FAR FROM PEOPLE LIKE ME
PRIMO CAPITOLO
Anno 4076 d.c. in un luogo imprecisato della Terra
Un telegiornale trasmetteva.
University of Research and Psychology, 7 novembre 4076
Signorina Wenham? (le fan sfegatate di Faramir de "Il Signore degli Anelli" capiranno.)
Sì sono io. Ha bisogno?
Mi chiamo Ikeda, sono il direttore del Research Centre di Yokohama. Avrà sicuramente sentito parlare del Diario che è stato rinvenuto nei pressi di Tokyo.
Certo che ne ho sentito parlare. Nell'università chiunque vorrebbe averlo sotto le mani. È sicuramente un oggetto di valore inestimabile, chissà cosa si potrebbe scoprire analizzandolo.
Già, molti vorrebbe studiarlo, ma tra tanti è stata scelta lei. Il nostro centro crede nelle sue capacità, lei gode di un'altissima stima nel nostro ambiente. Le sue pubblicazioni in materia sociologica sono un nostro costante punto di riferimento. E pensiamo che solo lei possa riuscire a estrarre qualcosa dal Diario.
Lei cosa vuole da me in particolare?
Voglio che Lei trovi informazioni interessanti sulla sfera emozionale del possessore di questo documento.
Non credo ci siano problemi in questo. Ma.
Ne ero convinto. Se riuscissimo ad interpretare i sentimenti e le emozioni dei Primitivi faremmo ugualmente un grandissimo passo avanti nello studio delle antiche civiltà.
Ma queste civiltà non vanno considerate come morte, noi non siamo che i loro discendenti.
Ma abbiamo caratteristiche molto diverse.
È una semplice questione di mentalità, in fin dei conti. È normale che questa cambi col passare del tempo. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è l'evoluzione artificiale che abbiamo subito.
Evoluzione artificiale?
Suvvia, sa benissimo di cosa sto parlando.provare emozioni e sentimenti è insito nella natura umana, ma tutto ciò è stato messo fuori legge nel 2731. Da quella data tutti i neonati sono stati sottoposti a delle particolari onde che precludono qualsiasi atteggiamento irrazionale legato alla sfera emotiva. Anche io e lei, tutti. È questa l'unica reale differenza, noi siamo esattamente le stesse persone che sono vissute due millenni fa, solo private, e ripeto artificialmente, della capacità di provare emozioni.
Lo dice come se fosse una vergogna.Ma il nostro è un mondo perfetto, perché è forte.
Perché nessuno cade nei sentimentalismi e l'unica emozione che proviamo è il terrore della Punizione. Solo un mondo organizzato così va avanti. I sentimenti portano l'uomo a pensare, l'uomo che pensa vede le mancanze della società, se vede le mancanze della società vorrà cambiarla.e così nasce il malcontento, e nascono le rivoluzioni. Non bisognerebbe dimostrarsi così deboli, signorina Wenham.
La signorina Wenham rabbrividì percettibilmente. Sapeva benissimo cosa voleva dire quel bastardo che aveva davanti. Sapeva benissimo che quelli del Research Centre di Yokohama si erano accorti della sua "debolezza". Studiare il comportamento degli umani del ventesimo secolo l'aveva portata ad immedesimarsi in loro, a dividere impressioni e sensazioni con quelli che erano stati i suoi antenati. Poteva fingere finchè voleva, ma questo la frustrava e la distruggeva psicologicamente. Ogni giorno che passava si sentiva sempre più a disagio e provava rabbia nei confronti dei leader che mandavano avanti questa politica dispotica. E questo era illegale. Il suo lavoro aveva riportato alla luce il germoglio di tutti i sentimenti che le era stato proibita provare. E se le Autorità ne fossero venute a conoscenza.non voleva nemmeno pensarci. Conosceva la punizione.Cancellazione di Ogni Rimembranza, che bel termine. In poche parole ti facevano un lavaggio del cervello e ti mollavano sotto il primo ponte che trovavano. L'idea la terrorizzava. Dio, che bastardi!
Se riuscirete a farmi pervenire il diario, al più presto mi darò da fare. Ma voglio lavorare sull'originale, beninteso.
