05. La Lettura dell'Incubo.

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Harry non fu stupito quando Piton, la Umbridge, Malfoy, Hermione e Ron, subito seguiti dalla McGranitt, irruppero nella Sala Comunque, ma dovette comunque assumere un cipiglio profondamente meravigliato. Chiuse il libro di scatto e drizzò la testa, sforzandosi di tenere un comportamento credibile. Hermione gli si gettò al collo in lacrime e Ron aveva l'aria terribilmente preoccupata. I volti di Piton e della Umbridge erano così carichi d'ira che Harry credette che potessero schiantare da un momento all'altro. La McGranitt aveva un'espressione pressoché indefinibile, e Draco Malfoy sembrava piuttosto divertito, pregustando l'imminente punizione - o forse espulsione - che sarebbe toccata ad Harry.

- Vieni immediatamente nell'ufficio del Preside, Potter! - tuonò Piton.

- Perché farlo passare dall'ufficio? - propose le Umbridge - Espelliamolo subito! -

- Ma che sta succedendo? - balbettò Harry, compiacendosi del suo tono scandalizzato.

- Che sta succedendo! - ripeté Piton in un ruggito. Harry non l'aveva mai visto così fuori di sé, e cominciò a preoccuparsi - Dal preside, Potter! -

- Ma. ma io. -

- Dal Preside! -

Silente aspettava, calmo, sulla poltrona del suo ufficio, un ufficio che la Umbridge sembrava contemplare con avidità. Hermione e Ron avevano insistito con la McGranitt per poter venire anche loro, e questa non aveva potuto dire di no. Non avevano potuto parlarsi durante il tragitto, ma almeno anche Malfoy era rimasto zitto. Probabilmente era troppo felice al pensiero dell'espulsione di Harry.

Silente non guardò neanche per un attimo Harry, il suo sguardo passò subito su Piton. Harry si sentì profondamente irritato.

- Che c'è, Severus? -

- Ah, signor Preside, questo. questo criminale. - si accalorò la Umbridge.

- Potter è stato visto nelle vicinanze della Stamberga Strillante. -

- Oh. - commentò Silente - Non mi risulta di averlo proibito. -

- Lei no. - cinguettò la Umbridge, - ma io sì! Quando diventerò preside... -

Harry, Ron ed Hermione le lanciarono uno sguardo talmente irritato che dovettero contenersi per non lanciarle qualche incantesimo per farla star zitta.

- Per carità, Dolores. Sto parlando con il professor Piton. - Scandì Silente.

- Potter ha girato tutto intorno alla casa con fare sospetto e poi è passato da un buco e vi è entrato! Subito dopo, il buco è sparito. -

Harry aprì bocca per protestare, ma poi gli venne in mente ciò che gli aveva raccomandato Gray. Adesso lo capiva. Era stata Gray a tappare quel buco, per evitare che scappasse terrorizzato una volta viste le reliquie. Voleva parlargli prima che fuggisse, voleva farsi promettere che non avrebbe spifferato niente a nessuno. Da quanto tempo Gray lo stava seguendo, Harry non poteva saperlo. Così come non capiva quando fosse iniziata l'illusione e quando la realtà.

- Abbiamo gridato più volte a Potter di uscire, ma non abbiamo ottenuto risposta. -

Anche stavolta Harry avrebbe voluto dire qualcosa. La casa stregata e i demoni di quella famiglia lo avevano stordito così tanto che non sentiva le urla appena fuori dalle pareti? - Ad un tratto, dopo l'ennesimo avvertimento, abbiamo sentito un rumore assordante. Crediamo che si tratti di cristallo, vetro. tutta Hogsmeade ha sentito il rimbombo. Potter deve aver pensato di essere divertente a distruggere un lampadario antico. -

- Non è vero! - stavolta Harry non poté contenersi - Cade più di una volta, tutte le settimane! -

- Chi te l'ha detto, Potter? -

- Me l'ha detto. - Harry si paralizzò - .nessuno. Lo so e basta. -

- E come puoi sapere che c'è un lampadario all'interno della Stamberga Strillante? -

- Tutti a Hogsmeade sanno del lampadario che casca. Provi a chiederlo in giro, in taverna. - azzardò Hermione, cercando di difendere Harry, nonostante non capisse cosa stesse succedendo. Piton, lei e Harry erano le uniche voci che si sentivano: tutti gli altri stavano zitti. La Umbridge continuava a volgere lo sguardo famelico intorno all'ufficio, come fosse stato già suo.

