13. Il risveglIo.
La notizia che Scilla aveva aggredito Cho Chang aveva fatto il giro della scuola agghiacciando chiunque ne parlasse. Le parole che aveva pronunciato la seguace di Hermione in Sala Comune, poi, contribuivano a creare un alone sinistro intorno alla faccenda. Da parte sua, la Umbridge era a dir poco terrorizzata, e non poteva far altro che seguire le istruzioni della McGranitt. Non sembrava avere molto in mano la situazione, come la Gazzetta del Profeta voleva far credere.
I fine settimana a Hogsmeade erano stati annullati. Tutti i pasti furono anticipati di almeno un'ora, i Prefetti dovevano entrare sempre per ultimi nei Dormitori e verificare che nessuno diffondesse voci pericolose, oltre che sorvegliare tutti gli studenti. L'orario entro il quale gli altri dovevano entrare nelle loro Sale Comuni, che ospitavano sempre almeno un professore, era anticipato fino alle diciotto di sera. Gli allenamenti di Quidditch e le partite erano sospesi, e Cura delle Creature Magiche doveva tenersi al coperto.
Inoltre, il castello pullulava di Cacciatori di Vampiri. Se il Ministero li avesse avuti sotto controllo, sicuramente anche i Dissennatori si sarebbero fatti vivi.
E intanto di Cho nessuna notizia.
Harry cominciava a pensare che era ora di andare alla Stamberga Strillante: lì era certo che avrebbe ottenuto delle risposte ai dubbi che gli frullavano in testa. A parte naturalmente quelli che riguardavano la visione dell'Ufficio Misteri; voleva solo capire qualcosa in quella storia del risveglio dei Gray.
A convincerlo che fosse ora di agire fu una conversazione che aveva udito, insieme a Ron ed Hermione, fra la Umbridge e un cacciatore di vampiri piuttosto vecchio, con alcuni vistosissimi bernoccoli in fronte.
I due erano nell'ufficio della Umbridge, ma visto che la porta era socchiusa, anche solo passando nel corridoio era impossibile non sentirli.
- Io lo so chi è quella Scilla! - latrava il cacciatore, - L'ho vista. Era a Hogsmeade, accidenti, e mi ha lanciato una Cruciatus... E mica era da sola. C'era un tipo sinistro. Ci giuro, ci giuro quello che vi pare, era Sirius Black. E poi ad un tratto è arrivato anche un lupo mannaro, ne sono certo. -
La Umbridge sembrava trovare quell'uomo estremamente simpatico.
- Ma è strano... - aveva ripreso il cacciatore.
- Che cosa? - fu il trillo della Umbridge.
- Prima Scilla era da sola. Con un cane. Nero, grosso... e poi da quando è entrata in quella baracca... - si era soffermato a lungo, alzando gli occhi al cielo con aria stupidamente pensierosa, come se non si rendesse conto di quello che stava dicendo.
La Umbridge lo aveva incalzato, frettolosa, i rotondi occhi da rospo frementi di impazienza perversa. - Sì? Che cos'è successo poi? -
Ma il cacciatore sembrava senza parole: non si ricordava più un'acca.
- Che... che ho... detto? -
- Ha detto, - aveva risposto la Umbridge altezzosamente, cercando di controllarsi, - Che Scilla è entrata nella vecchia villa con un grosso cane nero e poi questo è scomparso, che lei ha visto Sirius Black e un lupo mannaro... -
Il cacciatore l'aveva fissata, terrificato. Poi aveva impugnato la bacchetta, cominciando a prendersi a legnate nelle costole, gridando che era un idiota, un traditore, che si era inventato tutto, che lo licenziassero pure perché non serviva a niente, e un sacco di altre accuse dirette a sé stesso.
*
- C'è lo zampino di Gray... - disse Ron, una volta in Sala Comune, - ...Oh, insomma, di come accidenti si chiama. -
- Andiamo, Ron! - ribatté Harry, - E come avrebbe fatto? Avrebbe convinto quel tipo a farsi venire i sensi di colpa ogni volta che raccontava a qualcuno quello che aveva visto? Nessuno sa fare una cosa del genere! -
- Ma Cassandra sì. - disse Hermione, cogliendoli tutti di sorpresa.
- Che... -
Hermione stava leggendo "Le Grandi Famiglie di Maghi Purosangue dal Secolo XVIII", e sembrava non aver mai letto nessun libro con tanta avidità. Alzando la testa, Harry e Ron videro a mala pena quale capitolo stesse sfogliando.
Hermione spiegò loro pazientemente tutto quello che aveva scoperto. Aveva sfogliato per mesi quel libro, quando aveva cercato una scusa qualsiasi per incastrare Gray e per allontanarla da Hogwarts: ma ogni volta che arrivava ad una pagina che sembrava interessante, notava con stupore che molti nomi e cognomi erano cancellati, così come le foto e i riferimenti alle epoche, agli anni e ai luoghi. Sembrava quasi che qualcuno avesse rimosso intenzionalmente tutte quelle informazioni... ed Hermione aveva capito senza troppe difficoltà che era la famiglia di Gray: non le era capitato molto spesso di imbattersi in una strega di cui nessuno sapeva niente. Il nome, i parenti, dove aveva abitato...
Ma di colpo, in una sola notte, tutto sembrava essersi rimesso a posto: le cancellature erano sparite, ogni lettera appariva dritta e nitida sulle pagine ingiallite.
- Sentite qua, - disse Hermione, scorrendo il dito su una pagina - "I Gray abitarono una assai sontuosa villa, situata nei dintorni della Scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts, nei pressi della quale abitazione nessuno osava avvicinarsi, per timore, si dice, che il malocchio della famiglia lo colpisse (nota a pagina 561). Dopo la morte dell'ultimo dei Gray - o almeno così viene tramandato, - la casa rovinò nell'oblio e attorno sorse una florida cittadina riservata unicamente ad una popolazione magica; fu chiamata Hogsmeade." -
- La Stamberga Strillante! - esclamarono Harry e Ron all'unisono: in effetti la Stamberga Strillante era l'unica cosa che somigliasse ad una villa in tutto il paesino.
Hermione proseguì, sfogliando frettolosamente le pagine fino alla 561.
- Capitolo undicesimo, "Come il malocchio portò le Casate al tracollo". - lesse Hermione - "I Gray sono la famiglia meno longeva ma più numerosa degli ultimi secoli. Capostipite fu l'assai celebre Demetrius "Grigio", assieme a sua moglie Cassandra, vittima di una strana mutazione magica (nota a pagina 122), si dice, un potere misterioso cui nessuno sembrava indenne; ella era forse discendente dei Black, malgrado le negazioni di questi ultimi." -
- Black? - ripeté Harry, incredulo.
- Fammi finire, - lo zittì Hermione. - "Al malocchio di qualche spirito maledetto si attribuisce la caduta dei Gray i quali, uno dopo l'altro, morirono, o divennero vampiri, o si assassinarono fra loro, o furono uccisi dai loro padri per qualche peccato o tradimento. Nessuno sa dove i morti siano sepolti, ma la leggenda dice che le ossa inglobate nell'ambra della scalinata d'ingresso siano appartenute agli antenati. Furono tutte morti premature. Il primo fu Seymour, figlio di Demetrius e Cassandra, che fu morso da un vampiro, perciò morì e rinacque in forma semiumana". - Harry deglutì, inquieto. Era la stessa sorte che spettava anche a Cho? - "Ebbe molte mogli. I suoi discendenti più celebri furono Scilla e Baal, due fratelli, figli di Seymour e di una discendente di Salazar Serpeverde, fondatore..." bla bla... ah, ecco! "Infine i Gray sono tutti morti, uno dopo l'altro, e nessuno sa dove e come siano sepolti". Non capite? - aggiunse Hermione, fissandoli, mentre continuava a sfogliare, stavolta cercando di raggiungere la pagina centoventidue, alla ricerca del capitolo riguardante le mutazioni più conosciute fra le famiglie di purosangue.
