09. La domanda.

Gray dormiva ancora quando la Umbridge entrò come un turbine nella sua stanza. Gridando e strattonandola riuscì a svegliarla, ma Gray era così esausta che difficilmente sarebbe stata in grado di camminare. Le ferite secche avevano sparso sangue sul letto durante la notte, e ora giacevano sul viso latteo come macchie di sporco. Era piena di altri piccolissimi tagli, aveva le labbra livide e due grosse borse violacee sotto gli occhi arrossati. Non si ricordava di aver pianto durante la notte. Aveva i capelli spettinati e uniti in tante mazzette sudate.

La Umbridge non ebbe pietà. La sbattè fuori dalla stanza tirandola per i vestiti, a tratti strappati e sporchi di sangue, gridando cose che Gray non riuscì a capire. Appena fu fuori guardò l'orologio. Era mezzogiorno.

Con la Umbridge c'erano i professori responsabili delle case: la McGranitt, Piton, la Sprite e Madama Bumb. Chi di loro non aveva un'aria stravolta e scombussolata, aveva gli occhi semplicemente traboccanti d'ira e le guance avvampanti come se avessero appena urlato per ore. Gray tossiva, e non riusciva a vedere praticamente niente mentre veniva strattonata per i corridoi. Era ancora mezza addormentata e le gambe si muovevano per pura spinta da parte della Umbridge, dotata di una sadicità ancora più perversa del solito.

I corridoi erano deserti: evidentemente gli studenti erano stati spediti nei dormitori o in qualche altro "luogo sicuro".

Alla fine, senza neanche capire come, Gray si trovò di fronte alla scrivania di Silente. Nello studio c'era tutti il personale, compresi Gazza e Madama Chips, e c'erano anche Caramell, Lucius Malfoy e due Auror, fra cui Kingsley Shacklebolt. Da una parte Gray intravide Percy Weasley che prendeva frettolosamente appunti, nonostante nessuno avesse ancora detto niente.

Gray iniziava a ricordare, molto lentamente, tutto quello che era successo. Ma, come se non captasse la gravità della situazione, pensava con occhi sognanti al cuscino caldo che aveva appena lasciato nella sua camera.

Il suo desiderio di dormire era brutalmente stroncato dalle espressioni di tutti i presenti. Perfino Silente sembrava fuori di sé, anche se non era chiaro con chi. Magari in quel momento la scuola pullulava di personale ministeriale, forse perfino di Dissennatori, e Silente, pur non ammettendolo a voce altra, detestava entrambe le cose.

- Silente! - sbottò Caramell, afferrando la spalla di Gray e spingendola con risentimento fino in mezzo alla stanza - Questo non era mai successo in una scuola e non sarebbe mai dovuto succedere. -

- Via, Cornelius, - sospirò Silente, esausto - Non vedi che sta male? - poi si voltò verso Gray che lo guardò appena dietro il velo lattiginoso che le copriva gli occhi, e aggiunse, con espressione addolcita - Ti prego, siediti. Sedetevi tutti. - ed evocò delle sedie. Rispetto al numero dei presenti ne mancavano due.

- Ne mancano due, Silente, - fece notare Caramell, divertito.

- Niente affatto, - rispose il Preside pacatamente - Perché mi aspetto che i tuoi Auror escano di qui immediatamente -

- No, Silente! - sbraitò la Umbridge - Gray è pericolosa e io vi ingiungo di. -

- Uscite, ragazzi. - disse Caramell, reprimendo l'ira.

Gli Auror uscirono dopo un breve cenno del capo verso il Preside, e tutti si sedettero. Gray sprofondò nella sedia facendola indietreggiare di parecchi centimetri. Si prese la testa fra le mani, guardando il pavimento di legno, rifiutandosi di alzare lo sguardo, e tossendo di tanto in tanto qualche goccia di sangue. Piton la guardò con una specie di soddisfazione negli occhi, ma sforzandosi di celarla, mentre Malfoy aveva lo sguardo colmo di trionfo. Gray lo sapeva, ma non gliene importava niente.

- E adesso, Silente. - ringhiò Caramell - Spiegami. Avanti. Stanno già partendo lettere ovunque, da studenti e famiglie, perché tutti vengano informati dell'accaduto. domani sulla Gazzetta del Profeta ci sarà scritto questo e quant'altro, e non sarai solo tu a finire nei guai con la tua scuola, ma tutto questo trascinerà anche il Ministero della Magia nella polvere! Il Marchio Nero, Silente! Ieri notte qualcuno è morto! -

- .Nella tua scuola, - aggiunse Malfoy, mellifluo - il "luogo più sicuro di tutta l'Inghilterra". -

Silente teneva lo sguardo fisso di fronte a sé, rifiutandosi di mostrare segni di impressione o cedimento. Gray non si mosse, anzi, la testa affondò ancora di più.

- Soggetti pericolosi si aggirano per questa scuola, - soggiunse Piton - e credo di avervelo detto fin dal principio. -

- Suppongo sia il caso di dimenticare i vecchi dissapori, Severus, - disse Silente a Piton, e in casi normali Gray avrebbe proprio voluto vedere la faccia di quest'ultimo, dopo che veniva di nuovo zittito.