- Stai zitta, una volta tanto! - sibilò Piton in direzione di Hermione.

- Via, Severus. Ha solo cercato di esprimere il suo parere. - disse Silente.

Piton dovette compiere uno sforzo immane per reprimere la sua ira sconfinata. Nessuno lo aveva mai visto più arrabbiato, perfino Malfoy ne fu un po' intimorito.

- Non è comunque finita qui, Preside. Potter ha risposto al richiamo soltanto molto più tardi. Ha gettato due incantesimi: per prima cosa ha creato l'illusione di un gigantesco esemplare di Ungaro Spinato, che ha gettato Hogsmeade nel panico per almeno mezz'ora. E poi ha stregato la vecchia villa. Non era possibile staccare una trave senza che questa ricrescesse! -

Harry sbiancò. Era stata Gray a fare tutto quel lavoro? O forse la Stamberga era davvero stregata, e aveva fatto tutto da sola? Lui non poteva saperlo, perché in quel momento era in fondo alle scale della cassapanca tarlata. In ogni caso la sua improvvisa perdita di colorito non sfuggì a Piton.

- Hem, hem -

Tutti, perfino Piton, ebbero un fremito isterico, come tutte le volte che la Umbridge interrompeva i discorsi con quel suo terribile "hem, hem".

- Prego? -

- Silente, ritengo che il ragazzo sia un pericoloso soggetto criminale. - Hermione e Ron emisero gridolino di stizza, ma la McGranitt li fulminò con lo sguardo - una canaglia, un malvagio delinquente, un gaglioffo della peggior specie. in possesso di gravi Arti Oscure e Illusorie. Che il Ministero ha proibito, naturalmente. -

- Non sia sciocca, Dolores. - disse Silente. - Come potrebbe? -

- Certo che non potrebbe!! - esplose la McGranitt - Noi tutti non abbiamo mai insegnato niente di simile agli alunni della nostra scuola, abbiamo sempre controllato le loro attitudini e abbiamo sempre preso i provvedimenti necessari! Non so chi sia lei per venire ad infangare il nome di Hogwarts e del suo degno preside, ma io le garantisco. - gli occhi della McGranitt si fecero gelidi - .che Potter ha sempre fatto del bene a questa scuola, sempre del bene e nient'altro di più! -

Concluse, gettandosi esausta su una sedia. Hermione la guardò con occhi pieni di ammirazione, e Harry la ringraziò senza parlare, cercando poi di incrociare lo sguardo di Silente. Ma il Preside non lo degnava della benché minima attenzione, nonostante fosse lui il soggetto della questione.

- Silente, avete detto che controllate le attitudini dei vostri alunni. -

- Precisamente. -

- Che prendete sempre tempestivi provvedimenti. -

- Esatto. -

- Dimmi, allora. - La Umbridge gongolava dalla gioia di poterlo contraddire con argomenti così evidenti - A suo tempo. controllaste le . attitudini della mia attuale assistente? E i provvedimenti che prendeste? Li prendeste in tempo? -

- La tua assistente, Dolores, fu una delle mie migliori studentesse e ti posso garantire che se qualcosa mi avesse fatto sospettare che fosse pericolosa, l'avrei subito fermata. -

- Ma è finita ad Azkaban, vero? Ha ucciso, Silente! Quella ragazza è un'assassina! A tredici anni frequentava i peggiori soggetti che questa scuola abbia mai avuto - e che voi tutti continuate a ritenere i più brillanti dell'edificio.! Che fine hanno fatto i vostri brillanti studenti? Uno è morto, uno era un lupo mannaro, ed è già molto che lo abbiate licenziato, uno è il peggior criminale che abbia mai conosciuto Azkaban. E Gray lo sapete. Ha aggredito Il Ministro Caramell circa un mese fa e avrebbe fatto lo stesso con gli altri se il rispettabile Lucius Malfoy non l'avesse fermata. -

- Non è andata affatto così! - esplose Harry. Non riusciva più a trattenersi.

- Silenzio, piccolo viscido bugiardo! Tu c'eri? Eri presente? -

- Siamo qui per parlare di Harry Potter, mi risulta. - disse Silente cogliendo tutti di sorpresa.

- La situazione è come gliel'ho descritta, Preside, e non posso permettere che un simile soggetto si aggiri per questi corridoi. - iniziò Piton.