- No, - rispose Ron, aggrottando la fronte.
Hermione sbuffò, e sembrò quasi che le cascassero improvvisamente la braccia. Dovette trattenersi dallo schiaffeggiare il ragazzo, che a quanto pareva non aveva ascoltato neanche una parola.
- I Gray sono tutti morti. E se Scilla è risorta, annunciando che anche gli altri avrebbero fatto lo stesso, significa che tutti i Gray erano vampiri, e che continueranno a rinascere fin quando non li si ucciderà nel modo giusto. - Hermione sembrava piuttosto scossa dall'argomento, e non le si poteva dar torto: a sentire il libro, i Gray erano alquanto numerosi, e questo significava che un mucchio di vampiri stava per tornare in vita. - Se Gray... oh, insomma, lei... se fosse veramente parente di questa famiglia, si spiegherebbe come mai la pozione Anti-Vampiro ha avuto effetto. Non funziona se non si ha sangue di vampiro in corpo, e in una famiglia dove fanno tutti parte di questa razza è impossibile nascere completamente... umani, ecco. -
Il discorso, orribilmente plausibile, che aveva appena fatto Hermione aveva lasciato Harry e Ron immobili come ghiaccioli: occhi impassibili, fronti di marmo, non facevano che contemplare il vuoto davanti a loro, come se la loro vista passasse attraverso gli oggetti che avevano davanti. Hermione era rimasta in sé, aspettando una reazione da parte degli altri due, ma anche lei non poteva credere che tutto ciò fosse successo davvero.
A Hogwarts una studentessa era appena stata morsa, e probabilmente non era che la prima di una lunga serie. Presto il pericolo si sarebbe esteso a tutta Londra, o forse anche di più. Ma come mai i Gray avevano atteso così a lungo prima di rinascere?
Il Ministero non dava alla situazione la gravità che meritava: non avevano creduto neanche un po' alla "panzana" della rinascita di un'intera famiglia. Inoltre, nessuno aveva mai saputo dell'esistenza dei Gray: soltanto da un po' di giorni a quella parte tutti sembravano essersi riscossi da un lungo torpore. Harry, Ron, Hermione e tutti gli studenti di Hogwarts non erano i soli a porsi domande. Di dove saltava fuori l'assistente della professoressa Umbridge? Possibile che nessuno sapesse niente del suo nome, della sua famiglia, o di qualsiasi altra cosa? Non poteva essere sbucata dal nulla...
- Sentite, dobbiamo prendere il Mantello dell'Invisibilità e usare il passaggio segreto della strega orba, - disse Hermione, lasciandoli tutti a dir poco di sasso, - Harry, hai detto che c'erano cose strane alla Stamberga Strillante? E' ora di controllare. -, concluse, con stoica fermezza.
- He... Hermione. - esordì Ron, farfugliando dallo stupore. - Ma che ti prende? Domani c'è... c'è l'esame di Astronomia! Non posso credere che tu voglia infrangere le regole e smettere di studiare! E chissà quanto ci hai messo a studiarti quel libro sulle famiglie... -
Hermione arrossì, lusingata.
- Bhe, dobbiamo scoprire la verità, - rispose, modesta.
- Giusto, - commentò Harry. Ma stranamente, in quel momento, l'unica cosa sulla quale volesse scoprire la verità era il sogno ricorrente sull'Ufficio Misteri.
- Allora è deciso. - concluse Hermione, riponendo tutto nella borsa. In un attimo Harry e Ron furono al Dormitorio, cercando il Mantello dell'Invisibilità e facendo in modo di non svegliare nessuno.
La Stamberga Strillante era esattamente come Harry se la ricordava dall'ultima volta. E d'altra parte, non sarebbe mai riuscito a cancellare dalla memoria quello che aveva visto e sentito. C'era solo qualcosa di diverso.
Ogni luce, ogni lampada, ogni torcia, ogni candela era accesa.
Una luce morbida e arancione danzava tremolante sulle pareti rivestite di legno pregiato. L'alone luminoso faceva risaltare le ragnatele, filtrava attraverso i drappi di seta che pendevano dal soffitto di alcune stanze, riscaldando l'oscurità di un insolito tepore, stranamente accogliente. Anche il camino era acceso, in salotto, e così le vecchie stufe a carbone, le quali sorprendentemente riuscivano a riscaldare le grandissime stanze. Da qualche parte, un pianoforte suonava.
I passi sui numerosissimi tappeti risuonavano ovattati e soffici.
Ma la cosa che più agghiacciò Harry fu il parlottio sommesso che veniva dal salotto. Ogni tanto si sentivano dei passi, e si vedeva chiaramente la loro impronta lasciata per un attimo sul tappeto... ma non c'era nessuno.
I Gray erano tornati in vita.
I tre intrusi sussurrarono "Lumos!", terrorizzati all'idea che qualcuno li sentisse. Ma dopotutto, prima o poi avrebbero dovuto scoprirsi, se volevano davvero sapere la verità. A passi cauti, lentissimi e silenziosi raggiunsero il pianerottolo, e si sporsero giù per osservare l'immenso salotto, con la sua volta a cattedrale, e il lampadario che scintillava di migliaia e migliaia di luci: erano candele, la cui luminosità veniva scomposta dalle infinite sfaccettature dei pendagli di cristallo.
Il parlottio ora era più udibile, - e i passi anche, - anche se non si riuscivano ancora a distinguere le parole. Uomini e donne parlavano tra loro, ed erano in salotto.
Il fatto che non ci fosse nessuno si visibile non bastò a convincere i ragazzi che fossero semplici quadri a parlare: dopotutto anche quei passi erano prodotti da qualcosa di nascosto agli occhi, ma non certo da un ritratto.
Harry sentiva solo il sordo battito del cuore, e gli sembrava così forte che avrebbe potuto squarciargli il petto.
Mossero qualche passo verso le scale. Ma Ron, quando si voltò bruscamente, andò a sbattere contro qualcosa, contro un ammasso di bastoncini; o forse uno scheletro. Immediatamente un grido squarciò il calore accogliente del salotto, fece tintinnare i vetri e i pendagli di cristallo del lampadario, come se dovessero rompersi. Anche Ron gridò, più forte che poteva.
- Un morto! Un morto! Uno scheletro! - gridò Ron, indietreggiando rumorosamente di diversi passi. Il grido straziante continuava, sembrava terrorizzato almeno quanto Ron, ed era una voce di donna.
- Calmati, Ron, per l'amor del Cielo, zitto! - gemette Hermione.
Harry non poteva essersi sbagliato: un drago nero enorme, lungo, dalla forme di un serpente, volgeva intorno le sue spire, ed era così grosso che, acciambellato, occupava gran parte del salotto... il drago sbuffava fiamme nerastre, spalancava le fauci incrostate di sangue... scheletri danzavano tutto intorno a loro...
- Li vedete? - strillò Ron - Cristo, li avete visti!? -
Harry si destò, confuso. Non era il solo ad aver avuto quella visione, forse, almeno per una volta...
Una delle voci che parlottavano nel salotto fino a poco prima, e che dopo le grida si erano zittite di colpo, mormorò qualche parola che suonava come la formula di un incantesimo: e in un attimo degli artigli invisibili agguantarono le vesti dei tre ragazzi, trascinandoli giù per le scale. Rotolando e incespicando, infine, Harry, Ron ed Hermione si trovarono di fronte ai quadri e alle reliquie.
Ma non era come quando Harry li aveva visti la prima volta. I quadri ora erano nitidi, si muovevano, parlavano, e dato che erano enormi, incutevano un terrore ancora maggiore. Tra un quadro e quello successivo c'erano delle torce che bruciavano di fiamme cangianti, di ogni colore. La casa, tuttavia, sembrava sprofondata in un abisso di oscurità.