Non c'è problema, signorina Wenham.
Bene, mi può sempre lasciare messaggi in università. Arrivederci.
Arrivederci e grazie del suo tempo.
Qualche settimana dopo, nell'appartamento della Signorina Wenham.
La signorina Wenham si guardò allo specchio. Qualche traccia di trucco sugli occhi. I folti capelli che le incorniciavano il bel viso. Stanco, segnato. Giovane eppure già segnato dal tempo. Come se tutti i millenni di storia che aveva studiato le pesassero sulle spalle. Un numero di telefono ormai incomprensibile scritto di tutta fretta sulla mano era tutto ciò che le era rimasto di quella giornata lavorativa.
Andò in cucina per mangiare qualcosa ma come al solito finì per spiluzzicare qualcosa (come faccio sempre io quando sono a casa da sola e devo prepararmi da mangiare ) senza concludere niente. Un po' di formaggio, un po' di pane, una mela.poi riapriva il frigo e mangiava un pomodoro, un po' di latte e cereali.
Poi passò in sala dove decise di leggere un libro: amava la lettura, avrebbe passato ore intere a leggere se non fosse stata così impegnata. Così si avvicinò allo scaffale su cui teneva tutti i suoi volumi e cominciò a scorrere i vari titoli."Innovazioni algebriche del secolo XXXII", "Storia della chimica moderna", "Fisica e teoremi". Le cascarono i pantaloni.
Si lasciò cadere sconsolata sul divano e chiuse gli occhi. Ripensò a tutto quello che le era capitato quel giorno, dalla pulizia del suo studio all'incarico del diario, dalla veloce cena alla consapevolezza di avere soltanto manuali in casa sua.
E con questi pensieri si addormentò, ed il suo fu un sonno agitato e pieno di visioni di prigionia.
Il giorno dopo.
Signorina! Signorina Wenham! Signorina!!!
Julia stava ancora dormendo sul divano. Si rigirò, scocciata per essere stata svegliata.
Signorina!!!
Era insistente. Julia si alzò e si avviò verso la porta.
Chi è? - chiese con voce assonnata.
Sono la vicina. Stamani mi hanno lasciato un pacco per lei. Hanno detto che era molto importante.
Un lampo nella mente della ricercatrice . Aprì di scatto la porta e la sua vicina rimase un attimo sconcertata dal vederla così agitata. Beh, rimase anche sconcertata dal vederla ancora imbambolata dopo la notte appena trascorsa.
Ecco, questo è per lei. Ho firmato io la ricevuta. E assieme c'era questa busta, tenga.
Grazie mille, signora Stephenson. Non immaginavo l'avrebbero recapitato qui.
No, infatti l' ha portato un suo collega dell'università. Credo che fosse arrivato lì, ma dato che è sabato e lei è a casa, ed il pacco è molto importante.avranno pensato di farglielo pervenire immediatamente.
Hanno fatto benissimo. Perfetto, ora la lascio al suo lavoro. Arrivederci!
Julia salutò la vicina e, non appena questa si fu allontanata, si fiondò dentro casa e scarto il pacchetto. Gettò la carta sul pavimento, che gliene fregava. Aveva finalmente la possibilità di confrontarsi con un ragazzo che provava emozioni e sentimenti. Non avrebbe perso un attimo.
Levati maledetta cartaccia!!! - sbraitò cercando di aprire l'involucro - dai!.finalmente!!!!!!
Prese in mano quell'oggetto che per lei, in quel momento, valeva come una vita, proprio perché, sentiva, sarebbe stato il completamento della sua.
Era grande, rilegato in pelle, leggermente consumato e chiuso da un semplice laccio. Aveva l'aria vissuta, piena di significati e di segreti, di storie di vita. Era pieno, non vuoto come la sua esistenza.
Prima di aprirlo decise di leggere la lettera allegata al diario. Era sicuramente di quelli del Research Centre, probabilmente delle indicazioni o delle richieste.
Passò dunque all' agenda. Sciolse con delicatezza il laccio che chiudeva quel mondo di ricordi e posò gli occhi sulla prima pagina. Solo due parole, un nome.
Lo lesse tra sé e sé, assaporandolo:
Nobunaga Kiyota.