- Non stiamo parlando di "dissapori", Silente. - disse Caramell - Gli studenti sono in pericolo. Un Mangiamorte era nei confini di questa scuola, ieri notte, e ho ragione di credere che ci sia ancora. Silente, è necessario prendere provvedimenti! -

- Suggerisca, allora - disse Silente. Gray non ascoltava nemmeno una parola.

- E' ovvio! È. è inevitabile! Gray ha fatto un omicidio, capisce? - la Umbridge avvampava dall'ardore della conversazione - E lo ha fatto con l'uso ripetuto della Maledizione Cruciatus, da brava Mangiamorte. Silente, tu conosci la pena per. -

- Pena che nella mia scuola non sarà effettuata, mai più, - concluse Silente.

Gray volle illudersi di non aver sentito la frase. Le ferite iniziarono a bruciare e un turbine di sommessi mormorii si agitò nella sua testa. Gray iniziava a ricordare che cosa aveva sognato. Il Bacio dei Mangiamorte. era il suo terzo anno a Hogwarts.

- Silente! - esclamò Caramell, alzandosi in piedi di scatto. La McGranitt e gli altri professori lo guardarono sdegnati.

- No, Cornelius, - lo interruppe Silente - Non ci sono prove sufficientemente concrete che sia Gray la colpevole, e fin quando non le avrò ottenute, non permetterò che nella mia scuola dei Dissennatori compiano ancora quella cosa tremenda! -

- Il Bacio non è una cosa tremenda, - disse Lucius Malfoy, - è un baluardo della giustizia. È quello che si meritano tutti i Mangiamorte. -

Gray si sentì avvampare d'ira.

E tu cosa sei, allora, Malfoy?

- E pretendo, - aggiunse Malfoy - che Gray lasci subito questa scuola e venga rinchiusa di nuovo ad Azkaban. L'ultima volta il Ministero è stato fin troppo clemente nei suoi confronti, e se è questo il modo con cui il crimine viene combattuto. -

- Tu non hai niente da dire? -, interruppe Piton, guardando Gray con aria sfrontata.

- Fate quello che vi pare, - rispose Gray in un soffio. Aveva alzato la testa, dritta ed immobile in direzione di Piton, che si sentiva decisamente a disagio. Ora due occhi rossi e vacui si erano fissati nel suo cervello, come una tortura.

- Quello che ci pare, eh? - ripeté Caramell, furibondo - Bene! .Bene! - girò furentemente su sé stesso e tornò a fronteggiare Silente, probabilmente molto irritato perché non era riuscito a intimorire Gray. Silente sembrò accorgersi del suo stato d'animo e i suoi occhi, nonostante tutto, sembravano piuttosto compiaciuti. - Ti mancano le prove, Silente? Eccoti una testimonianza!! - additò Malfoy, sbattendo un pugno sulla scrivania, e rovesciando diversi fogli - E' stato anch'egli vittima, tentando di fermare Gray che aveva appena ucciso. -

- . chi? - incalzò Silente. Gray, nonostante tutto, gli si sentiva più ostile che riconoscente.

- Amelia Bones! - gridarono la Umbridge e Caramell all'unisono. Gray trasalì. Era una Mangiamorte. Come aveva fatto a non riconoscerla? Pur non avendo mai saputo che avesse il Marchio Nero, l'aveva vista altre volte al Ministero, e se l'avesse riconosciuta sicuramente non avrebbe agito così imprudentemente. Ormai era tardi per ripensarci. - Silente, non è la prima aggressione che vedo a Hogwarts, ma non mi sarei mai immaginato. - aggiunse Caramell, a denti stretti - che la stessa persona avrebbe ripetuto per due volte il suo gesto. -

- La sua autorità non conta, adesso. Spetta al Ministero decidere cosa sia più giusto fare. - aggiunse la Umbridge.

- Esiste un metodo preciso, - disse Silente mantenendo la calma, ma era visibilmente turbato. Sembrava di colpo ancora più vecchio, ancora più stanco. Smisuratamente stanco. Gray non se ne accorse, non gliene importava, non le importava di niente. Silente usò un Incantesimo d'Appello per chiamare a sé la bacchetta di Gray che iniziò subito ad agitarsi nelle sue mani. - Prior Incantatem, - disse, sommessamente.

Figure argentee cominciarono a sprigionarsi dalla bacchetta di Gray, e lei alzò lo sguardo, a malapena, come se le ossa e i muscoli non volessero muoversi.

Due o tre figure umane ne uscirono, erano spettri, o fantasmi, gridavano di dolore parole incomprensibili. E poi altre figure umane, altri fantasmi, quattro, cinque. Silente le osservava profondamente amareggiato, ma Caramell sembrava traboccare di soddisfazione. Le figure più nitide, comunque, erano un drago serpentino dalle lunghe zanne, che si dibatteva e si contorceva furioso, poi videro un altro essere umano contorcersi in modo grottesco, disumano. ed era inevitabilmente somigliante a Lucius Malfoy. E poi fu la volta di una spada di ghiaccio, che sprizzò di sangue. E il sangue sbocciato dalla lama congelata si unì, formando un agglomerato perfettamente identico al Marchio Nero.