- Mezzosangue, - sibilò una voce cupa e arrochita, quasi malata.
Il ritratto di Demetrius Gray era un alto rettangolo dall'aspetto sinistro, illuminato da fiamme iridescenti molto più grandi di quelle degli altri, e dalla luce che proveniva dal grosso caminetto acceso. Sotto Demetrius non c'erano reliquie, ma un vaso di vetro pieno di rose nero-bluastre, e diversi bastoncini di incenso accesi, che emanavano nell'aria vapori argentei e un aroma molto forte. Sembrava quasi l'aula di Divinazione, ma l'odore era solo troppo forte, non aveva il potere di rintontire come quello della Cooman.
Un uomo sembrava imprigionato nella tela sciupata, dentro la cornice di legno dipinto d'oro. Non sembrava troppo vecchio, non quanto Silente. I capelli erano neri, o forse di un castano molto scuro, ma visto che il ritratto era un po' sfocato non era possibile definirlo con precisione. L'espressione era severa, gli occhi blu scuri. Come Gray, aveva le labbra livide e le dita lunghe. Solo che quelle di Demetrius erano appoggiate su due crani.
Guardava Harry ed Hermione, come se fossero stati il più grande errore di quell'universo, un cumulo di spazzatura fetida in mezzo a una strada pulita.
- Immaginavo da tempo che sareste venuti ad impicciarvi in cose che non vi riguardano, - disse Demetrius, facendoli rabbrividire tutti e tre. - Ma non sapevo che avreste rischiato la vostra vita per questo. Grifondoro... stupidamente, eccessivamente incoscienti. -
Harry, Ron ed Hermione si erano pietrificati sul posto, ed immaginarono che tra lo sguardo di Demetrius e quello di un Basilisco vi fosse ben poca differenza.
- Ho sterminato Mezzosangue per tutta la vita, - proseguì Demetrius, - ed ora è impresa ardua lasciare che siano i miei discendenti e Lord Voldemort a proseguire l'opera. Avete fatto un pessimo errore venendoci a trovare. E mi dispiace di dover restare a guardare mentre i miei figli morderanno quei vostri flaccidi colli. -
Harry ebbe un lampo di terrore ben visibile negli occhi. Demetrius Gray parlava lentamente, la voce sempre più roca, con una vaga intonazione perversa. Ad ogni frase sembrava che gettasse ombre sempre più pesanti sulla luce accogliente che si diffondeva nella casa. E la sua intenzione, era quella di ucciderli, o meglio di stare a guardare dentro il suo ritratto mentre i suoi figli lo uccidevano... che stesse parlando di Scilla? Era stata la prima a tornare in vita, o forse la prima a manifestarsi... La prima che aveva avuto sete. Una sete che presto avrebbe trovato sollievo col loro sangue.
Forse Harry avrebbe negato quell'evidenza, in altre situazioni, avrebbe giurato a sé stesso di impedire con tutte le sue forze che gli toccasse una fine del genere, ma Demetrius parlava in modo così convincente da gelargli tutte le viscere.
Harry scrutò le espressioni dei suoi amici: non erano certo meno spaventati di lui.
Eppure, Hermione parlò.
- Che cos'erano quegli scheletri e quel drago? - la sua voce tremava come il fuoco nel caminetto, ma si sforzò di non balbettare troppo, o Demetrius avrebbe avuto ancora più soddisfazione nel vederli morire.
- A che ti serve saperlo? - disse una voce acida poco lontano da Demetrius, la voce di uomo che senz'altro era molto più giovane.
Infatti l'aspetto mostrava circa ventotto anni: doveva trattarsi di Seymour, perché anche il libro di Hermione lo descriveva come un uomo molto attraente. Aveva corti capelli castani, fulvi, e anch'egli le labbra livide. In realtà la sua carnagione era completamente bianca, e anche i suoi occhi erano pallidi, di un grigio vagamente rossastro. Nel parlare, aveva scoperto i lunghi canini puntuti, probabilmente gli stessi nel liquido azzurrino delle reliquie, sotto di lui. Vestiva di bianco, molto leggero, e dalla scollatura della camicia traspariva un grosso tatuaggio con un drago nero simile a un serpente.
Anche lui era un vampiro.
- A niente, - rispose Demetrius al posto di Hermione - Ma suppongo che possiamo accontentarli prima che muoiano. - I ragazzi deglutirono molto rumorosamente. Gli altri quadri risero di sadica soddisfazione.
- Il drago ero io, - esordì Demetrius - l'ira cieca del drago che ha tagliato teste e strappato viscere ai maghi e alle streghe della peggior specie. Anche a quelli della mia famiglia. Essi sono sepolti insieme a quella cieca ira e alla sua personificazione, per così dire, e giacciono nell'ambra così che non possano risorgere. Però la maledizione dell'Oscuro Signore si è spezzata. Non potendo rinascere come spiriti corporei, essi si aggirano per questa casa come degli spiriti evanescenti, urlando e gridando dalla disperazione, le ossa costantemente lacerate dal drago nero. Il drago nero che tutti i Gray hanno nel sangue, nel cervello. Il drago che è l'effige della nostra famiglia e dei nostri Patronus. -
Se Harry aveva ancora qualche dubbio sul fatto che Gray facesse parte di quella famiglia, adesso ne era assolutamente certo: il drago che avevano visto era anche il Patronus di Gray. - Ci sono cose che si tramandano col sangue, - proseguì Demetrius, - e così, di generazione in generazione, fino a Sara, l'ultimo membro della nostra famiglia che sia rimasto in vita senza bisogno di rinascere. -
Sara, pensò Harry, Sara poteva essere...
- Quella tela è per Sara, quando la morte si sarà svegliata in lei, - disse Seymour, volgendo a mala pena gli occhi verso il quadro vuoto che Harry aveva visto anche tempo prima. Adesso però il quadro non era affatto vuoto. I ragazzi videro, e lo videro con un brivido elettrico lungo la schiena, che la figura profondamente addormentata nella tela era una ragazza dai capelli lisci e fulvi, l'aspetto molto malato, un ciondolo a forma di cuore nero con le ali appeso al collo. Era lei. - Mezzosangue, è vero. Tuttavia contribuì alla purificazione della nostra famiglia uccidendo i propri genitori traditori. E si unì a Lord Voldemort, seppur contro la sua volontà... ma prima o poi non avrà sicuramente scampo dal Marchio Nero. -
Gli altri ritratti guardavano la ragazza addormentata nel quadro, e videro comparire nell'incisione della cornice il nome "Sara". Con orrore, Harry, Ron ed Hermione videro che tre bulbi oculari rosso sangue erano apparsi dentro il vaso delle reliquie.
- Lei... lei non è ancora... -
- Non lo è. Perché in effetti quegli sono gli occhi di Cassandra. - rispose Demetrius prima ancora che Hermione concludesse la frase. - Sara non ha lo stesso potere di Cassandra, no, e non ha nessuna disgustosa deformità. Quella donna poteva indurre ad atti selvaggi soltanto guardandola negli occhi. Non c'è nessun quadro di lei: immagino che il suo potere sarebbe rimasto pressoché inalterato, perciò l'abbiamo seppellita senza nessuna testimonianza. Sara, però, ha ereditato molte cose di lei, per questo Voldemort la volle come Mangiamorte. È stata molto deludente, ma fa ancora parte della mia famiglia, devo dire. Voldemort volle punirla della sua disobbedienza, scagliandole contro una maledizione che ci mise tutti in ginocchio. -
Harry non doveva essere il solo ad avvertire una fitta tensione omicida nell'aria, e seppe con esattezza che almeno due o tre vampiri erano nascosti chissà dove, o forse erano invisibili dietro di loro, pronti a sbranarli. Doveva farsi venire in mente qualcosa... doveva farlo, o sarebbe stata la fine...