- Fine primo capitolo -
PRIMO CAPITOLO
Anno 4076 d.c. in un luogo imprecisato della Terra
Un telegiornale trasmetteva.
University of Research and Psychology, 7 novembre 4076
Signorina Wenham? (le fan sfegatate di Faramir de "Il Signore degli Anelli" capiranno.)
Sì sono io. Ha bisogno?
Mi chiamo Ikeda, sono il direttore del Research Centre di Yokohama. Avrà sicuramente sentito parlare del Diario che è stato rinvenuto nei pressi di Tokyo.
Certo che ne ho sentito parlare. Nell'università chiunque vorrebbe averlo sotto le mani. È sicuramente un oggetto di valore inestimabile, chissà cosa si potrebbe scoprire analizzandolo.
Già, molti vorrebbe studiarlo, ma tra tanti è stata scelta lei. Il nostro centro crede nelle sue capacità, lei gode di un'altissima stima nel nostro ambiente. Le sue pubblicazioni in materia sociologica sono un nostro costante punto di riferimento. E pensiamo che solo lei possa riuscire a estrarre qualcosa dal Diario.
Lei cosa vuole da me in particolare?
Voglio che Lei trovi informazioni interessanti sulla sfera emozionale del possessore di questo documento.
Non credo ci siano problemi in questo. Ma.
Ne ero convinto. Se riuscissimo ad interpretare i sentimenti e le emozioni dei Primitivi faremmo ugualmente un grandissimo passo avanti nello studio delle antiche civiltà.
Ma queste civiltà non vanno considerate come morte, noi non siamo che i loro discendenti.
Ma abbiamo caratteristiche molto diverse.
È una semplice questione di mentalità, in fin dei conti. È normale che questa cambi col passare del tempo. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è l'evoluzione artificiale che abbiamo subito.
Evoluzione artificiale?
Suvvia, sa benissimo di cosa sto parlando.provare emozioni e sentimenti è insito nella natura umana, ma tutto ciò è stato messo fuori legge nel 2731. Da quella data tutti i neonati sono stati sottoposti a delle particolari onde che precludono qualsiasi atteggiamento irrazionale legato alla sfera emotiva. Anche io e lei, tutti. È questa l'unica reale differenza, noi siamo esattamente le stesse persone che sono vissute due millenni fa, solo private, e ripeto artificialmente, della capacità di provare emozioni.
Lo dice come se fosse una vergogna.Ma il nostro è un mondo perfetto, perché è forte.
Perché nessuno cade nei sentimentalismi e l'unica emozione che proviamo è il terrore della Punizione. Solo un mondo organizzato così va avanti. I sentimenti portano l'uomo a pensare, l'uomo che pensa vede le mancanze della società, se vede le mancanze della società vorrà cambiarla.e così nasce il malcontento, e nascono le rivoluzioni. Non bisognerebbe dimostrarsi così deboli, signorina Wenham.
La signorina Wenham rabbrividì percettibilmente. Sapeva benissimo cosa voleva dire quel bastardo che aveva davanti. Sapeva benissimo che quelli del Research Centre di Yokohama si erano accorti della sua "debolezza". Studiare il comportamento degli umani del ventesimo secolo l'aveva portata ad immedesimarsi in loro, a dividere impressioni e sensazioni con quelli che erano stati i suoi antenati. Poteva fingere finchè voleva, ma questo la frustrava e la distruggeva psicologicamente. Ogni giorno che passava si sentiva sempre più a disagio e provava rabbia nei confronti dei leader che mandavano avanti questa politica dispotica. E questo era illegale. Il suo lavoro aveva riportato alla luce il germoglio di tutti i sentimenti che le era stato proibita provare. E se le Autorità ne fossero venute a conoscenza.non voleva nemmeno pensarci. Conosceva la punizione.Cancellazione di Ogni Rimembranza, che bel termine. In poche parole ti facevano un lavaggio del cervello e ti mollavano sotto il primo ponte che trovavano. L'idea la terrorizzava. Dio, che bastardi!
Se riuscirete a farmi pervenire il diario, al più presto mi darò da fare. Ma voglio lavorare sull'originale, beninteso.
Non c'è problema, signorina Wenham.