- Non mi sembra che si tratti di una prova sufficiente. Una sola Maledizione Cruciatus non uccide una persona, e nemmeno un Marchio Nero in celo o un Incanto Patronum. - disse Silente con lentezza, anche se sembrava che non prendesse mai fiato.

Il viso di Caramell sembrava un semaforo: in pochi secondi dal rosso era passato al verde.

- Questi sono gli spettri delle persone che ha ucciso! - gridò.

- Ha scontato la sua punizione per questo, - insistette Silente - E sei stato proprio tu a decidere di graziarla. Non vedo qui alcun omicidio che non corrisponda ad acqua passata, almeno per quanto riguarda la legge. E' evidente che qualcun altro che fosse presente al momento dell'assassinio ha compiuto il gesto. -

Percy si era pietrificato con la penna d'aquila a mezz'aria, così come il resto dei presenti nell'ufficio. Gray era del tutto indifferente.

- Vorresti accusare lui, Silente? - ringhiò Caramell additando Malfoy, il quale inalberò un cipiglio profondamente offeso, e vagamente divertito. Ma sembrava decisamente turbato dall'espressione sicura che Silente gli puntava addosso. Nessuno parve accorgersene.

- A questo quesito risponderà la pura verità, e nient'altro che quella, - ribatté Silente, che aveva perso il tono benevolo e tranquillo. - Severus. - aggiunse, con un cenno eloquente della testa. Piton uscì, lasciando al suo posto una coltre di imbarazzante silenzio.

Quando fece ritorno poco dopo, aveva in mano un calice contenente un liquido piuttosto maleodorante. Lo consegnò a Silente, il quale a sua volta lo mostrò a Caramell. Era Veritaserum.

- Mi rifiuto di. - iniziò Malfoy, ma un altro gesto di Silente lo zittì.

- Se tu ti rifiuti, Lucius, - lo interruppe Silente, e il suo sguardo valeva come una sentenza non pronunciata, - penso che toccherà a te. - concluse, guardando Gray. Lei alzò a mala pena la testa. I capelli sudati le si appiccicavano al volto, e le borse sotto gli occhi erano falciate più spesse che mai. Scrollò le spalle. Ormai non le importava cosa avessero fatto. E comunque, era lei che aveva torto, era lei la colpevole. Cosa aveva da nascondere? Con sole tre gocce del liquido, ebbe la sensazione che un lungo rettile, freddo e viscido, le colasse in gola. In un attimo aveva la mente così annebbiata che a mala pena riusciva a distinguere i contorni di ciò che aveva intorno, e a volte vedeva soltanto un fastidioso bagliore completamente bianco.

- Chi ha ucciso Amelia Bones? - chiese una voce sorda nella sua testa.

- Io. - rispose Gray senza esitazione.

Ma avrebbe preferito diventare cieca e sorda all'unisono, per non dover sentire che Silente veniva sostituito dalla Umbridge a tempo indeterminato, Malfoy riceveva un Ordine di Merlino per i Servizi Resi al Ministero a all'Ordine Pubblico. e lei, veniva condannata al bacio dei Dissennatori.

*

"Misteriosa fuga sotto gli occhi del Ministro. Ancora ignote le circostanze per le quali Gray si sarebbe dileguata due giorni fa, entro il perimetro di Hogwarts, appena dopo l'esecuzione della sentenza che spetta a tutti gli assassini. Dopo il Bacio dei Dissennatori, Gray sembra essersi accasciata a terra e poi sparita, lasciando il Marchio Nero al suo posto. Il Ministro della Magia Cornelius Caramell e l'Inquisitore Supremo di Hogwarts negano la possibilità che Gray si sia Smaterializzata, in quanto la zona è protetta contro Incantesimi di questo tipo. La fuga rimane ancora un mistero. Ci si chiede se non sia stato adottato lo stesso sistema anche per la fuga da Azkaban che Gray effettuò appena diciannovenne. Molte famiglie hanno gridato allo scandalo e preteso che i loro figli tornassero a casa, ma da quando l'Inquisitore Supremo, Dolores Jane Umbridge, è diventata Preside, sembra che le acque si siano calmate. - Ho cercato invano di fermare Gray quando ha ucciso Amelia Bones, sotto gli occhi di alcuni studenti di ritorno dalle vacanze, - ha dichiarato il testimone Lucius Malfoy, presente al momento dell'omicidio, - Gray ha trasportato Amelia Bones fino al Ministero della Magia, senza dubbio. Un attimo dopo il Marchio Nero è apparso in cielo. - Gray attualmente è ricercata, per la seconda volta. Amelia Bones è stata ritrovata morta nel suo ufficio, col nome di Gray inciso sul braccio. - Gray è sempre stata sospetta, - ha dichiarato l'Inquisitore Supremo, - A cominciare dalle sue presunte amnesie. E' stata senz'altro la più giovane assassina che abbia messo piede ad Azkaban. Chiediamo di mantenere la calma: si nasconde sicuramente nello stesso luogo di Sirius Black, e i Dissennatori stanno facendo il possibile per trovarli. - Al momento dell'esecuzione erano presenti anche due Auror, e attualmente tutta la loro squadra è impegnata nella cattura di questi due pericolosi Mangiamorte. E non siamo i soli ad augurarci che li arrestino presto!"