- Che... cos'è questa storia della maledizione? Una Maledizione Senza Perdono? - azzardò Ron con la voce tremula.
- Maledizione Senza Perdono! - ripeterono molti quadri con tono quasi offeso, e Ron desiderò che il pavimento lo inghiottisse facendolo ricomparire da qualsiasi altra parte. Gli tramavano le ginocchia.
- Simpatici gingilli, - disse Demetrius, - Tanto più che abbiamo qui il ragazzo che è sopravvissuto... Ho sempre pensato che un onore del genere spettasse a un Purosangue, ma poi mi sono convinto che non si tratta di un onore, ma di una condanna. - Harry non capiva le parole del vecchio. Sì, molto spesso non era riuscito a sopportare la sua fama, aveva creduto di crollare... ma come poteva definirsi addirittura una condanna? Si immaginò, e ben presto se ne convinse, che l'affermazione di Demetrius non era affatto un'esagerazione o un caso. - No, Sara fu colpita da qualcosa di peggiore, che Bellatrix Lestrange scagliò al posto di Voldemort. Vi siete accorti che c'è qualcosa di strano nell'aria da qualche giorno, visto che avete conosciuto Sara. -
- Ma lei come fa... -
- Taci, Weasley. -
E la voce di Demetrius era un latrato.
Alle parole di Demetrius, non solo Ron e gli altri, ma anche i quadri che parlottavano tra loro si misero composti e si zittirono all'istante. Quello di Demetrius era un ruggito simile, o forse identico, al gorgoglio che il drago nero emetteva dalle fauci.
Un attimo dopo, il lampadario cascò. Il boato fu enorme, pezzi di cristallo volarono in tutte le direzioni, ma si fondevano di colpo non appena si avvicinavano ai ritratti, e il lampadario immenso si frantumava come un vaso di ceramica, portando con sé una nuova ondata di terrore.
Harry sapeva che il loro tempo era segnato, quello era il capolinea...
Sparì il desiderio di ascoltare il resto del discorso. Sparì qualsiasi cosa. Ormai erano già morti, praticamente. Si guardò intorno nervosamente, e intanto Demetrius contemplava il silenzio che aveva creato, con aria soddisfatta.
E ad un tratto vide Sirius. Stava per gridare, ma la visione sparì all'istante, come se avesse appena visto un'anima. Ma non poteva trattarsi di un'anima...
Harry cercò di seguire il fantasma evanescente di Sirius che fluttuava a pochi centimetri da terra, guardandosi intorno; Harry capì, si trattava di un'altra delle visioni della Stamberga Strillante, che faceva rivivere ogni ricordo impregnato nelle sue mura.
Ecco Gray... cioè, Sara. Era di fronte ad un armadio, lo apriva, era pieno di armi... Chiamò Sirius, e si inginocchiò accanto all'armadio. Fissava uno dei tanti teschi lì in basso... e poi con un sorriso divertito infilò le dita nel naso a un teschio...
Era un passaggio segreto. La loro salvezza. O almeno così Harry suppose.
- Sara avrebbe dimenticato tutto quello che riguardava la sua famiglia, il suo nome, le sue origini, i luoghi che aveva visto, le cose che aveva fatto. Sarebbero sparite le persone che aveva conosciuto, quelle poche a cui aveva voluto bene, quelle tante che aveva odiato. Tutto sarebbe scomparso, lei sarebbe ripartita da zero come una neonata. E non solo lei: chiunque avrebbe dimenticato tutto ciò che la riguardava, i libri si sarebbero cancellati, i quadri sarebbero spariti. Qualsiasi cosa, qualsiasi, che stava nel cervello di Sara, sarebbe scomparsa per tornare mai più: e niente o nessuno ne avrebbe conservato la memoria. -
Hermione e Ron sgranarono gli occhi. Harry era troppo nervoso per accorgersi delle parole di Demetrius. Il silenzio fu di pietra fin quando Demetrius non concluse: - Questa fu la maledizione. -
In un primo momento restarono tutti sbigottiti.
- Ti chiedi come abbia fatto a cavarsela? - disse Seymour rivoltò a Hermione, che apriva e chiudeva la bocca come se stesse parlando a sé stessa, anche se ricordava molto un pesce lesso.
Hermione annuì con veemenza, ancora più nervosa.
- Era protetta da qualcosa di speciale, - rispose Seymour, - Qualcosa che tutt'ora porta legato al collo, camuffato come un ciondolo, e che l'ha salvata anche dal vuoto quando finì ad Azkaban. Non ti sei mai chiesto perché ne è uscita quasi normalmente? C'era qualcosa lì a proteggerla. E' il regalo che le hanno fatto i suoi unici amici. È ciò che ti ha salvato quando Lord Voldemort ha tentato di rubare la Pietra Filosofale quattro anni fa, è una cosa complessa e irrimediabile che forse in questa casa non è mai esistita. -
- Sara non partì proprio da zero, - proseguì Seymour. Harry notò che aveva l'aria più malvagia di Demetrius, ma sembrava di indole molto meno feroce, aveva un qualcosa di affabile nel modo di parlare. Era troppo preso da un piano di fuga per ragionare sulla frase che gli aveva appena detto il figlio di Demetrius. - riuscì a salvarsi parzialmente. Il primo anno, dopo tutto ciò, fu caotico e crudele, ma lentamente riuscì a recuperare la sua memoria, grazie al potere mentale di Cassandra. Leggeva i suoi sogni e i meandri della sua memoria, tentando di recuperare i ricordi perduti. Non sapeva che in questo modo ci avrebbe lentamente riportati in vita. -
Harry pestò un piede a Hermione e lei, recepito il messaggio, tirò la manica a Ron. Entrambi lanciavano occhiate di sbieco a Harry, che tuttavia non era affatto sicuro circa la riuscita del suo piano. Ma dovevano tentare.
- Queste cose riguardano loro, Seymour? - tuonò un uomo dalla voce maestosa.
- Certo che no, Odino, - ribatté Seymour con un sorriso affabile, - Ma stanno per morire, che fastidio possono darci? -
Harry indicò ai due l'armadio di finto legno.
Dovevano agire adesso.
Seymour e Odino stavano ancora discutendo, quando i tre ragazzi balzarono all'indietro e poi si voltarono correndo più veloci che potevano. Evitarono il lampadario, cercando di non scivolare sui frammenti di cristallo, e intanto i quadri strillavano e ruggivano come animali. Ancora le parole di quella specie di incantesimo: Hermione fu presa dagli artigli di un drago invisibile. Riuscì a divincolarsi, ma non se la cavò senza ferite.
Ron strisciava sul pavimento cercando di liberarsi dall'artiglio che gli afferrava la veste. Alla fine si strappò il mantello e corse via verso l'armadio, più velocemente che poteva. Harry riuscì ad evitare la terribile zampa, ma un grosso quadro raffigurante un paesaggio lo colpì alla schiena, probabilmente lanciato dalla bestia che cercava di fermarli. Non solo non era visibile, ma neanche corporea: gli Schiantesimi in ogni caso non funzionavano.
- Se è davvero un drago, non servirà a niente! - gemette Hermione.
- Zitta e corri, Hermione! - la rimbeccò Ron.
Erano arrivati all'armadio. Sotto lo sguardo stupito degli altri due, Harry infilò le dita nel naso al teschio a sinistra.
- Harry ma... ma ti sembra... non scherzare, ti prego... -
Hermione capì che si sbagliava: il mobile iniziò a spostarsi, ma lo fece con una lentezza esasperante. Era troppo lento, troppo lento... non potevano passare da quella minuscola apertura. Stranamente, i quadri si erano zittiti e il drago non si faceva più sentire. Hermione avrebbe voluto dire qualcosa, ma era chiaro che tutti avevano notato quel comportamento sospetto: in ogni caso, preferirono calarsi giù nella botola piuttosto che aspettare la loro fine sotto gli occhi di Demetrius.