- Permetterà che si aggiri nel suo studio, Severus. - concluse Silente alzandosi e voltando a tutti le spalle - A lei la scelta della giusta punizione. -

Harry si era sentito sollevato quando Ron e Hermione avevano avuto il permesso di accompagnarlo nello studio di Silente, ma adesso che doveva raccontare loro tutto, si sentiva un peso sullo stomaco. Ripensare a quella casa, e soprattutto alle reliquie che giacevano nel liquido azzurro sotto ogni quadro, lo faceva stare male. Aveva visto sempre una sola stanza della Stamberga Strillante, e si pentì di aver sempre desiderato di visitarla per intero. Ron lo ascoltava con gli occhi sgranati. Hermione era nauseata.

Lo fu ancor di più quando seppe che la punizione di Harry era stata decisa: assistere Gazza nella sua caccia contro le Merendine Marinare a naturalmente i loro creatori. Quando Neville si era fatto scoprire durante le ore di Pozioni, Fred e George avevano dovuto raccogliere tutta la loro pazienza per impedire di ucciderlo. Adesso però Gazza pretendeva di sequestrare ogni singola Merendina Marinara esistente nella scuola.

- E' un'occasione, Harry - disse Hermione - Non possiamo permettere che quei due continuino a distribuire tutte quelle sciocche merendine, mentre quest'anno dovremmo studiare ancora di più -

- Hermione, come puoi essere così bisbetica? - protestò Ron - Harry non li incastrerà, vero? -

Harry annuì.

- Ron! Credevo tu fossi un Prefetto ! -

- Certo, ma Fred e George non fanno niente di male! -

- Ah no! - si stizzì Hermione.

- Pensavo che tu sapessi il regolamento a memoria - disse Ron - Non c'è niente contro di loro. -

Harry, per una volta, fu contento che Hermione e Ron litigassero: aveva meno occasioni di pensare alla punizione che lo aspettava, ma non era quello il suo massimo cruccio, dopotutto. Gray, anziché rispondere alle sue domande, gliene aveva fatte venire in testa ancora di più.

*

Gray sedeva sul suo letto, sfinita. Quella notte non era certo stata popolata dei suoi sogni migliori. La finestra era chiusa, le spesse tende tirate, e sulla scrivania non c'erano altro che fogli e libri in completo disordine. Una sorta di calice fumante giaceva ai piedi del letto, e conteneva una bevanda rossa fuoco. Gray sapeva che avrebbe dovuto berla da un pezzo, ma era fin troppo bollente e non c'era verso di raffreddarla. Aveva la voce arrochita dal sonno e si sentiva la gola secca. Non era scesa per la colazione, e poi sapeva bene che la lezione era nel pomeriggio: aveva tutto il tempo per dare un'occhiata ai suoi sogni. Abbassò la testa, come concentrandosi profondamente, premendosi le dita sulle tempie.

Non si rese conto di quanto tempo passava; doveva assolutamente evitare di pensarci. Frugò nel suo cervello, fino ai suoi angoli più remoti, cercando disperatamente un segno. Come sempre, ci sarebbe voluto molto tempo, e non era certa di riuscirci. Doveva impedire che qualche altro pensiero le entrasse in testa, o avrebbe affrontato il resto della giornata incapace di fare un discorso sensato.

Ecco, le sembrava di intravedere una macchia familiare. non era certa che si trattasse di un sogno. forse era solo un ricordo.

Fuori, le voci dei ragazzi che uscivano. andavano a Cura delle Creature Magiche.

Il ricordo sembrò allagarsi, la macchia si tinse di rosso e inondò ogni altro suo pensiero. Gray staccò le dita, già stanca. Doveva assolutamente impedirsi una qualunque distrazione. Tornò ad immergersi nella sua mente. le sembrava di essere uno strano veicolo in corsa, non faceva altro che girare, andare avanti, girare di nuovo, tornare indietro. e intanto attorno a lei scorrevano immagini confuse, indistinte, macchie liquide, voci lontane che parlavano tutte assieme.

Finalmente, Gray lo vide. Era un incubo. Era uno di quegli incubi che, di tanto in tanto, potevano rivelarle qualcosa sulla sua vita. Lo vide chiaramente. Nevicava. tutto era deserto e desolato. poi la neve si tingeva di rosso. Gray era sicura che si trattasse di un incubo, ed era altrettanto certa che fosse recente. Bruciava come una ferita appena aperta, e portava paura e inquietudine così fresche che non avrebbe potuto essere un vecchio sogno.

