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Capitolo primo Canta, Portatore dell'AnelloI mîl na gair
I levain rain
Ef falas na halch,
Elph am amon…
Awartho narn tawaren, maetho charu
Hên na gur bell!
Ù-ithron ù-edhel le avcheniathar,
Nan i doll hi avo nà
Thalion, tiro thlûn am dor
-I theyn edrar-
Cair sacant na falas
Nan e ivoren hobas lâv auto...
Suyo dinu a cewi am ael
Narn del ôl
I ngiliath pedar le: avfiri;
a lìn usérë thila
I hîr nurr a belainmen nà awarthannen.
Nan amrûn tella êlen, cormacolindo,
lìn nà anoi.
Così la udì, la prima volta.
La bruma farinosa scorreva giù dalle alture - ancor più pallide della dimora delle Aquile - e si riversava nei boschi che gli Elfi della Terra di Mezzo avevano rimpianto durante tutta la loro vita. Eressëa.
Era un luogo meraviglioso. Le fontane sorgevano dai ruscelli, le foglie specchiavano se stesse nel proprio rigoglio. E sempre un canto aleggiava nell'aria.
Quando la nave grigia attraccò, decise di vivere sulle rive del mare. Poi dovette spostarsi verso l'interno, il magnifico, verdeggiante entroterra delle Terre Immortali.
Ma quell'aura cristallina non poteva che mortificare la sua anima. Dimenticare il passato era sovrumano e lui non era nemmeno umano, per dirla tutta. Era un hobbit. Compreso, sì, curato con rispetto, sì. Eppure notato ovunque per la sua diversità. Amava gli elfi e la loro cultura, ma soltanto insieme a Sam si sentiva a proprio agio. E Sam, ricordò Frodo, era talmente distrutto dalla morte di Rosie che per la prima volta non lo seguiva ovunque.
La nostra gioia appartiene al passato. Sì, al passato, al passato. La dolcezza di vivere non sarà più la stessa nella Contea, per chi ancora della Terza Era sopravvive. Troppe cose erano cambiate, troppe persone giacevano sotto l'erba fluente, mentre i rami dei platani abbracciavano la radura. Questo, nel momento della partenza…
Sotto le voluminose coperte, le palpebre dalle lunghe ciglia tremarono. E gli occhi sgranarono in un istante, spaventati da un sussurro. Sollevò a sedere il corpo irrigidito, mentre sudore imperlava la fronte; spiò la stanza con la bocca socchiusa, per rendere il fiato meno rumoroso.
Oh espirò, rassicurato. Sono soltanto gli elfi…
Ecco cos'era diventato. Teso. Sospettoso. Spaventato e incapace di deporre lo scudo.
Mentre mormorava tra sé e sé, i vaghi cori si levarono, scesero e tornarono ad innalzarsi nell'aria tersa. Riaprì gli occhi. Eccolo di nuovo.
Thalion, tiro thlûn am dor…
Pietrificato, Frodo scrutò fuori della finestra. C'era la bruma che aleggiava in mezzo alle radici dei pini, e l'inquietudine tornò per un attimo soltanto, poiché aveva ricordato la folle corsa al traghetto di Buckburgo.
Ma questo è elfico. E questa voce così…
Scosse la testa e scese, socchiudendo le palpebre. Presto strisciò fuori, inconsciamente armato di Pungolo, che tenne a metà lama.
La sua sagoma scomparve, inosservata ai Valar.
S'inerpicò lungo uno scoscendimento erboso, aggrappando energicamente le mani alle zolle. Sorrise. Si sentiva più forte, ecco cosa, più forte nel fisico. Quello era cambiato in meglio.
La ferita non mi duole più. Non duole più, pensò mentre oltrepassava l'estrema collina. Forse è guarita… ma intanto a che serve, ormai?
Raggiunse le cime e scostò i rami di un cespuglio Allora lo investì la brezza salmastra dell'oceano, che il vento spazzava insieme alle scogliere tutte. Frodo dilatò gli occhi.
L'oceano… son tornato all'oceano! Tempo dopo avrebbe ricordato quel momento, e l'avrebbe abbellito forse, e ricordato come segno del destino. Spinse lontano lo sguardo, fin dove esso poteva giungere: trovò soltanto il regolare orizzonte d'acqua; oh, ma non aveva bisogno della vista materiale per vedere. Chiuse gli occhi e, prendendo un profondo sospiro, vide campi, colline, un cielo azzurro come le iridi degli elfi e la porta di una casa. Il suo ricordo è più struggente di quanto mai potessi pensare.