La notizia che Scilla aveva aggredito Cho Chang aveva fatto il giro della scuola agghiacciando chiunque ne parlasse. Le parole che aveva pronunciato la seguace di Hermione in Sala Comune, poi, contribuivano a creare un alone sinistro intorno alla faccenda. Da parte sua, la Umbridge era a dir poco terrorizzata, e non poteva far altro che seguire le istruzioni della McGranitt. Non sembrava avere molto in mano la situazione, come la Gazzetta del Profeta voleva far credere.
I fine settimana a Hogsmeade erano stati annullati. Tutti i pasti furono anticipati di almeno un'ora, i Prefetti dovevano entrare sempre per ultimi nei Dormitori e verificare che nessuno diffondesse voci pericolose, oltre che sorvegliare tutti gli studenti. L'orario entro il quale gli altri dovevano entrare nelle loro Sale Comuni, che ospitavano sempre almeno un professore, era anticipato fino alle diciotto di sera. Gli allenamenti di Quidditch e le partite erano sospesi, e Cura delle Creature Magiche doveva tenersi al coperto.
Inoltre, il castello pullulava di Cacciatori di Vampiri. Se il Ministero li avesse avuti sotto controllo, sicuramente anche i Dissennatori si sarebbero fatti vivi.
E intanto di Cho nessuna notizia.
Harry cominciava a pensare che era ora di andare alla Stamberga Strillante: lì era certo che avrebbe ottenuto delle risposte ai dubbi che gli frullavano in testa. A parte naturalmente quelli che riguardavano la visione dell'Ufficio Misteri; voleva solo capire qualcosa in quella storia del risveglio dei Gray.
A convincerlo che fosse ora di agire fu una conversazione che aveva udito, insieme a Ron ed Hermione, fra la Umbridge e un cacciatore di vampiri piuttosto vecchio, con alcuni vistosissimi bernoccoli in fronte.
I due erano nell'ufficio della Umbridge, ma visto che la porta era socchiusa, anche solo passando nel corridoio era impossibile non sentirli.
- Io lo so chi è quella Scilla! - latrava il cacciatore, - L'ho vista. Era a Hogsmeade, accidenti, e mi ha lanciato una Cruciatus... E mica era da sola. C'era un tipo sinistro. Ci giuro, ci giuro quello che vi pare, era Sirius Black. E poi ad un tratto è arrivato anche un lupo mannaro, ne sono certo. -
La Umbridge sembrava trovare quell'uomo estremamente simpatico.
- Ma è strano... - aveva ripreso il cacciatore.
- Che cosa? - fu il trillo della Umbridge.
- Prima Scilla era da sola. Con un cane. Nero, grosso... e poi da quando è entrata in quella baracca... - si era soffermato a lungo, alzando gli occhi al cielo con aria stupidamente pensierosa, come se non si rendesse conto di quello che stava dicendo.
La Umbridge lo aveva incalzato, frettolosa, i rotondi occhi da rospo frementi di impazienza perversa. - Sì? Che cos'è successo poi? -
Ma il cacciatore sembrava senza parole: non si ricordava più un'acca.
- Che... che ho... detto? -
- Ha detto, - aveva risposto la Umbridge altezzosamente, cercando di controllarsi, - Che Scilla è entrata nella vecchia villa con un grosso cane nero e poi questo è scomparso, che lei ha visto Sirius Black e un lupo mannaro... -
Il cacciatore l'aveva fissata, terrificato. Poi aveva impugnato la bacchetta, cominciando a prendersi a legnate nelle costole, gridando che era un idiota, un traditore, che si era inventato tutto, che lo licenziassero pure perché non serviva a niente, e un sacco di altre accuse dirette a sé stesso.
*
- C'è lo zampino di Gray... - disse Ron, una volta in Sala Comune, - ...Oh, insomma, di come accidenti si chiama. -
- Andiamo, Ron! - ribatté Harry, - E come avrebbe fatto? Avrebbe convinto quel tipo a farsi venire i sensi di colpa ogni volta che raccontava a qualcuno quello che aveva visto? Nessuno sa fare una cosa del genere! -
- Ma Cassandra sì. - disse Hermione, cogliendoli tutti di sorpresa.
- Che... -
Hermione stava leggendo "Le Grandi Famiglie di Maghi Purosangue dal Secolo XVIII", e sembrava non aver mai letto nessun libro con tanta avidità. Alzando la testa, Harry e Ron videro a mala pena quale capitolo stesse sfogliando.
Hermione spiegò loro pazientemente tutto quello che aveva scoperto. Aveva sfogliato per mesi quel libro, quando aveva cercato una scusa qualsiasi per incastrare Gray e per allontanarla da Hogwarts: ma ogni volta che arrivava ad una pagina che sembrava interessante, notava con stupore che molti nomi e cognomi erano cancellati, così come le foto e i riferimenti alle epoche, agli anni e ai luoghi. Sembrava quasi che qualcuno avesse rimosso intenzionalmente tutte quelle informazioni... ed Hermione aveva capito senza troppe difficoltà che era la famiglia di Gray: non le era capitato molto spesso di imbattersi in una strega di cui nessuno sapeva niente. Il nome, i parenti, dove aveva abitato...
Ma di colpo, in una sola notte, tutto sembrava essersi rimesso a posto: le cancellature erano sparite, ogni lettera appariva dritta e nitida sulle pagine ingiallite.
- Sentite qua, - disse Hermione, scorrendo il dito su una pagina - "I Gray abitarono una assai sontuosa villa, situata nei dintorni della Scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts, nei pressi della quale abitazione nessuno osava avvicinarsi, per timore, si dice, che il malocchio della famiglia lo colpisse (nota a pagina 561). Dopo la morte dell'ultimo dei Gray - o almeno così viene tramandato, - la casa rovinò nell'oblio e attorno sorse una florida cittadina riservata unicamente ad una popolazione magica; fu chiamata Hogsmeade." -
- La Stamberga Strillante! - esclamarono Harry e Ron all'unisono: in effetti la Stamberga Strillante era l'unica cosa che somigliasse ad una villa in tutto il paesino.
Hermione proseguì, sfogliando frettolosamente le pagine fino alla 561.
- Capitolo undicesimo, "Come il malocchio portò le Casate al tracollo". - lesse Hermione - "I Gray sono la famiglia meno longeva ma più numerosa degli ultimi secoli. Capostipite fu l'assai celebre Demetrius "Grigio", assieme a sua moglie Cassandra, vittima di una strana mutazione magica (nota a pagina 122), si dice, un potere misterioso cui nessuno sembrava indenne; ella era forse discendente dei Black, malgrado le negazioni di questi ultimi." -
- Black? - ripeté Harry, incredulo.
- Fammi finire, - lo zittì Hermione. - "Al malocchio di qualche spirito maledetto si attribuisce la caduta dei Gray i quali, uno dopo l'altro, morirono, o divennero vampiri, o si assassinarono fra loro, o furono uccisi dai loro padri per qualche peccato o tradimento. Nessuno sa dove i morti siano sepolti, ma la leggenda dice che le ossa inglobate nell'ambra della scalinata d'ingresso siano appartenute agli antenati. Furono tutte morti premature. Il primo fu Seymour, figlio di Demetrius e Cassandra, che fu morso da un vampiro, perciò morì e rinacque in forma semiumana". - Harry deglutì, inquieto. Era la stessa sorte che spettava anche a Cho? - "Ebbe molte mogli. I suoi discendenti più celebri furono Scilla e Baal, due fratelli, figli di Seymour e di una discendente di Salazar Serpeverde, fondatore..." bla bla... ah, ecco! "Infine i Gray sono tutti morti, uno dopo l'altro, e nessuno sa dove e come siano sepolti". Non capite? - aggiunse Hermione, fissandoli, mentre continuava a sfogliare, stavolta cercando di raggiungere la pagina centoventidue, alla ricerca del capitolo riguardante le mutazioni più conosciute fra le famiglie di purosangue.
