11. Tombe d'Ambra.

Per gli abitanti di Hogsmeade non era certo un particolare anomalo vedere persone strane dalle loro parti; probabilmente nessuno fece caso alla ragazza che giunse di lì a poco sulla strada principale accompagnata da un grosso cane nero. Sembrava che facesse di tutto per non farsi vedere, infatti non c'era un centimetro della sua pelle che fosse libero dai vestiti, o dai guanti, o dai capelli. La neve caduta era stata del tutto spalata a riunita ai bordi della strada, dove si stava lentamente sciogliendo: era giunta la seconda metà di marzo, e il sole splendeva già luminoso come d'estate. Non era altrettanto caldo, naturalmente, ma il riverbero era così forte che Gray abbassò ancora di più la testa. Conosceva a memoria Hogsmeade, ma se non fosse stato per quello, non avrebbe mai trovato la strada giusta per la Stamberga Strillante tenendo lo sguardo così fisso al suolo.

Pur non trattandosi del fine settimana, la strada principale era affollata di gente. I alcuni negozi o uffici, come quello Postale, la fila di persone era così lunga che usciva dalla porta.

Dovettero fare un bel pezzo di strada, perché erano arrivati dalla parte opposta rispetto alla loro direzione: la Stamberga Strillante. Non lo avevano detto ad alta voce a Grimmauld Place, ma entrambi sapevano bene che la maggior parte dei dubbi di Gray erano rivolti a quella casa in rovina, e ai suoi ritratti.

Ed eccola lì, la Stamberga Strillante, stagliata contro il cielo livido.

Accertandosi con circospezione che nessuno li vedesse, Gray e Sirius passarono senza difficoltà dalle inferriate altissime e sbilenche che cingevano la villa. Un tempo dovevano essere state dipinte di verde metallico, ma ora che la vernice si era scrostata, erano solo dei pali di ferro, sghembi e neri come quelli di un vecchio cimitero. Il cancello cigolava e sbatteva, nonostante non tirasse un alito di vento, ma era ben chiuso da innumerevoli catenacci e lucchetti, forse dal giorno in cui Harry era stato visto mentre entrava.

Il giardino era una ammasso di sterpaglie incolte, e gli alberi rinseccoliti marcivano nei loro friabili tronchi. I loro rami sembravano le dita di uno scheletro.

Un tempo quel giardino doveva essere stato bellissimo: una scalinata fatta interamente d'ambra emergeva dalla terra, e conduceva di fronte alla porta d'ingresso. Negli scalini, tuttavia, c'erano incastonate delle tibie umane: sembravano galleggiare in un blocco di miele.

Gray e Sirius girarono intorno alla villa fin quando non furono sul retro. Gray puntò la bacchetta contro la parete e uno squarcio vi si aprì silenziosamente. Una volta che i due furono dentro, Gray pronunciò un altro incantesimo e l'apertura di richiuse.

Erano in una stanza di cui era impossibile identificare l'uso: i mobili erano gettati sul pavimento in modo disordinato, oppure erano così polverosi e avvolti di lanose ragnatele che era impossibile definire cosa fossero. Si distingueva con chiarezza soltanto un vecchio pianoforte, con ancora lo spartito posato sul leggio, e mezzo divorato dagli insetti. Un topo sgusciò fuori dal pianoforte in un gran rumoreggiare di vecchie corde.

Di colpo, il pianoforte e la stanza intera, apparvero così come dovevano essere stati tanto, tanto tempo prima. La stanza era molto luminosa, ma stranamente tutta quella luce non dette alcun fastidio a Gray. La finestra era grandissima, aperta, e tutto il vento piacevole dell'estate entrava, accarezzando la pelle. Sirius era scomparso.

Numerosi tappeti enormi e ben lavorati giacevano sul pavimento, e altrettanti quadri e arazzi riempivano le pareti, affiancati da diplomi, medaglie, coppe, pezzi di pergamena e ritagli di giornale importanti, tutti incorniciati, come in una sala trofei. Un grosso serpente si attorcigliava sornione su un pezzo di legno di un marroncino chiarissimo, lisciato e lucidato. Una donna aprì la porta, Gray avvertì lo scattare della maniglia. era una bellissima donna, dai capelli corvini lucenti, che le cadevano sulle spalle in tanti morbidi boccoli. Aveva degli sfavillanti occhi, rossi come il fuoco, sottili e un po' malvagi, identici a quelli di Gray.