Gray staccò nuovamente le mani, ma molto lentamente. Una specie di macchia gelatinosa fluttuava a mezz'aria, seguendo il movimento delle sue braccia. Gray finalmente tornò nel mondo reale, riaprendo gli occhi di colpo: la gelatina sferica cadde precipitosamente, infrangendosi sul pavimento dove creò una pozzanghera. Al suo interno si riflettevano immagini continue, ma molto più chiare di come erano quando Gray le aveva scorte nella sua mente. Era senza dubbio l'incubo di quella notte, che l'aveva fatta svegliare alle prime luci dell'alba, con un senso di indecifrabile malessere.

Gray si inginocchiò sul pavimento, per vedere che cosa si rifletteva nella pozza. Si coprì la mano col lenzuolo per non scottarsi, ed afferrò finalmente il calice bollente. Aveva un disgustoso sapore amarognolo, ma sapeva che doveva prenderlo se voleva tirare avanti senza mancamenti per almeno quattro giorni. Non che si fidasse molto di ciò che le veniva rifilato da Piton.

Non appena riuscì a capire ciò che succedeva nell'incubo, Gray fece un sospiro quasi deluso. Era lo stesso identico sogno, e ormai lo faceva così spesso che non la inquietava più come prima. Sapeva che, arrivato ad un certo punto, si sarebbe interrotto esattamente dove si interrompeva tutte le altre volte.

La neve turbinava nella pozzanghera di gelatina.

I fiocchi di neve, a guardarli bene, sembravano tantissime farfalle morte, che si lasciavano trasportare nell'oscurità. Una bimba vagava nella notte. Sembrava esausta. sembrava che avesse camminato così tanto. Si mise a correre. Si nascose in un angolo, e scoppiò in lacrime. Gray era convinta di poterne sentire l'amaro.

Tutte le luci si spensero simultaneamente, tutte le poche luci che erano rimase accese. Sentì centinaia di voci che gridarono, tutte nello stesso istante ma in modo disordinato. Sembravano distorte, lontane, acute ma spente come l'aria lì intorno. Gray, guardando nella pozza, sentiva mille occhi puntati su di sé. Una fiamma brillò nel buio, fluttuava e si muoveva lentamente, gettando intorno a sé un gemito sordo. Aveva l'aria di essere così calda. La bambina si alzò: doveva seguirla. Aveva freddo, e quel piccolo fuoco fluttuante sembrava diventare sempre più grande e invitante.

C'era. Era lì vicina. Ad un passo. E il fuoco si allontanava sempre di più. La bambina continuava a piangere così forte che chiunque avrebbe potuto sentirla. Piangeva, piangeva. eppure nessuno usciva, nessuno andava ad aiutarla, ormai non poteva fare a meno di seguire la fiamma fluttuante.

E poi delle ombre altissime, gigantesche, sorsero dalla neve, spazzando via tutto, lasciando soltanto un'immensa zona vuota. La bambina sembrava non riuscire più nemmeno a piangere. Il gelo serpeggiava nelle sue ossa.

Le ombre diventavano sempre più alte. Una sola di esse sembrò staccarsi dalla massa. Era un'alta figura incappucciata. si avvicinò alla bambina, facendola cadere, in preda al terrore. Gray vide che l'ombra si toglieva il cappuccio, sentì la bambina gridare. ma non riusciva a mettere a fuoco il volto.

- Gray! -

La ragazza sobbalzò. Il calice di vetro le si ruppe fra le mani, riempiendole le dita di piccoli tagli, e il poco che restava del liquido rosso si versò sulla pozzanghera. Immediatamente la visione si ruppe. Il cervello di Gray era invaso di voci che parlavano simultaneamente, e cominciò ad agitare le mani in modo confuso, come se potesse respingerle. Di nuovo la voce che l'aveva chiamata tuonò fuori dalla sua porta, dicendole che era ora di andare, e che lei non poteva aspettare oltre. Gray la riconobbe: era la Umbridge. Non avrebbe mai immaginato che fosse trascorso così tanto tempo.

- Evanesco - disse, con voce flebile: il liquido rosso sparì. Gray non aveva voglia nemmeno di riparare il calice. La pozzanghera si disfaceva in gocce che convergevano in un unico punto, fino a formare di nuovo la sfera iridescente.

- Gray! - era la quarta volta che la chiamava.

- Arrivo, cazzo, sto arrivando. - sbuffò Gray infilandosi i pantaloni.

- La mia pazienza ha un limite! -

La sfera fluttuava nello stesso punto in cui si era composta. Sembrava quasi attendere che Gray facesse il suo dovere.

- Oh, cavolo. Perché deve incazzarsi solo con me? -

- Gray!! Se hai voglia di scherzare.-

Lanciò un'ultima occhiata alla sfera.