Gray sentiva una sorta di buco nero nell'anima, e minuto dopo minuto frammenti di intere ore, di giorni, di settimane si aprivano nella sua memoria più recente. Riconosceva perfettamente quella sensazione.

Si sentiva come priva delle ossa e della capacità di pensare a qualsiasi cosa. Stesa su un letto di ferro, in una stanza blindata. Le ombre danzavano minacciose sulle pareti grigio scure. Ogni immagine scorreva a rilento. I suoni erano strascicati e fiacchi. Molte sensazioni erano sparite, o forse le provava ancora, ma non ricordava più che nome avessero.

Immensi baratri neri traboccavano di visioni convulse, senza identità né provenienza.

Ogni volta che girava lo sguardo, la visuale di Gray si distorceva.

I colori non corrispondevano alla realtà. Tutto sembrava affogato in una specie di gelatina violacea. Le iridi di Gray si dilatavano e si restringevano in continuazione, a volte veniva abbagliata dalla luce, a volte non vedeva niente. Tutti i muscoli le facevano male, le ferite ormai vecchie frizzavano e marcivano sulla pelle.

Le labbra erano secche e screpolate, quasi bluastre.

Le sembrava di essere nel delirio di una droga, di un incubo grottesco, di una febbre troppo alta.

Se fosse stata in grado di pensare, non avrebbe potuto comunque riconoscere quella stanza che non aveva mai visto. Ma non le interessava sapere dove fosse, se riusciva a mala pena a ricordarsi chi era. Strinse con tutte le forze che le erano rimaste il ciondolo che portava al collo, dal quale sentiva provenire una strana forza che lentamente, molto lentamente, le entrava nel corpo e fluiva in ogni sua parte.

Era in una posizione piuttosto scomoda, con la pelle a contatto con quel freddo metallo. Avrebbe voluto girarsi ma non riusciva a trovare la forza da nessuna parte. Rimase in quello stato per tanto, tantissimo tempo, non seppe definire esattamente quanto.

Alla fine, riuscì a muoversi, e si sedette. Soltanto quel piccolo movimento apparentemente insignificante le era sembrato uno sforzo al di là delle sue possibilità. Si accorse di avere addosso la bacchetta, come sempre infilata nello stivale, ma non poteva farci nulla, anche senza tentare, sapeva benissimo che non l'avrebbero mai messa lì dentro se ci fosse stato un modo per uscirne con un incantesimo. Per questo le avevano lasciato la bacchetta? Per prenderla in giro o per attirarla in una qualche trappola?

Per il momento Gray non si sognava neanche di uscire. Non ce l'avrebbe fatta. Tuttavia, tentò di raggiungere l'immenso portone sigillato; forse sarebbe riuscita a sentire qualcosa, che le avrebbe fatto capire dove si trovava. Tossendo, barcollò con lentezza esasperante. Raggiunta la porta, non resistette più e si accasciò sul pavimento, battendo i denti a terra. Riuscì a malapena a trascinarsi nell'angolo, lì vicino, cercando di stringersi in sé stessa, per sentire meno freddo. C'era una finestra, minuscola, altissima rispetto al pavimento, e attraverso le sue sbarre Gray riuscì a vedere la notte e la luce di un minuscolo spicchio di luna. Il cielo era rannuvolato, ogni tanto la sua quiete era interrotta da tuoni remoti. Gray non sapeva perché, ma sentiva che quella finestra non era reale.

Aveva un freddo terribile penetrato fin dentro le ossa. Da quella posizione non si sarebbe più mossa, era troppo stanca. Perfino l'energia calda che veniva dal ciondolo sembrava solo un sospiro incerto, lontano.

Non faceva che tossire.

Il dolore si fece così lacerante che, ad un tratto, piegò bruscamente la schiena e vomitò sangue sul pavimento. E accadde altre due, tre, quattro volte. Si stupì di non sentire fame né sete, ma il bisogno di dormire era incontrollabile, contrastato soltanto dal freddo e dal pavimento duro e scomodo.

Un vento ingrato e tagliente cominciò a frusciare per tutta la stanza, che ogni secondo diveniva più immensa, ma Gray intuì che anche quello era un'illusione. Sapeva di essere di molti metri sottoterra.

Ogni tanto le sembrava di sentire delle voci. Sussurravano sommessamente nella sua testa cose che non capiva. Non era Voldemort. Il Marchio non le faceva male neanche un po', ed erano voci troppo dolci. suadenti.