Indossava un elegante vestito dal lungo strascico. Si richiuse la porta alle spalle, poi si sedette al pianoforte, e le sue dita sottili iniziarono una melodia molto strana . Gray sentiva i suoi sensi intorpidirsi.

- Gray? - La ragazza sentì che Sirius le scrollava la spalla.

Si girò verso di lui con aria spaesata. - Cosa c'è? -

- "Cosa c'è"? Penso che tu stessi praticamente dormendo in piedi! Lo sai che non devi metterti a fissare qualcosa, qua dentro. -

Gray guardò il pianoforte con aria sconsolata, e poi si girò per osservare tutta la stanza. I tappeti giacevano arrotolati in un angolo, mezzi mangiucchiati e consumati, gli arazzi erano spariti oppure mezzi distrutti. Il tronco dove stava il serpente marciva sul pavimento. Il pianoforte era fasciato di polvere di abbandono, non c'era traccia della donna dagli occhi rossi, né della sua struggente melodia. - Penso di aver visto. -, farfugliò Gray.

Sirius stava per uscire, ma si fermò. - Che cosa? -

- Io. forse. - si guardò intorno, perplessa e sbigottita. - Scilla. -

Continuarono a girare per la casa. Era sufficientemente buia per consentire a Gray di togliersi il cappuccio e gli occhiali da sole.

- Per cosa siamo venuti, in particolare? - si decise a chiedere Sirius, che in fondo non sapeva bene che cosa stesse cercando Gray in un posto come quello.

- Non lo so. - rispose Gray, ma si affrettò ad aggiungere: - dopo che Piton mi ha detto questa cosa dei vampiri, ho cercato di tirarmi fuori i ricordi dalla testa. e insomma, non ci ho capito molto, erano confusi. hai mai la certezza lampante che devi fare una cosa, subito? Che troverai tutte le risposte che vuoi? - Sirius annuì, e Gray scrutò l'immensa volta del salotto simile ad una cattedrale, con due o tre pianerottoli che giravano intorno alle pareti. - Io ho avuto la certezza assoluta che dovevo venire qui. E poi quella donna. - Gray tornò col pensiero alla donna che suonava il pianoforte, poco prima, in quella strana stanza col serpente e i trofei. - Dovunque guardo, vedo la villa che era un tempo... e mi sembra quasi che. - ma si immobilizzò. Non riusciva ad andare avanti. Si era lasciata trasportare, con la sgradevole sensazione di avere appena detto una stupidaggine.

Non ci volle molto perché anche il salotto cominciasse a parlarle, a raccontare qualche altra storia. Sirius sembrava non farci caso, come se si fosse già abituato. Sembrava avere intuito che quella casa aveva un valore specifico nell'anima di Gray, ma non riusciva a capire perché. Gray era immobile, con lo sguardo svagato, al centro dell'enorme salotto. Sirius, cercando di non fissare troppo lo sguardo su uno stesso punto, si guardava intorno con diffidenza: quel posto lo faceva sentire stranamente a disagio e, in qualche modo, gli ricordava la casa a Grimmauld Place. Anche nel suo abbandono aveva un'ombra di magnificenza che la casa dei Black non aveva: forse perché non era mai stata veramente disabitata, mentre dentro la Stamberga Strillante vivevano soltanto i demoni della famiglia. E un edificio abbandonato aveva sempre un'aria diversa rispetto a quella di un posto dove vive un solo elfo domestico con un quadro isterico.

Sirius avrebbe preferito non trovarsi in quella stanza. Accidentalmente, i suoi occhi aveva indugiato troppo a lungo su una finestra inchiodata, e questo bastò perché gli spiriti della famiglia deceduta lo assalissero di nuovo.

Era ancora più buio. Era notte. Fuori nevicava e c'era un freddo terribile. C'erano cinque persone in quel salotto e, dal modo in cui si guardavano intorno, sembravano tutti molto ansiosi. Quattro di loro sembravano avere circa quindici anni, e un'altra, una ragazza, sembrava più piccola di almeno due anni. L'allegria era quella di un funerale, e anche senza che qualcuno parlasse, la tensione vibrava nell'aria trasportando un presagio fatale.