- No, - rispose Ron, aggrottando la fronte.
Hermione sbuffò, e sembrò quasi che le cascassero improvvisamente la braccia. Dovette trattenersi dallo schiaffeggiare il ragazzo, che a quanto pareva non aveva ascoltato neanche una parola.
- I Gray sono tutti morti. E se Scilla è risorta, annunciando che anche gli altri avrebbero fatto lo stesso, significa che tutti i Gray erano vampiri, e che continueranno a rinascere fin quando non li si ucciderà nel modo giusto. - Hermione sembrava piuttosto scossa dall'argomento, e non le si poteva dar torto: a sentire il libro, i Gray erano alquanto numerosi, e questo significava che un mucchio di vampiri stava per tornare in vita. - Se Gray... oh, insomma, lei... se fosse veramente parente di questa famiglia, si spiegherebbe come mai la pozione Anti-Vampiro ha avuto effetto. Non funziona se non si ha sangue di vampiro in corpo, e in una famiglia dove fanno tutti parte di questa razza è impossibile nascere completamente... umani, ecco. -
Il discorso, orribilmente plausibile, che aveva appena fatto Hermione aveva lasciato Harry e Ron immobili come ghiaccioli: occhi impassibili, fronti di marmo, non facevano che contemplare il vuoto davanti a loro, come se la loro vista passasse attraverso gli oggetti che avevano davanti. Hermione era rimasta in sé, aspettando una reazione da parte degli altri due, ma anche lei non poteva credere che tutto ciò fosse successo davvero.
A Hogwarts una studentessa era appena stata morsa, e probabilmente non era che la prima di una lunga serie. Presto il pericolo si sarebbe esteso a tutta Londra, o forse anche di più. Ma come mai i Gray avevano atteso così a lungo prima di rinascere?
Il Ministero non dava alla situazione la gravità che meritava: non avevano creduto neanche un po' alla "panzana" della rinascita di un'intera famiglia. Inoltre, nessuno aveva mai saputo dell'esistenza dei Gray: soltanto da un po' di giorni a quella parte tutti sembravano essersi riscossi da un lungo torpore. Harry, Ron, Hermione e tutti gli studenti di Hogwarts non erano i soli a porsi domande. Di dove saltava fuori l'assistente della professoressa Umbridge? Possibile che nessuno sapesse niente del suo nome, della sua famiglia, o di qualsiasi altra cosa? Non poteva essere sbucata dal nulla...
- Sentite, dobbiamo prendere il Mantello dell'Invisibilità e usare il passaggio segreto della strega orba, - disse Hermione, lasciandoli tutti a dir poco di sasso, - Harry, hai detto che c'erano cose strane alla Stamberga Strillante? E' ora di controllare. -, concluse, con stoica fermezza.
- He... Hermione. - esordì Ron, farfugliando dallo stupore. - Ma che ti prende? Domani c'è... c'è l'esame di Astronomia! Non posso credere che tu voglia infrangere le regole e smettere di studiare! E chissà quanto ci hai messo a studiarti quel libro sulle famiglie... -
Hermione arrossì, lusingata.
- Bhe, dobbiamo scoprire la verità, - rispose, modesta.
- Giusto, - commentò Harry. Ma stranamente, in quel momento, l'unica cosa sulla quale volesse scoprire la verità era il sogno ricorrente sull'Ufficio Misteri.
- Allora è deciso. - concluse Hermione, riponendo tutto nella borsa. In un attimo Harry e Ron furono al Dormitorio, cercando il Mantello dell'Invisibilità e facendo in modo di non svegliare nessuno.
La Stamberga Strillante era esattamente come Harry se la ricordava dall'ultima volta. E d'altra parte, non sarebbe mai riuscito a cancellare dalla memoria quello che aveva visto e sentito. C'era solo qualcosa di diverso.
Ogni luce, ogni lampada, ogni torcia, ogni candela era accesa.
Una luce morbida e arancione danzava tremolante sulle pareti rivestite di legno pregiato. L'alone luminoso faceva risaltare le ragnatele, filtrava attraverso i drappi di seta che pendevano dal soffitto di alcune stanze, riscaldando l'oscurità di un insolito tepore, stranamente accogliente. Anche il camino era acceso, in salotto, e così le vecchie stufe a carbone, le quali sorprendentemente riuscivano a riscaldare le grandissime stanze. Da qualche parte, un pianoforte suonava.
I passi sui numerosissimi tappeti risuonavano ovattati e soffici.
Ma la cosa che più agghiacciò Harry fu il parlottio sommesso che veniva dal salotto. Ogni tanto si sentivano dei passi, e si vedeva chiaramente la loro impronta lasciata per un attimo sul tappeto... ma non c'era nessuno.
I Gray erano tornati in vita.
I tre intrusi sussurrarono "Lumos!", terrorizzati all'idea che qualcuno li sentisse. Ma dopotutto, prima o poi avrebbero dovuto scoprirsi, se volevano davvero sapere la verità. A passi cauti, lentissimi e silenziosi raggiunsero il pianerottolo, e si sporsero giù per osservare l'immenso salotto, con la sua volta a cattedrale, e il lampadario che scintillava di migliaia e migliaia di luci: erano candele, la cui luminosità veniva scomposta dalle infinite sfaccettature dei pendagli di cristallo.
Il parlottio ora era più udibile, - e i passi anche, - anche se non si riuscivano ancora a distinguere le parole. Uomini e donne parlavano tra loro, ed erano in salotto.
Il fatto che non ci fosse nessuno si visibile non bastò a convincere i ragazzi che fossero semplici quadri a parlare: dopotutto anche quei passi erano prodotti da qualcosa di nascosto agli occhi, ma non certo da un ritratto.
Harry sentiva solo il sordo battito del cuore, e gli sembrava così forte che avrebbe potuto squarciargli il petto.
Mossero qualche passo verso le scale. Ma Ron, quando si voltò bruscamente, andò a sbattere contro qualcosa, contro un ammasso di bastoncini; o forse uno scheletro. Immediatamente un grido squarciò il calore accogliente del salotto, fece tintinnare i vetri e i pendagli di cristallo del lampadario, come se dovessero rompersi. Anche Ron gridò, più forte che poteva.
- Un morto! Un morto! Uno scheletro! - gridò Ron, indietreggiando rumorosamente di diversi passi. Il grido straziante continuava, sembrava terrorizzato almeno quanto Ron, ed era una voce di donna.
- Calmati, Ron, per l'amor del Cielo, zitto! - gemette Hermione.
Harry non poteva essersi sbagliato: un drago nero enorme, lungo, dalla forme di un serpente, volgeva intorno le sue spire, ed era così grosso che, acciambellato, occupava gran parte del salotto... il drago sbuffava fiamme nerastre, spalancava le fauci incrostate di sangue... scheletri danzavano tutto intorno a loro...
- Li vedete? - strillò Ron - Cristo, li avete visti!? -
Harry si destò, confuso. Non era il solo ad aver avuto quella visione, forse, almeno per una volta...
Una delle voci che parlottavano nel salotto fino a poco prima, e che dopo le grida si erano zittite di colpo, mormorò qualche parola che suonava come la formula di un incantesimo: e in un attimo degli artigli invisibili agguantarono le vesti dei tre ragazzi, trascinandoli giù per le scale. Rotolando e incespicando, infine, Harry, Ron ed Hermione si trovarono di fronte ai quadri e alle reliquie.
Ma non era come quando Harry li aveva visti la prima volta. I quadri ora erano nitidi, si muovevano, parlavano, e dato che erano enormi, incutevano un terrore ancora maggiore. Tra un quadro e quello successivo c'erano delle torce che bruciavano di fiamme cangianti, di ogni colore. La casa, tuttavia, sembrava sprofondata in un abisso di oscurità.