- Bhe. nessuno entrerà dopo di me, dopotutto. -

Gray uscì ancora mezza spettinata, per evitare di scatenare ancora di più le ire della Umbridge. La sfera galleggiava ancora al suo posto.

Quando tornò nella sua stanza, dopo ore estenuanti con la Umbridge, non ebbe certo la migliore delle sorprese. Stanca com'era, non fece subito caso alla mancanza. C'era odore di chiuso. La stanza restava sempre con le finestre chiuse, e giaceva perennemente nella penombra. Gray fu costretta ad aprire la finestra, ma lasciò le tende al loro posto. Fuori, dopo due giorni di continue nevicate e brutto tempo, era tornato il sole, che faceva brillare la neve di un bianco accecante. Gray non riusciva mai a guardare fuori, se non quando era notte. Fu solo quando tornò verso il letto che si rese conto che la sfera era sparita.

O meglio, era di nuovo sparsa sul pavimento, e vi si riflettevano le stesse immagini, solo in modo più confuso e impreciso. Continuarono a sfocarsi sempre più, fino a sparire completamente. Gray cercò ogni possibile spiegazione logica, ma poi dovette mettersi l'anima in pace: qualcun altro aveva letto il suo incubo. Non c'era modo di capire chi fosse entrato nella sua stanza mentre era a lezione, e questo servì solo ad accrescere la sua già immensa irritazione. Dopotutto le avevano appena sbirciato nel cervello.

Ed era l'idea che fosse stata colpa sua che la faceva sentire ancora più arrabbiata. Avrebbe dovuto neutralizzare la sfera appena dopo averla letta, era molto più importante recuperare un ricordo che arrivare in tempo dalla Umbridge. Adesso però, non c'era più niente da fare. Lo stesso sogno era stato letto per la seconda volta, e non c'era più modo di poterlo recuperare.

Gray fece un sospiro e decise di non dare peso alla questione. Non era il caso di penarsi. Chiunque avesse visto il sogno forse si sarebbe incuriosito. e avrebbe voluto riprovarci. ma stavolta lei non sarebbe stata così disattenta.

- E'. è terribile! - gemette Hermione, in Sala Comunque - Avete appena fatto la cosa più terribile che potesse venirvi in testa! E io vi ho anche accompagnato. -

- Non fare tante storie, - disse Ron - Non abbiamo fatto fuori nessuno. -

- I sogni sono roba grossa Ron, sono la cosa più segreta di una persona! Non si possono guardare come fossero delle videocassette. -

- Video. cosa? -

- Oh, lascia perdere! -

Hermione tornò ad immergersi tra le pagine del libro di Aritmanzia e Ron, con uno sbuffo, si rimise al lavoro sul tema di Storia della Magia. Harry era l'unico che, nonostante avesse ancora una montagna di compiti da fare, stava con le mani in mano, fissando il fuoco del caminetto. Era come se si aspettasse che la testa di Sirius apparisse lì, tra le fiamme, come un paio di giorni fa. Ma sapeva che era impossibile: la Umbridge teneva tutto sotto controllo e non c'era modo di comunicare con quel mezzo.

Le parole di Hermione erano bastate a fargli crescere un divorante senso di colpa. Non si era mai sentito così viscidamente colpevole quando visitava luoghi che non avrebbe dovuto. Al massimo era sempre accompagnato dalla paura di essere scoperto, ma i suoi fini gli erano sembra bastati per giustificarsi i mezzi. Adesso che il suo unico fine era la curiosità, l'essersi intrufolato nella stanza di Gray sembrava un atto totalmente insensato.

Ricordava bene il caos che aveva visto nella stanza di Gray: la scrivania era sommersa di libri ai quali mancavano molte pagine, ed era certo che a volte l'inchiostro si fosse sciolto perché ci erano state versate delle lacrime. Poteva essere un qualunque liquido trasparente, ma gli pareva poco adatto a tutto il resto delle cose che aveva visto in quell'ufficio. Oltre ai libri, il tavolo di legno lucido era sommerso da ritagli della Gazzetta del Profeta rabbiosamente tagliuzzati. C'era anche un rasoio simile a quello che usava Zio Vernon per farsi la barba, e aveva le lame piuttosto arrugginite. Per cosa lo usava?

C'era anche una foto di cinque ragazzi a con l'uniforme di Hogwarts, e Harry era rimasto per ore a guardarla: erano suo padre, Sirius, il professor Lupin e una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi rossi, che era sicuramente Gray. Tutti e quattro lo salutavano con aria spensierata, e Harry aveva sentito una stretta al cuore. Peter Minus, comunque, era stato rimosso a suon si sforbiciate.