Un ragazzo dai capelli neri e arruffati scrutò oltre una fessura delle travi che inchiodavano il portone, cercando di arrivare con lo sguardo in lontananza nonostante la neve ostacolasse la visuale. Vide quello che non avrebbe mai voluto vedere.

Scosse la testa, ritraendosi immediatamente.

- Stanno arrivando, - disse, in un soffio appena percettibile.

La ragazza dai lunghi capelli fulvi e gli occhi rosso sangue emise un gemito disperato.

Sirius sentì uno schiaffo sulla nuca, e quando si voltò, era di nuovo nella penombra pomeridiana. Erano solo in due, e Gray gli aveva appena sferrato un sonoro pattone.

- Sei impazzita? -

- Non ti svegliavi! - si giustificò Gray - Ti ho chiamato due volte. -

Sirius si era svegliato di colpo, e così i ricordi di quello che aveva visto erano ancora troppo freschi per comportarsi con naturalezza, ma si sentì quasi sollevato nel notare che Gray aveva negli occhi lo stesso senso di spossatezza.

- Che hai visto? - chiese Gray.

- Nulla. - mentì Sirius, - E tu? -

- Dobbiamo trovare i sotterranei. - rispose Gray con fermezza tale che Sirius non osò dubitare che quella casa avesse dei sotterranei.

Esplorarono ogni piano e ogni angolo nel tentativo di trovare una scala o un passaggio segreto che conducesse sottoterra, ma la loro ricerca fu lunga e inutile. Il sole era sempre alto nel cielo, e splendeva molto più di prima. Gray disse a Sirius che aveva avuto la visione di un uomo che diceva di seppellire i mezzosangue nei sotterranei, e lo diceva con una perversa soddisfazione, come di un peso fastidioso che viene finalmente rimosso. Gray aveva sentito i nomi dei Mezzosangue che dovevano essere sepolti nelle viscere della casa, ed era certa che le suonassero fin troppo familiari.

Gray si appoggiò ad un vecchissimo armadio pieno zeppo di armi, che sembrava l'unico mobile a tenersi in piedi saldamente. Forse perché non era affatto di legno pregiato, come tutti gli altri nella casa, ma di pietra, colorata in modo che somigliasse al mogano. In basso aveva una fila di statuette di pietra che raffiguravano dei teschi umani privi di mandibola. Uno sembrava avere delle narici fin troppo rotonde e dilatate, ed era orientato verso l'alto anziché verso il basso come gli altri.

Gray inizialmente non ci fece caso, ma poi si abbassò per guardarlo meglio. In effetti sembrava anche un po' troppo liscio e di fattura diversa. Pareva quasi che fosse stato aggiunto in seguito, ma se non ci si faceva bene attenzione era impossibile scorgerlo. Gray chiamò Sirius, e anche lui impiegò un po' di tempo prima di rendersene conto.

La ragazza stava macinando un'idea. Trovava improbabile un'ipotesi del genere, ma tentò ugualmente: infilò il dito medio e l'indice nelle narici del teschio. Immediatamente il pesantissimo mobile di pietra girò su se stesso, fin quando non rivelò un'apertura rettangolare sul pavimento, che nascondeva delle scale anch'esse d'ambra, e anch'esse piene di ossa umane.

Gli sguardi scettici di Sirius e Gray si incontrarono.

Inarcando le sopracciglia, i due scesero le scale.

Un senso immediato di pungente umidità li avvolse; era così penetrante che faceva male alle ossa. Fiamme di un verde acido scoppiettavano sulle torce spalmate di pece, che si erano accese non appena il mobile aveva finito di spostarsi. Il passaggio era ancora aperto, e probabilmente era necessario infilare di nuovo le dita nel naso del teschio per chiuderlo. La scala d'ambra, che rifletteva il verde delle torce, si insinuava sempre più in basso, ma i gradini erano sempre regolari e sempre pieni di ossa. C'erano anche delle mani tutte intere, ma sempre accuratamente ripulite da ogni rimanenza di pelle.