Spiriti evanescenti emersero dal pavimento, accompagnati da piccole e delicate nubi di fumo. Sembravano fate, o piccoli fantasmi, sussurravano.

Erano sagome indistinte, che si perdevano ad ogni soffio di vento, disfacendosi come nuvole nella tempesta. Nubi di farfalle di ogni colore volavano lentamente attorno alla fredda stanza, ma ogni volta il vento le distruggeva, o veniva carbonizzate, finivano la loro vita tra le fiamme. Gli spiritelli continuavano ed emergere, dal soffitto, dalle pareti, dal pavimento, dalla porta. ma in qualche modo morivano dopo pochi secondi.

E ogni volta, grida selvagge, disperate, rimbombavano nella testa di Gray.

Gray non riusciva a pensare a nessun ricordo felice. Non sarebbe mai riuscita ad andarsene di lì, sarebbe morta là dentro, da sola, sarebbe morta di pazzia.

Riconobbe il Bacio dei Dissennatori.

Sapeva che si trattava di quello, ma sapeva altrettanto bene che non avrebbe avuto alcun effetto permanente, non finché avrebbe avuto quella collana. Ma non poteva impedire che, nel frattempo, la disperazione si impossessasse di lei, o si sarebbe senz'altro uccisa prima di aver recuperato le forze.

Estrasse il coltello dalla cintura.

Il sole nacque e morì diverse volte, e Gray continuava a riempirsi di tagli l'avambraccio, le gambe, le spalle. Non avrebbe mai permesso che i Dissennatori potessero finirla in quel modo, anche se ci fossero voluti mille tagli dolorosi: il dolore poteva cancellare l'angoscia. Non sapeva quanto sarebbe rimasta là dentro, ma ancora non aveva fame, e su tutte le ore che erano trascorse, non aveva dormito molto. Doveva essere il quinto giorno quando cadde in uno stato di semi apatia; gran parte del suo cervello dormiva, ma era come se uno solo dei suoi occhi gettasse intorno a sé sguardi inquieti, nel timore che succedesse qualcosa.

Era passato il tramonto quando la porta si aprì, ma Gray non reagì minimamente.

Una striscia, una falciata di luce tremula serpeggiò sul pavimento e si infranse sulla parete opposta. Al di là di quella porta dovevano esserci solo delle torce ad illuminare le stanze. Lo spettro di fioca luce era sormontato dall'ombra di una sagoma umana sottile, dal lungo vestito; si distinguevano bene la bacchetta ben stretta nella mano destra e il pesante cappuccio gettato sulla testa.

La donna avanzò, Gray sentiva i suoi passi echeggiare nel silenzio come un rumore fortissimo, ma non si mosse. Il suo viso era tremendamente pallido, sembrava si potesse quasi vedere cosa c'era sotto. I capelli erano sporchi e spettinati, la sua pelle era macchiata di sangue e coperta di tagli, ormai anche nel viso.

- Ciao, Gray, -

- Bellatrix - soffiò Gray.

- Hai un aspetto magnifico. - disse Bellatrix. - Alzati. Ti stanno aspettando. -

Gray non chiese chi la stava aspettando, si alzò e basta. Aveva la spiacevole sensazione che niente le avrebbe peggiorato ancora le cose, a quel punto.

Realizzò di trovarsi nell'Ufficio Misteri.

L'aveva visto, una volta sola, ma riconosceva bene quel corridoio, quelle porte che giravano. Giravano come la sua testa. Non si era mai sentita male come in quel momento, tranne che una volta, anni prima. E avrebbe preferito non doverlo sperimentare mai più.

Avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa senza che lei se ne stupisse; camminarono a lungo per i corridoi dell'ufficio Misteri, e sembravano scendere sempre più in basso, fin quando non raggiunsero una piccola stanza circolare, completamente vuota. Puzzava vagamente di muffa. Le pietre del pavimento sembravano levigate dal troppo camminarci sopra. Undici persone vestite di nero stavano in piedi immobili, voltando le spalle all'entrata, undici persone fra le quali Gray avrebbe dovuto stare.

Gray sentiva l'inconfondibile sensazione di un ricordo che torna in mente all'improvviso, un ricordo molto, molto vecchio.

Intuiva anche che cosa stava per succedere, ma era talmente sprofondata nel vuoto che qualsiasi cosa l'avrebbe lasciata del tutto indifferente. Quando gli undici Mangiamorte sentirono i passi di Bellatrix e Gray avvicinarsi, si voltarono verso la porta, un semplice buco nella parete di roccia, coperto da una tenda semi trasparente color porpora. Gray notò che c'era un piccolo buco al centro del pavimento, ed era così stretto che la tenue illuminazione della stanza non permetteva di vedere cosa c'era oltre.

- Ehi, Brufolo Bill, - salutò Gray in direzione di Rookwood, ma il suo tono non era dei più allegri; una voce strascicata, cadente. Rookwood non la degnò di uno sguardo, ma forse stava cercando di trattenersi dal lanciare un incantesimo.

- Speriamo che il soggiorno ti sia piaciuto, - disse uno dei Mangiamorte.