Accanto alla foto, a stipare i cassetti e parte del pavimento, c'erano fialette contenenti ogni genere di pozione: su una scatola di provette tutte uguali c'era un biglietto scritto a calligrafia molto minuta, che diceva: "da usarsi se le cose si mettono male". Su un'altra scatola c'era un altro biglietto identico, ma con scritto "da usarsi se le cose si mettono veramente molto male", ed infine, su un'altra scatola ancora, composta di quattro provette più piccole, "pericolo di morte".

C'era un grosso calderone con dentro un liquido bollente rosso sangue, che Hermione aveva identificato come Pozione Rimpolpasangue. Da una parte erano accatastati ingredienti di ogni genere per le Pozioni, insieme ad appunti con scritte delle ricette.

"Insonnia", "Filtro Rallegrante Extra: depressione cronica", "autolesionismo", "freddo polare", "tosse", "delirio / febbre / isterismo", erano gli appunti scribacchiati su ogni ricetta, che sembrava ricopiata a mano. Hermione osservò che solo i guaritori del San Mungo usavano roba così potente, che si trattava quasi di droghe e Harry era certo che Gray le lasciasse lì per ogni volta che la malattia raggiungeva i suoi picchi. E per il resto, la camera era immersa in un caos assolutamente normale: vestiti e calzini sparsi ovunque, e qua e là qualche accessorio borchiato. A parte l'assortimento di coltelli che giaceva sul comodino, e le bende insanguinate poco lontano da quest'ultimo, anche la zona letto era nell'ordinario: libri molto vecchi sparsi ovunque, piume d'aquila, boccette d'inchiostro.

E poi, quella sfera di gelatina a galleggiare in aria: no, quella non era normale. Harry non avrebbe dimenticato tanto facilmente quello che aveva visto quel giorno, di questo ne era assolutamente certo.

- Tu che ne pensi, Harry? - chiese Hermione di colpo - Hai avuto tu l'idea. -

- Che vuoi dire, che siamo finiti nei guai per causa mia? -

- No, non siamo finiti nei guai. però. insomma, Gray se ne accorgerà. Eravamo assenti a lezione, saprà subito che siamo stati noi, è una coincidenza troppo strana.. -

- Hai detto tu che le lezioni della Umbridge non servono a niente. - ribatté aspro.

- Però non ho detto che dovevamo seminare in giro prove così evidenti! -

Hermione cercava di difendersi, ma sembrava che le tremasse la voce, come se si aspettasse un'esplosione da un momento all'altro.

- Senti, non ci ha ancora detto niente, e il suo sogno è sparito da ore. - disse Ron - Non credi che sarebbe già venuta a squartarci, o qualcosa del genere? -

- Non lo so. potrebbe anche essere qui. -

Ron si drizzò immediatamente in piedi, girando la testa a destra e a sinistra, improvvisamente terrorizzato. Poi tornò a sedersi, scocciato, lanciando a Hermione occhiate vendicative. - Harry, perché hai voluto vedere quell'incubo? A cosa ti serviva? -

- A niente, accidenti! A niente! Perché sei così noiosa? Ti ho fatto saltare due ore con la Umbridge e nessuno ci ha ancora chiesto nulla! Non ti basta come consolazione? -

- Dimmi almeno se hai visto ciò che volevi vedere! - gridò Hermione, esasperata, e contemporaneamente molto offesa.

- Sì! In parte l'ho visto. Adesso sei soddisfatta? -

- No, sono delusa. - replicò la ragazza - Credevo che tu fossi più maturo di così. -

- Ma chi ti credi di essere, tu? Non mi sembra di averti mai chiamato "mamma"! - sbottò Harry.

Hermione sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. La tensione fra Harry, lei e Ron cresceva ogni giorno di più e sembrava che, alla fine, l'impatto sarebbe stato impossibile da evitare. Harry sentì un leggero fruscio di vestiti poco lontano da lui, e pensò che fosse Ron. Ma si sbagliava.

- Non ascoltare le donne, Potter. - disse una voce che lo fece trasalire - Correresti il rischio di ascoltare qualcosa di intelligente. -

Harry, Ron ed Hermione si voltarono, terrorizzati, verso il punto da cui la voce proveniva, e trovarono Gray. Era in piedi, con le braccia incrociate e la schiena appoggiata al cornicione del caminetto. In un attimo il sospetto di Harry si trasformò in certezza: Gray li aveva ascoltati fin da quando avevano iniziato a parlare. Però lui aveva controllato tutta la Sala Comune, e poi aveva evitato accuratamente di alzare la voce, almeno fin quando non avevano iniziato a litigare. Non aveva visto nessun corvo, nessun volatile dalle piume nere, e tanto meno aveva visto Gray.