- Chiunque abitasse qui aveva un senso dell'orrido pazzesco, - disse Sirius, abbassando la voce gradualmente: il silenzio era tale che ogni minimo suono sembrava un rumore fortissimo e insopportabile. Ben presto i due non comunicarono se non a sussurri sommessi, aumentando la tensione che si era creata.

Cosa c'era in fondo alle scale d'ambra?

Lo spettacolo li lasciò orripilati.

Il salone era perfettamente regolare: un'enorme sala rettangolare.

Ma non era di pietra, non di marmo, non di legno, era una sala gigantesca rivestita completamente d'ambra, che luccicava e sfavillava alla luce delle candele fluttuanti, come quelle di Hogwarts. Era un trionfo di luci calde, morbide, sfumate dall'oro all'arancio, come un primo accenno di tramonto. Il soffitto era altissimo, se ne perdeva quasi la vista, e innumerevoli rosari pendevano dall'alto, fin quasi a toccare il pavimento.

- E'. è la cosa più bella che io abbia mai visto. - boccheggiò Gray. Ed era la verità. Non aveva visto molti posti, in effetti, e il più bello - fra loro - era Hogwarts: ma quella sala sprofondata nell'ambra era senz'altro superiore a qualsiasi altro luogo che lei avesse visitato.

Lei e Sirius erano troppo impegnati a guardare in alto per rendersi conto di quello che c'era incastonato nell'ambra. E quando lo scoprirono, il terrore li paralizzò. Sotto i loro piedi, nella sala rettangolare, inglobato da quella specie di miele, stava un drago morto.

Era il drago più grosso che avessero mai visto.

Sembrava nuotare in quell'immenso mare dorato. Non era possibile dire quanto fosse lungo: era come un serpente, come un drago cinese.

- E' identico al tuo Patronum, - disse Sirius, la voce affogata nello sbigottimento.

- Che. che vuol dire? - bisbigliò Gray, come se avesse avuto paura di svegliarlo: attraverso l'ambra, sembrava quasi di poter sentire il battito del cuore del lungo drago serpentino.

Cuore che doveva essere largo almeno quanto Hagrid.

Aveva le fauci spalancate, gli occhi rabbiosi, trasmetteva una paura indescrivibile, oltre qualsiasi altra cosa viva esistesse. Gli artigli erano enormi, la coda una grandissima spazzola. Era privo di ali, ed era completamente nero, anche se le squame iridescenti trasmettevano riflessi blu e viola. I denti erano lunghissimi e affilati. Le zampe erano piegate in modo innaturale, e il drago era attorcigliato su sé stesso il più possibile per poter entrare nel grossissimo salone.

Ma quello che Sirius e Gray non avevano ancora visto erano gli scheletri umani incastonati anch'essi nell'ambra. I primi che notarono erano i Purosangue: erano perfettamente allineati nelle pareti verticali, e di fronte ad ogni scheletro stava una targa d'oro con scritto il nome del defunto. Ma come Gray aveva previsto, i cognomi erano come cancellati.

Visto che la sala era veramente grande, i morti dovevano essere diverse decine. I loro teschi risplendevano d'oro e d'arancio, minacciosamente terrificanti.

Gray lesse i nomi, uno per uno: Seymour, Scilla, Baal. una parete era riservata, invece, ad una sola persona: Demetrius. E nella sua targa, che era molto più grande e lavorata delle altre, c'erano scritte delle parole con estrema chiarezza, in latino:

"Padre e Madre dei Gray e dei loro eredi dal sangue puro"

*

Gray sussultò. Accanto a Demetrius c'era un altro scheletro e un'altra targa: Cassandra Black. E toccò a Sirius sussultare. Che diavolo significa?, lo sentì sussurrare.

Gray sapeva benissimo che cosa significava. A poco a poco stava capendo tutto. Era tutto chiaro, nella sua mente. Ora sapeva... i ricordi si delineavano nel suo cervello, dritti e precisi, come se li stesse leggendo da una lista scritta.

E i morti li osservavano.

Con la loro calma perfetta, nella strana sapienza che ogni cadavere porta in sé, scintillavano nell'ambra, immobili, inquisitori.