- Mezzosangue, - sibilò una voce cupa e arrochita, quasi malata.
Il ritratto di Demetrius Gray era un alto rettangolo dall'aspetto sinistro, illuminato da fiamme iridescenti molto più grandi di quelle degli altri, e dalla luce che proveniva dal grosso caminetto acceso. Sotto Demetrius non c'erano reliquie, ma un vaso di vetro pieno di rose nero-bluastre, e diversi bastoncini di incenso accesi, che emanavano nell'aria vapori argentei e un aroma molto forte. Sembrava quasi l'aula di Divinazione, ma l'odore era solo troppo forte, non aveva il potere di rintontire come quello della Cooman.
Un uomo sembrava imprigionato nella tela sciupata, dentro la cornice di legno dipinto d'oro. Non sembrava troppo vecchio, non quanto Silente. I capelli erano neri, o forse di un castano molto scuro, ma visto che il ritratto era un po' sfocato non era possibile definirlo con precisione. L'espressione era severa, gli occhi blu scuri. Come Gray, aveva le labbra livide e le dita lunghe. Solo che quelle di Demetrius erano appoggiate su due crani.
Guardava Harry ed Hermione, come se fossero stati il più grande errore di quell'universo, un cumulo di spazzatura fetida in mezzo a una strada pulita.
- Immaginavo da tempo che sareste venuti ad impicciarvi in cose che non vi riguardano, - disse Demetrius, facendoli rabbrividire tutti e tre. - Ma non sapevo che avreste rischiato la vostra vita per questo. Grifondoro... stupidamente, eccessivamente incoscienti. -
Harry, Ron ed Hermione si erano pietrificati sul posto, ed immaginarono che tra lo sguardo di Demetrius e quello di un Basilisco vi fosse ben poca differenza.
- Ho sterminato Mezzosangue per tutta la vita, - proseguì Demetrius, - ed ora è impresa ardua lasciare che siano i miei discendenti e Lord Voldemort a proseguire l'opera. Avete fatto un pessimo errore venendoci a trovare. E mi dispiace di dover restare a guardare mentre i miei figli morderanno quei vostri flaccidi colli. -
Harry ebbe un lampo di terrore ben visibile negli occhi. Demetrius Gray parlava lentamente, la voce sempre più roca, con una vaga intonazione perversa. Ad ogni frase sembrava che gettasse ombre sempre più pesanti sulla luce accogliente che si diffondeva nella casa. E la sua intenzione, era quella di ucciderli, o meglio di stare a guardare dentro il suo ritratto mentre i suoi figli lo uccidevano... che stesse parlando di Scilla? Era stata la prima a tornare in vita, o forse la prima a manifestarsi... La prima che aveva avuto sete. Una sete che presto avrebbe trovato sollievo col loro sangue.
Forse Harry avrebbe negato quell'evidenza, in altre situazioni, avrebbe giurato a sé stesso di impedire con tutte le sue forze che gli toccasse una fine del genere, ma Demetrius parlava in modo così convincente da gelargli tutte le viscere.
Harry scrutò le espressioni dei suoi amici: non erano certo meno spaventati di lui.
Eppure, Hermione parlò.
- Che cos'erano quegli scheletri e quel drago? - la sua voce tremava come il fuoco nel caminetto, ma si sforzò di non balbettare troppo, o Demetrius avrebbe avuto ancora più soddisfazione nel vederli morire.
- A che ti serve saperlo? - disse una voce acida poco lontano da Demetrius, la voce di uomo che senz'altro era molto più giovane.
Infatti l'aspetto mostrava circa ventotto anni: doveva trattarsi di Seymour, perché anche il libro di Hermione lo descriveva come un uomo molto attraente. Aveva corti capelli castani, fulvi, e anch'egli le labbra livide. In realtà la sua carnagione era completamente bianca, e anche i suoi occhi erano pallidi, di un grigio vagamente rossastro. Nel parlare, aveva scoperto i lunghi canini puntuti, probabilmente gli stessi nel liquido azzurrino delle reliquie, sotto di lui. Vestiva di bianco, molto leggero, e dalla scollatura della camicia traspariva un grosso tatuaggio con un drago nero simile a un serpente.
Anche lui era un vampiro.
- A niente, - rispose Demetrius al posto di Hermione - Ma suppongo che possiamo accontentarli prima che muoiano. - I ragazzi deglutirono molto rumorosamente. Gli altri quadri risero di sadica soddisfazione.
- Il drago ero io, - esordì Demetrius - l'ira cieca del drago che ha tagliato teste e strappato viscere ai maghi e alle streghe della peggior specie. Anche a quelli della mia famiglia. Essi sono sepolti insieme a quella cieca ira e alla sua personificazione, per così dire, e giacciono nell'ambra così che non possano risorgere. Però la maledizione dell'Oscuro Signore si è spezzata. Non potendo rinascere come spiriti corporei, essi si aggirano per questa casa come degli spiriti evanescenti, urlando e gridando dalla disperazione, le ossa costantemente lacerate dal drago nero. Il drago nero che tutti i Gray hanno nel sangue, nel cervello. Il drago che è l'effige della nostra famiglia e dei nostri Patronus. -
Se Harry aveva ancora qualche dubbio sul fatto che Gray facesse parte di quella famiglia, adesso ne era assolutamente certo: il drago che avevano visto era anche il Patronus di Gray. - Ci sono cose che si tramandano col sangue, - proseguì Demetrius, - e così, di generazione in generazione, fino a Sara, l'ultimo membro della nostra famiglia che sia rimasto in vita senza bisogno di rinascere. -
Sara, pensò Harry, Sara poteva essere...
- Quella tela è per Sara, quando la morte si sarà svegliata in lei, - disse Seymour, volgendo a mala pena gli occhi verso il quadro vuoto che Harry aveva visto anche tempo prima. Adesso però il quadro non era affatto vuoto. I ragazzi videro, e lo videro con un brivido elettrico lungo la schiena, che la figura profondamente addormentata nella tela era una ragazza dai capelli lisci e fulvi, l'aspetto molto malato, un ciondolo a forma di cuore nero con le ali appeso al collo. Era lei. - Mezzosangue, è vero. Tuttavia contribuì alla purificazione della nostra famiglia uccidendo i propri genitori traditori. E si unì a Lord Voldemort, seppur contro la sua volontà... ma prima o poi non avrà sicuramente scampo dal Marchio Nero. -
Gli altri ritratti guardavano la ragazza addormentata nel quadro, e videro comparire nell'incisione della cornice il nome "Sara". Con orrore, Harry, Ron ed Hermione videro che tre bulbi oculari rosso sangue erano apparsi dentro il vaso delle reliquie.
- Lei... lei non è ancora... -
- Non lo è. Perché in effetti quegli sono gli occhi di Cassandra. - rispose Demetrius prima ancora che Hermione concludesse la frase. - Sara non ha lo stesso potere di Cassandra, no, e non ha nessuna disgustosa deformità. Quella donna poteva indurre ad atti selvaggi soltanto guardandola negli occhi. Non c'è nessun quadro di lei: immagino che il suo potere sarebbe rimasto pressoché inalterato, perciò l'abbiamo seppellita senza nessuna testimonianza. Sara, però, ha ereditato molte cose di lei, per questo Voldemort la volle come Mangiamorte. È stata molto deludente, ma fa ancora parte della mia famiglia, devo dire. Voldemort volle punirla della sua disobbedienza, scagliandole contro una maledizione che ci mise tutti in ginocchio. -
Harry non doveva essere il solo ad avvertire una fitta tensione omicida nell'aria, e seppe con esattezza che almeno due o tre vampiri erano nascosti chissà dove, o forse erano invisibili dietro di loro, pronti a sbranarli. Doveva farsi venire in mente qualcosa... doveva farlo, o sarebbe stata la fine...