Oh, Bilbo aveva ragione, Gandalf gemette. Ero ancora innamorato della Contea, quando me ne sono andato.
I cavalloni del mare si gonfiarono di spuma mentre, nelle orecchie appuntite dell'hobbit, si raccoglieva la stessa voce di prima. Proveniva dai recessi del bosco d'Eärendil.
Frodo le donò tutta l'attenzione di cui disponeva, proprio come un giorno le avrebbe donato il suo cuore. Via via che la calotta del firmamento schiariva, le note della ballata lo toccarono. Quella voce! Doveva scoprire… poiché qualcosa vi risiedeva.
Era ciò che lui avrebbe cantato per ricordare con amore la Contea, gli amici, l'infanzia come figlio di Bilbo. Sedette per un attimo su un tronco mozzo, che gli insetti avevano mangiato. Io e te non siamo poi tanto diversi, gli disse.
Quanti anni aveva ora? Da quanto aveva accettato d'entrare nella gabbia più splendida di tutte, per seguire il destino dei Portatori? L'arrivo di Samvise si perdeva nel tempo, lontano, privo di caratterizzazione.
Nan i doll hi avo nà.
Sollevò il capo. Ma questa non è un'isola. S'inoltrò nel bosco, appoggiando il palmo della mano ai tronchi dalla spessa corteccia… senza voltarsi verso il gigante caduto, che dallo squarcio aveva buttato piccole, fresche gemme.
Frodo era perplesso. Ignorava quel sentiero.
Camminò, camminò e camminò per un'eternità. Represse l'amaro sorriso che la parola ispirava, poiché davanti a lui, al limitar della radura, sedeva la creatura più luminosa che avesse mai incontrato.
I gabbiani più intorno alla nave…
L'impronta di un animale
Dalla spiaggia all'erba,
I cigni sulle colline.
Abbandona la favola di legno, dimentica la ferita
Bambino dal cuor di adulto!
Né lo stregone né l'elfo ti comprenderanno,
Ma questa un'isola non è.
Eroe, guarda il blu al di sopra della terra
- Gli alberi di pino si aprono-
La nave ha ormai attraccato,
Eppur dal paradiso di cristallo è ancor permesso uscire…
Segui la piccola scintilla ed ecco il lago.
Favola o sogno
Le stelle ti dicono: non partire!
E la tua inquietudine rifulge.
Il ruscello mormora ed il sentiero dei Valar è deserto
Ma l'ultima stella del mattino, Portatore dell'Anello,
E' tua per sempre.
Mi aspettava.
La figuretta pronunciò l'ultima parola e sollevò le palpebre – sarebbe stato un gesto seducente, se non avesse emanato purezza. Non disse più nulla. Ne aveva bisogno, forse? Il suo sorriso era il raggio di Eärendil.
Frodo restò a bocca socchiusa. Non era sicuro che quel luogo lo rendesse troppo tranquillo.
Thalion sussurrò la bambina.
Ma era una bambina? Quegli occhi appartenevano davvero ad una bambina?
Avnon thalion, elfchên (Non sono un eroe, figlia degli elfi) si difese Frodo, detestando ciò che la parola rievocava. Lei inarcò le sopracciglia, ridendo tutta scomposta - proprio come avrebbe fatto una bimba. E Frodo vide che nei suoi occhi brillava la luce dell'immortalità.
Elfchên ella riprese, amando il suono della parola.
La sua voce… oh, la sua voce era così… non poteva dirlo. Per un attimo rammentò la storia di Beren e Lùthien e di come il giovane guerriero, udendola danzare nel bosco, non poté far altro che gridare: Tinùviel! Usignolo!
Mentre chinava la testa, Frodo scese gli scalini di pietra al limitar della radura. Entrò nell'ansa della collina, senza sapere che quell'incontro era il mutare della vita. C'era un piccolo lago, circondato da edera e cespugli. Al centro della superficie, nido di lucciole, sorgeva una statua.
I grandi occhi dell'hobbit erano in certo qual modo sgomenti mentre si volgeva alla bambina.
"La nave ha ormai attraccato…"
Figlia degli elfi.
Lei sedette accanto senza pretendere d'esser imitata. Frodo la seguì presto, però, giacché non trovava corretto che una simile creatura stesse ai suoi piedi… e perché le gambe gli avevano ceduto sotto. L'aveva vista in piedi: la statura non la innalzava oltre la sua spalla. Che razza d'elfo è?
Mosse le labbra. La ragazza - sì, ora era una ragazza - gli pose la mano sopra la mano. Incapace di trattenersi, Frodo lanciò uno sguardo al dito mancante. Un brivido lo scosse, ma lei premette la manina con gentile decisione.
