaframma gli provocò un doloroso conato. Tossì. Qualcosa di liquido gli invase la gola e lo costrinse a tossire ancora. Altro liquido gli inondò la bocca, finché non riuscì in qualche modo a sputarlo. Immediatamente il senso di costrizione al petto si alleggerì.
Quatre trasse un respiro profondo, spiegando i polmoni indolenziti. Tossì ancora e questa volta, lo spasimo decretò bruscamente la fine della sua caduta nel vuoto. Un dolore diffuso salutò il suo ritorno nel mondo dei vivi, obbligandolo ad una seconda nascita, non meno traumatica della prima. Cos'era successo?
Nuovamente alimentato dall'ossigeno, il suo cervello iniziò a scavare nella memoria, alla ricerca disperata dei ricordi più recenti. Un'angoscia incontenibile sostituì la nausea, quando nella sua mente si andarono disegnando alcuni abbozzi di quanto era accaduto. Ricordava di essere stato sbalzato fuori bordo insieme a Dorothy, ma poi tutto si faceva più confuso.
Una pulsante fitta alla spalla destra spronò dolorosamente le sue facoltà intorpidite. Forse cominciava a capire. Aveva lasciato il Jezera privo di controllo e, mentre si era tuffato la prima volta per raggiungere Dorothy, il mare lo aveva spinto troppo vicino agli scogli. Evidentemente erano andati a sbattere e l'impatto li aveva scaraventati fuori. Cadendo in acqua, aveva urtato contro delle rocce - e ciò poteva spiegare quel dolore alla spalla - e poi...Poi non ricordava nient'altro. Che ne era stato di Dorothy? Era riuscito a proteggerla dall'urto? Era ferita? Era viva?
Provò a chiamarla, ma tutto ciò che riuscì ad ottenere fu un soffocato borbottio.
Qualcosa si mosse al suo fianco e gli toccò una guancia. Sembrava una mano. "Quatre!"
Il ragazzo rivolse un muto ringraziamento a quell'entità che gli esseri umani chiamavano Dio. Era viva.
La ragazza scoppiò in un incontrollabile pianto dirotto. "Sei vivo!" Riuscì a dire tra i singhiozzi. "Credevo saresti morto!" Pianse, stringendogli freneticamente una mano e posandogli la fronte sul petto.
Quatre tossì ancora, liberandosi i bronchi dall'acqua residua. "Pensavo...Pensavo fosse ciò che volevi." Disse in un sussurro, che rischiò di venir inghiottito dagli urli del mare contro le rocce.
La ragazza rimase immobile. Poteva sentirla piangere in silenzio e riusciva percepire il peso della sua testa sul petto. Per la prima volta da quando aveva ripreso i sensi, aprì gli occhi. Il cielo stellato galleggiava sopra di loro, del tutto disinteressato.
"Non piangere." Disse, cercando di raggiungere con una mano il capo della ragazza, ma un dolore bruciante alla schiena glielo impedì, facendolo trasalire.
"Cosa c'è?" Dorothy si alzò a sedere di scatto, i capelli fradici le aderivano al viso pallido; gli occhi scuri lo fissavano nel buio, spalancati ed affranti.
Quatre cercò di sorridere per tranquillizzarla, ma riuscì solo a peggiorare la situazione con una smorfia. "La spalla..." Grugnì.
Dorothy si scostò le ciocche dagli occhi e si asciugò in fretta le lacrime. "Aspetta. Non muoverti. Ti aiuto io."
Con uno sforzo da parte di entrambi, Quatre riuscì a tirarsi a sedere e a trascinarsi contro una parete rocciosa. La fitta che soffrì gli fece rimpiangere immediatamente di essersi spostato. "Mi sa che c'è qualcosa di rotto." Ansimò.
"Siamo caduti sugli scogli." Spiegò Dorothy, mordendosi un labbro. "Mi dispiace...E' solo colpa mia."
Quatre respirò profondamente, cercando di non farsi sopraffare dal dolore. "Tu stai bene? Cos'è successo dopo?" Chiese, trascurando il senso di colpa della ragazza.
"Sì, io sto bene e tu...Sei svenuto." Ricordò lei, stropicciandosi le mani in grembo. Altre lacrime minacciarono di sfuggirle. "Se non fosse stato per te, temo che sarei affogata." Alla flebile luce della luna, Quatre la vide portarsi una mano alla bocca, per soffocare un singhiozzo.
"Penso di poter dire la stessa cosa." Commentò. "Ma come hai fatto a portarci qui? Dove siamo?"
Lei scosse la testa. "Non lo so. So solo che ho nuotato finché non ho toccato terra." Sospirò profondamente. "Per fortuna qui c'è un po' di sabbia, perché altrimenti non credo che sarei riuscita a tirare a riva anche te. Francamente pensavo che saremmo affogati tutti e due."
Dopo una lunga pausa di silenzio fu Quatre a riprendere la parola. "Grazie per non avermi abbandonato. Mi rendo conto che la tentazione deve essere stata forte."
Dorothy tacque. Quando infine parlò lo fece pacatamente, ma nella sua voce si celava una profonda tristezza. "Perché non riesco mai a vincere contro di te? Perché, Quatre?" Lo guardò negli occhi, nonostante l'oscurità ottenebrasse ogni cosa. "Dimmelo tu, ti prego, perché io non so più niente."
Quatre rimase ammutolito. Veramente aveva sempre pensato di essere lui il perenne sconfitto. "Io non sono tuo nemico, Dorothy. Non lo sono mai stato. Non ho mai voluto combattere contro di te e non c'è stato giorno della mia vita in cui abbia desiderato farti del male."
Il canto furioso del mare riempì il silenzio, finché la voce mesta della donna non tornò a farsi udire in un sussurro. "Dunque è per questo."
Un traslucido raggio siderale si riflesse sulle sue lacrime silenziose, finché Quatre non allungò la mano che riusciva ancora a muovere e non le cancellò dolcemente, con il pollice. "Ti ho già fatto piangere abbastanza, oggi."
Lei non disse niente, come sempre totalmente imperscrutabile, ma non oppose alcuna resistenza quando le fece scivolare le dita dietro la nuca e la tirò a sé.
Quatre avrebbe tanto voluto baciarla e abbracciarla - e probabilmente lei glielo avrebbe consentito - ma intimamente sentiva che non era quello il momento giusto. Avrebbe sprecato tutto nella tempesta di emozioni di quella notte. Non era così che voleva dirle che si era innamorato di lei.
Invece le lasciò posare la testa sulla spalla intatta e la cinse, confortandola.
Dopo alcuni minuti di silenzio, riempito unicamente dai ruggiti delle onde, Dorothy parlò soffocando le parole contro il suo petto. "Non ti odio affatto, Quatre. Volevo che lo sapessi." Finì, bisbigliando.
Quatre sorrise e le accarezzò la testa ancora bagnata. "Non dire niente." Le disse, socchiudendo gli occhi. "Non è necessario dire niente."
Rimasero così per ore, cullati dalla musica potente del mare, mentre a poco a poco la luce antica delle stelle sfumò nelle tinte calde dell'alba.
Quando finalmente arrivarono i soccorritori, li trovarono così, beatamente addormentati nell'angolo più remoto della spiaggia.
TBC...
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