- Che... cos'è questa storia della maledizione? Una Maledizione Senza Perdono? - azzardò Ron con la voce tremula.
- Maledizione Senza Perdono! - ripeterono molti quadri con tono quasi offeso, e Ron desiderò che il pavimento lo inghiottisse facendolo ricomparire da qualsiasi altra parte. Gli tramavano le ginocchia.
- Simpatici gingilli, - disse Demetrius, - Tanto più che abbiamo qui il ragazzo che è sopravvissuto... Ho sempre pensato che un onore del genere spettasse a un Purosangue, ma poi mi sono convinto che non si tratta di un onore, ma di una condanna. - Harry non capiva le parole del vecchio. Sì, molto spesso non era riuscito a sopportare la sua fama, aveva creduto di crollare... ma come poteva definirsi addirittura una condanna? Si immaginò, e ben presto se ne convinse, che l'affermazione di Demetrius non era affatto un'esagerazione o un caso. - No, Sara fu colpita da qualcosa di peggiore, che Bellatrix Lestrange scagliò al posto di Voldemort. Vi siete accorti che c'è qualcosa di strano nell'aria da qualche giorno, visto che avete conosciuto Sara. -
- Ma lei come fa... -
- Taci, Weasley. -
E la voce di Demetrius era un latrato.
Alle parole di Demetrius, non solo Ron e gli altri, ma anche i quadri che parlottavano tra loro si misero composti e si zittirono all'istante. Quello di Demetrius era un ruggito simile, o forse identico, al gorgoglio che il drago nero emetteva dalle fauci.
Un attimo dopo, il lampadario cascò. Il boato fu enorme, pezzi di cristallo volarono in tutte le direzioni, ma si fondevano di colpo non appena si avvicinavano ai ritratti, e il lampadario immenso si frantumava come un vaso di ceramica, portando con sé una nuova ondata di terrore.
Harry sapeva che il loro tempo era segnato, quello era il capolinea...
Sparì il desiderio di ascoltare il resto del discorso. Sparì qualsiasi cosa. Ormai erano già morti, praticamente. Si guardò intorno nervosamente, e intanto Demetrius contemplava il silenzio che aveva creato, con aria soddisfatta.
E ad un tratto vide Sirius. Stava per gridare, ma la visione sparì all'istante, come se avesse appena visto un'anima. Ma non poteva trattarsi di un'anima...
Harry cercò di seguire il fantasma evanescente di Sirius che fluttuava a pochi centimetri da terra, guardandosi intorno; Harry capì, si trattava di un'altra delle visioni della Stamberga Strillante, che faceva rivivere ogni ricordo impregnato nelle sue mura.
Ecco Gray... cioè, Sara. Era di fronte ad un armadio, lo apriva, era pieno di armi... Chiamò Sirius, e si inginocchiò accanto all'armadio. Fissava uno dei tanti teschi lì in basso... e poi con un sorriso divertito infilò le dita nel naso a un teschio...
Era un passaggio segreto. La loro salvezza. O almeno così Harry suppose.
- Sara avrebbe dimenticato tutto quello che riguardava la sua famiglia, il suo nome, le sue origini, i luoghi che aveva visto, le cose che aveva fatto. Sarebbero sparite le persone che aveva conosciuto, quelle poche a cui aveva voluto bene, quelle tante che aveva odiato. Tutto sarebbe scomparso, lei sarebbe ripartita da zero come una neonata. E non solo lei: chiunque avrebbe dimenticato tutto ciò che la riguardava, i libri si sarebbero cancellati, i quadri sarebbero spariti. Qualsiasi cosa, qualsiasi, che stava nel cervello di Sara, sarebbe scomparsa per tornare mai più: e niente o nessuno ne avrebbe conservato la memoria. -
Hermione e Ron sgranarono gli occhi. Harry era troppo nervoso per accorgersi delle parole di Demetrius. Il silenzio fu di pietra fin quando Demetrius non concluse: - Questa fu la maledizione. -
In un primo momento restarono tutti sbigottiti.
- Ti chiedi come abbia fatto a cavarsela? - disse Seymour rivoltò a Hermione, che apriva e chiudeva la bocca come se stesse parlando a sé stessa, anche se ricordava molto un pesce lesso.
Hermione annuì con veemenza, ancora più nervosa.
- Era protetta da qualcosa di speciale, - rispose Seymour, - Qualcosa che tutt'ora porta legato al collo, camuffato come un ciondolo, e che l'ha salvata anche dal vuoto quando finì ad Azkaban. Non ti sei mai chiesto perché ne è uscita quasi normalmente? C'era qualcosa lì a proteggerla. E' il regalo che le hanno fatto i suoi unici amici. È ciò che ti ha salvato quando Lord Voldemort ha tentato di rubare la Pietra Filosofale quattro anni fa, è una cosa complessa e irrimediabile che forse in questa casa non è mai esistita. -
- Sara non partì proprio da zero, - proseguì Seymour. Harry notò che aveva l'aria più malvagia di Demetrius, ma sembrava di indole molto meno feroce, aveva un qualcosa di affabile nel modo di parlare. Era troppo preso da un piano di fuga per ragionare sulla frase che gli aveva appena detto il figlio di Demetrius. - riuscì a salvarsi parzialmente. Il primo anno, dopo tutto ciò, fu caotico e crudele, ma lentamente riuscì a recuperare la sua memoria, grazie al potere mentale di Cassandra. Leggeva i suoi sogni e i meandri della sua memoria, tentando di recuperare i ricordi perduti. Non sapeva che in questo modo ci avrebbe lentamente riportati in vita. -
Harry pestò un piede a Hermione e lei, recepito il messaggio, tirò la manica a Ron. Entrambi lanciavano occhiate di sbieco a Harry, che tuttavia non era affatto sicuro circa la riuscita del suo piano. Ma dovevano tentare.
- Queste cose riguardano loro, Seymour? - tuonò un uomo dalla voce maestosa.
- Certo che no, Odino, - ribatté Seymour con un sorriso affabile, - Ma stanno per morire, che fastidio possono darci? -
Harry indicò ai due l'armadio di finto legno.
Dovevano agire adesso.
Seymour e Odino stavano ancora discutendo, quando i tre ragazzi balzarono all'indietro e poi si voltarono correndo più veloci che potevano. Evitarono il lampadario, cercando di non scivolare sui frammenti di cristallo, e intanto i quadri strillavano e ruggivano come animali. Ancora le parole di quella specie di incantesimo: Hermione fu presa dagli artigli di un drago invisibile. Riuscì a divincolarsi, ma non se la cavò senza ferite.
Ron strisciava sul pavimento cercando di liberarsi dall'artiglio che gli afferrava la veste. Alla fine si strappò il mantello e corse via verso l'armadio, più velocemente che poteva. Harry riuscì ad evitare la terribile zampa, ma un grosso quadro raffigurante un paesaggio lo colpì alla schiena, probabilmente lanciato dalla bestia che cercava di fermarli. Non solo non era visibile, ma neanche corporea: gli Schiantesimi in ogni caso non funzionavano.
- Se è davvero un drago, non servirà a niente! - gemette Hermione.
- Zitta e corri, Hermione! - la rimbeccò Ron.
Erano arrivati all'armadio. Sotto lo sguardo stupito degli altri due, Harry infilò le dita nel naso al teschio a sinistra.
- Harry ma... ma ti sembra... non scherzare, ti prego... -
Hermione capì che si sbagliava: il mobile iniziò a spostarsi, ma lo fece con una lentezza esasperante. Era troppo lento, troppo lento... non potevano passare da quella minuscola apertura. Stranamente, i quadri si erano zittiti e il drago non si faceva più sentire. Hermione avrebbe voluto dire qualcosa, ma era chiaro che tutti avevano notato quel comportamento sospetto: in ogni caso, preferirono calarsi giù nella botola piuttosto che aspettare la loro fine sotto gli occhi di Demetrius.