Bene, mi può sempre lasciare messaggi in università. Arrivederci.
Arrivederci e grazie del suo tempo.
Qualche settimana dopo, nell'appartamento della Signorina Wenham.
La signorina Wenham si guardò allo specchio. Qualche traccia di trucco sugli occhi. I folti capelli che le incorniciavano il bel viso. Stanco, segnato. Giovane eppure già segnato dal tempo. Come se tutti i millenni di storia che aveva studiato le pesassero sulle spalle. Un numero di telefono ormai incomprensibile scritto di tutta fretta sulla mano era tutto ciò che le era rimasto di quella giornata lavorativa.
Andò in cucina per mangiare qualcosa ma come al solito finì per spiluzzicare qualcosa (come faccio sempre io quando sono a casa da sola e devo prepararmi da mangiare ) senza concludere niente. Un po' di formaggio, un po' di pane, una mela.poi riapriva il frigo e mangiava un pomodoro, un po' di latte e cereali.
Poi passò in sala dove decise di leggere un libro: amava la lettura, avrebbe passato ore intere a leggere se non fosse stata così impegnata. Così si avvicinò allo scaffale su cui teneva tutti i suoi volumi e cominciò a scorrere i vari titoli."Innovazioni algebriche del secolo XXXII", "Storia della chimica moderna", "Fisica e teoremi". Le cascarono i pantaloni.
Si lasciò cadere sconsolata sul divano e chiuse gli occhi. Ripensò a tutto quello che le era capitato quel giorno, dalla pulizia del suo studio all'incarico del diario, dalla veloce cena alla consapevolezza di avere soltanto manuali in casa sua.
E con questi pensieri si addormentò, ed il suo fu un sonno agitato e pieno di visioni di prigionia.
Il giorno dopo.
Signorina! Signorina Wenham! Signorina!!!
Julia stava ancora dormendo sul divano. Si rigirò, scocciata per essere stata svegliata.
Signorina!!!
Era insistente. Julia si alzò e si avviò verso la porta.
Chi è? - chiese con voce assonnata.
Sono la vicina. Stamani mi hanno lasciato un pacco per lei. Hanno detto che era molto importante.
Un lampo nella mente della ricercatrice . Aprì di scatto la porta e la sua vicina rimase un attimo sconcertata dal vederla così agitata. Beh, rimase anche sconcertata dal vederla ancora imbambolata dopo la notte appena trascorsa.
Ecco, questo è per lei. Ho firmato io la ricevuta. E assieme c'era questa busta, tenga.
Grazie mille, signora Stephenson. Non immaginavo l'avrebbero recapitato qui.
No, infatti l' ha portato un suo collega dell'università. Credo che fosse arrivato lì, ma dato che è sabato e lei è a casa, ed il pacco è molto importante.avranno pensato di farglielo pervenire immediatamente.
Hanno fatto benissimo. Perfetto, ora la lascio al suo lavoro. Arrivederci!
Julia salutò la vicina e, non appena questa si fu allontanata, si fiondò dentro casa e scarto il pacchetto. Gettò la carta sul pavimento, che gliene fregava. Aveva finalmente la possibilità di confrontarsi con un ragazzo che provava emozioni e sentimenti. Non avrebbe perso un attimo.
Levati maledetta cartaccia!!! - sbraitò cercando di aprire l'involucro - dai!.finalmente!!!!!!
Prese in mano quell'oggetto che per lei, in quel momento, valeva come una vita, proprio perché, sentiva, sarebbe stato il completamento della sua.
Era grande, rilegato in pelle, leggermente consumato e chiuso da un semplice laccio. Aveva l'aria vissuta, piena di significati e di segreti, di storie di vita. Era pieno, non vuoto come la sua esistenza.
Prima di aprirlo decise di leggere la lettera allegata al diario. Era sicuramente di quelli del Research Centre, probabilmente delle indicazioni o delle richieste.
Passò dunque all' agenda. Sciolse con delicatezza il laccio che chiudeva quel mondo di ricordi e posò gli occhi sulla prima pagina. Solo due parole, un nome.
Lo lesse tra sé e sé, assaporandolo:
Nobunaga Kiyota.
- Fine primo capitolo -