- Questa. questa è della mia famiglia? - fece Sirius, tendendo la mano verso lo scheletro di Cassandra, - Non ho mai saputo di lei. -

Gray non fece neanche in tempo ad annuire, che qualcosa catturò la sua attenzione. Altre carcasse. Ma non erano sulle pareti. Erano sul pavimento, assieme al drago, ed erano poste in disordine, c'erano ancora brandelli di pelle attaccati alle ossa, e dalle posizioni storte con le quali erano state sistemate, sembravano vorticare nel turbine dell'ira del dragone.

Erano i Mezzosangue.

Sembrava che i teschi dei Purosangue, alle pareti, li guardassero con disprezzo, come se volassero sopra il loro sangue sporco.

Gray non riusciva quasi a guardare il drago. Era troppo grosso. troppo grosso. Faceva una paura incontenibile. le veniva voglia di tagliarsi.

Di uccidersi. di uccidere.

Maledetti Mezzosangue.

- GRAY! - Sirius la scosse con violenza.

Ancora una volta Gray si era assopita.

- Sirius! Non guardare mai quel drago! Non guardarlo! - ansimò, girandosi verso di lui con gli occhi sgranati - Non guardarlo! -

Sirius cercava di calmarla, ma gli ci volle molto prima di riuscirci.

In corrispondenza degli scheletri dei Mezzosangue c'era a mala pena un'incisione, con scritto il loro nome. Gray li lesse, e le sembrò che anche i cognomi stessero, poco a poco, riapparendo; Beltania, Beatrice... ma quello che catturò l'attenzione di Gray furono due scheletri sepolti in modo insolito, forse perché avevano compiuto un tradimento particolarmente grande: uno era vicino, molto vicino alle fauci del drago, e portava il nome di Vincent. Un altro era quello di una donna di nome Theresa: era incastonata tra gli artigli serrati della bestia, che sembrava intenta a stritolarla.

Theresa e Vincent.

Nomi che iniziarono a vorticare nella mente di Gray come una raffica di vento impazzita.

- Va tutto bene, Gray? - chiese Sirius con voce scossa.

Gray rispose, quasi in trance, tramortita da quell'ondata di ricordi non suoi: - E' tutto a posto, Sirius, questa. questa è. la mia famiglia. -

Gray aveva iniziato a tossire con una violenza tale che i suoi singulti rimbombavano per tutto il salone. Tra le dita della mano che si era portata alla bocca schizzavano spruzzi di sangue, e sugli occhi cadde un velo opaco e lattiginoso. Sembrava che dovesse perdere i sensi da un momento all'altro. Sirius la prese in braccio e la riportò in cima alle scale. Scoprì con sorpresa che l'armadio di spostò da solo non appena ebbe toccato il pavimento del salotto. Gray non era ancora svenuta, ma sembrava che non sarebbe durata ancora a lungo. Ci volle una buona mezz'ora prima che riuscisse a recuperare le forze. Nel frattempo il pomeriggio volgeva alla sera, ma la luce del sole era ancora più penetrante di prima. Sirius e Gray avevano gli occhi inondati dai colori di quel cimitero d'ambra, e non riuscivano ancora a credere di aver visto una cosa del genere.

Quel drago. era tremendo.

E poi tutti quegli scheletri.

Sirius non fece domande riguardo all'ultima affermazione che Gray aveva fatto prima di sprofondare nel delirio della sua malattia. La aiutò a rialzarsi, mentre il lampadario che cadeva per l'ennesima volta copriva i colpi secchi della tosse.

La ragazza si voltò verso Sirius, con occhi vacui e agonizzanti.

- Tu. sapevi di Cassandra? -

- No, - rispose Sirius, - Non ne ho mai sentito parlare. -

- Forse dovremmo chiederlo a tua madre o a Phineas, - ipotizzò Gray, asciugandosi la fronte sudata.

- Chi, quelli? - si stupì Sirius - Figuriamoci! -

Gray non fece in tempo a rispondere che un paletto acuminato lanciato a tutta velocità la mancò per un pelo e andò ad infrangersi sul muro. Si voltarono entrambi di scatto e videro un uomo vagamente simile a Charlie Weasley, ma più vecchio. Dalla cintura pendevano paletti e crocifissi a non finire, brandiva una spada e l'altra mano era pronta sulla bacchetta magica. Aveva un crocifisso legato anche al collo ed uno marchiato a fuoco sulla guancia destra. Un solo lobo era stracolmo di orecchini ad anello che tintinnavano ad ogni suo passo. Era vestito in modo trasandato, e aveva dei pesantissimi guanti di pelle, lo stesso materiale di cui erano fatti gli stivali. Gli occhi erano nascosti da occhiali molto sottili dalle lenti rosse.