Per quale motivo cantate qualcosa di così triste? chiese egli alla fine.
Colui che ascolta la mia voce ascolta ciò che contiene il suo cuore.
Frodo inspirò con uno scatto, sollevando lo sguardo sino ai suoi occhi.
Chi siete? sussurrò.
L'espressione della bambina si colorò di un profondo stupore. Per un istante la luce parve asperdersi, ma subito soffuse di nuovo tutto il lago.
Mio padre scelse per me il nome di Silmariën.
La voce di Frodo uscì a fatica.
Coronata… di puro fulgore.
Perché non riesci a dimenticare?
Frodo accarezzò l'erba col dorso della mano. L'abito della ragazza vi era sparso come un manto di neve, ma c'era qualcosa di terribilmente sbagliato. Solo che non sapeva cosa.
Io non sono un elfo. Non lo sarò mai. Non possiedo il ricordo di una terra prima del tempo, dell'esilio nella Terra di Mezzo.
Silmariën sorrise ancora una volta, facendogli girare la testa.
La tua madrepatria non ti ha rifiutato, Cormacolindo.
L'hobbit volse lo sguardo da un'altra parte, amareggiato.
Eri destinato a questo, eri destinato a divenire Portatore dell'Anello.
Qualcun altro mi disse la stessa cosa.
Aveva ragione implorò Silmariën, pregandolo. Non capisci? Dovevi lasciare le terre che in mezzo stanno, e arrivare qui! Frodo la guardò ancora. Nei suoi grandi occhi si leggeva una storia molto diversa dal viso giovanile e bello. Il sorriso di Silmariën vacillò. Da tanto tempo io attendo… che qualcuno mi parli.
Che cosa volete dire?
Un tempo la mia voce era il canto più amato dai Valar. Ora ricorda solo amarezza e rimpianto.
L'hobbit prese un profondo respiro, senza indagare oltre. Il rimpianto. Non passa giorno ormai in cui non riveda i ruscelli, l'immensità dei campi di granturco della Contea. La porta verde di casa Baggins… E me ne sono andato di mia spontanea volontà.
Per questo all'alba il bosco si apre a te, donandoti la via del mare?
Frodo rimase sbalordito, e non riuscì a nasconderlo.
Gli alberi qui sono molto più di corteccia, radici, foglie.
La nebbia sussultò. Sorgeva il sole.
I canti notturni erano cessati da qualche tempo. Frodo, sentendo di non poter più trattenere i sentimenti, torse le dita snelle.
Sì, e a volte… toccò la stoffa che copriva la spalla. A volte mi sembra che sussurrino: torna indietro! Allora, anche se sono consapevole che non sarà mai possibile, penso… che forse sarei disposto a compier di nuovo il viaggio, pur di rivedere tutto.
Gli occhi di Silmariën scintillarono.
Davvero?
…
Ricordando, saresti disposto a riaffrontare il periglioso cammino come Portatore dell'Unico?
A quel nome, i grandi occhi dell'hobbit si spalancarono. Portò una mano al collo, dove un tempo pendeva la catenella. L'Anello. Per rivedere la Contea avrebbe chiuso una seconda volta le dita intorno al freddo pezzo di metallo? Sapendo ciò che lo aspettava?
E' comprensibile che tu abbia paura. Solo gli incoscienti sono estranei a questo sentimento.
Avrei paura bisbigliò lui, fissandola negli occhi. La stessa paura che una creatura come voi proverebbe al pensiero di perdere la voce…
Il sorriso tranquillo di Silmariën non vacillò più. Ora sapeva che cosa doveva fare.
Una voce così bella può essere tutto, stai pensando, Portatore dell'Anello mormorò. Un tempo nutrivo lo stesso pensiero. Ma c'è qualcosa, una sola cosa, per cui potrei rinunciare a lei per sempre.
Chi era la figlia degli elfi, la figlia dei Valar, con la pelle d'alabastro e gli occhi di colomba?
Una sola cosa.
Frodo strinse le labbra. Avanti, dillo. Puoi farlo. Non succederà nulla. Lo farei. Sì.
Allora Silmariën strinse le sue mani, levandosi con lui. La nebbia intrecciò le proprie volute all'alba, originando un chiarore abbagliante, e lei volse ad esso lo sguardo; poi all'hobbit che le stringeva nervosamente la mano. Era l'ultima volta che il suo sorriso rifletteva tanta grazia. Presto il sole di una terra mortale l'avrebbe smorzato.
Io aspettavo te, Frodo Baggins.
Ma lui non sentiva più niente.