- Puoi prestarmi la tua sciarpa? - sorrise Gray - Vorrei usarla per pulirci il pavimento, visto che quando sono tornata ci ho trovato sopra una pozzanghera. -

- Gray. io. noi. -

- Tutto chiaro. - Lo interruppe Gray con una smorfia di scherno. - Non ho intenzione di farti il predicozzo. Tieni solo il naso lontano dalla roba degli altri, non so se mi spiego. La prossima volta potrebbero girarmi un po' le palle, capisci. -

Le sue parole bastarono a zittirli tutti, ma non per molto.

- Eri tu quella bambina? - chiese Harry senza riflettere, e perfino Gray sembrò colta alla sprovvista.

- Sì. - rispose. Toccò ad Harry stupirsi: si era aspettato una risposta del tipo "non sono fatti tuoi", ma evidentemente Gray aveva capito, da un pezzo, che risposte del genere equivalevano a un "sì".

- E quel posto era Diagon Alley? - aggiunse Hermione.

- Penso di sì. -

- E poi è arrivato un Dissennatore. -

- Se avete finito con l'interrogazione, io me ne andrei. -

Con questa frase Gray concluse la conversazione e, gettatosi uno sguardo intorno, si avviò verso l'uscito della Sala Comune. Harry, Ron ed Hermione continuarono a non rivolgersi la parola e decisero di andarsene a letto. Erano bastate poche frasi per convincersi che, negli affari di Gray, era meglio non ficcarci il naso mai più.

Finalmente si era liberata di quei marmocchi. Gray aveva già rimandato di troppo il lavoro che necessitava di essere portato a termine già due o tre giorni prima. E così sarebbe avvenuto senz'altro, se solo Harry non si fosse messo in mezzo, alla Stamberga Strillante. Gray non poteva fare a meno di sorridere, tuttavia, quando pensava allo scherzetto che aveva da poco concluso. Adesso era certa che, la prossima volta, nessuno avrebbe potuto seguirla, con o senza la Mappa del Malandrino.

Stavolta, comunque, avrebbe scelto la via più semplice. Le bastava uscire dalla scuola senza che nessuno la vedesse, trasformarsi in corvo, e poi raggiungere la finestra rotta dell'ultimo piano, a Hogsmeade. Ma le illusioni non avrebbero funzionato. Non poteva rischiare di sforzare la mente, perché, non appena lo avesse fatto, il Marchio Nero si sarebbe di nuovo impossessato di lei.

Lo sentiva.

Voldemort aveva bisogno di lei per fare qualcosa.

Per un compito importante, lì a Hogwarts.

Gray scosse la testa violentemente e, visto che era nascosta dietro un'armatura, cercò di reprimere la tosse che le raschiava la gola. Cominciava anche a sentire un familiare sapore amaro in bocca. Un'ombra tremula si allungò sul pavimento: qualcuno girava l'angolo. Gray si ritrasse.

Ecco, era la McGranitt. stava facendo il suo giro nel corridoio per controllare che nessuno facesse il furbo. niente era cambiato rispetto ad anni prima, e mai come in quel momento Gray se n'era resa conto.

**Ci vuole così poco. Così poco.**

Gray si ritrasse ancora, per lasciar passare la McGranitt, resistendo alla tentazione di addormentarla. Camminava troppo lentamente. ci sarebbe voluto un secolo. E lei non poteva aspettare. Doveva andare immediatamente alla Stamberga Strillante.

**Pochi secondi,
e nessun rumore.**

Muoviti, muoviti. Gray non aveva tempo. Sentiva la pelle tirare nel punto in cui c'era il Marchio Nero, e di lì a pochi istanti quella sensazione di trasformò in un bruciore infernale. Gray strinse il coltello che aveva nella borsa. Doveva farlo ora.

**Nessuno
saprà che l'hai uccisa.**

La McGranitt era vicinissima all'armatura.

Gray percepiva il richiamo di un istinto irrefrenabile. Il cuore le batteva al triplo della sua normale velocità. Sembrava che la bacchetta stesse muovendosi da sola: ci voleva così poco...