- Ho qualcosa da ridire a proposito della sistemazione. -

- Di questo non dovrai preoccuparti. - disse Bellatrix - Tra un po' sarà questa, la tua sistemazione, e qualcosa mi dice che ci resterai per sempre. -

I Mangiamorte sghignazzarono sommessamente, era come se avessero avuto paura di svegliare un mostro che dormiva, da qualche parte.

I Mangiamorte si scambiarono qualche sussurro, ogni tanto ghignando in direzione di Gray, ogni tanto lanciandole espressioni di disgusto. Gray si appoggiò al muro per evitare di cadere, cercando di recuperare l'equilibrio, perché le girava veramente troppo la testa, come se fosse appena tornata a terra dopo tre ore di giostra.

- Sai a cosa serve quel foro, Gray? -, disse Malfoy.

- No, non lo so, - rispose Gray - E neanche tu lo sai. -

- Esattamente. - rispose Malfoy, piuttosto contrariato, - Non abbiamo idea di cosa se ne facciano quelli dell'Ufficio Misteri, ma una cosa è certa, ci sarà molto utile. -

Venne interrotto da un grido lacerante che sembrava provenire dalla stanza di sotto, sotto al foro sul pavimento. Erano grida da far stringere il cuore. Si spezzavano, ricominciavano, poi si spezzavano ancora. forse era un uomo che veniva torturato.

Gray mantenne la stessa espressione, ma una leggera ombra di disgusto le rabbuiò gli occhi; i Mangiamorte, invece, ghignavano soddisfatti.

- Si tratta di Avery, - disse Rookwood, - Ed è la punizione che spetta a chiunque osi fornire al padrone le informazioni sbagliate. -

- Al padrone. - sbuffò Gray - Al padrone! Caro e onnipotente padrone! Ma vi sentite quando parlate? -

La sua affermazione non piacque molto ai Mangiamorte, che però rimasero composti senza una minima variazione di espressione.

- Ad Avery è toccata una grande fortuna, un onore, direi, - soggiunse Malfoy, sovrastando le urla, - è proprio l'Oscuro Signore a punirlo, stanotte, ma tu non avrai lo stesso privilegio. - Gray alzò gli occhi al soffitto - Purtroppo è un pessimo compito che devo riservare a me stesso. -

Gray non rispose. Era duro ammetterlo, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per non essere lì quella notte. Desiderò con tutta sé stessa di trovarsi ancora nella sua camera, a dormire, che la Umbridge non fosse mai venuta a tirarla fuori per portarla da Silente, anzi, desiderò non aver mai sentito parlare di Voldemort, del Marchio Nero, e dei suoi Mangiamorte.

Ma sapeva che era inutile. Da quella fiammata di esasperazione capì che si stava lentamente riprendendo, sfondando il muro d'apatia che si era creata in quei cinque giorni di prigionia. Non durò a lungo perché, poco dopo, era già tornata come prima, ferma e impassibile, senza più terrore negli occhi, con la sola voglia di farla finita quella notte, e di farla finita in fretta.

Era troppo occupata a fissare nel vuoto per rendersi conto che Malfoy aveva alzato la bacchetta, e che Bellatrix le aveva rubato la sua. Una specie di scossa la attraversò nelle vene, e poi si accasciò a terra. Un grido lacerante le esplose dalle labbra. In un istante sparirono tutte le immagini, i rumori, qualsiasi cosa che avesse intorno, rimase soltanto una specie di bagliore rosso fuoco di fronte ai suoi occhi. Si sentì come se tutte le sue ossa si stessero spezzando. Lo stomaco le si capovolse, il gomito si piegò troppo all'indietro. troppo rapidamente. Ricadde moscio lungo il fianco, con tutto il braccio ciondolante. Gray non riusciva ancora a vedere niente, sentiva soltanto il sangue fluirle rapidamente dalla bocca e dai tagli che sembravano essersi riaperti tutti contemporaneamente.

Dubitava che sarebbe stata in grado di sentire un dolore più feroce di quello. Si sentiva soffocare, come se avesse avuto la gola annodata, come se qualcuno la stesse strozzando. Ancora una volta sentì quel dolore, e fu come se un'infinità di dita ossute la stessero strangolando. Le furono lasciati pochi secondi di quiete, di silenzio assoluto. E poi di nuovo il dolore, ancora una volta, e la sensazione fu quella di spade che le laceravano la pelle più di quanto non avesse già provveduto da sola.

Credeva che sarebbe morta. Intorno a sé le voci le apparivano indistinte, altre volte invece non le sentiva proprio. Tutto era una macchia rossa, e il sangue frizzava ogni volta che tentava di aprire gli occhi. Era ferita dappertutto, sapeva che aveva perso troppo sangue. E il punto in cui giaceva il Marchio Nero, bruciava da far uscire di senno.

- Basta così, - disse una voce.

Era molto diversa da quella degli altri Mangiamorte. Gray rimase sdraiata sul pavimento coperto di sangue, senza curarsi di nulla. Dopotutto la morte era sempre più vicina, e non ci sarebbe voluto molto perché la raggiungesse del tutto.