- E' un cacciatore di vampiri, - disse Sirius, per niente entusiasta.

- E ha sbagliato posto, - continuò Gray.

Un ghigno feroce si dipinse sul volto dello straniero, che non disse niente. Sembrava muto, perché mosse solo le labbra senza emettere alcun suono. Gray e Sirius evitarono di guardarsi.

Il cacciatore di vampiri stavolta parlò eccome: puntò la bacchetta contro una finestra inchiodata e fece saltare le travi: Gray stava per fermarlo, ma era troppo tardi: un'onda incontrollabile di luce solare la colpì in pieno viso, gettandola a terra in preda al dolore. Sirius tirò immediatamente fuori la bacchetta e scagliò uno Schiantesimo dopo l'altro contro il cacciatore, che tuttavia sembrava resistere. Con una forte spinta, Sirius fece rotolare Gray lontano dalla luce lasciata dalla finestra. La ragazza inforcò gli occhiali da sole e tirò fuori la bacchetta, nonostante la pelle tirasse come se si fosse rattrappita di colpo.

- Ma guarda. Ho beccato una diurna, - gongolò lo straniero.

- CRUCIO! - tuonò Gray, e l'uomo piombò a terra preso dagli spasimi più atroci, piegandosi su sé stesso in modo del tutto innaturale.

- Ma sai fare solo questo? - rise Sirius.

- Lo so fare solo perché me lo sono beccato in continuazione, - rispose Gray.

Gray non riuscì a mantenere a lungo il contatto visivo. La luce era troppo forte comunque, la pelle si stava sfacendo, sarebbe morta.

- Wingardium Leviosa! - gridò Sirius. Un quadro si staccò dal muro e andò a spiaccicarsi contro la finestra, che immediatamente venne quasi del tutto coperta. - Gray, scappa! -

Gray ci mise un po' a rimettersi in piedi, ma non si scansò abbastanza in tempo: un paletto la colpì al cuore. Il cacciatore di vampiri sembrava piuttosto stupito che Gray non morisse né si carbonizzasse.

- Ibrido! - gridò l'uomo, - Sudicio ibrido! -

- Qualcosa in contrario? -, disse una voce, prima di pronunciare uno Schiantesimo che scaraventò il cacciatore contro il camino, ribaltandocelo dentro. La voce veniva dal piano di sopra. E infatti, sul pianerottolo, sporto in fuori per controllare che ci fossero tutti quelli che stava cercando, c'era Lupin.

Gray e Sirius non fecero in tempo a stupirsi che il cacciatore di vampiri si era rialzato dal camino, puntando una pistola contro l'ultimo arrivato. - E scommetto che quello è un lupo mannaro! -, latrò.

- Scansati di lì! - urlò Gray - E' un proiettile d'argento! -

- Protego! -, disse Lupin, appena sentì la detonazione. Il protettile rimbalzò su una barriera invisibile.

Vedendo che Gray si era rimessa il cappuccio e gli occhiali da sole, Sirius ruppe l'incantesimo Levitante, non dopo aver fatto sbatacchiare la tela contro la testa del cacciatore.

- La Passaporta è al piano di sopra! - disse Lupin, sceso dal pianerottolo.

- Aspetta un attimo, - replicò Gray con un sorriso perfido.

Puntò lo sguardo contro il cacciatore, e in un attimo le sue pupille si restrinsero fino a scomparire, inghiottite dalle iridi rosse. Il cacciatore gridò dal terrore: nessuno seppe mai cosa Gray gli aveva fatto vedere, ma il cacciatore iniziò a sbattere la testa contro lo stipite del caminetto, come un pazzo, fin quando non scappò dalla finestra, in perfetto silenzio, con la testa sanguinante. Gray emise un lunghissimo sospiro e cominciò di nuovo a tossire. Con un altro incantesimo le travi furono riparate, e nessuno ad Hogsmeade venne mai a sapere che due ricercati e un lupo mannaro erano stati così vicini al villaggio.