**Non sentirà neanche
il dolore. **

Gray voleva schiaffeggiarsi, e la tosse che reprimeva in gola stava per uscire fuori. ecco, la McGranitt era passata. ancora pochi passi e avrebbe voltato l'angolo, a destra, e Gray avrebbe avuto il campo totalmente libero per l'uscita.

**E' la tua sola occasione.**

La McGranitt stava voltandosi. Stava per girare l'angolo.

Presto Gray avrebbe potuto filarsela.

**Uccidila. **

E la McGranitt sparì dietro la statua che chiudeva la parete.

Gray non era ancora libera di fare tutto il rumore che voleva, ma corse fuori, ignorando la voce. Quando finalmente fu nascosta da un immenso cespuglio, Gray fu avvolta da una nuvola nera e rossastra, e si trasformò in corvo. Voldemort non poteva raggiungerla, perché non era un serpente, non poteva parlare al corvo come parlava all'umana.

Gray tuttavia non poteva permettersi di rilassarsi. Soltanto la trasformazione l'aveva sfinita. Non sarebbe stata in grado di volare a lungo, ma doveva muoversi, mancava pochissimo per Hogsmeade. Ormai era certa di potercela fare, nonostante i suoi errori di calcolo.

Non avrebbe dovuto ritardare così tanto, le sarebbe convenuto assentarsi una volta da lezione, a costo di destare i sospetti della Umbridge, piuttosto che trovarsi ora a rischio. Gray era un pericolo, lo sapeva bene. Se avesse ceduto, Voldemort avrebbe potuto impartirle tutti gli ordini che voleva. Era per questo che il Marchio Nero era comparso in quel posto insolito: Voldemort voleva che essere più vicino possibile al cervello.

Finalmente Gray la vide: era senza dubbio la Stamberga Strillante. Ormai la sua trasformazione stava per esaurirsi, Gray non era in grado di preservarla tanto a lungo. Cercava di volare più in basso possibile, quasi rasoterra, e quando non poteva sorvolava i morbidi cespugli fioriti che adornavano i viali.

Gray notò un minuscolo buco al pianoterra, piuttosto in alto. Non resisteva più. Non aveva tempo di salire fino alla finestra del terzo piano.

Raccolse tutte le sue forze, si lanciò verso il buco nella parete e si strinse addosso le ali, cercando di passarci meglio possibile. Il buco era piuttosto rialzato rispetto al pavimento. Gray non era ancora passata completamente attraverso la fenditura, quando non fu più in grado di restare Animagus.

Tornò umana all'improvviso, e il suo brusco ingrandirsi stroncò la breccia, ferendole leggermente le gambe. Gray finì a terra, rotolando su un fianco, e ci volle qualche secondo prima che riuscisse ad alzarsi, sepolta sotto una massa di polvere e frammenti di legno.

**Speri di potermi fermare? **

Gray ignorò ancora una volta la voce di Lord Voldemort, che adesso era divisa in due, tre, dieci parti, sembrava che più di una voce le sussurrasse ordini nel cervello. La ragazza, non appena si fu alzata, corse su per le scale, divorò in un attimo la rampa. Doveva salire più in alto possibile, dove nessuno, neanche per sbaglio, avrebbe potuto vederla.

**E' inutile.
Io ritornerò sempre. **

- Lo so, maledetto! Lo so !! -

Gray non perse tempo. Ne aveva perso anche troppo. Trasse il coltello dalla borsa, serrò i denti, e lo piantò senza alcuna esitazione esattamente al centro del Marchio Nero. Per fortuna che non si trovava dalla parte del cuore. Non riuscì a non gridare. Ma le voci dentro la sua testa non si erano ancora estinte. Gray si riempì di tagli, tutti nel solito punto, e un fiume di sangue si riversava sul pavimento.

Sembrava quasi che Gray volesse strapparsi la pelle.

Non era in grado di capire se fosse servito a qualcosa, perché il Marchio Nero ormai era totalmente nascosto dal sangue. Gray non riuscì più a reggersi in piedi. La debolezza si impossessò di lei, e la fece cadere mollemente sul pavimento.

Gray sentiva di avere le palpebre molto pesanti, e allo specchio, poggiato alla parte opposta, riusciva a vedere quanto la sua pelle fosse pallida e sciupata, molto più di prima. Sapeva che non sarebbe morta dissanguata. le ferite guarivano sempre. anche se non sapeva perché. Il sonno, la stanchezza, la mancanza di liquido in corpo ebbero la meglio.

Gray cadde addormentata, piena di confusione nella testa, ma con un bizzarro e potente senso di sollievo.