- Una volta non avresti resistito così tanto, devo dire, - aggiunse la voce, - Anni passati a ribellarti a me, devono averti fatto fare esperienza. -

Era Voldemort.

Non per vederlo Gray avrebbe aperto gli occhi. Non avrebbe sfidato l'immensità infernale che si estendeva dietro le sue palpebre, non per guardare negli occhi, ancora una volta, la causa di anni e anni di dolore insopportabile. La causa della sua diversità rispetto agli altri, la causa di tutti i suoi disagi, la causa della punizione che doveva auto infliggersi ogni volta che il Marchio tentava di emergere. la causa di cinque anni ad Azkaban, e di tutti quelli che aveva ammazzato per suo volere, senza rendersene conto. di coloro che erano morti e a cui lei voleva bene.

La sua mente, ora, era completamente vuota.

E in quel vuoto assoluto, rimbalzava la sola preghiera di morire prima possibile, prima di essergli utile di nuovo, e magari di uccidere qualcuno che lei non avrebbe mai voluto uccidere. Sapeva che non avrebbe opposto nessuna resistenza, in quel momento, se Voldemort avesse voluto controllarla.

Era troppo stanca e debole.

Ci sarebbe voluto poco per distruggere ogni suo volere, anche perché era certa di non avere più nessuna volontà.

- Apri gli occhi, Sara, - disse Voldemort. Gray rimase immobile. - Apri gli occhi, o dovrò aprirteli io stesso. - Gray sapeva che le avrebbe tagliato le palpebre, lo sentiva, lo leggeva nella sua mente tormentata.

Mutilami quanto vuoi.

Non cambierà le cose.

- E finiscila subito di impicciarti, - aggiunse l'Oscuro Signore. Gray non riuscì più a vedere nella mente di Voldemort. La sensazione fu quella di una porta che le veniva chiusa in faccia. Decise di aprire gli occhi. Le sembrò di gettarsi in un baratro sconfinato, ciò che vedeva per qualche minuto non fu corrispondente alla realtà, e poi finalmente i suoi occhi tornarono a vedere quello che realmente avevano davanti.

Il sangue colava nel buco sul pavimento, e solo allora Gray si rese conto che era vagamente in discesa.

Voldemort era davanti a lei. Una figura alta, dalla pelle secca di un grigio chiarissimo, il viso vagamente serpentino, gli occhi rossi e malvagi che sembravano non chiudere mai le palpebre. In mano reggeva un calice piuttosto rozzo, e Gray riusciva solo ad immaginarsi cosa ci fosse dentro. Comunque non aveva molta voglia di pensarci: era piena di ferite e ormai aveva il braccio rotto e la caviglia fratturata.

- Era per impedirti di volare via, - disse Voldemort - Mi sei stata abbastanza di peso, con questa tua abilità dell'Animagus. Sei stata furba a non farti scoprire dal Ministero, altrimenti le mie spie me l'avrebbero detto e sarebbe stato tutto più facile. - Gray avrebbe voluto chiedergli: "che vuoi da me?", ma la mascella non si muoveva. Guardando di nuovo verso Voldemort, si rese conto che il calice che reggeva in mano conteneva un liquido rosso. Gray ora ne era certa, ne sentiva l'odore fin lì, avvertiva la sua fibra. Era sangue. - Il tuo sangue, Sara, proprio così. Si fa presto a leggerti nel pens. - Voldemort corrugò la fronte, ma il viso era così piatto e liscio che il cambiamento si notò ben poco. Anche lui aveva appena avuto la sensazione di una porta che gli si chiudeva di fronte. - Bene, bene, non sei ancora completamente fuori di te. E questo è un bene, perché sto per farti una domanda e sarà l'ultima volta che te la porrò. -

Gray non aveva intenzione di rispondere. Sapeva benissimo qual era la domanda. E visto che stava per morire dissanguata, non vedeva utilità nel rispondere.

- Perché vuoi il mio sangue? - rantolò, cercando di portarlo fuori dal discorso.

- A differenza di qualsiasi altro essere umano, - rispose Voldemort tranquillamente, - Io sono del tutto immune alla maledizione che è stata lanciata anni fa, e so benissimo che questo sangue contiene un potere enorme, un potere antico e inimmaginabile. chissà, se sopravvivrai a stanotte forse un giorno lo scoprirai. oh, dimenticavo. se sopravvivrai, continueremo fin quando non sarai morta. - I Mangiamorte risero sguaiatamente; Voldemort dissimulava un tono di noncurante leggerezza. Ma di colpo la sua espressione si fece seria, e anche i Mangiamorte tacquero. Gray capì che stava per iniziare un altro discorso lunghissimo. e lei voleva soltanto mettere fine a tutto.

Voldemort la guardava fisso. Ma stranamente, anche lui come tanti altri, cercava di evitare di guardarla dritto negli occhi.

- Ho trascorso anni a cercare di controllarti. - esordì, arricciando appena le labbra grigiastre, - Tante volte ti sei trovata nel posto giusto al momento giusto: a Hogwarts, dove avresti potuto uccidere tante persone che mi facevano così scomodo.. Ti sei mai chiesta quanto sforzo abbia impiegato io per tentare di assumere il controllo delle tue azioni? Oh, stavi spesso vicina a Silente, anche se la cosa non ti piaceva. ma eri la sua preferita, naturalmente, una delle poche. gli facevi proprio compassione. il mostro di turno, insomma, l'asociale, il cadavere. un vampiro che non sa mordere. -

Gli occhi di Gray formulavano benissimo la domanda che lei non riusciva a pronunciare.

- Un membro su tre della tua famiglia basava la sua vita sul sangue, e tu, a causa del sangue, non riesci quasi a vivere! Gran bella famiglia la tua. sempre meglio della mia. - e rise amaramente. - Voi Gray eravate maledetti, lo dicono tutti. Tutti un branco di assassini lussuriosi. e se non morivano ad Azkaban si uccidevano tra loro, come un branco di animali. E anche tu non sei stata da meno. Hai fatto fuori i tuoi senza nessuna esitazione. Li odiavi, eh? Per colpa loro sei una Mezzosangue, anziché di sangue puro come tutta la tua famiglia. Poi qualcuno si mise sulle vostre tracce per uccidervi. Come tutte le antiche famiglie pure, non potevano sopportare dei bastardi. c'è chi si limita a diseredarli, ma i Gray no, volevano il sangue, l'omicidio. -

- Ho sempre pensato che tu mi assomigliassi, in qualche modo. L'unica razza che dovrebbe esistere sono i Purosangue, e io lo leggevo nella tua mente, tu odiavi i Mezzosangue almeno quanto me, per averci contaminato la nascita. -

Gray non riusciva a capire i discorso di Voldemort. Di lì a pochi minuti non avrebbe più avuto una goccia di sangue in corpo. E in fondo non le importava di cosa stesse parlando, perché qualsiasi domanda le avesse fatto, non avrebbe fatto in tempo ad ascoltare la risposta: sarebbe morta prima.

- Ma dimenticavo, tu non ricordi niente. -, aggiunse in tono pateticamente infantile.

I Mangiamorte risero in modo rozzo, esagerato, soprattutto Bellatrix.

In effetti neanche loro sapevano di cosa stesse parlando il loro signore, ma conoscevano la terribile maledizione che era stata lanciata quando Gray era fuggita da Azkaban.

- Sai, mi è sempre piaciuta la tua famiglia. Brava gente. Un sangue orgogliosamente perverso. Non potevo non trasformarti in Mangiamorte, no davvero, perché sapevo che, con la giusta pressione, avresti fatto esattamente ciò che volevo. per testare la tua sottomissione, che ero certo fosse completa, tentai di farti uccidere le uniche persone di tutta Hogwarts che non ti trattavano come una squilibrata, ma no, la poverina non poteva uccidere i suoi amici. -

- Te ne sei sorpreso? - riuscì a dire Gray, e non capì come ci fosse riuscita. Ma forse aveva troppo bisogno di parlare, non poteva lasciarlo blaterale senza intromettersi.

- No, naturalmente. Ma avresti mai pensato che ti saresti rifiutata di uccidere anche il mio futuro servo fedele? Poi ci ha pensato lui a riuscire dove tu avevi fallito. -

- Dove vuoi arrivare con questo? - Gray sentiva le parole morirle in bocca prima di terminare la frase. Mangiava l'ultima sillaba di ogni vocabolo, e tossiva con violenza.

- Alla mia domanda, - rispose Voldemort, - che conosci benissimo senz'altro. -

Gray guardò altrove.

Sì, la conosceva bene.

- Quello che voglio dirti è che è inutile che tu ti ribelli. Il Marchio Nero non si può cancellare, e la tua pecca più grande è che sei una feccia per i Mangiamorte: un mio sostenitore non dovrebbe desiderare altro che servire me. Dovrebbe essere il suo scopo, la sua aspirazione, la conclusione di ogni sua ambizione. Però i tuoi obiettivi sono ben diversi. E io non ho bisogno di un servo che non vuole obbedirmi. - Gray continuava a guardare da un'altra parte, aspettando che la morte venisse a prenderla. - Smettila di ribellarti. Cessa di opporti. La tua è una resistenza inutile. Unisciti a me, e quando il mondo intero sarà ai miei piedi, i Mangiamorte saranno gli unici a poterne trarre vantaggio! - Voldemort fissò gli occhi di Gray per istanti tanto lunghi che sembrarono quasi ore.

Ma Gray non accennava a rispondere. Il suo sguardo adesso era fisso sul soffitto, e sembrava così sollevato che non si sarebbe mai creduto avesse subito la Maledizione Cruciatus. Era immobile, floscia, gli occhi beatamente felici.

Voldemort conosceva bene quell'espressione.

- Come immaginavo, - ringhiò Voldemort, lo sguardo severo puntato su Malfoy. Il Mangiamorte si ritrasse, balbettando delle scuse. - Incapace. Sta morendo. -.